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A rimettere le cose a posto occorre perciò emendare la lezione. Il che io fo a questo modo:

Pure, a noi converrà vincer la punga,

cominciò ei, se.... Non, tal ne s'offerse ;

dalla quale nuova lezione scorgesi che Virgilio voleva dire: Eppure, a noi converrà vincere la pugna, se... (se vogliamo compiere il viaggio e arrivare a salvamento; ovvero: Anche se non venga il soccorso promessoci): ma no, perché il soccorso verrà a ogni modo, tale essendo chi ne s'offerse in aiuto.

A qualcuno suonerà male quel Non in cambio di no: ma esso non è estraneo alla lingua dei nostri classici. Senza recare in mezzo luoghi tolti a prosatori, ci basti questo ch'è nella divina Commedia :

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CARONTE E LA BARCA DEI MORTI

nell' Eneide, nella divina Commedia e nella tradizione popolare neo-greca.

Mi consentano gl'illustri miei colleghi di collaborazione al Giornale dantesco, ed i sagaci lettori del medesimo che io richiami l'intelligente loro attenzione sopra un riscontro che intendo fare tra i due passi dell'Eneide VI, 295-314, della divina Commedia III, 70-129 e un canto popolare funebre neo-greco, cioè una mirologia cospicua per classica bellezza, che avvera pienamente per la Grecia l'entusiastiche parole dell'insigne mio concittadino Carlo Bini, allusive all'Italia, cioè ch'essa è per anco "la terra delle memorie e il Genio Eterno agita sopra essa tuttavia una fiamma divina, che ancora la sospira l'alito delle Grazie innamorate, e ancora è fresca della primiera bellezza, perché a Dio piacque suscitarla tra le forme create, come l'iride del suo pensiero., Né si diano a credere già i lettori che il passo dantesco, ricordato sopra posto di

contro al virgiliano, punto abbia a scapitare per la soverchia brevità, con la quale il divino poeta ci ritrae la figura di Caronte e la barca de' morti (qualità caratteristica identica pure nella mirologia neo-greca) poiché sa bene il Nostro che pluribus intentus minor est ad singula sensus e che quanto si acquista in estensione si perde poi nell'intensità ed efficacia; inoltre questo è il sublime accorgimento dell'arte sua di presentare a' lettori figure meglio sbozzate che finite per eccitarne la riflessione su quanto egli tralascia e indurli a concorrere con lui nel compimento di esse figure, e a provare piú commozione quindi e gusto nello scorrerne l'incomparabile poema. E qui cade in acconcio notare con Antonio Rosmini che fu vera ed acuta lode quella che diede a Dante un chiaro letterato de' nostri dí, dicendo ch'egli vola sopra gli altri poeti per quella sua virtú d'ingegno di saper trovare nelle cose "quell' una o due qualità che ci desse vivo lo spirito, o l'ultimo atto vitale dell'oggetto. „1

1

Acciocché possano poi cosí gl'illustri colleghi miei, come i lettori giudicare in proposito, riporterò qui appresso il passo dell' Eneide con la versione del Caro, il tratto della divina Commedia e la mirologia neo-greca, salvo dopo a notare fino a qual punto la figura di Caronte si trasfigurasse nella tradizione popolare neo-greca. Ecco il passo virgiliano:

Hinc via, tartarei quæ fert Acherontis ad undas:
turbidus hic coeno, vastaque voragine gurges
aestuat, atque omnem Cocyto eructat arenam.
Portitor has horrendus aquas et flumina servat.
Terribili squalore Charon, cui plurima mento
canities inculta jacet: stant lumina flamma,
sordidus ex humeris nodo dependet amictus;
ipse ratem conto subigit velisque ministrat,
et ferruginea subvectat corpora cymba.
iam senior, sed cruda dea viridisque senectus.
Huc omnis turba ad ripas effusa ruebat,
matres, atque viri, defunctaque corpora vita
magnanimûm heroum, pueri innuptaeque puellae,
impositique rogis juvenes ante ora parentum:
quam multa in silvis autumni frigore primo
lapsa cadunt folia, aut ad terram gurgite ab alto
quam multae glomerantur aves, ubi frigidus annus
trans pontem fugat et terris immittit apricis.
Stabant orantes primi transmittere cursum,
tendebantque manus ripae ulterioris amore,
navita sed tristis nunc hos, nunc accipit illos,
ast alios longe submotos arcet arena.

