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Mettendo dunque a riscontro questo tratto coll'altro di sopra, a noi par chiaro che qui e colà si alluda a nuove passioni di Dante; né starò qui a ripetere quanto abbiano scritto gli avversarii della Beatrice viva e fiorentina per accomodare anche questo passo al loro simbolismo; gli argomenti più ingegnosi rimangono quelli del Bartoli. Il quale rispose, e vittoriosamente questa volta, al Witte, allo Scartazzini e a tutti coloro i quali nel peccato di Dante ravvisarono il dubbio filosofico, e religioso 1, fondandosi su quelle parole di Beatrice :

Perché conoschi, disse, quella scuola

ch' hai seguitata, e veggi sua dottrina
come può seguitar la mia parola;

e veggi vostra via dalla divina

distar cotanto, quanto si discorda

da terra il ciel che piú alto festina.

Da questo lo Scartazzini, nel commento, conchiude che la scuola, cioè la filosofia seguíta da Dante, era contraria a quella di Beatrice, cioè alla rivelazione. Ma nel Convivio, che, secondo il Witte, sarebbe il libro dell'apostasía, non è ombra di miscredenza né di dubbi intorno alla fede, né a questo lo volsero i poeti pagani, come vuole il Fornaciari; e solo qualche cenno fugace, che al Witte parve di grande significazione, si potrebbe ricavarne là dove dice che egli, Dante "cercava, se la prima materia degli elementi era da Dio intesa nella qual cosa trovando difficoltà si sostenne alcun tempo dal filosofare. E forse qui vuole alludere a una falsa opinione della quale non torna piú a parlare.

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2

Né è possibile accettare la opinione che Beatrice rimproverasse Dante per gli studi filosofici pei quali si allontanò da lei. E come è possibile questo, se appunto quegli studi furono dal poeta intrapresi per prepararsi a dire di Beatrice quello che non era stato detto d'alcun'altra donna? E se pure non era per ciò, come Beatrice, specialmente là dove si vuole che essa rappresenti la teologia e la rivelazione, rimproverava Dante d'aver seguíta quella filosofia, figlia di Dio, regina di tutto, nobilissima e bellissima, onestissima figlia dell'imperatore dell' Universo, che se non formava tutta una cosa colla teologia, ne era però ancella umilissima? Non si tratta dunque di traviamenti intellettuali, né le canzoni filosofiche del Convivio furono il primo passo alla colpa, come vuole il Fornaciari, poiché se è vero che l'opera fu scritta per cessare da sé l'infamia, il filosofo avrebbe trovata una bene strana maniera, aggravando la colpa delle canzoni con i commenti.

1 Storia della letteratura italiana Firenze, 1877, VI, pag. 19 e seg. Le diverse opinioni dei dantisti in FORNACIARI: Op. cit., pag. 133-154.

2 Convito di D. A., edizione di G. B. GIULIANI, Firenze, 1875, IV, 1. Il Fraticelli e il Giuliani interpretarono intesa percreata. GASPARY: Storia cit., pag. 209. Su Dio creatore secondo D. vedi: Filosofia di Dante contenuta nella divina Commedia esposta ed ordinata in modo scientifico dal dott. ONOFRIO SIMONETTI, Napoli, 1845, pag. 45. Il filosofo, calabrese di Monteleone, in questo volume gareggia coll'Ozanam di cui è assai piú libero e meno bigotto.

Che Beatrice nelle sue parole accenni alla vita politica e settaria di Dante, secondo parve al D'Ancona, al Ruth e ad altri, può darsi, sebbene prima del 1300, epoca fittizia del viaggio dantesco, egli poco avesse parte nel governo, e mentre si trovava dinanzi alla sua donna nel paradiso terrestre non aveva ancora esercitato l'ufficio di priore. Ma prima che ad ogni altra cosa, i fieri rimprocci di Beatrice si riferiscono a piaceri sensuali, ad un periodo, comecché breve, di vita dissipata menata da Dante. E Dante, che nella Commedia non lascia mai supporre che egli pure per un momento abbia peccato per dubbio in torno alla fede, non nasconde questa parte di sua vita non molto regolata.

Nel cerchio sesto del Purgatorio tra i golosi, Dante ravvisa la faccia di Forese, sebbene la pelle fosse informata dall'ossa, (fratello di Corso e di Piccarda Donati, e suo parente per parte della moglie Gemma,) morto circa il 1296. Dopo i convenevoli ed alcune domande di Dante cui Forese risponde con lodi alla sua Nella, questi chiede al poeta perché vivo ancora, si trovi nel purgatorio. E Dante:

Se ti riduci a mente

qual fosti meco, e quale io teco fui,
ancor fia grave il memorar presente.
Di quella vita mi volse costui
che mi va innanzi....

