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Rec. Aug. 4., 1906.

CONTRIBUTO AD UNA NUOVA ESEGÈSI SUGLI ARTICOLI 707, 708 E 709 DEL COD. DI COMM.

Una delle più notevoli innovazioni recateci dal vigente codice di commercio è certamente la espressa e formale consecrazione dell' instituto dell'azione pauliana.

debitore posteriori alla cessazione dei pagamenti, fossero insufficienti a preservare i creditori dagli atti fraudolenti in qualunque tempo compiuti dal debitore. E però il rimedio giuridico dell'azione rivocatoria ha anzitutto un carattere essenzialmente suppletivo e reintegrante, in questo duplice senso: che primieramente ad esso non può farsi utilmente ricorso se non dopo un resultato negativo derivante dalla escussione infruttuosa del patrimonio del debitore oberato, e seconda

L'art. 708 è infatti preordinato a dare forza di legge commerciale all'azione pauliana o revocatoria che si trova stabilita e regolata dall'art. 1235 del codice civile sull'esempio della giurisprudenza romana (1) Esso ha per tanto lo scopo di riconoscere nei creditori la facoltà di impugnare gli atti che il debitore abbia fatti in froderiamente, in quanto, ritenute indelle loro ragioni. Sembra invero che il nostro legislatore abbia ritenuto che le presunzioni legali di frode, onde sono colpiti in forza degli art. 707 e 709 gli atti del

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sufficenti le disposizioni già contenute nell'abrogato codice a togliere ed a disassimilare dagli atti del debitore, in qualunque tempo compiuti, ogni pregiudizio dei creditori, al legislatore è perciò sembrata opera necessaria lo stabilire e regolare un

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particolare rimedio giuridico che è appunto l'azione pauliana a fine di tutelare costantemente i creditori dagli atti fraudolenti del debitore, anche se sono commessi, anzi appunto perchè sono commessi, in un epoca che non sia quella posteriore alla cessazione dei pagamenti.

Ma speciali studi, ed appunti non lievi nè indifferenti si potrebbero fare in rapporto all'instituto giuridico della azione pauliana, in materia commerciale, da chi segnatamente imprendesse a indagare se le condizioni essenziali all'indole o natura giuridica di quell'instituto medesimo si riscontrino tutte conformi alla loro origine, e tutte si conservino del pari inalterate nella nuova opera di codicizzazione (1) commerciale; se all'intento del legislatore risponda interamente l'azione pau. liana; se, infine, la sconfinata serie degli atti revocabili stabilita dal legislatore, sino a comprendervi i pagamenti per debiti scaduti, tuttochè sieno fatti prima della cessazione dei pagamenti, non costituisca per avventura una flagrante violazione dei precetti più inconcussi della scienza, della logica giuristica, e dello stesso diritto romano, che è la tradizione giuridica in Italia. Que

(1) Seguitando l'esempio e l'ammaestramento del chiarissimo prof. CARRARA adopro questo vocabolo in luogo dell' altro Codificazione

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ste ed altre molte indagini potrebbero condurre qualche robusto ingegno ad una compiuta analisi dell'azione pauliana nel diritto commerciale italiano costituito, come la revoca degli atti fraudolenti studiata nel diritto civile e romano pôrse occasione e materia, già si da tempo, ad un giovane ed infortunato giureconsulto nostro, onde arricchire la letteratura giuridica italiana di un pregevole volume (1). Ma persistendo codesta lacuna, giova ormai ritrarre alcune linee generali dell' azione pauliana nel nuovo diritto, ed alcune osservazioni contrapporre alle disposizioni legislative relative all'azione medesima; e a tal uopo, vuolsi prendere in considerazione generale l' art. 708 del codice di commercio, e in specie, l'applicazione dell'azione revocatoria ai pagamenti; e poi, sotto brevità, considerare le presunzioni legali di frode prestabilite dagli articoli 707 e 709 del codice stesso.

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Una disamina generale di questo articolo renderà manifesto, o io m'inganno, che non soltanto la redazione per esso adoprata è tutt'altro che felice, ma benanco lo stesso instituto giuridico dell'azione revocatoria ne diviene mutilato e alterato nella sua portata od estensione e nelle sue applicazioni.

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, Tutti gli atti Con queste parole l'art. in esame viene primieramente a concedere ai creditori un diritto ampio e indefinito onde impugnare, indistintamente, tutti gli atti fatti dal debitore in frode dei loro diritti di credito. Nessuno, di certo, avrebbe avuto buon dritto di esigere dal législatore nostro l'osservanza di una distinzione che era particolarmente riconosciuta dalle leggi romane, ma abbandonata dallo stesso diritto civile patrio fra gli atti fraudolenti coi quali il debitore avesse diminuito il suo patrimonio, e gli atti onde esso avesse semplicemente trascurato

volmente saria stata inaugurata dal vigente codice di commercio (1). Ed invero, nel dettare cosiffatta distinzione i giureconsulti romani muovevano da un così alto intuito della libera facoltà del debitore di esercitare la propria attività, che in nessun modo sapevano adattarsi a riconoscere in favore dei creditori comunque pregiudicati, un vero e proprio diritto oltrechè sul patrimonio del debitore, sul libero esercizio della sua volontà; e rigorosamente intendevano quei giureconsulti che i creditori non potessero, ove fosse ad essi piaciuto, costringere il debitore a compiere o no certi atti relativi a' diritti che non fanno parte del patrimonio del debitore, o che quantunque ne facciano parte dipendono essenzialmente dalla intimna, libera volontà di esso (2). Ma non si poteva nè si doveva trasandare un

(1) Il Codice civile, in fatto, concedendo ai creditori defraudati da una rinuncia del debitore ad una eredità, la facoltà di dimandare

di aumentarlo, tuttochè susseguiti la revoca di codesto atto, ha manifestamente

da inevitabile pregiudizio dei creditori; come se, a modo d'esempio, avesse rinunciato ad una eredità; ei primi atti soltanto dovesse il legislatore patrio dichiarare revocabili, e i secondi al contrario esenti dalla impugnativa dei creditori: nò codesta distinzione, comecchè rigorosamente giuridica, se non ha trovato posto nel codice civile, assai meno ragione

voluto non accogliere questa antica distinzione della Giurisprudenza Romana.

(2) L. 134 Dig., de reg. jur (50, 17): Non fraudantur creditores quum quid non acquiritur a debitore, sed quum quid de bonis diminuitur ». Il perchè, contrariamente a quanto dispone il codice civ. it. all'art. 949 non si ammetteva per diritto romano l'azione revocatoria a favore dei creditori contro la rinunzia di eredità, sia legittima sia testamentaria, nè contro l'atto onde il debitore avesse volontariamente impedito la purificazione di una condizione sotto la quale fosse stata promessa ad esso una qualche cosa. (L. 6, §§ 1 e 2 Dig. 42, 8).

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