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sistema del Manetti contro il Vellutello, tenendosi però prudentemente lontano da certi problemi punto risolti né risolvibili nel disegno preso a sostenere. Sulla fine di quel secolo Luigi Alamanni il giovane manda a G. B. Strozzi due scritture del sito e del viaggio di Dante; ma i suoi studî non pervennero

a nostra conoscenza.

Nel seicento e nel settecento nessuno si occupa del sito e delle misure dell' Inferno: il Venturi accetta il profilo del Benivieni; il Lombardi quello del Daniello. "Al nostro secolo un salutare risveglio negli studi delle opere "dello Allighieri ci ha dato varie trattazioni di topografia infernale; nella prima “metà se ne sente già qualche cosa nelle Bellezze del padre Cesari, o nella "traduzione e commento della divina Commedia fatti da Giovanni re di Sasแ sonia (Philalethes) o nelle opere del padre Ponta; dopo l'unificazione della pa"tria ve n'è una vera rifioritura. Scrissero più o meno diffusamente l'arci"prete don Luigi Benassuti e il padre Bartolomeo Sorio, il Missirini, il Ro"mani, il Borgognoni, il Gregoretti, il duca di Sermoneta, il Lubin, G. Vac" cheri e C. Bertacchi, il Michelangeli, il Fiammazzo e lo Agnelli.

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L'autore distingue tre classi di dantisti che vollero trattare dei tre mondi sopprannaturali: quelli che non tengono conto di nulla che sia in disaccordo colla scienza; quelli che negano ogni valore a certe allusioni che evidentemente hanno significato scientifico; e quelli finalmente che nei loro disegni non si curavano né di numeri né di misure, né di principî scientifici. Scorte sicure per rifare ai nostri giorni il cammino di Dante sono la scienza umana e divina: chi credesse di far a meno o dell'una o dell'altra di quelle due scorte non potrebbe riescire a sicuro porto. L'Allighieri svolse ampiamente nel Convito il metodo per mangiare il suo cibo e assimilarselo: " esaminare e vagliare col metodo di sopra accennato le opinioni degli antichi e dei mo“derni dantisti, far procedere ogni osservazione unicamente dalle opere di "Dante e dalle teorie letterarie, fisiche e metafisiche in mezzo a cui si formò “la sua mente e il suo poema, spogliarsi dei preconcetti che di solito spin66 gono a inconscie illusioni, ecco il compito del futuro pittore e architetto "del teatro della trilogia dantesca.,

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L'autore si è egli attenuto a questo metodo? C'è da dubitarne. Egli però è oltremodo modesto; d'una modestia che sicuramente gli cattiverà la benevolenza degli studiosi: egli non si lusinga di pronunciare l'ultima parola sulla quistione; spera solamente che il nuovo indirizzo impresso alla ricerca non sarà senza utili risultati: ed in ciò credo possa andar sicuro.

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Nel secondo capitolo entra in materia, e tratta anzitutto della campagna degli ignavi. Confuta il disegno del Vellutello che di questa campagna fa un grado circolare limitato esternamente dalla massa della terra, all'interno dall'Acheronte: cita in proposito alcuni passi del Manetti e del Benivieni per confondere coloro che asseriscono avere il Manetti trascurato o dimen

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ticato la buja campagna. Confuta pure il Borgognoni il quale pensò che

Dante avesse dimenticato il sesto cerchio: non altrettanto felicemente vengono combattute le obiezioni del professor Michelangeli, sebbene l'autore ponga in rilievo alcuni passi di Virgilio che avrebbero suscitato in Dante l'idea del grande vestibolo. "L'Antinferno dantesco è da immaginare come una pianura immensa, degradante verso il fiume, avvolta in densa caligine, onde il tetto e le pareti della vasta caverna rimangono celati allo " sguardo, e il tenebroso ambiente merita d'essere detto aer senza stelle, aria senza tempo tinta...., Con la speranza che non si veda piú ripetuto l'errore comune a tutti i disegni pubblicati in questi ultimi anni, l'autore chiude il paragrafo dando un'ultima prova di ciò che ha dimostrato. Il Limbo ha costantemente queste denominazioni: primo cerchio che l'abisso cigne (Inf., IV, 24), cerchio primaio (V, 1), primo grado (IX, 17), cerchio supremo (XII, 30), primo cinghio del carcere cieco (Purg., XXII).

