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rimedio a que' poverelli. ET QUANDO ALTRO
non si possa trovisi almeno di quel paese.....
et che si PROCEDA COSÌ GAGLIARDAMENTE con-
tra di lui. In altra lettera dei 19 ottobre
pur 1548 diretta a Roma allo stesso M.
Elio fatto vescovo di Pola (Verger. p. 103),
inculca la cosa stessa, e tanto la spinge, che
brama che si adoperi il ferro, od il fuoco',
cioè niente meno che gli sia tagliata la testa,
o bruciato vivo
Del Vergerio pa-
re che la cosa sia così disperata, CHE SEN-
ZA FERRO O FUOco egli homai non si possa
risanare
Per l'ultima che ho di
M. Hannibale Grisoni, egli mi scrive, che
aspetta da voi alcuna provvisione per ser-
vizio di quella città, la quale vi raccomando
insieme con l'honore di Gesù Cristo. NË vi
RITENGA ALCUN RISPETTO. Difatti, perduto
ogni rispetto, il Muzio ottenne il suo trionfo
mentre nel mese stesso di ottobre dell' anno
medesimo 1548, per breve scritto dallo stesso
segretario M. Elio, fu dal legato di Venezia
M. Della Casa probito a Pietro Paolo di
portarsi alla sua sede in Capodistria; e di
ciò il Muzio vittorioso se ne consola con let-

TOMO I.

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tera di detto mese scrivendo in patria all'inquisitore Annibale Grisoni (Verg. p. 115). La provision di levar il Vergerio dalla città è stata santissima. Dopo ciò gagliardamente si diresse contro di lui, ed in modo, che diffamato, perseguitato, e volato per forza che sia eretico, fatalmente divenne alla fine in realtà eretico, luterano, ed apostata, e fiero ed acerrimo nemico del pontefice e della chiesa Romana.

Di questa condotta del Muzio tutti i buoni se ne dolevano, e la stessa città di Capodistria, ove nacquero degl'inconvenienti. Il Muzio stesso lo confessa dicendo in lettera 27 ottobre 1548 (Verg. p. 116) a M. Vincenzo Fedeli segretario della repubblica di Venezia, il quale l'ammoniva ad essere più moderato nelle sue invettive Infino ad hora in Capodistria sono stati con arme assaliti, et battuti di quelli, che abbruciavano le mie scritture; e nella lettera al Grisoni 7 gennaro 1549, si maravigliava, dicendo, che dove le scritture del Vergerio sono honorate, le mie, cioè quel le del Muzio, debbiano essere sprezzate;

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e diffatti non possono leggersi neppur di presente le Vergeriane senza ribrezzo. Nella lettera al cardinal di Napoli 21 gennaro 1554 (Cattoliche p. 188) dice . . . . non vorrei che altri pensasse che io la facessi ad onta... Sono alcuna volta ripreso, che io mi riscaldo troppo in queste materie. Pur troppo è vero. Ai tribunali competenti appartiene il giudicare gli uomini, a Dio le anime; ed i prudenti e veri cristiani devono tranquillamente attenderne il giudizio, nè spiegare giammai uno spirito di partito divoratore. Girolamo Vida se ne lagnò pure col Muzio, ammonendolo, ma inutilmente alla cristiana moderazione, ed il Muzio vieppiù dava fuoco all' incendio, ed in modo, che prese in sospetto di eresia lo stesso Vida, poscia, come osservò il marchese Gravisi

mentì con se stesso se stesso, mentre nel primo di aprile 1548 (Verger. pag. 29) gli scrive, scusandosi di aver pensato sino allora male di lui, attribuendo la cagione al Vergerio. Ma il Vida ed in Venezia, ed in Capodistria sosteneva colla maggior libertà, come dice il Gravisi, che in Capodistria non vi

erano eretici, nè eresie, diffendendone anche in Venezia gl' imputati. Bastò questo al Muzio per trattarlo da eretico, scrivendogli nel 1550 (Verger. p. 166) che essendosi fatto avvocato di quella turba era divenuto maestro di quelle dottrine. Molto più si riscontra dalla lettera scritta al P. don Felice da Muggia canonico regolare, e rettore della Carità in Venezia, il quale pure lo riprendeva della di lui condotta, e di mancare alla carità evangelica, e che generalmente era di ciò condannato, come si condannavano le di lui scritture. Non si portano i passi per non annojare i lettori i quali potranno leggere la detta lettera nelle Cattoliche pag. 32 datata da Pesaro 23 settembre 1552. Molti altri documenti si ommettono per brevità.

In somma il Muzio talmente era acciecato nel suo partito, che chiunque o non secondava, o contrariava quant' esso si era proposto, veniva giudicato per eretico.

Il Muzio predicava e scriveva fervidamente a favore della chiesa cattolica e della morale, anche con buon frutto per il volgo, ma ne' suoi scritti stessi si ritrova, che quel

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lo che detestava negli altri, esso medesimo praticava, e che le di lui opere non corrispondevano ai di lui scritti.

Nei trattati del Celibato, delle mogli de' chierici, e nella lettera alle Monache di Capodistria loda inculca e sostiene la continenza, mentr'esso da gran tempo viveva in pubblico concubinato con Chiara da esso celebrata nelle sue rime sotto il nome di Clori, dalla quale ebbe anche due figli ; ed all' età di anni 53, cioè nel 1549 scrivendo a M. Vincentio Fedeli confessa che l'età gli è di poco giovamento alla virtù della continenza. Nelle lettere poetiche pag. 109, 116, giustifica il concubinato, e scusa se medesimo. I suoi amori con Tullia di Aragona sono notorii; ma finalmente di anni 54 cioè nel 1550 prese per la prima volta in moglie Adriana damigella di onore di Vittoria Farnese duchessa di Urbino.

In varii luoghi delle sue opere scusa e diffende di duello. Parlando del concilio da radunarsi sostiene in un'opera la superfluità, e che non debba farsi; in altra che si deve fare, e versar si debba sulla fede

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