Slike stranica
PDF
ePub
[ocr errors]

necessaria incertezza Infine il D'Ovidio giudica felice il sospetto del Fraccaroli, che la pena del 6o cerchio possa aver relazione con l'aneddoto che il Boccaccio, nella 59a delle sue novelle, riferisce di Guido Cavalcanti, 1

L. FILOMUSI-Guelfi,

Canon. Ferdinando Savini. Saggio di una guida dichiarativa della divina Commedia Ravenna, tip. Calderini, 1894, in-4o, di pagg. X-54.

Il canon. Ferdinando Savini, autore di un libro dal titolo I papi, i cardinali, i chierici, etc. a giudizio di Dante Alighieri (Ravenna, tip. s. Apollinare, 1890), e di buoni articoli danteschi editi in questo ed altri giornali, in mezzo alle sue gravi occupazioni educative ha trovato campo di dare sfogo al suo amore pel divino poeta, pubblicando il Saggio di una guida dichiarativa della divina Commedia. In questo lavoro, prendendo di mira i punti più difficili del primo canto, del quale premette pure un sunto, e quelli presentando a parte ai principianti, credo abbia fatta opera utilissima, permettendo loro di affrontare la lettura del canto con la mente già sgombra delle principali difficoltà. Non sarà questa forse la forma di comento che molti preferiranno, ma è certo ch'essa tornerà a non pochi gradita ed opportuna; ond'è a desiderare che l'opera sia dal pubblico favorita, e dall'autore condotta a termine.

E nel far ciò sarebbero qui a luogo due avvertenze, una di forma, l'altra di sostanza. La prima consiglierebbe forse, in luogo di far procedere di seguito tutte le domande per le note dichiarative, e poi le note dichiarative medesime, che ad ogni domanda la risposta seguisse immediatamente; con che si avrebbe sí una certa apparenza catechistica, ma il lettore troverebbe anche più presto il fatto suo. Ed altra cosa mi parrebbe opportuna, trattandosi appunto di opera rivolta a principianti; che cioè, con meno modestia, l'autore non li lasciasse troppo spesso nell'imbarazzo della scelta fra diverse opinioni, ma mettesse sempre fuori bravamente la sua decisiva, che si può scommettere sarebbe volontieri dal principiante accettata.

E cosí dico perché il più delle volte vedo che la opinione da lui abbracciata viene pure divisa da un dilettante qual io sono; e anche dove non lo è, le ragioni da lui addotte appaiono però singolarmente stimabili.

Dove p. es. sostiene la lonza essere la lussuria (intorno a che io veramente, avendo sem. pre preferito all' allegorico il lato estetico del poema, non ho ancora una opinione ben formata), egli mi avrebbe quasi persuaso; salvo dove dice a p. 34 che intendendo la invidia, Dante si sarebbe allontanato dalla Scrittura e dai ss. PP.; e a p. 52, che nella Bibbia si parli delle tre fiere, come dei tre vizii sommi dei quali egli intende. Ma nella sua Guida il preciso luogo della Bibbia non mi è riescito trovarlo; mentre nel passo di san Giovanni citato a p. 29, si parlerebbe sí della concupiscenza della carne, della concupiscenza degli occhi, e della superbia della vita, ma non so se a dare alla concupiscenza degli occhi il significato dell' avarizia bastino gli àrgani di Cornelio a Lapide: e a p. 44 si citerebbero bensí le tre fiere di Geremia, identiche a quelle di Dante, ma con ciò non sarebbe ancor dimostrato esserne pure identico il significato allegorico. Ho trovato assai fine a p. 31 il pensiero che anche la similitudine di quei che volontieri acquista valga di rincalzo al significato della lupa per l'avarizia. E già, questo delle associazioni di idee è per me un criterio di prima importanza, benché ancora poco adoperato nella interpretazione degli autori. Una simile, p. es., ne troverei a conferma della intelligenza del leone per la superbia, in quel di Dante, Parad., VI, 107 tema degli artigli Ch'a più alto leon tras · ser lo vello; che non si può, lo ammetto, intendere del vero leone allegorico, ma mostra però che la mente di Dante era solita a vedere sotto quella forma le superbie dei re.

Una inesattezza da potersi facilmente eliminare è quella a p. 31 che sia della prodigalità che Stazio dice che Toglie il penter vivendo e negli stremi, mentre egli parla invece della ignoranza la quale toglie di pentirsi della prodigalità in vita ed in morte.

1 Questa ipotesi è stata da me recentemente confutata nella Rassegna storica napoletana di lettere ed arti (Anno I, fasc. III, IV e V); ove ho pure espressa la mia opinione sulle tombe degli eretici in Dante.