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Scartando il disegno a scarpa del Vellutello, perché l'autore, invece di scorgere la voragine che si apre a guisa d'immane precipizio, ci vede "un "campo che va degradando ancor meno che le falde dei monti, si ritiene che le ripe devono avere la direzione del filo a piombo. Queste ripe si smontano, come vuole il Giambullari, a mezzo di scale, come a mezzo di queste si salivano i gironi del sacro monte; "forse, dice l'autore, quelle del"l'Inferno non saranno eleganti e pulite, come quelle del Purgatorio, saranno quasi viottoli sassosi e discoscesi; ma non osi alcuno piú di negarle per "amor del vero „.

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"I cerchi seguono le curve di sfere concentriche immaginarie già ideate “dal Manetti„. Il Limbo però pende verso il mezzo per amore della frase:

.... non era lungi ancor la nostra via

di qua dal sommo.

Inf., IV, 67.

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Nulla di notevole fino al quarto cerchio; sulla riva esterna di Stige sorge una torre, sull'interna un'altra: la grande campagna degli eresiarchi è popolata di sepolcri, ritenuti dall'autore, con Benvenuto e col Bargigi, per le meschite già scorte attraversando il pantano sulla barca di Flegias. "Ogni sepolcro è un vero cimitero, un grande edificio, il cui coperchio è visibile "alla lontana, e, quindi, anche fuori delle mura di Dite. Il settimo cerchio è diviso in tre gironi concentrici e il letto di Flegetonte è da immaginare come una zona sferica inclinata leggermente da una parte. L'autore, chiudendo il capitolo, è persuaso di "avere assodato che gli ignavi si aggirano "in una spelonca fuori del baratro; che dal Limbo si cominciano a contare "i cerchi; che fino ai violenti sono sei gradi; che dall'uno all'altro si ascende

1 Tra coloro ci sono anch'io, è vero: che il Manetti avesse parlato in proposito io ignoravo: è però un fatto che nel disegno che passa sotto il nome del Manetti non c'è luogo né alla campagna dei noncuranti, né all'Acheronte: sfido chiunque a provarmi il contrario,

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per mezzo di scale o viottoli scoscesi; che il muro della città del fuoco non "ha altra torre che quella sulla porta d'ingresso; che le meschite sono i seน polcri degli epicurei

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Nel terzo capitolo ci descrive le Malebolge. L'autore ritiene inutile la confutazione del disegno eseguito dai signori Vaccheri e Bertacchi: anche gli altri disegni sono bacati: è d'accordo sulla moltiplicità degli scogli contro l'opinione del Benivieni, del Giambullari e del Galilei, del quale è confutata una obiezione riguardante la caduta dei ponti sulla sesta bolgia, obiezione crèduta formidabile. Le zone sferiche vanno diminuendo in ragione aritmetica dalla periferia al centro di Malebolge, contrariamente all'opinione dello Scartazzini. Le bolge sono tutte eguali in larghezza, ma le coste non sono parallele, e per conseguenza ogni fosso è più largo in alto che al fondo. "Errore è poi dare ad ogni argine lo spessore di un "miglio ed un quarto, come fece il re di Sassonia, o di tre quarti, come fece "il Vellutello, e anche di un quarto come fece il Landino; errore è il disegnare i ponti fra loro separati,. Ma poi egli stesso, l'autore, è costretto a dare all'argine una certa larghezza, su cui camminano i poeti anche in senso trasversale. Ripa ed argine sono la stessa cosa; costa è il piano inclinato che mette l'argine in comunicazione al fondo della bolgia.