Virgilio, dunque, lo tolse dalla selva oscura, dichiarata qui chiaramente per la vita scorretta, della quale Forese pentissi in sullo stremo della vita, mentre Dante vi perseverò ancora. Il grave Leonardo Bruni di Arezzo, rimproverando il Boccaccio d'essersi fermato troppo sopra le amorose leggerezze di Dante, pur dice che Dante, dopo la battaglia di Campaldino, "alli studi più favorevolmente che prima si diede: e non dimanco niente tralasciò delle conversazioni urbane e civili. Ed era mirabil cosa, che studiando continuamente, a niuna persona sarebbe paruto che egli studiasse, per l'usanza lieta e conversazione giovanile. „ - Vi fosse pericolo che queste liete conversazioni si cambiassero, morta Beatrice, in orgie vere e proprie colle quali il poeta in quei primi momenti cercò di attutire il fiero dolore in mezzo alle allegre brigate? Dalle parole di Dante e' parrebbe che sí, e Forese fu uno dei compagnoni. Documento piú certo di questa vita mondana è la tenzone poetica di Dante con Forese Donati, messa nella sua piena luce da Isidoro Del Lungo, che corrisponderebbe al secondo periodo del poetare di Dante, in mezzo tra la lirica pura della Vita Nova e la filosofica del Convivio. A Forese di messer Simone Donati e

1 Dante ne' tempi di Dante: ritratti e studi. Bologna, Zanichelli, 1888, pag. 441. Vedasi pure, dello stesso, Dino Compagni e la sua Cronaca. Firenze, Le Monnier, 1879, vol. II, pag. 611-622.

soprannominato Bicci, rivolge sonetti nei quali scherza sulla famiglia dei Facimale e allude probabilmente al suo imparentamento con quella: gli rimprovera la ghiottoneria e di ricambio n'è chiamato poltrone, motteggia sui natali dell'amico, e questo risponde:

Ed i' trovai Alaghier tra le fosse,

legato a nodo ch'i' non saccio il nome,

se fu di Salamone o d'altro saggio.

Dante tratta Forese da povero e gli insegna come rifarsi, e questo, a rimando, lo consiglia di restituire ciò che ha rubato all'ospedale di santa Maria a san Gallo, e se egli lo tiene per cosí povero

Perché pur mandi a noi per caritate?

dal castel d'Altafronte ha' ta' grembiate
ch'i' saccio ben che tu te ne nutrichi.

Ma comunque gli venga questa ricchezza, presto sarà povero e dovrà lavorare, e cercare aiuto dalla sorella Tana e al fratello Francesco. In fine gli augura di morire nell'ospedale di Pinti fondato appunto dai Donati. Dante risponde col terribile sonetto:

Bicci novel, figliuol di non so cui,

s'i' non ne domandasse monna Tessa,
giú per la gola tanta roba è messa,

che a forza gli convene or tor l'altrui.

Dunque, bastardo e ladro, e coi denari rubati egli e i fratelli van bagordando di notte. E Forese ironico:

Ben so che fosti figliuol d'Allaghieri

e accorgomene pure alla vendetta
che facesti di lui sí bella e netta

de l'aguglia ched è cambiò l'altrieri,

dove si allude a una vecchia vergogna ricevuta dagli Alighieri non vendicata né dal padre di Dante né da questo, il quale per la sua vista se ne mostra vero figliuolo senz'altro.

Motteggi e trastulli da buon temponi aveva prima ritenuto il Del Lungo questi sonetti, che ora, con miglior ragione, giudica una vera e propria baruffa, dove gli avversari insolentiscono con vera e propria intenzione di offendersi, come il Carducci aveva già intraveduto. Se non che al Gaspary sembra da questo apparire Dante non macchiato di crapule giacché le rimprovera a Forese, il quale facilmente avrebbe rivolta l'accusa contro di lui: circa alla gravità delle accuse reciproche, considerando la grande amicizia dimostrata tra i due nel Purgatorio, le ritiene un semplice strazio per burla', senza considerare che l'amicizia rotta da

1 Storia della lett. ital. cit., pag. 235.

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qualche grave, ma passeggera cagione, fu poi ripresa sino alla morte di Forese. Talice da Ricaldone annota crudamente cosí: recordaris de pueritia quando tu et ego faciebamus multas lascivias, quando eramus philocapti...., Oltre di che non è da tralasciare la maraviglia di Dante nel vedere in purgatorio l'amico, peccatore sino all'ultim'ora, morto da soli quattro anni. Corrispondenza poetica ebbe Dante anche con Cecco Angiolieri, bizzarro spirito e poeta, uomo di ingegno ma di condotta sregolatissima, il quale trattò con lui molto familiarmente, non risparmiandosi sarcasmi ed ingiurie in ricambio d'altre ricevute, che non sono arrivate sino a noi. Intanto è notevole il vedere, che Dante di questo epicureismo pratico fu acerbamente ripreso dal primo dei suoi amici, Guido Cavalcanti, epicureo in filosofia, ma grave di costumi e schivo d'altrui :

I' vegno 'l giorno a te infinite volte,
e trovoti pensar troppo vilmente;
allor mi dol della gentil tua mente
e d'assai tue virtú, che ti son tolte.
Solevanti spiacer persone molte,

tuttor fuggivi la noiosa gente;
di me parlavi sí coralemente
che tutte le rime avei ricolte.