Traduzione italiana di Annibal Caro, versi 437-466:

Quinci preser la via la 've si varca
il tartareo Acheronte. Un fiume è questo
fangoso e torbo, e fa gorgo e vorago,
che bolle e frange e col suo nero loto
si devolve in Cocito. È guardiano

e passeggiero a questa riva imposto
Carón Demonio spaventoso e sozzo,

a cui lunga dal mento inculta ed irta

pende canuta barba. Ha gli occhi accesi

come di bragia. Ha con un groppo al collo
appeso un lordo ammanto, e con un palo,
che gli fa remo e con la vela regge

l'affumicato legno, onde tragitta

su l'altra riva ognor la gente morta.
Vecchio è d'aspetto e d'anni; ma di forze,
come dio vigoroso e verde è sempre.

A questa riva d'ogni intorno ognora
d'ogni età, d'ogni sesso, e d'ogni grado
a schiere si traëan l'anime spente,

1 Antonio Rosmini, Dell'idillio: Dell'esecuzione nelle arti.

e de' figli anco innanzi a' padri estinti.
Non tante foglie ne l'estremo autunno
per le selve cader, non tanti augelli
si veggon d'alto mar calarsi a terra,
quando il freddo gli caccia a' liti aprichi,
quanti eran questi. I primi avanti orando
chiedean passaggio e con le sporte mani
mostravano il desio de l'altra ripa.
Ma il severo nocchiero or questi or quelli
scegliendo o rifiutando, una gran parte
lunge tenea dal porto e da l'arena.

Divina Commedia, canto III, v. 70 e segg.:

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E poich'a riguardar oltre mi diedi
vidi gente alla riva d'un gran fiume,
perch'io dissi : Maestro or mi concedi
ch'io sappia quali sono e qual costume
le fa parer di trapassar sí pronte,
com'io discerno per lo fioco lume.,
Ed egli a me: "Le cose ti fien conte
quando noi fermeremo i nostri passi
sulla trista riviera d'Acheronte. 99
Allor con gli occhi vergognosi e bassi
temendo no' 'l mio dir gli fusse grave,
infino al fiume di parlar mi trassi.
Ed ecco verso noi venir per nave

un vecchio bianco per antico pelo gridando: Guai a voi, anime prave, non isperate mai veder lo cielo,

i' vegno per menarvi all'altra riva

nelle tenebre eterne, in caldo e in gelo.

E tu che se' costí anima viva

partiti da codesti che son morti 19

e, poi che' ei vide ch'io non mi partiva, disse: "Per altre vie, per altri porti

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verrai a piaggia, non qui per passare,
piú lieve legno convien che ti porti.
E 'l Duca a lui: "Caron, non ti crucciare
vuolsi cosí colà dove si puote

ciò che si vuole e piú non dimandare."

Quinci fur quete le lanose gɔte

al nocchier della livida palude

che intorno agli occhi avea di fiamme rote.

Ma quell' anime ch'eran lasse e nude

cangiâr colore e dibattero i denti,
ratto che inteser le parole crude.
Bestemmiavano Iddio e i lor parenti,

l'umana spezie, il loco, il tempo, il seme
di lor semenza e di lor nascimenti.

