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Sull' origine della fiera di Senigallia

La tradizione, accolta unanimemente da quanti, o per incarico o per libera elezione, ebbero a occuparsi della fiera di Senigallia, fa risalire l'origine di questa importantissima istituzione all'ultimo anno del secolo XII. Nell'anno 1200, si novella, il conte della città, Sergio, trasse in isposa la figlia del principe di Marsiglia. Tra i doni nuziali presentati dal padre alla sposa, ci fu, preziosissimo fra i preziosi, <<< una coscia e un braccio » di S. Maria Maddalena, « insieme con le reliquie di S. Lazzaro suo fratello ». Perchè siffatte reliquie avessero degno ricetto e non fossero sottratte alla pubblica venerazione, la novella sposa, quanto devota altrettanto liberale, fece erigere, appena giunta nella sua nuova dimora, una chiesa intitolata alla Maddalena. E per la consacrazione della chiesa fece bandire « anco in luoghi lontani » una gran festa. Alla festa accorsero d'ogni parte in folla devoti, curiosi, trafficanti, gaudenti; tanto che (la leggenda non dice se la principessa-contessa o la città) fu incoraggiata e indotta a voler la replica della festa e l'anno successivo e i seguenti: donde, nel volger di breve tempo, l'istituzione spontanea e permanente della famosissima fiera.

Non rafforziamo le lenti della non difficile critica, nè sottoponiamo al cimento della prova gli elementi della tradizione. Trascuriamo pure di rilevare, sia la stranezza del caso che proprio in un anno secolare cada il fatto e che il conte Sergio da Senigallia sia andato a pescare la moglie proprio a Marsiglia, sia la grave difficoltà che nel breve giro di sei

mesi (1) si possa da Senigallia andare a Marsiglia, trattenervisi per le inevitabili feste degli sponsali, tornare a Senigallia, far costruire dalle fondamenta una chiesa, e dopo ciò aver tempo ancora di far bandire « anco in luoghi lontani » la festa per la consacrazione della nuova chiesa. Trascuriamo queste minuzie e veniamo alla osservazione capitale. Il titolo di «< conte » non è chi non vegga e intenda sia qui il titolo del signore feudale della città. Orbene, nella penuria estrema di documenti, che a tutt'oggi abbiamo sulla storia di Senigallia innanzi al secolo XV, ci troviamo però, per questo famoso anno 1200, nella condizione privilegiata di possederne uno veramente autorevole. E da questo documento sappiamo che nell'anno di grazia 1200 signore di Senigallia era un «< conte» sì, ma un conte Gottiboldo (2), cui poco dopo i bravi Senigalliesi, stanchi delle sue prepotenze, diedero, coll'aiuto di città sorelle, il benservito (3). Onde il buon Sergio colla sua devota e liberale sposa è da relegarsi senz'altro nei campi fioriti della leggenda, compagno all' altro suo omonimo predecessore, che tre secoli innanzi, florido sposo d'una Margherita bizantina, copertosi di schifosa lebbra, fu guidato per mare al luogo ignoto di sua guarigione da un angelo invisibile: se mai, ci suggerisce l'ipercritico, non sia da impersonarsi addirittura collo stesso.

Il nucleo di verità contenuto in questa leggenda è così povera cosa da parer fin volgare a dirsi: che la fiera di Senigallia cioè germinò dalla festa della Maddalena, la quale presso di noi, fin dove almeno nel tempo ci è possibile risalire, ebbe di buon'ora un culto speciale e particolarmente solenne, e da essa poi, relativamente tardi, si staccò, so

(1) La festa della Maddalena, e quindi l'anniversario della consacrazione, secondo la leggenda, cade il 22 luglio, e nel computo dei sei mesi mettiamo anche i mesi d'inverno di quell'anno famoso 1200, durante i quali, se allora fosse possibile viaggiar per mare, vegga e giudichi altri. (2) G. Cecconi, Carte diplomat. Osimane, in « Collez. di docum. stor.... d. città e terre Marchigiane », vol. IV, p. 114. SIENA, Storia d. città di Sinig., Senig., 1746, Appendice I.

