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sc omuniche e delle guerre indi sorte, delle accuse fatte contro i pontefici, della inquisizione, degli antipapi. In tre lezioni è fatta la storia dei papi da san Pietro al secolo decimonono, e la trattazione si chiude con la serie cronologica dei pontefici. - Recens. favorevole in Civiltà Cattolica, Anno XLIV, serie XV, vol. VII, quad. 1038. (271

Lesson Michele. Gli animali nella divina Commedia. [Recens. in Nuova Antologia. An. XXIX, terza serie, vol. L, fasc. 5°].

Prendendo le mosse dai notevoli studi del conte Cipolla e di G. B. Zoppi, Michele Lessona ha scritto sull' Inferno una prima serie di note [Torino, Un. tip. editr., 1894] dalle quali non si ricaverà forse molto utile per la interpretazione del poema, ma i lettori avranno molto diletto. Seguendo, a mano a mano, le menzioni degli animali che si trovano nei canti dell' Inferno, il senatore Lessona dichiara, ciò che non è sempre agevole, di che bestia intende Dante parlarci, quale sua costumanza rammentarci e così viene a meglio lumeggiare l'arte del poeta, e talvolta a mostrare come fossero superiori le cognizioni dell' Alighieri a quelle del tempo suo. Nel qual proposito anzi l'autore giunge fino a porre innanzi l'ipotesi che Dante avesse un tal quale presentimento della dottrina che oggi diciamo dell'evoluzione. Certo è che da questi riscontri d'uno zoologo moderno appare sempre più mirabile il dono che Dante ebbe duplice, di osservare la vita con occhio rapido e sicuro, e di rappresentarne i fenomeni con parola efficace.

Cfr. no. 89.

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Levi Eugenia. - Dante... di giorno in giorno. [Recensione nella Nuova Antologia. An. XXIX, terza serie, vol. XLIX, fasc. 3].

Il libro della Levi merita di essere lodato per l' ordinata scelta delle citazioni dantesche fatta con ottimo criterio, ma ancora per l'ingegnosa novità di mettere a riscontro di ognuna di quelle la meglior traduzione francese, tedesca e inglese: lavoro questo che richiede acume e gusto artistico non meno che singolare pazienza. Le indicazioni bibliografiche che la compilatrice pone in calce al volume mostrano com'essa abbia fatto un diligente studio della materia che aveva tra mano. Infatti ha procurato sempre di scegliere, fra tutte, la traduzione che meglio rendesse il luogo citato. e laddove non ne ha trovata alcuna che la sodisfacesse, l'ha rifatta di suo. Per taluni dei passi tratti dalle opere latine, il volgarizzamento è stato fatto a bella posta da Isidoro Del Lungo. Nelle citazioni poi è conservato l'ordine cronologico, certo o presunto, degli scritti di Dante e le ricerche sono agevolate da indici ben fatti. (273 Lippert von Granberg Josefine. Duino [Dante-Fels]. [In Ausonia. Lyrische Blüthen, von J. Lippert von Granberg. Wien, Gerold und Comp., 1892, in 8o, di pagg. [2], 352]. Canta lo scoglio di Duino nelle Alpi Giulie, detto lo scoglio di Dante. (274

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Loooy de la Marche. Le XIII siècle artistique. Lille, Soc. st. Augustin, 1893, in 8o, pagg. 430, con 190 incis. (275

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La nevrosi in Dante e Michelangelo. [In Gazzetta letteraria. An. XVII,

Scrive Durand Fardel [Cfr. Giornale dantesco, I, 6, pag. 280] che Dante « è probabilmente morto di esaurimento o di malattia nervosa; e certo in vita dovette soffrire accessi epilettici seguiti da incoscienza, come provano le frequenti descrizioni di cadute con assenze psichiche e con incoscienza che si trovano nel poema ». Questa nota del Fardel incoraggiò l'autore a