Poi si ritrasser tutte quante insieme

forte piangendo, alla riva malvagia,

ch' attende ciascun uom che Dio non teme.
Caron dimonio con occhi di bragia,

loro accennando tutte le raccoglie,
batte col remo qualunque s'adagia. 1

Come d'autunno si levan le foglie

l'una appresso dell'altra infin che 'l ramo rende alla terra tutte le sue spoglie similemente il mal seme d'Adamo

1 In una leggenda popolare livornese inedita, riportata piú appresso, Caronte batte col remo le anime cattive (poiché le buone imbarcatesi pure sul legno di lui a metà strada se ne sono andate volando al paradiso), le butta nell'acque, le fa tutte annegare nel fiume; allora queste cadono giú nel profondo dell'inferno.

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Πλέει του Χάρου τὸ πανί, πλέει τσῇ μαύραις μοίραις,
Ἐκεῖ ποῦ εἶναι ψυχαίς πολλαίς, γέροσι, καὶ κορασίδαις.
Μαῦρο εἶν ̓ τὸ καράβι του καὶ μαῦρα τὰ πανιά του,
(μαῦρο εἶν' τὸ σκαφίδι του καὶ μαῦρα τὰ κουπιά του)
τρέχουν γυναίκες καὶ παιδιά, ἄντρες καὶ καλογέροι, 1
τρέχουν εἰς τὸ καΐκι του, τσοι ἁρπάχνει ἀπὸ τὸ χέρι.
Κρύα εἶν' τὰ κρειάτα του, ἄσπρα εἶν ̓ τὰ μαλλιά του,
δραπάνι έχει στο χέρι, του πέφτουν τὰ κόκκαλά του.
Κῇ ἐκεῖ ποῦ πέφτουν πιάνουσε καίοντας σα φωτία,

σὰ νὰ ἤτουνα ἐκεῖ κοντὰ μεγάλη φουγγαρία.

แ Τρέχα Βρέ Χάρε, πέρνασ ̓ τοὺς, κ' εἶν ̓ ἄλλοι ποῦ προσμένουν.
Αρπάχνει ἐκεῖνο τὸ κουπὶ καὶ τοὺς κουττάει καὶ φεύγει.

Καὶ πάλι ἐματαγύρισε καὶ πάλι ἐματαπῆρε

άντρες, γυναίκες καὶ παιδιά, γέρους, παιδιὰ καὶ χήραις,

Bernhard Schmidt, Griechische Märchen, Sagen, und Volkslieder, Leipzig, 1877; Volkslieder, n.o 37. (Myrologie); Lieder von Charos, und Unterwelt (Ni. 18-39).

Traduzione italiana.

Naviga la barca (letteralm. la vela) di Caronte, naviga verso i neri destini (cioé il luogo del fosco destino, del lutto, l'inferno),

dove sono molte anime di vecchi e di giovani;

nera è la barca di lui e nere (ne sono) le vele;

(nera n'è la chiglia e neri ne sono i remi);

corrono le donne, ed i fanciulli, gli uomini fatti ed i monaci

corrono alla sua barca; (esso) li ghermisce per la mano;

fredde sono le carni di lui, canuti i capelli suoi;

tiene in mano una falce; scricchiolano l'ossa di lui,

e dove scricchiolano, ivi divampano sfolgoranti,

1 Etimologia: παλός, γέρων, francese: caloyer; cfr. la medesima metafora in presbyter dalla voce greca: πρεσβύτερος, donde la voce italiana prete, la francese prêtre, l'antica francese prèstre, e la napoletana: privete, affine ad un prebiter, alteraz. della predetta voce latina. La voce καλογέροι è una forma intensiva simile a πρεσβύτεροι, e il prefisso καλός compie ivi lo stesso ufficio del suffisso tépos dell'altra voce; cfr. in prova il francese beaucoup (bel colpo, cioć gagliardo colpo nel senso avverbiale di gagliardamente, molto).

come se un grave incendio vicino ardesse.

Corri, olà, o Caronte, prendili (nella tua barca), (ché) ancor altri ti attendono.