[ocr errors]

Mi avea sedotto a tutta prima una sua nuova interpretazione del disputatissimo Chi per lungo silenzio parea fioco: chi per la lunga corsa affannosa appariva ansante; e veramente è ingegnosa; ma ripensandoci mi domandai: o perché Dante non avrebbe detto addirittura, chi per lungo cammino, etc.? Sta bene la metonimia di fioco per ansante, perché chi ansa veramente è fioco: ma sottintendere a silenzio il concetto: per lunga corsa, mi parrebbe troppo; e mancherebbe poi il nesso logico col fioco, giacché la fiocaggine di chi ansa non sarebbe già dovuta all'aver molto taciuto, ma a l'aver molto respirato.

Giustissime mi sembrano le considerazioni svolte a dimostrare quanto il poeta prese da Virgilio, e quanto dalla Bibbia. E tutta l'opera si palesa dettata in uno stile facile e piano, che ne rende gradevole la lettura e persuasivo il modo d'argomentare.

Ma mi accorgo, dopo tutto, che io non ho ancora parlato del merito principale dello scritto del canonico Savini, che per me consiste nell'aura tutta morale che, pur senza averne l'aria, ne spira, e che investe pure il lettore, persuadendolo, con la potente suggestione di un grande come Dante, ad abbandonare le vie del peccato per quelle della gloria e della virtú. È questo adunque un libro, che s'indirizza al cuore ancor più che alla mente: e chi non converrà meco che sia cento volte preferibile educare, che istruire, e che un'opera buona valga piú che cento bei libri?

[ocr errors]
[ocr errors][merged small][merged small]

NOTIZIE

Tra le conferenze che avranno luogo a Parigi presso la Société d'études italiennes presieduta da Jules Simon, si annunzia quella di M. Durand-Fardel De l'amour dans la divine Comédie. Già Paul Millet ha parlato, lo scorso anno, dell'arte simbolica in Italia, e, specialmente, delle allegorie di Giotto.

L'articoletto intitolato Dante a Oxford che Azeglio Valgimigli publicò nel quaderno VI di questo periodico, ha procurato all'autore una molto cortese lettera di encomio dell'onor. Gladstone. Sabato 26 gennaio, nell'aula massima del Collegio romano, per invito del Comitato centrale fra gli studenti secondari per la difesa della lingua italiana nell'Istria, il prof. Giovanni Franciosi tenne una bella conferenza sopra L'Italia nell'anima di Dante.

-

Coi tipi Ferrari e Pellegrini di Parma, Edoardo Alvisi ha recentemente publicato, in edizione nitida ed elegante, Il libro delle origini di Fiesole e di Firenze sopra due testi del secolo XIII.

Della Collezione di opuscoli danteschi inediti o rari, diretta da G. L. Passerini, sono usciti i numeri 16 e 17, contenenti le Lettere dantesche del p. Bartolommeo Sorio e Il Farnetico savio, ovvero il Tasso, dialogo di Alessandro Guarini.

L'isola di Capraia: impressione di viaggio e cenni storici, è il titolo di un libro che il signor A. Cionini, tenente nel 60° regg. di fanteria, ha testé publicato coi tipi Cappelli di Rocca s. Casciano.

La stessa tipografia ha pure eseguito, in edizione assai elegante, la stampa dello Statuts volgare dell'arte dei fabbri di Pisa, della seconda metà del secolo XIV, pubblicato, insieme ad una breve ma diligente storia dell'arte, dal dr. Gius. Simonetti.

In occasione di nozze l'egregio cav. A. Lisini ha posto a luce una Copia di alcune firme autografe di personaggi illustri ricavata da documenti originali dell'Archivio senese. In questa raccoltina, che va dal 995 al 1810, si ritrova, tra le altre, la sottoscrizione notarile di Brunetto Latini.

1894).

È uscito il primo volume della Kulturgeschichte des Mittelalters del dr. G. Grupp (Stuttgart,

La casa editrice N. Zanichelli di Bologna ha pubblicato Le rappresaglie nei comuni medievali e specialmente in Firenze, a cura dei sigg. A. Del Vecchio ed E. Casanova.

Intorno ai ruderi della chiesa ed ex convento dei minori conventuali di san Francesco in Giovinazzo, ha scritto una utile monografia storica il signor Giuseppe De Ninno. (Trani, tip. Vecchi).

Il giorno 26 di gennaio 1894 moriva in Roma, quasi improv visa mente, monsignore ISIDORO CARINI prefetto della Biblioteca Vaticana, e cultore insigne di studi storici.

