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Quanto par si convenga agli anni tuoi.
Madonna, dissi, già gran tempo in voi
Posi'l mio amor, ch'or sento or si 'nfiammato:

Ond'a me in questo stató,

Altro volere, o disvolver m'éė tolto.
Con voce allor di sì mirabil tempre
Rispose, e con un volto,

Che temer e sperar mi farà sempre:
Rado fu al mondo, fra così gran turba,
Ch' udendo ragionar del mio valore
Non si sentisse al core

Per breve tempo almen qualche favilla:
Ma l'avversaria mia, che 'l ben perturba,
Tosto la spegne: ond' ogni vertù more,
E regna altro signore,
Che promette una vita più tranquilla.
Della tua mente Amor, che prima aprilla,
Mi dice cose veramente, ond' io
Veggio, che'l gran desio
Pur d' onorato fin ti farà degno:
E come già se' de' miei rari amici;
Donna vedrai per segno,
Che farà gli occhi tuoi via più felici.

I'volea dir: Quest'è impossibil cosa;
Quand'ella: Or mira, e leva gli occhi un poco,
In più riposto loco
Donna, ch' a pochi si mostrò giammai.
Ratto inchinai la fronte vergognosa,
Sentendo novo dentro maggior foco:
Ed ella il prese in gioco,
Dicendo: I' veggio ben, dove tu stai
Siccome'l Sol co' suoi possenti rai
Fa subito sparir ogni altra stella;
Cosi par or men bella

La vista mia, cui maggior luce preme.
Ma io però da'miei non ti diparto:
Che questa e me d'un seme,

Lei davanti e me poi produsse un parto.

Ruppesi intanto di vergogna il nodo,

Ch' alla mia lingua era distretto intorno
Su nel primiero scorno,

Allor quand' io del suo accorger m' accorsi;
E 'ncominciai: S'egli è ver quel ch' i' odo,

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Beato il padre, e benedetto, il giorno,
C'ha di voi 'l mondo adorno

E tutto 'l tempo ch'a vedervi io corsi!
E se mai dalla via dritta mi torsi,
Duolmene forte assai più, ch'i' non mostro:
Ma se dell'esser vostro

Fossi degno udir più, del desir ardo.
Pensosa mi rispose; e così fiso
Tenne 'l suo dolce sguardo,
Ch'al cor mandò con le parole il viso:
Siccome piacque al nostro eterno padre,
Ciascuna di noi due nacque immortale.
Miseri! a voi che vale?

Me' v' era, che da noi fosse 'l difetto.
Amate, belle gioveni, e leggiadre
Fummo alcun tempo; ed or siam giunte a tale,
Che costei batte l'ale

Per tornar all'antico suo ricetto;

I'per me sono un'ombra: ed or t'ho detto
Quanto per te si breve intender puossi.
Poi che i pie suoi fur mossi,
Dicendo: Non temer, ch' i'm'allontani;
Di verde lauro una ghirlanda colse,
La qual con le sue mani

Intorno intorno alle mie tempie avvolse.

Canzon; chí tua ragion chiamasse oscura,
Di': Non ho cura; perche tosto spero,
Ch' altro messaggio il vero
Fara in più chiara voce manifesto.
Io venni sol per isvegliare altrui,
Se chi m' impose questo,

Non m' ingannò quand'io partii da lui.

SONETTO ΧΙΙΙ.

A M. Antonio de' Beccari Ferrarese per acquetarlo, e farlo certo ch' ei vive ancora.

Quelle pietose rime, in ch' io m' accorsi
Di vostro ingegno, e del cortese affetto,
Ebben tanto vigor nel mio cospetto,
Che ratto a questa penna la man porsi,

Per far voi certo, che gli estremi morsi
Di quella, ch'io con tutto 'l mondo aspetto,
Mai non sentii: ma pur senza sospetto
Infin all'uscio del suo albergo corsi;
Poi tornai 'ndietro, perch' io vidi scritto
Di sopra i limitar che 'I tempo ancora
Non era giunto al mio viver prescritto,
Bench' io non vi leggessi il dì, né l'ora.
Dunque s'acqueti omai'l cor vostro afflitto;
E cerchi uom degno, quando sì l'onora.

CANZONE IV.

