Slike stranica
PDF
ePub

In tutte l' altre cose assai beata,

In una sola a me stessa dispiacqui; Che 'n troppo umil terren mi trovai nata. Duolmi ancor veramente, ch'io non nacqui Almen più presso al tuo fiorito nido: Ma assai fu bel paese, ond' io ti piacqui; Che potea 'l cor, del qual sol io mi fido, Volgersi altrove, a te essendo ignota; Ond' io fora men chiara, e di men grido. Questo no, rispos' io; perché la rota Terza del ciel m' alzava a tanto amore, Ovunque fosse, stabile ed immota. Or che si sia, diss'ella, i'n' ebbi onore, Ch' ancor mi segue: ma per tuo diletto Tu non t'accorgi del fuggir dell'ore Vedi l' Aurora dall' aurato letto

Rimenar a' mortali il giorno; e 'l Sole Già fu or dell'Oceano infino al petto. Questa vien per partirci; onde mi dole: S'a dir hai altro, studia d'esser breve, E coł tempo dispensa le parole. Quant' io soffersi mai, soave e leve, Dissi, m'ha fatto il parlar dolce e pio;. Ma 'l viver senza voi m'è duro e greve: Però saper vorrei, Madonna, s'io

Son per tardi seguirvi, o se per tempo. Ella, già mossa, disse: Al creder mio, Tu stara' in terra senza me gran tempo.

[blocks in formation]

DEL TRIONFO DELLA FAMA

CAPITOLO PRIMO

Quando, mirando intorno su per l'erba,
Vidi dall' altra parte giunger quella,
Che trae l'uom del sepolcio, e'n vita il serba.

D

(Trionfo della Fama. Capit. I.)

a poi che Morte trionfo nel volto, Che di me stesso trionfar solea, E fu del nostro mondo il suo Sol tolto,

Partissi quella dispietata e rea,

Pallida, in vista orribile, e superba,
Che 'I lume di beltate spento avea.
Quando, mirando intorno su per l'erba,
Vidi dall' altra parte giunger quella,
Che trae l'uom del sepolcro, e 'n vita il serba.

Quale in sul giorno l'amorosa stella
Suol venir d' Oriente innanzi al Sole,
Che s'accompagna volentier con ella;
Cotal venia; ed or di quali scole

Era d'in

Verrà'l maestro, che deseriva appieno
Quel, ch'i' vo' dir in semplici parole?
d'intorno il ciel tanto sereno,
Che, per tutto'l desio ch'ardea nel core,
L'occhio mio non potea non venir meno.

Scolpito per le fronti era'l valore
Dell' onorata gente; dov' io scorsi
Molti di quei, che legar vidi Amore.
Da man destra, ove prima gli occhi porsi,
La bella donna avea Cesare, e Scipio;
Ma qual più presso, a gran pena m'accorsi;
L'un di virtute, e non d'amor mancipio;
L' altro d'entrambi: e poi mi fu mostrata,
Dopo sì glorioso e bel principio.
Gente di ferro, e di valor armata;
Siccome in Campidoglio al tempo antico
Talora per via Sacra, o per via Lata.

Venian tutti in quell' ordine, ch'i'dico;
E leggeasi a ciascuno intorno al ciglio
Il nome al mondo più di gloria amico.
l'era intento al nobile bisbiglio,

Al volto, agli atti: e di que' primi due,
L'un seguiva il nipote, e l' altro il figlio.
Che sol, senz' alcun par, al mondo fue:
E quei, che volser a' nemici armati
Chiuder il passo con le membra sue,
Duo padri da tre figli accompagnati;
L'un giva innanzi, e duo ne venian dopo;
E l'ultim'era 'l primo tra' laudati.
Poi fiammeggiava a guisa d' un piropo
Comi, che col consiglio, e con la mano
A tutta Italia giunse al maggior uopo:
Di Claudio dico, che notturno e piano,
Come 'I Metauro vide, a purgar venne
Di ria semenza il buon campo Romano.
Egli ebbe occhi al veder, al volar peune:
Ed un gran vecchio il secondava appresso,
Che con arte Anniballe a bada tenne.
Un altro Fabio, e duo Caton con esso:
Duo Paoli, duo Brati, e duo Marcelli;
Un Regol, ch' amò Roma, e non se stesso:

