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Non meno importante è il trattato del 27 aprile 1279 stipulato con Firenze, che attesta il crescere delle relazioni commerciali tra le due repubbliche e lo sviluppo preso dal nostro istituto in favore del commercio (1). Secondo i trattati precedenti, tanto per i reati di persona, quanto per quelli di cosa, la richiesta è fatta dal Doge al podestà del Comune, o viceversa; nel trattato con Firenze è fatta una distinzione tra le due specie di reati, per ognuno dei quali è una diversa procedura. Un debitore, che da Venezia si ripari in Firenze, può quivi essere arrestato non solo a richiesta del Doge, ma della persona danneggiata, che abbia una sentenza contro il suo debitore riparatosi in Firenze. Arrestato il reo, il Comune deve sequestrare gli oggetti di cui lo troverà in possesso, restituirà alla persona lesa, che ha promosso l'azione, ciò che le appartiene, e custodirà il resto a disposizione di altri creditori. Che se dopo tutto ciò sarà chiesta l'estradizione, questa sarà concessa, previo consenso però da parte del Doge. Per analogia con ciò che abbiamo notato nel trattato trivigiano possiamo credere, che nel caso suddetto l'estradizione fosse concessa, allorquando gli oggetti sequestrati al debitore non avessero indennizzato tutti i creditori. Le norme procedurali per l'estradizione dell'omicida sono diverse: la richiesta deve esser fatta dal magistrato supremo della Repubblica e la consegna deve esser fatta agli ufficiali dell'altra Repubblica ai confini del suo territorio.

(1) ARCHIVIO Cit., Pactum Ferrarie, c. 77. Questo trattato si trova anche nella raccolta dei Capitoli dell'Archivio di Stato di Firenze, to. XLIV, c. 2); esso fu stipulato non solo tra Venezia e Firenze, ma tra Firenze e Genova il 9 aprile 1279 e tra Firenze e le città di Toscana, di Lombardia e della Marca trivigiana nello stesso torno di tempo. L'ARIAS lo pubblicò in appendice alla pregevole sua opera sui Trattati commerciali della Repubblica fiorentina, p. 400. Erra bensì l'Arias affermando che questo è l'unico esempio per questi tempi di una lega commerciale fra più città. p. 100. Venezia offre esempi analoghi e ben più antichi.

Si noti quanta parte delle norme procedurali si riferisce ai debitori fuggitivi; il che è prova della cura posta dalle due Repubbliche commerciali ad evitare i danni dei fallimenti fraudolenti. I trattati di estradizione apparivano sempre più mezzi efficaci per evitare parte di quei danni. E che così realmente fosse, dimostra la seguente deliberazione del maggior Consiglio in data del 14 gennaio 1290: « Tractetur et ordinetur per no<< strum Comune cum Comune Padue, Vincentie, Fer«rarie, Mantue, Verone, Tarvisii et Cremone, quod si

quis de cetero fugerit pro debitis de Veneciis vel de << aliqua istarum civitatum; que terra ad quam fugerit << teneatur dare ipsum illi Comuni unde fugerit, postquam << inde fuerit requisitum » (1).

Se si guarda la zona di territorio che occupano le città suddette, chiaro si vede, come tutte le vie di terraferma fossero chiuse al colpevole fuggito da Venezia. Ed è anche notevole che nella deliberazione del Consiglio maggiore, per quanto tramandataci in un breve appunto del cancelliere, i reati per cui si chiede l'estradizione sono quelli « pro debitis ». Non che con questo, credo, fossero esclusi gli altri delitti, ma questi reati alle sostanze dovettero più che altri fermare l'attenzione dei consiglieri e del cancelliere, quelli nel proporre, e questo nel riassumere la deliberazione suddetta.

Un trattato con Verona del 1306 sempre più chiaramente dimostra il carattere commerciale dell'istituto (2). L'estradizione non è soltanto concessa per il suddito del Doge, ma per chiunque «sive habitator Venexie, sive << mercator undecumque sit (qui) fecerit aliquod debitum <«<et de Venetiis aufugerit, et fuerit inventus in Verona

(1) ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA, Atti del Maggior Consiglio, serie II, Zanetta, c. 69.

(2) ARCHIVIO cit., Pacta, III, 15.

<< vel in districtu ». Questo stesso vediamo riconfermato qualche anno più tardi in un trattato con Milano, nel quale anzi è stabilito, che se un ladro o un debitore. fuggito da una delle due città contraenti, riparatosi nell'altra, avesse quivi ottenuto la cittadinanza, avrebbe dovuto, ciò nonostante, essere estradato (1).

