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taffio, contemporaneo, se non più antico di Dante, al cap. 3. troviamo il

verso:

E valicato egli ha la merla il Po.

Francesco Petrarca, in una canzone tutta proverbi, senza soggetto, di quelle che gli antichi chiamavano frottole, ha un verso che suona:

E già di là dal rio passato è il merlo (1)

Il Vocabolario degli Accademici della Crusca (2) commenta: Qui è proverbio che altrimenti si dice: La merla ha passato il Po. Dicesi, per lo più, di donna, che per età, le sia mancato il fiore di sua bellezza. Pietro Fanfani, alla parola merlo, ha il proverbio: La merla ha passato il Po, o, il merlo ha passato il rio: proverbio antico che si dice del mancare il fiore dell' esser suo in chicchessia, p. es.: della bellezza di una donna.

Ognuno vede però che il merlo o la merla non hanno alcuna relazione col fiume Po, o con un rio qualunque. Il mettere poi a confronto la bellezza di una donna o d' altro col fatto che il merlo ha oltrepassato un fiume è cosa molto difficile, giacchè queste due idee sono tanto disparate che ben difficilmente possono offrire un punto di oggettività o di attività, fisica o morale, che possa spiegare la ragione del proverbio. Bisogna quindi che questa parola merlo sia presa in significato diverso da quello che propriamente ed anche traslatamente esprime.

Nella Lombardia vige un proverbio che in italiano suona: Gennaio fa i ponti, e febbrajo li rompe: cioè: nel mese di gennaio, congelandosi le acque nei fossati, questi offrono un facile tragitto da una sponda all'altra, come se formassero un larghissimo ponte; questo nel mese successivo viene rotto e squagliato col sopravvenire di giorni più lunghi e tiepidi. L'agghiacciarsi poi delle acque correnti dei fiumi, in modo, da offrire sicuro passaggio a persone ed a pesanti veicoli, fa supporre un freddo intensissimo e straordinario.

Venendo al senso allegorico noi diciamo che uno è nell'aprile della vita, nella primavera, quando è giovane, nell'età più bella delle speranze, essendo questa stagione simbolo della gioventù in generale. Al contrario l'inverno, rigido inverno, rappresenta la vecchiaia, la decrepitezza.

Or ecco che cosa si viene da alcuni raccontando per ispiegare il nostro proverbio: « Sorridete.... e sentite quest' altra (3). Sempre in questi tre giorni di gennaio, il freddo erasi fatto intenso così che anche il massimo. dei nostri fiumi, il superbo Eridano, come dicevano i nonni, il Po era gelato. Un certo capitano Merlo, per le sue mosse strategiche, approffittò dello strano caso per varcare il fiume, facendovi passar sopra le proprie truppe e i propri cannoni. L'ardita manovra si sarebbe appunto compiuta in questi tre giorni, che dal nome del fortunato stratega avrebbero poi presa la loro curiosa denominazione. Peccato che nessuna storia, nessuna cronaca

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rimanga a dare un po' di sapore di verità alla leggenda, ed anche il protagonista, questo signor capitano Merlo, sia qualche cosa meno di un Carneade, un mito, nelle storie militari di tutti i tempi, anche di quelli dall'invenzione delle artiglierie in poi.

» Pure una dizione antica così che se ne trovano traccie non solo nella memoria dei più vecchi, ma nelle primissime gazzette, nelle antiche strenne, negli almanacchi di cui ora appena resta memoria, non può essere nata senza motivo, senza occasione nella mente del popolo, ed essersi radicata in modo che ogni anno, faccia o non faccia più freddo del solito, al 29 di gennaio, sia di prammatica pei vecchi e per le massaie, di esclamare: Che freddo stamattina! Ma è giusto, son giunti i tre dì della merla!».

Se il Po, il primo fiume d'Italia, è stato congelato al punto di poter sopportare il peso di truppe e cannoni, bisogna convenire che il tempo fosse freddissimo. Il dire dunque la merla ha passato il Po, vale quanto asserire che è verno, cioè che si è vecchi e decrepiti; ed ognun sa che molte fattezze proprie della gioventù quali la fortezza, la sveltezza e la bellezza del corpo, vanno perdendosi man mano che ci avviciniamo alla vecchiaia. Il Salvini nella Pros. toscana, 1. 273, dice: A uno di noi di età avanzata sogliamo dire: La merla ha passato il Po; il che équivarrebbe al latino: Fuere quondam strenui Milesii.