Or non ardisco per la vil tua vita,

far mostramento che tu' dir mi piaccia, né vengo in guisa a te che tu mi veggi. Se 'l presente sonetto spesso leggi,

lo spirito noioso che ti caccia

si partirà da l'anima invilita.

Dispiace forse al lettore, scrive il Carducci, di vedere il gran padre Alighieri in queste proporzioni d'uomo del tempo suo, in queste poco liriche attinenze con gli uomini del tempo suo? A me no, e credo che, se dati giú gli entusiasmi officiali e dismesso il vezzo di crearci a nostra posta un cotal Dante che reputiamo il solo vero e il solo grande, cer cheremo quanto è da noi di ricollocare nella propria luce dell'età sua questo grande portato del secolo decimoterzo, la critica la storia e la persona stessa di Dante ci guadagnerà un tanto. E il Tommasèo: cercare in lui il cherubino della giustizia divina, l'interpetre delle dottrine del Lafayette e del Desmoulins, gli è un falsare i tempi, uno sconoscere gli uomini. E del resto di questi esempi di poesia realistica ne avevano dati anche gli altri poeti spirituali del nuovo stile. demmo il sonetto del Gianni e il sonetto di Guido Guinizelli

Chi vedesse a Lucia un var cappuzzo

Ve

'La Commedia di D. A. col commento inedito di STEFANO TALICE da Ricaldone pubbli cato per cura di VINCENZO PROMIS, ecc., e di CARLO NE RONI, ecc. Seconda edizione autorizzata da S. M., Vol. II, pag. 288. Milano, Hoepli, 1888.

2 CARDUCCI: Studi, ecc. pag. 164. TommasÈo: Op. cit., pag. LVI.

è noto quanto l'altro di Guido Cavalcanti per la scrignutuzza, la gobba, che riuscí un quadretto compiutissimo.

Ed ora veniamo agli amori di Dante che anche il Bartoli chiama molteplici, e vediamo dappresso le Aspasie dantesche rivali di Beatrice di già assunta nel cielo accanto all'antica Rachele. La prima, come quella che vien ricordata da Beatrice è una pargoletta, ed a lei si volle indirizzata la ballata:

Io mi son pargoletta bella e nuova,

e son venuta per mostrare a vui
delle bellezze e loco, dond' io fui.
Io fui del cielo, e tornerovvi ancora
per dar della mia luce altrui diletto;
e chi mi vede, e non se n'innnamora,
d'amor non averà mai intelletto:

ché non mi fu piacere alcun disdetto,
quando natura mi chiese a colui,

che volle, donne, accompagnarmi a vui.

Il Giuliani riferisce a Beatrice questa poesia, e con lui il De Sanctis chiosando: "Questo non è allegoria, e non è concetto scientifico; o per dir meglio ci è l'allegoria e ci è il concetto scientifico, ma profondato ed obbliato in questa creatura, perfettamente realizzato, conforme a quel primo ideale della donna che apparisce all' immaginazione giovanile. 1 Ma io credo che i due illustri critici qui s'ingannassero, ed io sto col Serafini che vede nella ballata un amore incipiente e piú col Carducci il quale giustamente argomenta non essere questa pargoletta, cui Dante si diede non appena morta Beatrice, diversa dalla Donna gentile.

Passiamoci di quella Lisetta che l' Ottimo vuole ricordata da Dante nelle sue rime, viste sinora solamente da lui, e veniamo alla montanina, o alpigiana, o casentinese gozzuta di cui parlò il Boccaccio che assicura aver Dante sovente sospirato (d'amore) e massimamente dopo il suo esilio. L'innamoramento sarebbe avvenuto nel 1307, o in quel torno, trovandosi allora Dante, a quello che si dice, nei monti del Casentino e nel Mugello dopo conchiusa una pace tra i Malaspina e il vescovo di Luni, e questo amore avrebbe egli cantato nella canzone: Amor, dacché convien pur ch' io mi doglia, la quale con una lettera avrebbe mandata a Moroello Malaspina. Ma a quale dei Malaspina fu scritta la lettera? Non certo al vapor di val di Magra, a quel terribile capitano dei Neri preconizzato a Dante, perché doler sen debbia, da Vanni Fucci nella bolgia dei ladri, il quale:

spezzerà la nebbia

sí ch'ogni Bianco ne sarà feruto,

1 GIULIANI: La V. N. ecc. pag. 175, 253. DE SANCTIS: Storia della letteratura, I, 59.

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