Giornale dantesco

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ricercare entro al libro sacro ad ogni italiano, la divina Commedia: e con buon frutto; perchè vi trovò, infatti, frequenti accessi epilettici [?] che per altro degradano e si fan più rari e meno intensi man mano che si passa dall'Inferno al Purgatorio e al Paradiso. Le prove si trovano ai seguenti luoghi del poema: Inferno: III, 130-136; V, 139-142; VI, 1-3; Purgatorio: IV, 1; XV, 85-86; 120-123; XVII, 13-15; XIX, 7; XXVII, 91-93 ; XXXI, 88-91 ; XXXII, 1; 3; 64-65; 68; Paradiso: XXI, 140-142 ; XXIII, 43-45, 49-51. Nel Purgatorio questi accessi assumono più le forme di sogni, di sonnambulismo, e nel Paradiso di estasi. Differenziare se siano di natura isterica o epilettica è impossibile, ma fa inclinare per l'epilessia la superbia, l'erotismo di cui il poeta stesso si accusa nella Commedia, e l'irascibilità fiera di cui la leggenda ha raccolte tante prove; e di cui esistono tanti documenti nel suo poema, anche nel Paradiso, in cui pure, per la sua maturità e per l'argomento [sic] la sua musa s'era fatta misurata. (276

Lupattelli Angelo. La chiesa di san Francesco e gli affreschi del secolo XIV nella cappella Paradisi: il dipinto ad olio del Piazza nella parete della sagrestìa di san Martino in Terni: discorso. Terni, tipo-lit. M. Ceccarelli, 1892, in 8o, di pagg. 20.

Parla della necessità di ristaurare e conservare i freschi della cappella Paradisi in san Francesco di Terni e il grandioso dipinto ad olio rappresentante il giudizio finale rimasto nella parete della sagrestia della diruta chiesuola di san Martino. Questo dipinto, condotto nel 1616, ha l'impronta di una grande scuola che volge al tramonto: ma i freschi della cappella Paradisi ci riportano agli albori dell' arte pittorica, alla metà del trecento. Nel 1333 il ternano Paolo di Pietro di Giovanni Paradisi fu podestà di Firenze e vuolsi che desse la cattedra al Boccaccio per la lettura della Commedia; a questo fatto, potrebbe riferirsi l'ipo tesi che l'ispirazione dei dipinti eseguiti nella cappella di san Francesco fosse suggerita all'incognito maestro da qualche discendente, o dal figlio stesso di Giovanni, il dottissimo Angelo, doctor legum, ricordato in un istromento rogato nel 1354 da Pietro Giovanni Leonardo, notaro della Camera, in occasione della decapitazione del frate di Monreale d'Albano, ordinata da Cola di Rienzi. Lasciando di parlare dei dipinti nel fascione interno dell' arco che dà ingresso alla cappella, il Lupattelli comincia la sua rapida rivista dalla parete interna a sinistra. Di questa, l'intiera superficie offre in alto, dentro una cornice circolare, l'emblema della santissima Trinità, pittura monocroma, espressa con tre facce giovanili. Nello spazio centrale, ai lati della finestra, si scorgono due quadri; nel primo, verso l'ingresso, è riprodotta la liberazione delle anime purganti: alcuni angeli tendono le braccia per alzare gli spiriti fatti degni del paradiso, mentre altri li sollevano dalle fiamme ed altri, più in alto, li aiutano ad ascendere alla beatitudine eterna. Nel secondo quadro, verso la parete centrale, è raffigurata la discesa di Cristo al limbo. Il Redentore, in atto di muovere da sinistra a destra sopra una nube, ha dappresso, in alto, due angeli: uno dei quali, genuflesso, invita i patriarchi a seguire le orme del Salvatore. Ai lati e sotto sei figure rappresentanti il primo parente, Abel suo figlio e Noè, Moisè legista, Abram patriarca e David re [Inf., IV, 54-57]. Nel quadro dello spazio inferiore il pittore ha compendiato in sei distinte cave i castighi del purgatorio, riassumendovi, a così dire, alcuni canti della seconda cantica. Della prima cava rcstano solo tre frammenti di figure immerse nell' acqua, una delle quali è invitata da un angelo a salire. Al disopra è la seconda cava, ove leggesi: Accidia, e che comprende dieci sof ferenti coperti, fino a mezzo, dall' acqua; le lor movenze sono in atto di preghiera e in alto, a destra, è un angelo che li consola. Nel centro della parete ci si offre la maggior cava; ivi è scritto: Vanagloria; e quivi otto figure incamminansi verso il loro angelo a destra tor mentate da fiamme che scaturiscono dal terreno. Sono tutte meste e preganti. Presso questa è la cava dell' Avaritia: ove sette martoriati in movenze meno fiduciose, e de' quali v' ha chi