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Nella Raccolta der Modi di dire toscani ricercati nella loro origine (1), dopo riportato a pagina 110 quanto ne lasciò scritto il Tassoni, vi si vede aggiunto a pag. 329 che: «I milanesi sogliono ancor oggi chiamare gli ultimi tre giorni di gennaio i giorni della merla, in significazione di giorni freddissimi. L'origine del qual dettato dicono essere questo: dovendosi far passare oltre Po un cannone di prima portata, nomato la Merla, s' aspettò l'occasione di questi giorni, ne' quali essendo il fiume tutto gelato, potè quella macchina essere tratta sopra quello che sostenendola diede il comodo di farla giungere all'altra riva. Altri altrimenti contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una nobile signora di Caravaggo, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a marito, non lo potè fare se non in questi giorni, nei quali passò sopra il fiume gelato ».

Io però ho detto che in fondo alla canzone della merla si cantano altre storielle; da ciò si deriva che in ogni paese le canzoni d'aggiunta sono diverse e varie, riferentesi a fatti locali, per cui oggidì, credendo la stessa cosa l'appendice e la canzone prima della merla o colombina, si vuole dall'ultimo fatto inferire l'origine del proverbio della merla. Perciò avviene che quei di Gerra d'Adda derivino il proverbio dalla nobile signora di Cavaraggio, i mantovani invece raccontano un atto di coraggio del loro duca il quale avrebbe passato il fiume cavalcando una cavalla denominata la Merla.

Defendente Sacchi ci fa un racconto assai patetico. Un giovane di Montalino, nel vescovado di Pavia, sulla destra del Po, Merlo di cognome, ama una giovane sua parente, abitante a Port' Albera, sulla sinistra del Pó. Le nozze si devono celebrare il 31 di gennaio: il Po è congelato: non potendosi traghettare in barca, il corteggio dello sposo passa a piedi: nel ritorno il suolo infido si sprofonda proprio sotto i piedi della povera sposa,

(1) Venezia, per Simone Occhi, 1761.

che, emesso un grido disperato, scompare: per l'infelice sposo, dopo un anno, si prega l'eterna pace. Da quel tempo gli ultimi tre giorni di gennaio sono di triste memoria nei paesi vicini al Po; la pietà di quei contadini si converte in usanza, in una specie di festa. in cui si canta la mesta canzone popolare, che è il lamento del povero Merlo, ed alla quale tutti quelli che che sono presenti rispondono con questo ritornello in flebile coro:

E di sera e di mattina

la sua Merla poverina

piange il Merlo, e piangerà.

Va' ha chi sopra questo racconto ha composto una ballata che qui trascrivo.

Una fanciulla timida
Merla chiamata e sposa
all' impensato ostacolo
del gelo un po'stizzosa
» ma avanti, andiamo avanti

» pur invocando i santi »><

grida il corteo nel giubil

che il giorno delle nozze inspira in cor.

« Alla chiesetta vadasi

» a consumare il nodo

>> alcun non v'ha pericolo

» il ghiaccio è molto sodo ».

Cosi taluno folle

sul Po discender volle

uno, due, tre s'avanzano

e Merla pure del villaggio onor.
Ma come questa un piccolo

tratto di fiume ha scorso
diventa il pian men solido
per ingannevol corso:
il lastrico fu scisso

e nell' aperto abisso

la fidanzata misera

scomparve delle fredde onde nel sen.... Di lei, del caso orribile.

dura tuttor memoria.

Dovrem noi creder favola

la dolorosa istoria?

Per certa io voglio averla;

della compianta Merla

nel suo linguaggio il popolo
la ria sciagura ripetendo vien.

Questo racconto sarà verissimo: ma per quanto sia patetico e tale da poter dare una sufficente spiegazione del proverbio, tuttavia ci lascia ancora molta curiosità. Il Sacchi ci dà una storia che egli dice ricavata da

varie tradizioni: e noi sappiamo che le tradizioni, attraverso a lungo tratto di tempo, vengono manomesse in modo che ben difficilmente si riesce a raccapezzarne il primitivo costrutto. Il Sacchi poi localizza la memoria del fatto nei paesi presso il Po: invece si trova che la denominazione di giorni della merla è molto più diffusa; e il proverbio: La merla ha passato il Po fu usato dall'autore del Pataffio, dal Petrarca, e da diversi altri, pure antichi, e, quel che importa, ben lontani dal Po, il che non è poco contro la storiella del Sacchi; nella quale, del resto, non si vede la precisa ragione di avere consacrato tre dì, e non uno solo, l'anniversario, alla memoria della povera sposa di Montalino.