"

La pendenza di Malebolge è subordinata ad una condizione, che in ogni bolgia la costa interna sia più bassa che la esterna. Esaminando certi passi dei canti che trattano dell'ottavo cerchio (XVIII, 100; XIX, 136; XX, 130; XXI, 1; XXIV, 62; XXIV, 79; XXIV, 13; XXVI, 16; XXVII, 133; XXIX, 16-37; XXIX, 52) l'autore ne ricava i seguenti dati a cui deve rispondere un disegno di Malebolge:

"1° I ponti siano tra loro congiunti in modo che possano meritare il nome "di lungo scoglio, e di sasso (XXIII, 134) ovvero di muro (XXIV, 73).

"2° Lo scoglio non presenti alcuna pendenza, ma segni una curva curva con"centrica agli altri gradi infernali, affinché sia possibile il camminarvi su " agevolmente.

“3° Le sommità degli argini si vadano allontanando dalla linea supe"riore del lungo scoglio, sempre più verso il pozzo; cosí le varie fughe di "ponti sollevati sul declivio degradante delle ripe circolari, avranno la forma "di giganteschi viadotti „.

Le bolge, o, per meglio dire, il fondo delle bolge, è sempre sullo stesso livello, ugualmente distante dagli archi del lungo scoglio; le rive invece, o gli argini, si abbassano man mano che il campo maligno pende verso il centro: per conseguenza lo scoglio, progredendo verso l'asse infernale, emerge sempre piú dagli argini sottostanti, e le bolge, in relazione agli argini stessi, diventano via via meno profonde.

Venendo alle misure dell'ottavo cerchio l'autore non è del parere de' suoi predecessori, che chiama matti davvero. Mentre questi pensarono che la cir

conferenza di ventidue miglia determinasse il limite esterno della nona bolgia, e miglia undici quello della decima, l'autore esce con un canone di geometria il quale ci insegna che una zona sferica (bolgia) volge un tal numero di "metri, s'intende non della circonferenza interna o della esterna che la delimitano, bensì della circonferenza che è media fra le due, ed egualmente "distante l'una dall'altra.... Se le due circonferenze passano pel giusto mezzo "della nona e decima valle che al fondo han mezzo miglio di largo; se la "differenza dei raggi dei due circoli concentrici è di miglia 1,75, l'argine alla "base misurerà miglia 1,25; ma sollevandosi a scarpa da un lato e dall'altro "finirà in taglio a una certa altezza che non ci è data dal testo.... Una " unità di misura si adatta all'edificio: le valli al fondo hanno mezzo miglio "(XXX, 87); l'interasse d'ogni ponte che equivale alla massima larghezza “di ciascuna bolgia, e il diametro del pozzo misurano egualmente miglia 1,75 "(distanza fra i due circoli concentrici); ogni argine ha un altipiano sempre "più largo verso il centro „.

Assai piú intricata è la descrizione del pozzo dei traditori, titolo del quarto capitolo. Qui l'autore, per quanto ponga a prova l'ingegno suo, non riesce per nulla a sciogliere il nodo della quistione, sebbene, scartando i disegni altrui, ritenga d'aver fatto qualche cosa di meglio. L'edificio del Manetti ha gravi difetti, tra cui quello di far credere che Antèo abbia posto direttamente i poeti sulla ghiaccia da un'altezza di ottantun miglia. Quello del Giambullari, che riduce la profondità del pozzo a sole trenta braccia, seguito dal Sermoneta, dallo Scartazzini, dal Lubin, e, con qualche variante, da Filalete, è semplicemente un assurdo anche perché, invece di presentare le proprietà di un pozzo, offre quelle di una gran vasca. Il disegno del Vellutello, perché non si adatta armonicamente alle altre parti dell'Inferno, sebbene di superficie orizzontale, va messo fuori di combattimento. Né i disegni del Lubin e del Michelangeli sciolgono soddisfacentemente il problema. L'autore, facendo tesoro di alcune misure di spazio seminate qua e là nelle prime due cantiche, conchiude che "questo mondo su cui poggia l'immortale poesia, non può essere fondato sull'assurdo, sopra un errore "di geometria elementare