Quegli afferra il remo, e li scorre con l'occhio e li sfugge,

e vi ritorna di nuovo e di nuovo riprende seco (nella sua barca),

uomini fatti, donne, giovanette, vecchi, garzoncelli e vedove.

B. S. Novelle, leggende e canti popolari greci, Lipsia, 1877; Canti popolari, Mirologie n. 37; Canti di Caronte e dell'Inferno (Ni. 18-39).

Qui per incidenza mi piace notare che mentre l'insigne ellenista Émile Legrand, professore al Collegio di Francia, nella sua prefazione alla propria Raccolta di canzoni popolari greche, Francesco Sabatini nella sua memoria pregevole: La poesia popolare in Grecia (uscita nell'A. I, fascicoli 5 e 6 della Rivista romana di scienze e lettere) e il prof. Felix Liebrecht nel proprio studio: Neugriechische Volkslieder, pag. 202 del dotto volume: Zur Volkskunde, Heilbronn, 1879, dell'antica barca di Caronte non trovano piú traccia schietta in alcun canto popolare neo-greco, poiché in quello riportato da loro essa è divenuta un palischermo solido e ben equipaggiato che va innanzi a piene vele, a me è invece bastato l'animo di trovarne una genuina traccia nel canto riportato sopra, ignoto ad essi, ed estratto dalla collezione dello Schmidt, e acciocché possano i miei colleghi e lettori ancora essi giudicare, come si usa dire ex informata conscientia, riporto qui appresso questo canto per loro norma:

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στὴ πρύμ ἔχει τοὺς ἄρρωστους, στη πλώρη λαβομένους,
καὶ ἀποκάτω στὰ πανιά τούς θαλασσοπνιμένους.

γυρεύει πόρτο γιὰ νὰ μπῇ λιμάνι γιὰ ν' ἀράξη,

τὸ παλαμάρι τόδεσε εἰς ἀγαθὸ λιμνιώνα.

Εδόθ' ὁ λόγος στὰ χοριὰ καὶ διαλαλιὰ στὸ κόσμο.

แ Χήραις, πωλοῦνται οἱ ἄνδες σας· μαννάδες, τὰ παιδιὰ σας

καὶ σεῖς καϋμέναις αδελφαῖς, πωλοῦνται οἱ ἀδελφοί σας.
"Εδραμαν μάνναις με φλωριά, καὶ ἀδελφοῖς μὲ δόσι,

κ' ἡ χήραις, ἡ μαυρόχηραις, μὲ τὰ κλειδιὰ στο χέρι,
κὴ ὅσαι; δὲν εἶχαν τίποτε τὰ χέρια σταυρωμένα.

κὴ ὁ Χάρος ἐμετάνοιωσε τὰ παλαμάρια κόβει.
Περνοῦν ἡ μάνναις τὰ Βουνά, κ' ἡ ἀδελφοῖς τὰ πλάγια,
κ' ἡ χήραις, ἡ μαυρόχηραις, τὰ ἔρημα λαγκάδια.

Versione Italiana

La nave di Caronte.

Una nave carica di giovani ha spiegato le vele:

alla poppa stanno i malati, alla prora i feriti,

e sotto le vele quelle che annegarono nel mare;

essa cerca un porto per entrarvi, un seno, dove getti l'àncora,

alfine in un buon porto attacca essa la sua gomena.

E il rumore si diffonde nei villaggi, ed è questo annunziato dalla gente:

"O vedove, si vendono i vostri mariti; o madri, si vendono i vostri figli;

e voi, o povere sorelle, si vendono i vostri fratelli.,

Le madri accorrono con fiorini, le sorelle con doni,

Che se questa canzone, dice il Legrand, si raccomanda specialmente a coloro che si occupano degli studi di mitologia comparata, molto piú, aggiugnerò io, a queste persone si raccomanda il canto precedente, perché piú fedele reminiscenza del classico mito della barca di Ca

ronte.

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