A Grandi d' Italia, eccitandogli a liberarla
una volta dalla dura sua schiavitù

Italia mia, berchè 'I parlar sia indarno,
Alle piaghe mortali,

Che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
Piacemi almen, ch'e' miei sospir sien, quali
Spera 'l Tevero e l' Arno,

E'l Po, dove doglioso e grave or seggio.
Rettor del Ciel, io cheggio,

Che la pietà, che ti condusse in terra,
Ti volga al tuo diletto almo paese.

Vedi, Signor cortese,

Di che lievi cagion che crudel guerra:
E i cor, che 'ndura, e serra

Marte superbo e ferb,

Apri, tu Padre, e 'ntenerisci e snoda:
Ivi fa. che 'l tuo vero

(Qual io mi sia) per la mia lingua s'oda.

Voi, cui Fortuna ha posto in mano il freno

Delle belle contrade,

Di che nulla pietà par, che vi stringa;
Che fan qui tante pellegrine spade?

Perche'l verde terreno

Del barbarico sangue si dipinga?
Vano error vi lusinga:

Poco vedete, e parvi veder molto;
Che'n cor venale amor eercate, o fede.

Qual più gente possede,

Colui è più da suoi nemici avvolto.

O diluvio raccolto,

Di che deserti strani

Per innondar i nostri dolci campi!

Se dalle proprie mani

Questo n'avven; or chi fia, che ne scampi?

Ben provvide Natura al nostro stato,
Quando dell' Alpi schermo

Pose fra noi, e la Tedesca rabbia.

Ma 'l desir cieco, e 'ncontra'l suo ben fermo,

S' è poi tanto ingegnato,

Ch' al corpo sano ha procurato scabbia.

Or dentro ad una gabbia

Fere selvagge, e mansuete gregge

S' annidan si, che sempre il miglior geme:

Ed è questo del seme,

Per più dolor, del popol senza legge,

Al qual, come si legge,

Mario aperse sì 'l fianco,

Che memoria dell'opra anco non langue;

Quando, assetato e stanco,

Non più bevve del fiume acqua, che sangue.

Cesare taccio, che per ogni piaggia
Fece l'erbe sanguigne

Di lor vene, ove 'l nostro ferro mise.
Or par, non so per che stelle maligne,
Che'l Cielo in odio n'aggia.

Vostra mercè, cui tanto si commise,

Vostre voglie divise

Guastan del mondo la più bella parte.

Qual colpa, qual giudicio, o qual destino,

Fastidire il vicino

Povero, e le fortune afflitte e sparte

Perseguire, e 'n disparte

Cercar gente, e gradire,

Che sparga 'I sangue, e venda l'alma a prezzo?

Io parlo per ver dire,

Non per odio d' altrui, nė per disprezzo.

Ne v'accorgete ancor per tante prove,

Del Bavarico inganno,

Ch' alzando 'I dito, con la Morte scherza. Peggio e lo strazio, al mio parer, che 'l danno. Ma 'l vostro sangue piove

Più largamente; ch'altr' ira vi sferza.

Dalla mattina a terza

Di voi pensate; e vederete, come
Tien caro altrui, chi tien sè così vile.
Latin sangue gentile,

Sgombra da te queste dannose some:
Non far idolo un nome
Vano, senza soggetto;
Che 'l furor di lassù, gente ritrosa,
Vincerne d' intelletto,

Peccato è nostro, e non natural cosa.

Non è questo 'l terren, ch' i' toccai pria?
Non è questo 'l mio nido,
Ove nudrito fui si dolcemente?

Non è questa la patria, in ch'io mi fido,
Madre benigna e pia,

Che copre l'uno e l'altro mio parente?
Per Dio, questa la mente

Talor vi moval e con pietà guardate

Le lagrime del popol doloroso,

Che sol da voi riposo

Dopo Dio spera: e, pur che voi mostriate
Segno alcun di pietate,

Virtù contra furore

Prenderà l'arme, e fia'l combatter corto:
Che l'antico valore

Nell' Italici cor non è ancor morto.

Signor; mirate come 'l tempo vola,

E si, come la vita

Fugge; e la morte n'è sovra le spalle.
Voi siete or qui: pensate alla partita;
Che l'alma ignuda e sola

Conven, ch'arrive a quel dubbioso calle..

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