G. L. PASSERINI, direttore.

Proprietà letteraria.

---

LEO S. Olschê, editore-proprietario, responsabile.
Città di Castello, Stab. tip. lit. S. Lapi, 31 di decembre 1894.

[graphic][ocr errors][ocr errors][subsumed][merged small]

Appena Dante giunge nell'Empireo, un lume vivissimo gli balena attorno, e lo circonda cosí ch'ei nulla piú distingue; ma in breve quello crescc vigore agli occhi di lui, e li rende forti a sostenere qualsiasi splendore. Intanto un fiume di luce si distende fra due rive fiorite, e da esso vengono fuori faville vive, che si posano su i fiori in modo da esserne circoscritte, come rubini dall'oro; indi, quasi inebbriate dagli odori, si levano su e ritornano al miro gurge, mentre altre vanno alle fiorite rive. Beatrice fa intendere a Dante, desideroso d'aver notizia di quanto vede, che per tal fine gli converrà bere di quella luce, la quale con le faville e i fiori è ombra della verità; ed e' vi ficca gli occhi per entro, e ne beve. A un tratto la fascia luminosa ripiega intorno a sé, e si fa tonda; e le faville e i fiori si trasmutano in angeli ed anime beate, sicché

L'alto trionfo del regno verace,

(Par., XXX, 98).

è tutto manifesto a Dante nella disposizione che segue.
Un immenso circolo luminoso, tal che la sua circonferenza

Sarebbe al sol troppo larga cintura,

(Par., XXX, 105).

raggiando tutto quanto, si riflette al sommo del primo mobile, che da esso riceve vita e potenza. In giro in giro, al di sopra di quello, stanno tutte le anime elette, che divise in più di mille soglie, vi si specchiano. Il circolo luminoso, dunque, sta al basso, ed è circoscritto dalla soglia inferiore; e poiché le anime, che in esso mirano, formano più di mille soglie, più di mille gradi, segue che, dovendo questi dare in largo, il cerchio massimo, ossia la soglia superiore estrema, dev'essere maravigliosamente grande :

E se l'infimo grado in sé raccoglie
sí grande lume, quant'è la larghezza
di questa rosa nell'estreme foglie?
(Par., XXX, 115-117).

Essa, mirabilmente larga, in pari tempo è assai profonda; di fatto dal suo punto inferiore mediano al terzo grado, dal sommo, corre una distanza maggiore di quella che va dal mare più profondo al limite superiore dell'atmosfera (Par., XXXI, 73-76).

Di modo che la città celeste rende l'imagine d'una immensa rosa, che l'Alighieri dice candida, per la bianchezza delle stole e per la purità delle anime. Essa poi è dominata dall'eterno Sole (Dio, la s. Triade), il quale, dall'alto, l'avviva co' suoi raggi, che si diffondono da per tutto e formano il circolo splendente, ossia il giallo della rosa, compreso entro l'infima soglia. E intanto, come schiera d'api che s'infiora, la milizia angelica discende nel gran fiore, e quindi risale

Là, dove il suo amor sempre soggiorna.

(Par., XXXI,12).

Iddio, dunque, sta in alto, al di sopra della rosa, quasi sole meridiano. (V. anche Par., XXX, 26-27).

Ma le rose son di varie forme; alcune ve n'ha che, molto strette in cima, vengono dilatandosi all'esterno, di guisa che i loro petali scendano via via, digradino al di fuori; altre invece, accanto accanto al giallo, mandano alquante foglioline, e, sempre risalendo con petali maggiori, si dilatano fino alle foglie estreme. Ora, la rosa imaginata da Dante somiglia alle prime o alle seconde? La risposta sarà presto trovata, poiché tutto il contesto si oppone recisa. mente alla prima imagine, dimostrando a chiare note verissima la seconda, di modo che sebbene con la prima potremmo veder collocati gli spiriti migliori nei cerchi più stretti e più elevati, dobbiamo assolutamente escluderla, per seguire addirittura la seconda.

Osserviamo di fatto: i beati si specchiano nella luce circolare sottostante come clivo in acqua di suo imo;

(Par., XXX, 109).

Dante, sito nel basso della rosa, per guardare in alto leva gli occhi

.... quasi di valle andando a monte;

(Par., XXXI, 121).

ciò vuol dire che la faccia interna del fiore viene restringendosi dalla sommità al basso.

Il poeta inoltre, per indicare il sito dello scanno di Maria, nel cerchio superiore estremo, ricorre al paragone del sole in sull'apparire:

[blocks in formation]
[merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small]
« PrethodnaNastavi »