Cosi fuggendo, il mondo seco volve; Ne mai si posa, nè s'arresta, o torna, Fin che v'ha ricondotti in poca polve.
Or perche umana gloria ha tante corna, Non e gran maraviglia s' a fiacarle, Alquanto oltra l'usanza si soggiorna. Ma cheunque si pensi il vulgo, o parle; Se'l viver nostro non fosse si breve, Tosto vedreste in polve ritornarle. Udito questo (perché al ver si deve Non contrastar, ma dar fede perfetta ), Vidi ogni nostra gloria, al Sol, di neve: E vidi'l Tempo rimenar tal prede
De' vostri nomi, ch'i' gli ebbi per nulla: Benchè la gente ciò non sa, nè crede; Cieca, che sempre al vento si trastulla, E pur di false opinion si pasce, Lodando più'l morir vecchio, che 'n eulla.
Quanti felici son già morti in fasce! Quanti miseri in ultima vecchiezza! Alcun dice: Beato è chi non nasce. Ma per la turba a' grandi errori avvezza, Dopo la lunga età sia 'l nome chiaro; Che è questo però, che si s'apprezza? Tanto vince, e ritoglie il Tempo avaro: Chiamasi fama, ed è morir secondo; Nè più, che contra'l primo, è alcun riparo. Così 'l Tempo trioufa i nomi, e'l mondo.
E non avranno in man gli anni'l governo Delle fame mortali; anzi chi fia Chiaro una volta, fia chiaro in eterno.
(Trionfo della Divinità.)
a poi che sotto 'l ciel cosa non Stabile e ferma, tutto sbigottito Mi volsi, e dissi: Guarda, in che ti fidi?
Risposi: Nel Signor, che mai fallito.
Non ha promessa a chi si fida in lui: Ma veggio hen, che'l mondo m'ha schernito; E sento quel ch' io sono, e quel ch'i'fui; E veggio andar, anzi volar il tempo; E doler mi vorrei, nė so di cui:
Che la colpa è pur mia; che più per tempo Dove' aprir gli occhi, e non tardar al fine: Ch'a dir il vero, omai troppo m' attempo. Ma tarde non fur mai grazie divine:
In quelle spero, che'n me ancor faranno Alte operazioni e pellegrine. Cosi dettto e risposto: Or se non stanno Queste cose, che'l ciel volge, e governa; Dopo molto voltar, che fine aranno? Questo pensava: e mentre più s' interna La mente mia, veder mi parve un mondo Novo, in etate immobile ed eterna; El Sole, e tutto 'I ciel disfare a tondo Con le sue stelle; ancor la terra, e 'l mare; E rifarne un più bello, e più giocondo. Qual maraviglia ebb' io, quando restare Vidi in un piè colui, che mai non stette, Ma, discorrendo, suol tutto cangiare! E le tre parti sue vidi ristrette
Ad una sola, e quell' una esser ferma; Si che, come solea, più non s' affrette! E quasi in terra d'erba ignuda, ed erma, Nè fia, ne fu, nè mai v'era anzi, o dietro, Ch'amara vita fanno, varia, e 'nferma.
Passa'l pensier si, come Sole in vetro, Anzi più assai; però che nulla il tene: O qual grazia mi fia, se mai l'impetro, Ch' i veggia ivi presente il sommo Bene, Non alcun mal, che solo il tempo mesce, E con lui si diparte, e con lui vene! Non avrà albergo il Sol in Tauro, o 'n Pesce; Per lo cui variar, nostro lavoro
Or nasce, or more, ed or scema, ed or cresce. Beat'i spirti, che nel sommo coro
Si troveranno, o trovano in tal grado, Che fia in memoria eterna il nome loro! O felice colui, che trova il guado
Di questo alpestro e rapido torrente, C'ha nome vita, ch' a molti è si a grado! Misera la volgare e cieca gente,
Che pon qui sue speranze in cose tali, Che 'l tempo le ne porta si repente! O veramente sordi, ignudi, e frali, Poveri d' argomento e di consiglio, Egri del tutto, e miseri mortali! Quel che'l mondo governa pur col ciglio, Che conturba ed acqueta gli elementi: Al cui saper non pur io non m' appiglio,
Ma gli angeli ne son lieti e contenti Di veder delle mille parti l' una; Ed in ciò stanno desïosi, e 'ntenti. Onente vaga, al fin sempre digiuna! A che tanti pensieri? un' ora sgombra Quel che 'n molt'anni appena si raguna. Quel che l'anima nostra preme, e 'ngombra, Dianzi, adesso, ier, diman, mattino, e sera; Tutti in un punto passeran com' ombra.
