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PARTE QUARTA

SONETTI E CANZONI

DI

FRANCESCO PETRARCA

SOPRA VARII ARGOMENTI

SONETTI E CANZONI

SOPRA VARII ARGOMENTI

SONETTO I.

La

Rincora un amico allo studio delle lettere, e all'amore della filosofia.

da gola, e'l sonno, e l'ozïose piume
Hanno del mondo ogni vertù sbandita,
Ond' è dal corso suo quasi smarrita
Nostra natura vinta dal costume:

Ed è si spento ogni benigno lume
Del ciel, per cui s' informa umana vita,
Che per cosa mirabile s'addita
Chi vuol far d' Elicona nascer fiume.

Qual vaghezza di lauro? qual di mirto?
Povera e nuda vai filosofia,
Dice la turba al vil guadagno intesa.

Pochi compagni avrai per l'altra via:
Tanto ti prego più, gentile spirto,
Non lassar la magnanima tua impresa.

SONETTO 1.

A Stefano Colonna il vecchio, ch' era già stato
in Avignone, e si dipartiva.

Gloriosa Colonna, in cui s'appoggia
Nostra speranza, e'l gran nome Latino;
Ch'ancor non torse dal vero cammino
L'ira di Giove per ventosa pioggia;

Qui non palazzi, non teatro, o loggia,
Ma 'n lor vece un abete, un faggio, un pino
Tra l'erba verde, e'l bel monte vicino,
Onde si scende poetando, e poggia,

Levan di terra al Ciel nostr' intelletto:
E'l rosigniuol, che dolcemente all' ombra
Tutte le notti si lamenta e piagne,
D' amorosi pensieri il cor ne'ngombra.
Ma tanto ben sol tronchi e fai imperfetto
Tu, che da noi, signor mio, ti scompagne.

SONETTO III.

Risponde a Stramazzo da Perugia,
che lo invitava a poetare.

Se l' onorata fronde, che prescrive

L' ira del Ciel, quando 'I gran Giove tona,
Non m'avesse disdetta la corona,
Che suole ornar chi poetando scrive;

I'era amico a queste vostre Dive,
Le qua' vilmente il secolo abbandona:
Ma quella ingiuria già lunge mi sprona
Dall'inventrice delle prime olive;

Che non bolle la polver d'Etiopia
Sotto 'l più ardente Sol, com' io sfavillo
Perdendo tanto amata cosa propia,
Cercate dunque fonte più tranquillo;
Che 'l mio d'ogni liquor sostene inopia;
Salvo di quel, che lagrimando stillo.

SONETTO IV.

Si consola coll' amico Boccaccio di vederlo
sciolto dagl intrighi amorosi.

Amor piangeva, ed io con lui talvolta,
Dal qual miei passi non fur mai lontani;
Mirando, per gli effetti acerbi e strani,
L' anima vostra de' suoi nodi sciolta.

Or, ch' al dritto cammin l'ha Dio rivolta;
Col cor levando al cielo ambe le mani
Ringrazio lui, ch'e'giusti preghi umani
Benignamente, sua mercede, ascolta.
E se tornando all' amorosa vita,

Per farvi al bel desio volger le spalle,
Trovaste per la via fossati, o poggi;
Fu per mostrar quant'è spinoso calle,
E quanto alpestra e dura la salita,
Onde al vero valor conven ch' uom poggi.

SONETTO V.

Rallegrasi, che il Boccaccio siasi ravveduto della sua vita licenziosa.

Più di me lieta non si vede a terra
Nave dall'onde combattuta e vinta,
Quando la gente di pietà dipinta,
Su per la riva a ringraziar s' atterra;

Nè lieto più del carcer si disserra
Chi'ntorno al collo ebbe la corda avvinta,
Di me, veggendo quella spada scinta,
Che fece al signor mio sì lunga guerra.

E totti voi, ch' Amor laudate in rima,
Al buon testor degli amorosi detti
Rendete onor, ch'era smarrito in prima;

Chè più gloria è nel regno degli eletti
D'un spirito converso. e più s' estima,
Che di novantanove altri perfetti.

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