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e segg.) Il Rubeis nel Monumenta Eccles. Aquil. rigetta questo patriarca.

115. FORTUNATO da Trieste, consanguineo del precedente Giovanni per opera dei íribuni fu eletto in patriarca di Grado nell' anno So3, nel quale, con bolla portata dall' Ughelli, il pontefice Leone III. gli concesse l'uso del Pallio. Nella detta bolla sono rimarcabilissime le seguenti espressioni per l'apostolico ministero de' vescovi, e pei doveri dell' episcopato. Officium Sacerdotis assumere si interiori vigilantia perpendimus, plus est oneris, quam honoris ... Hoc itaque frater charissime considera, et locum quem adeptus es non ad requiem, sed ad laborem te suscepisse cognosce Prædicationem tuam vita commendet, ipsa eis instructio, ipsa magistra sit, ad desiderium æternæ vitæ docente suspirent tuo viventes exemplo In his igitur studium adhibe, in hoc tota mentis intentione persiste quatenus dum tua prædicatione, alque imitatione, hæc fuerint consecuti tanto majora a Deo nostro recipias. Dai dogi Giovanni e Maurizio fu perseguitato

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il nostro patriarca, perchè gli si rendeva sensibile ed acerba l'esecranda morte del precedente Giovanni di lui parente, o zio, e ne cercava quindi in unione di Obelerio, tribuno di Malamocco, che si tiene suo fratello, di farne vendetta. Scoperta la congiura, dovette fuggire da Grado, e pensò con Obelerio passare in Francia presso l' imperatore Carlo Magno, onde eccitarlo a promovere le armi contro i dogi; il quale spedì a quest' oggetto Pipino suo figliuolo, e diede a Fortunato un amplo diploma a favore, il qual pure si trova nell'Ughelli (T. v. p. 1095). Munito di questo se ne ritornò alla sua sede facendo carcerare il diaco

no Giovanni che aveva presa, ed usurpata la sede. Frattanto Obelerio con buon numero di cittadini corse a Malamocco, e scacciati i dogi Giovanni e Maurizio col vescovo Cristoforo, furono deposti per unanime consenso de' tribuni e del popolo, e con universale acclamazione fu eletto Obelerio a doge, il quale poscia scacciato dalla patria, vi succedettero i di lui fratelli Beato e Valentino coll' assistenza del patriarca

per

Fortunato: ma resosi mal accetto al popolo per la guerra promossa da Pipino a Niceforo imperator greco fu scacciato dalla sede il patriarca, la quale fu conferita a Giovanni abbate di S. Servolo. Si ritirò Fortunato la seconda volta in Francia, ov'era in gran stima presso Carlo Magno, che lo volle avere anche per compadre, e col di cui patrocinio moltissimi privilegj furono concessi alla chiesa di Grado, ed all' Istria. Nel 806 essendo Fortunato esule in Francia, impetrò Carlo Magno dal pontefice, che fosse dato il vescovato vacante di Pola al patriarca Fortunato sino a che rimesso fosse nella sua sede di Grado. Annuì alle istanze di quel monarca il pontefice, il quale nella lettera diretta a Carlo Magno, dimostra poca soddisfazione della condotta di Fortunato, avvertendo quel sovrano: Et hoc vestræ serenitati intimare curavimus de præfato Fortunato, ut sicut semper pro illius honore temporali laboratis, ita et de anima illius curam ponatis, ut per pavorem, suum ministerium melius expleat. Dalla Francia passò a Costantinopoli per

vestrum

trattare di pace tra gl'imperatori Carlo, e Niceforo, ed i Veneti, nella quale missione sortì con buon effetto nell' anno 813 sotto l'imperatore Michele, essendo già morto Niceforo. Intorno l'anno 814 ottenne il patriarca Fortunato dall' imperator Lodovico, figlio di Carlo Magno la concessione, ed il privilegio ai popoli dell'Istria di eleggersi a loro beneplacito i proprj Rettori, Governatori, Patriarchi, Vescovi, Abbati, e Tribuni ec., come nell' amplissimo diploma può leggersi, indicato dal Dandolo.

Nell' anno 818 Fortunato si riconciliò coi veneziani, e ritornò alla sua sede di Grado, obbligando l' abbate Giovanni a ritornare al suo monastero; essendo poi nel 821 da Tiberio suo sacerdote, imputato presso Lodovico Pio, di secreta intelligenza con Linderico re degli ungheri, e di aver dato denari, consiglio, ed artefici ed artefici per fortificare i di lui castelli, fu citato alla corte. Passò egli nell'Istria, quindi di nascosto a Zara, da dove sopra nave procuratagli da quel governatore si trasferì a Costantinopoli, ove dimorò tre anni, e quindi nel 824 paṛ

tì verso la Francia cogli ambasciatori dell'imperatore Michele, il quale spedì in regalo con quest' incontro a Lodovico le opere di San Dionigi Areopagita. Fatto in Roano l'ufficio di proposizioni pacifiche dagli ambasciatori all' imp. Lodovico, il patriarca Fortunato espose le sue giustificazioni, le quali sentite da quel monarca, gli fu imposto di portarsi a Roma preso il pontefice, affinchè dal medesimo esaminate fossero, e comprovata la di lui innocenza; ma terminò egli nell'anno stesso 824 e nella stessa città di Roano i suoi giorni, senza aver potuto effettuare l'ingiunta obbligazione, dopo 21 anno di travagli, e di clamorose vicende nella sua sede. Dalla cronaca abbiamo ch'egli fu dottato di animo forte, e di un' esimia virtù. Fuisse vero Fortunatum, infracti animi virum, et eximia virtute præditum, asserit chronica (Ugh. T. v. p. 1997).

Il nostro Fortunato intervenne al placito per ordine dell' imperatore Carlo Magno, tenuto in territorio CAPRENSE, in loco, qui dicitur RIZIANO, contro le vessazioni che soffrivano gl' istriani per opera del loro du

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