apparisce ne' piedi e nelle man legati e presi [Purg., XIX, 124], stan sotto al loro angelo custode. Sopra, all'estrema destra, è la quinta cava, con la scritta: Ira. Qui, facendo che le ombre campeggino in un buio completo, il pittore ha bene inteso di mostrare, seguendo Dante, che il travaglio d'un denso fumo è pena al peccato. Nove figure son rivolte al loro angelo che una ne solleva dal patimento. Nella sesta ed ultima cava, sull'estrema destra del dipinto, in mezzo a due figure poste a sedere, leggesi: Luxuria. Quivi, nove spiriti immersi nell'acqua mostrano il dolore del loro martirio. A destra del basamento, entro ad una cornice che giunge quasi a toccare il piantito della cappella, santa Margherita, in dimensioni di due terzi del vero, è ritratta in atto di posar la mano sul capo di un divoto inginocchiato. Il paradiso forma il soggetto della parete del centro dove è l'altare nella sua costruzione primitiva. La pittura è divisa in due grandi quadri là dove hanno nascimento gli archi della crociera. Nel quadro superiore è raffigurata la gloria di Cristo (Parad., XXIII, 13-21): in alto, in mezzo, il Redentore, in atto di benedire, è seduto in un nimbo di iridi e a lui fa corona uno stuolo di serafini [XXVIII, 94-96]. Ai lati, angeli in atto di suonar chitarre: e i quattro profeti a destra e a sinistra le quattro sibille occupano i lati estremi della pittura [XXXII, 22-24]. Tre gruppi di angeli stanno nel mezzo a riprodurre fedelmente quanto il poeta descrisse nella terzina 21-23 del XXVIII di Paradiso. Il posto di ciascun gruppo è segnato da tre maggiori figure: la prima innanzi, ritta su la persona, vestita di aurea armatura, è a capo della gerarchia delle dominazioni; la seconda, più addietro, seduta alla destra di Cristo, coperta di ampia e candida vesta, è a capo della gerarchia delle virtù; e la terza, ancor più indietro, seduta pur essa, coperta di armatura d'argento e circondata dalla milizia celeste, figura la condottiera delle podestà. La gloria celeste prosegue poi nel secondo dipinto : nella parte superiore si stanno Quei che a Cristo venuto ebber li visi [XXXII, 26-27]: gli apostoli maggiori e due dei minori; nel centro, a destra di una torre, san Paolo, a sinistra san Pietro che tiene una mano alla porta come per aprirla con la chiave d'oro, mentre coll'altra mano distesa e il volto inclinato sembra invitare la sottostante schiera degli eletti, o genuflessi o in atto di alzarsi entusiasmati, e in mezzo ai quali, solo in piedi, è l'arcangelo Michele, armata la destra di spada e riposando la sinistra sovra due scudi, uno d'oro ed uno d'argento. Nel gruppo degli eletti [XXXI, 49-51] composto di oltre trenta figure, son dipinti, ai lati di Michele, una monaca ed un fraticello. Una terza figura, pure estranea all'argomento, rappresenta un magistrato, vestito del rosso lucco, e forse è questo il ritratto di Paolo di Pietro di Giovanni di cui qui gli eredi vollero perpetuare la memoria. A' piedi di questa figura è un'iscrizione oggimai illeggibile: ma in una stretta fascia orizzontale al dipinto si legge ancora che la cappella appartiene ai Paradisi, e si vede una data alla quale manca solo l'ultima cifra del millesimo, che potrebbe essere stata un 4, riportandoci così al 1354 ed avva lorando l'ipotesi che innanzi a quell'anno il dipinto fosse già incominciato e alla partenza di Angelo da Terni l'opera rimanesse interrotta nel compimento della base. La parete destra dell'ingresso ci mostra il doloroso regno infernale. Nel primo dipinto a sinistra e nell' altro a destra della parte superiore si vede espressa la caduta degli angeli [Infer., XXIX, 55-57]. Un arcangelo e un angelo, armati l'uno di spada e l'altro di lancia, cacciano fin sotterra gli spiriti ribelli, mentre altri angeli li percuotono con le spade ed alcuni se ne vedono D'una catena.... avvinti Dal collo in giù [XXXI, 88-89]. Nel dipinto della parte inferiore, disgrazia. tamente assai deturpato, l'artista profittò della ispirazione dei canti danteschi, e così, in corri spondenza alle bolge, divise il suo quadro in tante caverne. Verso il centro, in direzione dei pochi frammenti che rimangono alla destra del visitatore, è la prima caverna, ove dalla tinta putrescente dei volti delle figure sembra che il dipintore abbia voluto mostrare la decima bolgia ove sono gli alchimisti e i falsari [XXIX, 46-52]. La gran caverna di centro corri sponde al pozzo infernale, nel quale nella quarta regione son condannati i traditori dei pro