In quanto al termine di tempo in cui l'estradizione doveva essere eseguita, non vi sono sempre norme precise; nel trattato con Treviso del 1314 il termine è di tre giorni (2). Il tempo, del resto, dipendeva in gran parte dalla maggiore o minore difficoltà dell'arresto del fuggitivo e dalla lontananza tra le due città.

Non sarà infine inopportuno riportare in nota una delle lettere dogali, con cui si richiedeva l'estradizione di un reo (3).

Con i primi anni del '300 arresto le mie ricerche: da questo tempo in poi ricca sarebbe la mêsse da raccogliere, ma non così originale; era infatti allora cessato quel contrasto tra giuristi, avversarî all'estradizione per gelosa osservanza della tradizione romana, e governanti di repubbliche commerciali, che nel nuovo istituto trovavano un mezzo efficace contro il principio medievale, divenuto oramai dannoso, delle immunità. Cessato quel contrasto tra la teoria e la pratica, un altro fatto poli

(1) ARCHIVIO Cit., Liber blancus, c. 164 (30 agosto 1322). (2) ARCHIVIO cit., Pacta, III, c. 91 (25 marzo 1314).

(3) Potestati Tarvisii. Cum Bernardinus, nepos Gastaldionis nostri, << malo spiritu inspiratus, aufugerit cum non modica pecunia Gastaldionis < nostri predicti, et dicatur esse in terra vestra de Mestre, amicitiam ve« stram rogamus attencione qua possumus ampliore, quatenus ipsum Ber<nardinum velitis facere personaliter detineri, et bona que apud eum sunt <facere sequestrari, et ipsum et ea destinari nobis secure per vestrum ◄ districtum usque in aquas salsas etc. ». ARCHIVIO cit., Lettere di Collegio, c. 85 (20 maggio 1309).

tico rende più agevole lo sviluppo dell'istituto: la formazione delle grandi signorie regionali dal XIV al XV secolo. Come questo fenomeno ebbe la sua influenza sul decadimento di alcuni istituti medievali che avevano attinenza con il commercio (1); così esso rese più efficace l'estradizione, giacchè il campo si era allargato, molte barriere tra Comune e Comune erano cadute, la guerra che piccola e frequente aveva turbato l'andamento dei traffici si era fatta bensì più sanguinosa, ma più rara; i rapporti tra Stato e Stato avevano assunto importanza maggiore. Non è del nostro argomento spingerci su questo campo, che oltrepasserebbe i limiti cronologici e i modesti termini che ci siamo imposti; qui giova riepilogare ciò che abbiamo notato per il periodo delle origini dell'estradizione.

L'istituto non deve, come si è creduto, la sua origine e i suoi primi passi al desiderio di perseguitare rei politici, o alla concezione filosofica del delitto come offesa all'umanità, ma deriva soprattutto dal desiderio di sicurezza di traffici e dal bisogno di sopprimere quelle immunità del diritto medievale che erano dannose al commercio. Errano perciò, a mio parere, i moderni scrittori che, come il Castori, osservano: « che le prime estra<«<dizioni furono ispirate più da ragioni politiche che da << un sentimento di giustizia, e che riguardo ai malfattori << comuni, gli Stati cominciarono dapprima a pattuire, che << non avrebbero offerto rifugio, più tardi li consegna« rono » (1). La rassegna già fatta ci mostra perfettamente il contrario: di rei politici non si fa cenno, che in pochissimi trattati, i quali non sono poi dei più antichi; chè anzi, tanto nel patto di Ottone III del 992, quanto

(1) Su questo argomento scrisse poche ma splendide pagine G. ROMANO, La guerra tra Visconti e la Chiesa (1360-1376). Pavia, 1903, pp. 13 e segg. (2) Op. cit., p. 256.

nel trattato con Treviso del 1276 per i rei politici non è concessa l'estradizione, ma l'espulsione.

Un'ultima domanda sarebbe lecita: Sieno pure le speciali condizioni politiche ed economiche del Medio Evo italiano quelle che determinarono il sorgere di questo istituto, si può attribuirne il merito a Venezia? Il periodo delle origini è sempre incerto, onde solo come ipotesi probabile può essere accolta quella che ne assegni le origini al trattato tra Venezia e il re Liutprando. È certo però che a Venezia spetta il merito di aver dato sviluppo a questo istituto, unendosi per esso con sorellevole vincolo nel campo giuridico-commerciale alle altre città d'Italia.

Firenze.

NICCOLÒ RODOLICO.

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