Non avrà loco fu, sarà, né era,
Ma è solo, in presente, e ora, e oggi; E sola eternità raccolta e 'ntera. Quanti spianati dietro e innanzi poggi, Ch' occupavan la vista! e non fia, in cui Nostro sperar, e vimembrar s'appoggi: La qual verïetà fa spesso altrui Vaneggiar si, che 'I viver pare un gioco, Pensando pur: Che sarò io? che fui?
Non sarà più diviso a poco a poco, Ma tutto insieme; e non più state, o verno Ma morto 'l tempo, e variato il loco: E non avranno in man gli anni 'l governo Delle fame mortali; anzi chi fia
Chiaro una volta, fia chiaro in eterno. O felici quell' anime, che 'n via Sono, o saranno di venir al fine, Di ch' io ragiono; qualunqu'e' si sia!
E tra l'altre leggiadre e pellegrine, Beatissima lei, che Morte ancise Assai di qua dal natural confine! Parranno allor l'angeliche divise, E l'oneste parole, e i pensier casti, Che nel corgioven giovenil Natura mise. Tanti volti, che 'I Tempo e Morte han guasti, Torneranno al suo più fiorito stato: E vedrassi ove, Amor, tu mi legasti;
Ond' io a dito ne sarò mostrato:
Ecco chi pianse sempre, e nel suo pianto Sopra 1 riso d'ogni altro fu beato. E quella, di cui ancor piangendo canto, Avrà gran maraviglia di se stessa, Vedendosi fra tutte dar il vanto.
Quando ciò fia, nol so; sassel propri' essa: Tanta credenza ha più fidi compagni: A si alto secreto chi s' appressa? Credo, che s'avvicini: e de guadagni Veri, e de' falsi si farà ragione: Che tutte fieno allor opre di ragni. Vederassi quanto in van cura si pone; E quanto indarno s' affatica, e suda; Come sono ingannate le persone. Nessun secreto fia chi copra, o chiudas Fia ogui conscienza, o chiara, o fosca, Dinanzi a tutto il mondo aperta, e nuda;
E fia chi ragion giudichi, e conosca: Poi vedrem prender ciascun suo viaggio, Come fiera cacciata si rimbosca; E vedrassi in quel poco paraggio, Che vi fa ir superbi, oro, e terreno Essere stato danno, e non vantaggio;
E 'n disparte color, che sotto 'l fieno Di modesta fortuna ebbero in uso, Senz'attra pompa, di godersi in seno. Questi cinque Trionfi in terra giuso Avem veduti; ed alla fine il sesto, Dio permettente, vederem lassuso; E'l Tempo disfar tutto, e cosi presto; E Moite in sua ragion colanto avara: Morti saranno insieme e quella, e questo: E quei, che fama meritarou chiara,
Che 'l Tempo spense: e i bei visi leggiadri, Che 'mpallidir fe' 'I Tempo, e Morte amara; L'obblivion, gli aspetti oscuri ed adri, Più che mai bei tornando, lasceranno A Morte impetuosa i giorni ladri. Nell' età più fiorita e verde aranno Con immortal bellezza eterna fama. Ma innanzi a tutti, ch'a rifar si vanno, È quella, che piangendo il mondo chiama Con la mia lingua, e con la stanca penna: Ma 'l Ciel pur di vederla intera brama. A riva un fiume che nasce in Gebeuna, Amor mi diè per lei si lunga guerra, Che la memoria ancor il core accenna. Felice sasso, che'l bel viso serra! Che poi ch'avrà ripreso il suo bel velo; Se fu beato chi la vide in terra, Or che fia dunque a rivederla in Ciclo?
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