pri benefattori. Nel mezzo, con forme gigantesche e strane, un orribile demonio siede sovra gli omeri di un altro anche più grande quasi completamente sepolto nella ghiacciaia. [XXXIV, 28-29]. Beffarda e irosa ha la faccia; un accozzaglia d'uomo, di toro e di scimmia. Le ali ha quali le descrive Dante [XXXIV, 46-51]; due seni apronsi nei pettorali, dai quali capovolti precipitano due dannati; le grandi braccia semitese sono avvinte da un lungo serpe che gli attraversa il petto scarno: con la mano sinistra preme un peccatore alla coscia infiggendogli nelle carni la terribil unghia e con la destra ne tiene uno sospeso in atto di scagliarlo. Per una orribile vulva al termine del corpo gli sbuca fuori un dannato, e altri dannati frange e scuoia con i piedi foggiati a mo' di quelli degli uccelli di rapina. La faccia del demonio inferiore somiglia a leone irato: coi denti maciulla un dannato, intanto che altri sei demoni recano sul dorso altri infelici destinati all'orribil pasto. Risalendo al lato sinistro, verso la finestra, scorgiamo la bolgia quinta, che è di barattieri (XXII, 16-18). Quivi, da un lato, un diavolo solleva nelle spalle un peccatore: più innanzi un altro ravviva, con un mantice, il fuoco intorno alla caldaia della pece, entro la quale stanno i dannati. Nella estremità di sinistra, in alto, sono i traditori della patria (XXXII, 23-24). Dal lago immoto sporge solo il capo de' peccatori. In alto è un demonio ch' entro vi immerge capovolto uno di quei miseri, ed altri tre maligni spiriti son intenti ad accreseere i tormenti dei dannati. Quivi, e nella caverna seguente, il pittore ha ritratto ciò che Dante descrive nella terzina 94-96 del XXIV canto, e al basso, sempre da questa parte, i consiglieri frodolenti (XXVI, 31-33). Sulla destra sponda un demonio armato di uncino sembra dall'alto sorvegliare ai tormenti: e quasi di contro scorgesi un dannato avvinto da un serpente e in atto di precipitare nel baratro (XXIV, 103-105). Dentro la bolgia son cinque miseri: tre non ricevon molestia: ma il primo e l'ultimo son martoriati da due diavoli. Sotto di essi, in un lago di fuoco, giace un altro peccatore con le braccia legate a tergo: un demonio sembra intento a lacerargli con un coltello le membra. (277

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Luzzatto Leone. Pro e contro Firenze: saggio storico sulla polemica della lingua. [Recensione firmata E. B. C. in Fanfulla della domenica. Anno XVI, no. 9].

Favorevole; e in qualche parte s'accorda con quella di questo Giornale, anno I, 8-9, pag. 405. Cfr. no. 218. (278

-

Malaguzzi-Valeri Francesco. I codici miniati di Nicolò di Giacomo e della sua scuola in Bologna. [Recens. nella Nuova Antologia. An. XXVIII, terza serie, vol. XLVI, fasc. 14]. L'autore reca, con questo suo libro, un prezioso contributo alla storia della miniatura ; e continuando per questa via potrà darci compiuta la storia della miniatura a Bologna, dove la gentile arte mirabilmente fiorì e dove Oldofredo poteva rimproverare agli scrittori di farsi tutti pittori. Ctr. no. 132. (279

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Manoini Augusto. « Les œuvres latines apocryphes du Dante del dr. Prompt. [Recens. nella Rassegna bibliografica della letteratura italiana. An. II, no. 2].