Il canonico Antonio Barili ci vuol dare anch'egli un po' di luce a questo riguardo. Nella sua Storia di Casalmaggiore scrive: « La quarta congelazione del Po accadde nell'anno 1510, su cui passò l'esercito francese con tutta la pesante guerresca artiglieria (tra la quale eravi il lungo e grosso pezzo di cannone denominato la Merla, donde si è propagato il proverbio La merla ha passato il Po.... e da cui eziandio si chiamano gli ultimi giorni annuali del mese di gennajo giorni della merla, alludendo al rigidissimo freddo glaciale che si fè sentire nell'epoca indicata) per lo che gli abitanti di Casalmaggiore costretti furono a trasferire a Colorno i necessari grani per farli colà macinare ne' mulini di terra ivi esistenti, con notabile gravissimo dispendio ».

Ma anche questo racconto a cui si cerca di dare la maggior forza possibile con storiche apparenze, lascia molto da dubitare nella conseguenza che si vuol dedurre. Il proverbio, usato dal Petrarca, conosciuto da Dante, da ser Brunetto, dal Sacchetti e da diversi commentatori del divino poema, anteriori al 1510, dà a conoscere di essere nato da cause forse simili, ma molto più antiche, e non specificate. Del resto i versi dell' Alighieri non si possono in alcun modo applicare al Po gelato e la canzone della colombina o merla parla del volare sul mare, che potrebbe essere anche il fiume Po, il maggiore d'Italia, ma non fa parola di congelamento, che è circostanza affatto staccata dalla favola della merla.

I cronisti e gli storici che vissero sulle rive del Po, come il Cavitello, il Muratori, il Corio, i Campi, il Poggiali, il Boselli, Defendente Lodi ed altri, nei loro scritti ci lasciarono diverse informazioni sui congelamenti padani.

Il canonico Pier Maria Campi nella sua Storia ecclesiastica di Piacenza (1) ci racconta che «l'anno 1211 l'acqua del Po agghiacciando in modo che, siccome sul terreno, vi passavano sicuramente cavalli e carri, l'imperatore Ottone IV che, dopo l'infelice spedizione delle Puglie avviato coll'esercito in Germania, varcar lo dovea rimpetto a Guardamiglio, lo passò difatti senza che nè egli nè altri si accorgessero dell'inganno, giacchè il conte di Santafiora suo seguace, non volendo che i cavalli sdrucciolassero, fece coprire il ghiaccio di paglia in modo che non ne apparisse vestigia. Se non che Ottone, poscia che fu sulla sinistra sponda del fiume, accortosi del fatto, e giustamente sospettando che il conte ciò fatto avesse perchè nell'acqua si affogasse, comandò che egli stesso miseramente vi fosse gettato, e che banditi venissero i suoi figli dall'impero ».

(1) Tom. Il, Lib. 16.

Questa storia non prova nulla circa la favola della merla: ho voluto riferirla perchè almeno nel fatto principale ha relazione colla seguente ballata composta anch' essa per la spiegazione del costume lombardo.

Nevi, geli, pruine

trofei di vette alpine.

rendono impervio il suolo, al piè nemico,

e il focolar gradito.

Ne' di trascorsi ho udito

ripeter della Merla il grido antico,

una duplice istoria

affidata de' vecchi alla memoria.

Un gran signore, un principe

de' suoi poder nel raggio
nella stagion più squallida
oh tempi!... fa viaggio;
una di sue giumente

gli vien tirando il cocchio

Merla la chiama il suo servo e cocchier.

Al grande fiume italico,

trottando, ei pure arriva
il signor col domestico.
e non ha comitiva;
mutata in diaccio è l'onda
dall' una all' altra sponda.

Che far? dar volta subito

fu, di chi guida, il primo e buon pensier.
Poi, dal suo fato misero,

ebbe un altro consiglio:
vuol che la Merla superi
il Po senza naviglio
e: « avanti, andiamo avanti
pure invocando i santi »>

al duro passo il principe

un funesto decreto in lui formò.

E l'indoman fu l'ultimo

giorno del cocchier servo
che non dovea l'esimio
capo giocar protervo.

Con tutto questo però io non pretendo di avere pienamente stenebrata l'origine della favola della Merla: ma ciò nulla toglie che il verso dantesco sia stato suggerito da questo singolare costume di Lombardia, tanto più quando si ponga mente che Dante fu in questi paesi alla venuta dell'imperatore Arrigo VII e, precisamente, nel gennaio del 1311.

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