vanno più specialmente all'indirizzo di Dante. Caronte, che ha lasciato passare altre volte dei vivi, i quali non avevano mai fatto del bene all'inferno, vuole atterrir Dante dal valicare il fiume, per la qual cosa dopo quelle orribili parole si volge direttamente a lui : E tu che sei costì, anima viva, Dante, naturalmente, non se ne fa nè in qua nè in là, ciò che dà gran rovello al vecchio barcaiuolo e gli fa infocare gli occhi più dell' ordinario; sicchè con accenti dove il concitamento dell'ira è appena temperato da una vena non sai se di scherzo o d'ironia ripiglia l'invettiva : ma poi ch' ei vide ch' io non mi partiva, É chiarissimo che le ultime parole sono provocate dal fatto che Dante non ha obbedito alla prima intimazione di scostarsi dall'ombre. Caronte deve aver capito che questo vivo, per nulla sbigottito dagli orrori da lui annunziati, continua ad aspettare il suo approdo per introdursi nella barca a viva forza; e per avvertirlo che non ne farà nulla perchè egli non lo permette, gli dice quanto si racchiude negli ultimi tre versi, ed il cui significato preciso è quello che qui si vuole determinare. Fatto ciò sarà più facile distinguere il senso o di scherzo o d'ironia che quelle parole possono contenere. MI. I commenti, dai quali si potrebbe spigolare un grosso manipolo di citazioni, generalmente non specificano il valore di ognuno dei pensieri di quella terzina, ma spiegano all'ingrosso. Ciò proviene, io credo, dal fatto che quei tre versi, punteggiati a quel modo, non danno un senso abbastanza chiaro in tutti i particolari; infatti il Blanc, che fa una nota a questo passo, dice: «. . . . ma le parole porti e piaggia e tutto insieme il costrutto porgono qualche difficoltà. E comunque la sia tolta, non si potrà negare una certa indeterminatezza ed oscurità di espressione, quale assai di rado in Dante s'incontra. Del che noi troviamo ragione nell' animo commosso e levato in furore di Caronte, il quale il poeta col discorso concitato e rotto volle imitare ». E poi: « Quest'ultima maniera di costruzione ci piacerebbe assai, e come già accennammo quel po' di confuso che ritiene deve spiegarsi colla disposizione d'animo di Caronte ». Confuso! Per descrivere un sentimento tumultuario bisogna arruffar la sintassi e non lasciarsi capire? Se ciò Dante avesse fatto, sarebbe caduto in un errore imperdonabile; ma questo errore egli non lo poteva commettere e non lo commise. Espressioni poeticamente indeterminate, per suscitare in noi un sentimento ineffabile, usò bensì talvolta, ma il pensiero che voleva esprimere era chiaro e preciso nella sua mente, e preciso e chiaro lo scolpisce nella nostra, e l'elocuzione non fu mai, come in quei casi, di più ammirabile intelligenza: qui, parimenti, imitando il linguaggio iroso di Caronte, non doveva, e sicuramente non lo fece, rendere oscuro il senso di quel linguaggio scombuiando il pericdo e formando espressioni che mostrano non essersi egli saputo che dire, perchè il lettore non intendendo, non avrebbe capito nulla, nè ira, nè ironia, nè barzelletta. Sarebbe lo stesso che lo Shakespeare facendo parlare Ofelia o Lear durante la pazzia, annaspasse periodi sgrammaticati e di significazione incerta per rappresentare il linguaggio disordinato di quei due sventurati. In arte, sia qualunque si voglia la natura del pensiero o del sentimento che si vuole esprimere, o il moto di passione che si vuol dipingere, l' elocuzione deve essere chiara, e ingarbugliarla apposta o no è effetto d'ignoranza. Non è dunque il caso di Dante: vediamo piuttosto se in quei tre versi vi sia qualche errore di interpunzione. Una delle interpretazioni di essi più comunemente accettata e che pare soddisfacente, è la seguente: « Altri ti passerà all' opposta spiaggia, non io: passerai in altro luogo, non qui ». Questa dichiarazione vien data dal Fraticelli il quale la tolse, sciupandola, da quella più esatta messa fuori nell' edizione bolognese del Macchiavelli: prima di lui una quasi identica ne ayeva dato il Costa; e dopo, l'Andreoli ne propose un'altra che mutatis verbis le è affatto uguale nella sostanza. Accreditata da tali commenti questa spiegazione deve essere dunque assai diffusa; e perciò è opportuno pigliar le mosse da essa. Or, se si guarda alla prima parte di tale spiegazione, il verrai a piaggia del testo vuol indicare il passaggio di Dante alla sponda opposta del fiume; se si guarda invece alla seconda, si deve intendere che Dante bisogna che si rechi in altro punto, forse della spiaggia medesima dove si trova, e di là effettui il passaggio. Ma nella terzina non c'è questa duplicità di punto d'imbarco; e se si obbietta che il non qui può indicare il luogo dove le anime si ragunano e nel quale Dante pure si trovava, ri spondo facendo osservare che, ritenendo per piaggia la sponda opposta d' Acheronte, il non qui è in opposizione a per altre vie per altri porti ed in correlazione con più lieve legno, e però accenna ai modi del passaggio, e non al punto d'imbarco. Quell' interpretazione è dunque evidentemente errata, e bisogna cercarne un'altra: vediamo di ricavarla facendo un esame logico delle idee espresse nella terzina. Premettansi alcuni brevi schiarimenti. Il primo porti viene spiegato, se non da tutti, certo con molta presunzione di verità perchè è correlativo al lieve legno, per navicelle da traversar fiumi, cioè trasporti, traghetti, e sta bene: il qui, per l'osservazione poc' anzi fatta, vuol dire qui