In questa sua memoria il Prompt nega a Dante non solo la Quaestio de aqua et terra, già da altri dimostrata apocrifa; non solo le Egloghe, l' Epistola a Can Grande, su cui gravavano già molti sospetti, ma anche il De Monarchia: e perchè di quest'opera si parla nella Vita di Dante del Boccaccio, il sign. Prompt, ripetendo un suo noto errore, impugna anche l'autenticità di questa. Le ragioni su le quali l'autore fonda le sue idee, sono tutt'altro che buone e non si può fare a meno di domandare se egli scherzi o faccia sul serio, quando, per esempio, sostiene, non ostanti le testimonianze dei commentatori contemporanei e di Dante stesso, che il poema non fu dall'autore disonorato col nome di commedia, quando pro

pone un tendo un

ripe

nuovo titolo da darsi alle tre cantiche immortali, quando vuol dimostrare altro suo vecchio errore che Dante è contrario alla teoria tolemaica e favorevole alla copernicana. In mezzo alle molte inesattezze non è senza valore l'argomento che il Prompt adduce contro la disputa dell'acqua e della terra: ma errata appare subito l'argomentazione che egli fa per dimostrare la falsità delle Egloghe, fondandosi sull' errore cronologico che solo nel 1326 Roberto sia andato in soccorso della guelfa Genova. (280

Marais Paul et A. Dufresne de Saint-Léon. que Mazarine. Paris, Welter, 1893, in 16°.

Catalogue des incunables de la bibliothè

Tra i libri posseduti dalla biblioteca Mazarino è sopra ogni altro preziosa una copia della editio princeps della Commedia stampata a Foligno nel 1472. - Recens. in Nuova Antologia. Anno XXVIII, terza serie, vol. XLVIII, fasc. XXI. (281

Masotti Francesoo.

Vicende del poema di Dante: conferenza letta in Modena nella sala del circolo per gli studi sociali la sera del IV maggio 1893. Bologna, N. Zanichelli, 1893. in 8, di pagg. 31.

In questa conferenza son trascorse in rapida rassegna le vicende del poema di Dante dalla morte del poeta ai giorni nostri. Le vicende del cane rispondono a quelle della vita dell' Alighieri per il variare della politica nei secoli appresso, per la fortuna dell'intera nostra letteratura, delle arti e della coltura italiana. Recens. firmata V. R. nel Fanfulla della domenica, an. XVI, no. 6. (282

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Chi parea fioco: chiosa dantesca. Arcireale, tip. Donzuso, [1893],

Il Mazzoleni traduce il noto verso del I, 63 d' Inferno, nel senso letterale: una persona la quale pareva isfralita [a motivo della dimora e della pena nel limbo], come per lungo silenzio; nel senso allegorico: che fiacca e debole per sè stessa, senza l'aiuto della fede, appariva l' umana ragione nello sfacelo morale di quell'epoca.

Mestica Enrico. Cfr. ni. 133, 159 e 224.

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Morpurgo Salomone. I manoscritti della r. Biblioteca Riccardiana di Firenze. [Recensione in Nuova Antologia. Anno XXVIII, terza serie, vol. XLV, fasc. X, 15 mag. "93]. Sono circa ottanta mss. italiani fra i quali più testi della Commedia de' sec. XIV e XV e de' commenti antichi di essa. La descrizione che il Morpurgo ne fa, può e dovrebbe servire di esemplare a sì fatti lavori; tanto è compiuta nella sua sobrietà, oculata e precisa nelle indicazioni. Cfr. no. 135. (284

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Moscatelli Alfredo. Paesaggi virgiliani. [In Fanfulla della domenica. An. XVI, no. 7]. Parlando dell'amor che Vergilio portava a tutta la terra d'Italia, onde nelle sue poesie è un accenno a tutte le sue contrade, osserva che per questo rispetto Dante solo può essergli paragonato: essi sono i due nostri poeti veramente nazionali. (285

Mossotti 0. Fabrizio. Illustrazioni astronomiche a tre luoghi della divina Commedia tutte insieme raccolte per la prima volta da G. L. Passerini. Città di Castello, S. Lapi tip.-editore, 1894, in 16o, di pagg. 88.

Sommario: Memoria del senatore O. F. Mossotti, di Michele Ferrucci. I. Illustrazione di un passo del canto IX del Purgatorio [1-12]. II. Lettere due ad Alessandro Torri in pro

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