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rare il campo perduto, ed attaccati di notte tempo gl' istri, parte immersi nel sonno, e parte ebbri di vino, dopo un feroce combattimento, furono superati e dispersi colla morte di 8000 di essi (se dobbiam credere a Livio), e di 237 de' romani.

Non molto lontano dal campo il re EPULO pose gli alloggiamenti, dopo avere raccolti i suoi, e pervenuto al Timavo il console Marco Giunio, vedendo che gl' istriani erano in gran numero magnis copiis, non credette opportuno di attaccarli, ma dopo 11 giorni ritornò in Aquileja colle legioni.

Nei comizj dell' anno seguente 576 l'intrapresa di Manlio contro gl' istriani fu altamente disapprovata in Roma, mentre i tribuni della plebe protestarono, che nè il senato, nè il popolo romano avevano decretata questa guerra, e che Manlio giudicarsi dovesse qual reo e gli fosse levato il

comando.

Negli stessi comizj furono creati consoli C. Claudio Pulcro, e T. Sempronio Gracco. A Claudio fu aggiudicata la guerra

nell' Istria, ed a Sempronio quella di Sardegua, con un contingente di truppe a ciascheduno di 22,400 soldati d'infanteria, 900 di cavalleria, e dieci quinqueremi.

Svernarono in Aquileja i consoli Giunio e Manlio, ma nel principio della primavera del detto anno 576, ricondussero gli eserciti ai confini dell' Istria, ove ampiamente saccheggiando, portarono agl' istriani il massimo dolore nel vedersi rapite le sostanze, ed indebolita la speranza di poter vincere due eserciti.

EPULO frattanto tumultuariamente radunò un grosso esercito, formato di tutta la gioventù atta alle armi, e si pose coraggiosamente alla difesa, ma vista. l'impotenza di vincere, spedì legati a trattare di pace, consegnando gli ostaggi richiesti.

Il console C. Claudio, informato a Roma degli andamenti nell' Istria, temendo che da Manlio non gli fosse levato l'onore di assoggettare quel regno, precipitosamente partì da Roma, venne in Aquileja e nell'Istria a prendere il comando dell' armata, ommettendo le formalità solite de' sacrifizj, e de'

littori; rimproverò ai proconsoli l'esito infelice dei loro tentativi, ordinò loro di partire immediatamente dalla provincia, minacciandoli di catene e di castighi, ma l'esercito ricusò di obbedire a Claudio, perchè non palludato, era senza littori, ed aveva ommessi i voluti sacrifizj.

Sopra la stessa nave, schernito da'suoi, ritornò in Aquileja Claudio, e rapidamente passò a Roma, ove stette soltanto tre giorni, adempiendo a' suoi doveri, e tosto ritornò in Aquileja, e per mare arrivò sotto Nesazio, ove pochi giorni prima i proconsoli Giunio e Manlio avevano strettamente posto l'assedio, essendosi ritirato in quella città il re EPULO Cogl' ottimati del regno.

Claudio licenziò il vecchio esercito coi loro duci Manlio e Giunio, e colle due legioni, che aveva seco condotte, circondò la città, stringendola vieppiù coll'assedio, tentò di assaltarla, ma con un nuovo alveo, lavoro di più giorni, divertì il fiume che circondava le mura, e somministrava l'acqua alla città, perchè era di ostacolo a Claudio per le operazioni militari, e per costringere gli assediati alla resa.

Sorpresi gli assediati da questa operazione, giudicata a un miracolo, credendo di non poter più a lungo resistere per la mancanza dell'acqua, presi da disperazione, si rivolsero ad uccidere le mogli ed i figli, gettandoli oltre le mura nel campo de' nemici, e vicendevolmente dandosi la morte. I romani frattanto ascese e superate le muentrarono nella città, ed il re EPULO, circondato da tumulto, e da spaventevoli clamori de' suoi che fuggivano, resistette valorosamente sino al punto in cui, vedendo di essere preso e ridotto in schiavitù, prescelse morte onorata, trafiggendosi il petto col ferro.

ra,

Colla morte del re EPULO terminò l'Istria di essere un regno, mentre da' romani, distrutte le città principali Nesazio, (a) Mu

(a) In qual situazione dell' Istria fosse posta questa città sin' ora è stato ignorato, ed il celebre Carli confessa di non saperlo; vuole però che ai tempi di Plinio e di Tolomeo ancora esistesse. Per trarne qualche traccia esaminiamo quanto ne dicono gli storici e geografici antichi. Plinio 1. 3 cap. 19

tila, e Faveria, dando le altre gli ostaggi, fu assoggettata, e si resero padroni della medesima riducendola in provincia romana, Furono da essa dedotte le colonie di Trieste e

dice Parentium, colonia Pola. . . mox oppidum Nesatium, et nunc finis Italiæ fluvius Arsia; e nel cap. .. Cæterum per ora, Oppida a Nesatio, Alvona, Flanona, Tarsatica: Tolomeo pure 1. 3 c. I Parentium, Pola, Nesactium, finis Italiæ.

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Da questi passi apparisce che Nesazio era situato al mare, non lungi dal fiume Arsa, tra Pola ed Albona, e secondo Tolomeo nel fine d'Italia, perciò verso il canale marittimo dell' Arsa; e che, per sentimento di Livio, come abbiamo accennato, fosse circuito dalle acque di un fiume.

Malamente perciò congetturarono il Manzioli (p. 13), ed il Vergerio, che situato fosse presso Capodistria sopra il monte Sermino, ed al fiume Risano, e male pensarono pure altri scrittori con Mr. Tommasini, ponendolo presso Cittanuova ed il fiume Quieto. Pietro Coppo lo volle alla punta Cisana, ove dice che per due miglia nel mare scopronsi vestigia di grandi edifizj, ma colà non poteva esservi Nesazio, mentre alla punta Cisana non v' ha fiume di sorte, come non ve n'è alcuno alla punta di Promontore, ove l'ab. Giuseppe Berini dice di essere stato opportuno luogo per Nesazio, giusta il significato

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