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dosi al lavoro per fuggire l'ozio, e procurarsi il vitto, senza essere di peso ad alcuno, com' egli scrive a Marco Celedese prete della detta Calcide. Nihil alicui præri pui; nihil otiosus accipio. Manu quotidie, et proprio labore quærimus cibum, scientes ab Apostolo scriptum esse: QUI AUTEM NON OPERATUR NON MANDUCET. Quali poi fossero i lavori, nei quali s'intrattenevano que' romiti, lo indica S. Girolamo nella lettera al monaco Rustico, cioè: tesser fiscelle di giunchi, far canestri di vimini, coltivare l'orticello, innestar alberi, far vasi da pecchie, far reti, e scriver libri, af

FINCHÈ LA MANO FATICANDO SI GUADAGNI IL CIBO E L'ANIMO NELLA LEZIONE SI SAZI : e quale ne fosse il cibo lo indica nell'epistola a Paolino. Sit vilis, et vespertinus cibus. Qui Christum desiderat, et illo pane vescitur, non quærat magnopere, de quam pratiosis cibis stercus conficiat. Quidquid post gulam non sentitur, idem quod, et legumina. Colà scrive la vita di S. Paolo primo eremita, la dedica a Paolo di Con

cordia, e si occupa a tradurre varie opere dal greco.

A fronte però delle meditazioni, delle penitenze, dello studio indefesso, e dei lavori corporali, viene assalito dalle tentazioni; e Roma, secondo l'espressione di un antico autore, gli si affacciò alla mente, non già vittoriosa e trionfante, ma con tutte le delizie della corte, e coi più bei volti delle dame, che vi avea vedute. Per distrarsi da tali pensieri, e consolarsi dell' involontario rammarico che provava, radoppia il digiuno, si percuote il petto, si dà alle preghiere, e si dedica a studiare la lingua ebraica con mirabile pazienza e instancabile applicazione, superando tutte le difficoltà, che gli sembravano insormontabili. Pervenne con questi mezzi all' intento d'instruirsi nell' ebraico, e vincere l'incentivo della lascivia. Egli stesso con sentimenti che toccano il cuore, ne rende conto nell'epistola a Rustico (f), ed in quella alla vergine Eustochio (g).

(f) Dum essem juvenis, et solitudinis me deserta

La chiesa di Antiochia era divisa da fierissimo scisma sopra le tre ipostasi in una sola natura, o di una ipostasi in tre persone. S. Girolamo scrive al pontefice Damaso

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vallarent, incentiva viliorum, ardoremque naturæ ferre non poteram: quem crebris jejuniis frangerem, meus tamen cogitationibus æstuabat. Cuidam fratri, qui ex hæbreis crediderat, me in disciplinam dedi ... ut alphabetum discerem, et stridentia anhelantiaque cerba medilarer. Quid ibi laboris insumpserim, quid sustinuerim difficultatis; quoties desperavim; quotics desperavim; quoties cessaverim, et contentione discendi rursus incœperim; testis est tam conscientia mea, qui passus sum; quam eorum qui mecum duxerunt

vitam.

(g) Sedebam solus; horrebant sacco membra; defformis, et squallida cutis similitudinem Ethiopica carnis obduxerat. Quotidie lacryma; quotidie gemitus; et si quando repugnantem somnus oppressisset, nuda humo vix ossa hærentia collidebam. Ille igitur ego, qui ob gehennæ metum tali me carcere ipse damnaveram, scorpionum tantum socius, et ferrarum, choris intereram puellarum. Pallebant ora jejuniis, et mens desideriis astrabat. Memini me clamantem, diem crebro junxisse cum nocle; nec prius a pectoris cessasse verberibus, quam Domino increpante, reddiret tranquilitas.

pre

per ritenere quanto da esso gli sarebbe scritto, ed essere unito al capo della cattolica Chiesa. I scismatici sostenevano le tre ipostasi, e perciò perseguitavano crudelmente S. Girolamo. Bonoso si ritira in un'isola dell'Adriatico, e da' suoi fratelli monaci S.Girolamo è pure abbandonato, desiderosi, com' egli dice, di vivere piuttosto colle fiere, di quello che con tali cristiani. La persecuzione degli arriani infierisce dipiù contro di lui; ed è costretto di abbandonare quell' eremo chiedendo per grazia, che gli si accordino pochi mesi di tempo, riguardo alla sua salute mal ferma, e la rigidezza dell'inverno (h). Fugge da quel ritiro, e nel principio del 377 passa in Gerusalemme, portando seco la sua prediletta biblioteca.

Colpito dal Signore è ridotto quasi a

(h) Epistola a Marco Caledese. Ego ipse, nisi sue me et corporis imbecillitas, et hiencis retineret asperitas, jam modo fugerem. Verumtamen dum vernum tempus adveniet, obsecro, ut paucis mihi mensibus eremi concedatur hospitium; aut si hoc tardum videtur, abscedo. Domini est terra, et plenitudo ejus.

morte; protesta di non far uso più oltre di libri profani, ed ottiene da quel vescovo di alloggiare in Betlemme presso la culla del Salvatore, per seguire la vita anacoretica, e più tranquillo attendere allo studio delle sacre scritture. Nell' anno 378 è ordinato prete, contro sua voglia, da S. Paolino vescovo di Antiochia, senza però essere astretto ad alcuna chiesa; e per verecondia e modestia, non volle mai esercitare le funzioni del ministero dell'altare. Traduce la cronaca di Eusebio di Cesarea, e la dedica ai suoi amici Vicenzo e Galleno: essa arriva all'anno 378.

Si reca a Costantinopoli nel 379 per approfittare delle istruzioni di S. Gregorio Nazianzeno, ed erudirsi nello studio delle scritture sacre. Colà ebbe a precettore Didimo nella catechesi, e vi si trattiene tre anni, cioè sino a che lo stesso Nazianzeno abbandonò quella sede. Passa poscia in Antiochia, e ritorna a Betlemme nel 381, da dove nel seguente anno 382 è chiamato a Roma dal pontefice Damaso, per dove si dirige in unione di S. Paolino vescovo di Antio

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