Un Curio, ed un Fabrizio, assai più belli
Con la lor povertà, che Mida, o Crasso
Con l'oro, ond'a virtù furon ribelli.
Cincinnato, e Serran, che solo un passo
Senza costor non vanno, e'l gran Cammillo
Di viver prima, che di ben far, lasso;
Perch' a si alto grado il ciel sortillo,
Che sua chiara virtute il ricondusse,
Ond altrui cieca rabbia dipartillo.
Poi quel Torquato, che 'l figliuol percusse,
E viver orbo per amor sofferse
Della milizia, perch' orba non-fusse.
L'un Decio, e l'altro, che col petto aperse
Le schiere de' nemici: o fiero voto,
Che 'l padre, e 'l figlio ad una morte offerse!

Curzio con lor venia non men devoto;
Che di sè, e dell' arme empie lo speco
In mezzo 'l foro orribilmente vôto.

Mummio, Levino, Attilio; ed era seco
Tito Flaminio, che con forza vinse,
Ma assai più con pietate, il popol Greco.
Eravi quel, che 'l re di Siria cinse

D'un magnanimo cerchio, e con la fronte,
E con la lingua a suo voler lo strinse;
E quel, ch' armato, sol, difese il monte,
Onde poi fu sospinto; e quel, che solo
Contra tutta Toscana tenne il ponte;
E quel, ch'n mezzo del nemico stuolo
Mosse la mano indarno, e poscia l'arse,
Si seco irato, che non senti 'I duolo;

1

E chi 'n mar prima vincitor apparse
Contr' a' Cartaginesi; e chi lor navi
Fra Sicilia e Sardigna ruppe, e sparse.
Appio conobbi agli occhi, e a' suoi, che gravi
Furon sempre, e molesti all' umil plebe:
Poi vidi un grande con atti soavi;

0 cavaliero.

E se non che 'l suo lume all' estremo ehe, Fors' era 'l primo; e certo fu fra noi, Qual Bacco, Alcide, Epaminonda a Tebe: Ma 'l peggio è viver troppo: e vidi poi Quel, che dell' esser suo destro e leggero Ebbe 'l nome, e fu 'l fior degli anni suoi; E quanto in arme fu crudo e severo, Tanto quel, che 'I seguiva, era benigno; Non so se miglior duce, Poi venia quel, che 'l livido maligno Tumor di sangue, bene oprando, oppresse Volumnio nobil, d' alta laude digno. Cosso Filon, Rutilio; e dalle spesse Luci in disparte tre Soli ir vedeva, E membra rotte, e smagliate arme, e fesse, Lucio Dentato, e Marco Sergio, e Sceva; Quei tre folgori, e tre scogli di guerra: Ma l' un rio successor di fama leva. Mario poi, che Giugurta, e i Cimbri atterra El Tedesco furor; e Fulvio Flacco, Ch' agl'ingrati troncar, a bel studio erra; E'l più nobile Fulvio; e sol un Gracco Di quel gran nido garrulo e inquïeto, Che fe' 'I popol Koman più volte stracco;

E quel, che parve altrui beato e lieto;
Non dico fu: che non chiaro si vede
Un chiuso cor in suo alto secreto;
Metello dico; e suo padre, e suo rede;
Che già di Macedonia, e de' Numidi,
E di Creta, e di Spagna addusser prede.

Poscia Vespasian col figlio figlio vidi,
Il buono e 'l bello; non già 'l bello e 'l rio:
E 'I buon Nerva, e Traian, principi fidi:

Elio Adriano, e 'l suo Antonin Pio;
Bella successione infino a Marco;
Ch'ebber almeno il natural desio.

Mentre che, vago, oltra con gli occhi varco;
Vidi 'l gran fondator, e i regi cinque:
L'altr' era in terra di mal peso carco;
Come addiviene a chi virtù relinque.

:

« PrethodnaNastavi »