Fin qui giudicar dobbiamo che scrivesse Massimiano, e ciò che segue devesi reputare continuato dopo la di lui morte, mentre contiene il di lui elogio, che ripugnerebbe fatto da se stesso. Segue pertanto: Il Polensis erat Christi levita profundus, Ipse autem factis propriis scit non meruisse La narrativa del ritrovato tesoro in Pola con differenti circostanze è portata dall' Ughelli. Fra le fabbriche erette da Massimiano si ritiene, che anche nella sua patria fondasse, e dotasse di alcuni beni la chiesa S. Maria Formosa, ora detta B. V. del Canneto; il cui istrumento di fondazione, come da relazione del vescovo Alvise Marcello del 4 decembre 1657, si ritrovava nella cancellaria vescovile di Pola, e fu stipulato in quella città nel consolato di Basilio juniore al 21 di febbrajo del 546 in cui Mas simiano è sottoscritto: Serous Christi Muximianus per gratiam Dei Episcopus S. Ecclesiæ Raven. inclitæ urbis ec., ed è pure sottoscritto Macedonio patriarca di Aquileja, il quale conferma la donazione, e si sottoscrive Vescovo, mentre poi nomina Massimiano col titolo di patriarca; seguono poscia le sottoscrizioni dei vescovi Frugifero di Trieste, Germano di Bologna, Isaccio di Pola, e Teodoro di Brescia testimonj. Lo Schönleben, il quale negli quale negli annali della Carniola (p.304) parla di questa fondazione, viene redarguito dal Rubeis (Mon. Aquil. p. 192) di varii errori: 1. Non essere la relazione del Marcello, ma di Giacomo Querengo cancelliere vescovile, e pubblico notajo di Pola, per ciò che riguarda scoperta di alcune reliquie de' santi; e per la parte storica ed erudita dei monumenti antichi di Pola, del vicario Bartimora. 2. Che del vescovo Marcello non vi ha in quella relazione che la segnatura di autenticità del carattere dello scrittore. 3. Che l'istrumento di Massimiano, segnato sotto la data Ix. cal. martii 546 non può aver luo la go, mentre S. Massimiano non fu ordinato vescovo di Ravenna, che nel giorno decimo degl' iddi di ottobre di detto anno, ch'era il quinto dopo il consolato del giovane Basilio; cioè 7 mesi posteriormente alla data della voluta donazione, come chiaramente abbiamo da Agnello nelle vite di que' vescovi: Maximianum Polensem diaconum, ordinatum esse Episcopum a Vigilio Papa in civitate Patras apud Achajam pridie idus octobris indict. x. quinquies P. C. (post consulatum) Basilii junioris; epoca che corrisponde perfettamente al 14 di ottobre dell'anno 546, mentre Basilio cominciò il suo consolato nell' anno 541. Conchiude pertanto il Rubeis, che l' istrumento di fondazione, non corrispondendo alle date precise del tempo relativo à S. Massimiano, può essere sospetto di apocrifo, od almeno esserne alterate le date, ed essere questo una copia, non già un originale, e si duole di non aver potuto vedere questo scritto originale per esaminarlo nella sua identicità, a formarne gli esami opportuni. A me pur duole, che questo istru 1 600! di Cittano va. mento non possa rintracciarsi; mentre qui 97. S. FLORIO, o Fiore vescovo di Cit tanova le di cui gesta ed il tempo in cui visse, pienamente s' ignorano. Ritiensi però che fosse dei primi vescovi di quella sede e che quella città fosse la di lui patria. Il di lui corpo si conserva nella cattedrale di Pola in un' arca nella cappella del vescovo Orsini, e la di lui festa si celebra al 23 di ottobre. Il Manzioli ne fa cenno pag. 43, e l'Ughelli nel Tom. V. pag. 229. 1324! 98. S. NICEFORO vescovo di Pedena sua 680-990 ? patria. Il Manzioli nel 1611 pubblicò di Pedena. l'istoria di lui, dalla quale io porterò quanto egli racconta, e vi aggiungerò ciò, che la tradizione costante ci fa sapere sino al giorno presente, confermata da altro scrittore, unindovi varie critiche osservazioni sull' argomento (a). (a) Il Vescovo di Pedena M.r Antonio Marenzi diede in latino le Vite di S. NICEFORO martire e di S. NICEFORO vescovo; le dedicò all' imperatore FERDINANDO III; e furono stampate in Vienna nel 1639, con varie Odi latine fatte nel colleggio de' gesuiti di quella capitale, in lode del Marenzi, dei detti Santi, e dell' augusta casa d'Austria. Oltre la lettera di dedica, vi sono del Marenzi due epigrammi latini diretti al detto imperatore (Vedi il N.o 156 capitolo de' Mitrati). Dice nella dedica di aver tratte le notizie di que' santi da un vecchio e logoro manoscritto, e che estese in forma conveniente le presentava a quel principe per conservarne la memoria. Queste Vite però sino dall'anno 1611 erano state già stampate in italiano dal dottor Niccolò Manzioli nel libretto; Descrizione dell' Istria, il quale le aveva avute dal vescovo Antonio Zara (pag. 49 l. 1, pag. 107 - 112. |