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del poeta, o anzi del suo cuore, Vero è che morta giace la nostra donna (c. XXIII) non sono di chi interroghi.

Chi si arresta a queste minuzie pare che censuri, e invece loda, loda assai bocconi ghiotti non trova e va rodendo come può. Al buon traduttore non so dir altro.

Dei versi che si intrecciano alla prosa non ho toccato perchè voglio discorrerne adesso, rammentando la seconda delle opere che dobbiamo al Vrchlicky' cioè le poesie liriche dell'Alighieri. Mise da parte le spurie e quelle che alle spurie somigliano: si tenne alla edizione popolare del Sonzogno (1), e, ai versi che se ne vanno liberi, congiunse le nobili canzoni che sono commentate nel Convivio; ma solo la poesia, chè inutile gli pareva far di più, almeno per adesso. Aggiungerei e per lunghissimo tempo; che male sarebbe interpretare i bisogni e gli usi della letteratura straniera a supporre codesta smania nei lettori di porre gli occhi nelle parti più riposte dei nostri tesori. Troppi frutti di eleganti narratori e di vigorosi pensatori, nel quattrocento e nel cinquecento, getterebbero seme più fecondo, se trapiantati con amore e con arte: e se di tutte le opere dantesche i lettori sono molto rari in Italia, pensiamo in Boemia!

Sonetti e canzoni, ballate e sestine, sono rifatte col ritmo stesso, con lo stesso ordine di rime, o alla fine del verso o nel mezzo, con una stichica uguale e do questo nome all' alternare che fanno versi più lunghi e più corti, senza che il ritmo ascendente si tramuti. Il Vrchlicky' fa miracoli davvero e, nella facile abbondanza delle rime, si vede il destro artefice che a queste imprese faticò intelletto e memoria; se di fatica si può discorrere quando c'è da vedere buona natura di poeta vero.

Le note sono brevi, anzi brevissime, in un libro e nell'altro: e forse uno straniero amerebbe spesso una amica mano che lo reggesse; tanto la poesia, anche la più limpida, dopo cinque secoli s'intorba. Vero è che il traduttore non ha tanti secoli sulle spalle e che la lingua giovane che egli usa fa da interprete: vero è che i molti e svariati commenti fanno paura e, cacciatosi nel labirinto, il Vrchlicky' penerebbe ad uscirne. Tra i glossatori ne troverebbe più fecondi poeti di Dante stesso: e quello che fanno va contato tra le meraviglie. Ne vuole un saggio?

Non sono molti anni che un galantuomo di oltralpe, un abbachista,

(1) Nella Biblioteca classica economica, ed ha il n. LII. Avrei voluto che il traduttore facesse più onore alle lunghe fatiche del Fraticelli e non si contentasse di una edizioncina popolare: ad ogni modo perchè gli annalisti della letteratura dantesca veggano che cosa sia tradotto, e con che ordine, basti questa citazione.

scoprì che nel casato dei Portinari si contano nove lettere e che, dentro al nome di Bice, c'è una i, la nona lettera dell'abbicì nostro. Il poeta, secondo questa nuova famiglia di ragionieri, col tre e col nove giocherellava di molto e non meraviglierei che un altro acuto indagatore rivelasse all' attonito mondo che Vergilius fu scelto a maestro perchè il suo nome ha nove lettere, e quello della Francesca altrettante, e che in Ugolino Gherardesca ve ne sono diciotto, che è un rincarare la dose; senza dire che saltano agli occhi, bene aperti, gli enneagrammati anche nei titoli, in Vita Nuova o La Comedia, e sopra tutto nel nome dell' Alighieri, perchè le nove lettere e le tre i meravigliosamente si intrecciano e fanno più potente la magìa. Ma lasciamo da parte l'abbaco, la logistica e il libro dei sogni.

Lo lasciamo da parte e siamo già alla fine. Aggiungo solo che la Vita Nuova fu dal valoroso boemo dedicata a un italiano, come segno di affetto tra le nazioni: questi sa bene che per nessuna altra ragione ne avrebbe il diritto.

Padova, aprile, 1894.