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Circa la profondità del pozzo l'autore adunque scarta i disegni di coloro che fanno Antèo vicinissimo alla ghiaccia; e in questo si attiene al Manetti, procurando di stiracchiare il senso del verbo mettere, posare o sposare, che dir si voglia, e dando alle espressioni pozzo assai largo e profondo (Inf., XVIII, 4), assai più bassi, alto muro (Inf., XXXII, 16), di significato assai relativo, quello di esprimere una profondità di ottantotto miglia.

Le pareti del pozzo delineate dal Manetti, tendendo al centro, non quadrano all'autore perché le vuole meno che verticali. Egli dà "alle pareti "forma cilindrica, la quale non ripugna ai principi fisici e metafisici che re

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golano il mondo soprannaturale dell'Allighieri, al buon senso, che più im"porta, e per avventura anche alle leggi della statica.,

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E Lucifero, sebbene, al dir di Dante, occupi il "punto Al qual si traggon d'ogni parte i pesi,, Lucifero, "da tutti i pesi del mondo costretto è attorniato dal vuoto (?): quindi, se le pareti del pozzo non concorrono al centro, non è, secondo l'autore, errore di statica: il loro arrestarsi a una certa distanza dal centro dà spiegazione dell'ampia distesa, là dove i peccatori stanno freschi.

L'autore ritiene la ghiaccia un piano orizzontale: non so poi come faccia a scartare il disegno del Vellutello, da me in certo modo riformato, che pure è orizzontale. Il cilindro o pozzo ha, alla sua base, un diametro di miglia 1,75, e quasi altrettanto in alto.

Nel quinto capitolo ci parla del tempo impiegato nella discesa per l'abisso infernale. L'autore, considerando lo spazio percorso in quattro ore dal quarto al sesto cerchio, e quello tra il sesto e la quarta bolgia dell'ottavo, percorso in sole tre ore, e trovandovi una enorme sproporzione tra tempo e spazio, crede che qui la maggior parte dei commentatori abbiano preso abbaglio, e che il poeta ai passi dei canti XI, 13 e XXII, 124, abbia voluto bensí indicare le ore quattro e le sette antimeridiane, ma di due giorni differenti: vuole per conseguenza che lo spazio compreso tra il 6° cerchio e la 4a bolgia sia stato percorso in ventisette ore. In questo modo l'intiera discesa infernale, invece di ventiquattro ore, come si è computata dalla maggior parte dei commentatori, verrebbe compiuta in un tempo doppio, in due intieri giorni. In base a questa opinione l'autore ritiene in errore quei chiosatori che, commentando i versi:

E già ier notte fu la luna tonda:

ben ten dee ricordar, che non ti nocque

alcune volte per la selva fonda,

Inf., XX, 127-129.

affermano essersi Dante smarrito nella selva durante la luna piena; ma vuole che la luna piena sia apparsa quando con l'aer bruno i poeti si misero in via volgendo le spalle alla selva.

Nel passaggio dalla quarta alla quinta bolgia (Inf., XX, 124; XXI, 112) mentre buon numero di chiosatori, basandosi sull'evangelo di san Matteo, fanno impiegare dai poeti ben tre ore, dalle 7 alle 10 antimeridiane, l'autore riduce questo spazio di tempo a pochi minuti, ritenendo che Dante abbia avuto speciale predilezione a san Luca, il quale vuole che la morte di Cristo sia avvenuta all'ora sesta, vale a dire sul mezzogiorno.

L'orario infernale per conseguenza, secondo il dottor Russo, va cosí modificato: "Dante è nella selva oscura la notte che segue al mercoledí santo;

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