entro, cioè entro la nave che Caronte spingeva. Il discorso di costui deve quindi suonare a questo modo: «Per altre vie, per altre navi verrai a piaggia, non qui dentro questa mia barca per passare: più lieve legno convien che ti trasporti Ora Caronte, nel dire queste parole, si trova approdato o è in mezzo al fiume? In mezzo al fiume dico io, perchè l'approdo di Caronte è solo quando le anime si restringono tutte quante insieme alla riva malvagia, il qual movimento è appunto la ressa che fanno per scendere nella barca giacchè hanno disio della punizione. Or questa ressa avviene dopo, quindi mentre Caronte parla si trova in mezzo alla corrente, ed il tratto di tempo che egli impiega per venire a riva il poeta lo riempie parlandoci delle anime. Questo concetto del resto risulta anche abbastanza chiaro da quei versi nei quali è descritto l'apparir di Caronte: Ed ecco verso noi venir per nave ecc. L'infernale rematore è descritto come lontano, e che si avvicina gridando. Ciò posto, niuna difficoltà si avrebbe ad intender bene l' intiera terzina ove si potessero accoppiare in un modo intelligibile le parole verrai a piaggia e passare. Come debbono andare unite, data la punteggiatura usata di sopra? In uno dei due modi seguenti, senza dubbio: 1.0° Verrai a piaggia per passare. Cioè, legandole col discorso precedente: « Per altre vie, per altri porti, non entro questa mia barca, verrai a piaggia per passare» sottinteso « dall'altra parte ». La piaggia, in questo caso, è la sponda su cui Dante si trova. Questa minaccia o profezia di Caronte vuol dire in conclusione: «< Tu, anima ria, affinchè tu possa passare dì là, giungerai a codesta riva (verrai a piaggia) per altre vie e per altri porti che per questa mia nave ». Ma siccome Dante già si trovava su quella sponda da dove poteva effettuare il passaggio, se ne inferisce che il vecchio brontolone gl'ingiunge di tornare indietro e rifare il cammino in senso diverso per venire al punto vero d'imbarco. Ma, ammesso ciò, il che per questa mia nave, cioè il non qui, che senso ha? Dante forse si era valso della nave di Caronte per venire a quel luogo? Parrebbe da quella spiegazione che Dante si fosse già servito della barca di lui per giungere all' Acheronte, e che ora, tornando indietro e rimettendosi in cammino per avviarsi al punto d'imbarco, debba farne a meno. Ciò è talmente sciocco e illogico che nulla più; dunque quelle parole debbon venir collegate diversamente. Vediamo nell' altro modo: 2.° Verrai per passare a piaggia. Cioè, unendole come sopra col discorso precedente: « Per altre vie, per altri porti, non qui entro, verrai per passare a piaggia » . Piaggia, in quest'altro caso, è la sponda opposta a quella su cui Dante si tiene. Ma, verrai, dove? Naturalmente sempre al luogo d'imbarco; e però, sebbene ora la frase passare a piaggia accenni alla riva opposta, pure, quanto al modo di venire a quella d'imbarco, sussistono le sciocche conseguenze accennate più sopra. Per conseguente neanche questo secondo modo è quello come le parole in esame debbono andar combinate. C'è un terzo modo in cui possono essere trattate, e questo lo vedremo or ora; qui osservo che i due passaggi dove le anime s'imbarcano per i regni oltramondani, questo di Caronte e quello dell' Angelo (Purg., I), non hanno relazione fra loro, anzi sono distinti e separati, e quindi la spiegazione del Biagioli che gli altri porti e il più lieve legno siano quelli dell' angelo non sta, perchè nè la barca di Caronte potea servire fuori l'Acheronte, nè quella angelica per i tragitti infernali; e siccome qui si tratta nè più nè meno che di valicare questo fiume e di andare a visitare l'inferno, ognuno intende che l'Angelo non ci ha proprio che vedere, e che il vecchio demonio, faccia sul serio o da burla, non può alludere ad esso. Il terzo modo che si può tenere con quelle parole è non più di accoppiarle, ma di lasciarle scompagnate. Si dovrebbe adottare una punteggiatura differente e sospendere il discorso così: « Per altre vie per altri porti verrai a piaggia, non qui ». Si rammenti che Caronte mentre dice queste parole si trova in mezzo al fiume e non all'imbarco, e quindi il verrai a piaggia può bene non riferirsi alla sponda su cui Dante si tiene, ma accennare a quella opposta dalla quale testè il vecchio rematore si è spiccato, ed alla quale si riporta con movimento naturale del pensiero. Ed anche se Caronte si trovasse già a proda, il verbo venire potrebbe reggere in significato di pervenire, andare, come in questi versi del canto I dell' Inferno: E vederai color che son contenti nel fuoco perchè speran di venire, Di più; essendo il verrai a piaggia intimamente connesso nel senso del periodo col non qui, cioè, come s'è chiarito, con questa barca, il quale non qui si contrappone a per altre vie, non ci può esser dubbio di sorta che dovendosi servire di un mezzo di tragitto e dovendo percorrere una certa via per giungere a quella tale piaggia, questa non può essere quella sulla quale Dante già si trova, ma l'opposta. In tal modo il senso corre bene, e il passare congiunto con l'ultimo verso ne rende il significato più completo. La terzina dunque va divisa così: Disse Per altre vie, per altri porti verrai a piaggia, non qui: per passare Tale punteggiatura era già stata proposta dall'abate Brambilla nel III. Si legge pure nei commenti che quest'ultime parole di Caronte sono ironiche ed accennano al peso corporale di Dante, il quale |