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veva fare; chiamò un prete e gli disse: vieni a dir qualche cosa contra il vescovo che lo faremo andar via di quà, e tu potrai tenere la tua femmina. Così fu accusatore altro frate del terzo ordine di S. Francesco, il quale promettendo cinque ducati ad una donna perchè dicesse d' esserle apparsa la Madonna, con ordinarle di dire al popolo, che dovesse andare cinque volte a visitare la sua immagine posta in una chiesa detta Santa Maria de campi, ricavò moltissimi danari dal seguito concorso; ma il vescovo, conosciuta l'impostura, operò che il podestà (Alvise Donà ) facesse carcerare la donna con due altri complici, da' quali si rilevò l'industria del detto frate.

Ma intorno all'espressione d'immagine, e d'idolo protesta non aver altro oggetto che quello di far conoscere che la voce idolo in greco non vuol dir altro che immagine in latino. In fatti Elda vuol dire video; e Cicerone disse, imagines quæ idola

nominant.

IV. Dirige la difesa IV. contro il processo intorno i libri proibiti, che gli si tro

varono nello studio. Curiosissime, et in maxima copia tenuit, et tenet libros luteranos prohibitos, et quod pejus est illum diabolicum librum, quem vocant Pasquinum in extasi, tenere non erubuit; in oltre si nominano due altri libri, uno absque titulo nuncupatus il Beneficio di Gesù Cristo, et alius il Summario della scrittura.

Ad una tale accusa risponde con la dottrina de' sacri canoni, e de' concilj, ove s'inculca che i vescovi debbano leggere i libri degli eretici per confutarli, e scoprirne gli errori; e poi ne desume la difesa dalle incumbenze ch' egli come nunzio ebbe di trattar con gli eretici; e di mandare i loro libri anche a Roma. Si prolunga finalmente sul merito o demerito di que' due libri, e sopra la qualità di alcuni accusatori.

V. La difesa V. che per titolo de' frati, cioè talem habitum, seu cappas religiosorum nihil prodesse: che religionem sanctorum Francisci, et Dominici spernere ausus est dicens hæc vel similia verba, et premissa omnia cum scandalo. Risponde il vescovo essere la prima un'industria de' frati

per attrar danari da' benestanti, non mandando mai le cappe da vestirsi i cadaveri ai poverelli. Al secondo, che un solo testimonio diceva ciò, e ch'esso intese di dire del bene che fanno i frati i quali vendono patenti, o le donano per la partecipazione delle loro opere buone o meriti, e vivono poi una vita reprensibile e scandaloso.

VI. L'accusa versa intorno S. Lucia, S. Agata, e S. Apolonia. Risponde che il credere che un santo sia deputato a un male, e un'altro ad altro è errore condannato dal concilio di Colonia, quosdam sanctos sanandi morbos potestatem peculiariter obtinere, a pietate, et ecclesiæ sententia, ac supplicationis usu alienum est. L'accusa fu d'un certo frate rimproverato dal vescovo perchè in pulpito spacciò d'avere un dente di S. Apolonia, unico rimedio per guarire tal male.

VII. Che avesse detto essere i libri di S. Agostino degni del fuoco, ed anco gli scritti di S. Paolo; ma egli reclama contro la falsa accusa ed anzi dimostra d'aver sempre avuto sentimenti contrarj a tale ingiusta asserzione. In questa difesa spiega la

dottrina de' luterani, ch' egli detesta, e dilucida la ragione di aver detto perchè qualche chiesetta abbandonata, che servì d'asilo a qualche frate ritirato con donna di mal affare, dovesse essere dirroccata,

VIII. L'accusa ottava finalmente versa sopra le tavolette della Madonna di Loreto, per deposizione di Alvise Calino bresciano ed è scritto: dubitat (Calinus) episcopum pendere potius contra ritum S. R. ecclesiæ universalis, perchè sol ho sentito che detraeva a miracoli del santissimo luoco del Loreto, et diceva ch'esso non credeva che quei miracoli fossero fatti nel modo che si vede dipinto, et che si legge in quelle tavolette.

Ognuno vede ch' egli non negava i miracoli; ma credeva che non fossero accaduti, com'erano espressi in pittura, o nelle tavolette.

Risponde, e si giustifica facilmente, dicendo che quelle pitture, e quelle tavolette non costituiscono un' articolo di fede, onde aversi da condannare per eretico chi dubita, che in quel modo non siano accaduti i miracoli. Ne va numerando alcuni, e fra

varj se ne legge uno di un tale Rocco, a
cui s'era rovesciato un carro, e che fu aju-
tato dalla Madonna, che gli comparve ve-
stita di bianco, alla cui novella concorso il
popolo, si scoprì poi che Rocco era un so-
lenne ladro, onde fu preso, frustato, e
impiccato. Ma per far conoscere quanto ra-
gionevole sia il dubitar de' miracoli di Lore-
to adduce la leggenda istessa, e questa so-
la certamente è bastante a giustificarne il
dubbio : mentre tutto s' appoggia alla visio-
ne in
sogno d'un uomo divoto della Madon-
na, che non si nomina, e non si assegna il
luogo, ma solo il tempo cioè nel 1296.

Tali sono state le accuse contro il vescovo; e su queste M. Della Casa sollecitato dai dichiarati nemici di esso formò replicati processi, e cagionò replicate molestie ad un uomo degno per i di lui impieghi, servigj, e dignità di qualche maggior riguardo. Gli uomini buoni se ne scandalizzarono, lo stesso inquisitore Fra Marino assicurò il cardinale di Mantova con lettera di Venezia 13 novembre 1546, che grande ingiuria, 1546 et torto è stato fatto al povero vescovo; e

e

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