E. TEZA

I GIRI DANTESCHI NELL' INFERNO SUPERIORE

Nel quaderno VIII-IX dell'anno I di questo giornale, ho letto una critica del mio studio della Malebolge. È la seconda volta che l'Agnelli riprende la questione. Si tratta d'un lavorino di sole 16 pagine, e continuando così, le osservazioni intorno a quel libello faranno presto un bel volume.

Manco male, se la questione diviene chiara. Dante parla più di cento volte del modo nel quale girano lui medesimo e Virgilio intorno all'asse generale del purgatorio e dell'inferno. Prima di me, non vi fu mai nessuno che facesse uno sforzo per spiegare il principio di quelle rivoluzioni. Non dico niente dell'idea d'un senso augurale, poichè conviene lasciare in pace i morti; pure, trattandosi d'un sistema geometrico, sul quale il Maestro insiste senza stancarsi mai di far distinzioni fra la destra e la sinistra, che sarebbero inconsistenti e stupidissime, se non avessero un carattere al

legorico, è ovvio che nessuno può darsi il vanto d'intendere il poema, se prima non si vince quella difficoltà. È una X evidente, che si ritrova in ogni luogo; chi la lascia in disparte, confessa di non saper niente delle idee dell' Alighieri.

Il mio studio della Malebolge ebbe per iscopo di dimostrare con perfettissima esattezza quale fosse il sistema dei giri che si fanno su Gerione e nell'ottavo cerchio dell' Inferno. Poi, diedi la dichiarazione generale dell'allegoria del poema, basandomi su quei risultamenti, e pare che l'Agnelli ammetta per vera quella dichiarazione, che è cosa di massimo momento, poichè insomma è la chiave dell' enimma dantesco.

Quanto al movimento su Gerione e nella Malebolge, l'Agnelli è d'accordo con me, e veramente pazzo sarebbe chi volesse fare altrimenti, poichè sono cose geometriche, la cui certezza non soffre obbiezioni. Del resto, quella teoria fu spiegata all' Accademia di Marsiglia dall' egregic astronomo Stephan, direttore di quell'osservatorio. Spero che quei dantisti che sono incapaci d'intender le matematiche, saranno cortesi assai per ammettere, d'ora innanzi, la regola da me stabilita, cioè, che Dante segue il movimento del Medesimo, in tutto il suo viaggio di Malebolge, e in quelli del Purgatorio e del Paradiso.

Che segua il movimento dell' Altro su Gerione, sull' orlo di Malebolge e nel cerchio degli Eresiarchi, è cosa stabilita, anche per l'Agnelli, e qui, lo ripeto, a meno di pazzia o di sciocchezza insoffribile, non si può pretendere ch' io non abbia ragione.

Ma l'Agnelli vuole che negli altri cerchi dell' inferno superiore Dante giri secondo il movimento del Medesimo, come nella Malebolge. E le sue critiche vanno a colpire il mio concetto in parte ch' egli non conosce, e che il pubblico non conosce ancora. È vero che ho dimostrato quelle cose nelle mie Considerazioni sur un passo del « Purgatorio », che furono pubblicate or sono dodici anni, e furono il primo saggio d' un' interpretazione scientifica delle opere di Dante; ma quel libello fu poco e male inteso, poichè non v'era anima viva in questo mondo che potesse sognare allora di ritrovar nelle allegorie del divino poema altro che enimmi. Del resto quei principî non sono di facile intendimento per chi non ha sotto gli occhi qualche figura che aiuti la dichiarazione verbale.

Nella piccola figura a destra del mio disegno, si vede lo schema generale del viaggio d'inferno. I poeti dovranno percorrere il gran cono che ha per asse la verticale di Gerusalemme, e per base il cerchietto, il cui centro è a Gerusalemme, mentre la circonferenza passa pel monte Ida. Sulla generatrice che va dal monte Ida al centro della terra si dirocciano i fiumi infernali. Dante e Virgilio prendono per punto di partenza la ripa destra dell' Acheronte, quasi quasi sotto Ida; poi vanno calando e descrivono, gi

Pier delle Vigne

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CERCHIO VII

(Violenti)

CERCHII VIII IX (Malebolge)

Folo Chirone Nesso

Pirro Sesto

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Stige

CERCH

(Eretici)

Roma

Mte Ida

Papa Anastasio

Farinata

B

A

Gerusalemme

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