(3) G. Cecconi, Sinigaglia liberata dall'oppressione del conte Gottiboldo Leopardi, Fermo, 1897.

vrapponendosele in modo da lasciarla completamente nell'ombra (1).

Una data, che per la storia della fiera parve confortata da serie garanzie e fu sinora accettata senza discussione, è quella del 1464. In quest'anno Senigallia, che nel precedente 1463 era stata dalle milizie ecclesiastiche sottratta a Sigismondo Malatesta (2) e concessa in signoria al nipote di Pio II, Antonio Piccolomini duca d'Amalfi, si disfece

(1) Noto, quale curiosità erudita, che la leggenda, la quale naturalmente s'è dovuta formare per processo spontaneo popolare, allorchè la fiera era salita ad importanza vitale per la città, è d'origine tutt'altro che antica. Non ne ho trovato traccia sino al sec. XVIII. L'anonimo scrittore della Cronaca di Senigallia trovata in casa Passeri e trascritta nel 1534 dal not. Giov. Franc. Andreani (sotto il titolo Memorie varie esiste, e dev'essere la copia dell'Andreani, nella Vaticana, fondo Urbin, n. 992; altra copia di mano del sec. XVIII, infedele nella trascrizione e limitata al periodo dal 1450 al 1486, col titolo Memorie d. città di Senigaglia, è nell'Arch. com. di Senig., Memorie diverse, S. II, vol. VI, n. 38), il quale dové scrivere tra il declinare del XV e il sorger del XVI, non ne fa menzione di sorta. Un secondo cronista cittadino, Giov. Franc. Albertini (estratti dalla sua Istoria nel cit. vol. VI, Memorie diverse, n. 41, dell'Arch. com. di Senig.), che scrive verso il 1581, enumerando le chiese della città, a proposito di quella della Maddalena, dà solo la notizia che nel giorno dedicato alla santa si celebra la fiera per « otto giorni di esenzione ». Il Ridolfi (Historiarum libri duo, volgarmente: Cronache di Mons. Ridolfi, mss. nell'Arch. e nella Bib. com. di Senig.), che fu vescovo di Senigallia dal 1591 e il cui lavoro porta la data del 1596, accenna solo al fatto (cap. 86) che la figlia del principe di Marsiglia, moglie del conte di Senigallia, nell'edicola di S. Giorgio esistente nella chiesa della Maddalena presso l'altar maggiore « venerandas B. Marie Magdalene << reliquias et Lazzari eius fratris, quas a patre summis precibus obti<< nuerat decenter et honorifice collocavit in capsula cum scriptura de << reliquiis fidem faciente». Ma nè fa il nome del conte, nè, quel che più monta, accenna menomamente che dal fatto traesse origine la fiera. Il primo, nel quale troviamo formata la leggenda, è l'avvocato Giov. Paolo Monti, che nella sua diligentissima e documentata Memoria defensionale sulla fiera, presentata alla Consulta il 1736, e molto migliore di quante altre io conosca (ms. nell'Arch. com. di Senig., Libri di fiera, vol. VII) la riferisce però con circospezione, nè fa nemmen lui il nome del conte e infine colloca il fatto in un periodo ben lato di tempo, nel sec. XIV. Da lui han preso l'aire gli altri posteriori e l'hanno confezionata con tutti particolari riferiti di sopra.

(2) Vatic.-Urbin., n. 992; SIENA, op. cit., p. 147.

ARCH. STOR. Ir., 5." Serie.

XXXVIII.

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con una insurrezione del nuovo signore e chiese di tornare sotto il reggimento ecclesiastico (1). Da Paolo II pare fosse incaricato di trattar l'annessione Giacomo Vannucci, vescovo di Perugia e governatore della Romagna e di Fano. Tra lui e i cittadini fu stipulata una convenzione. Tale convenzione si troverebbe nei capitoli, che si contengono a carte 1 e segg. del volume << Privilegi e Chirografi diversi » dell'Archivio comunale di Senigallia, e che furono pubblicati per intero dal Siena nell'Appendice n. VI della sua storia (p. 344).

«

In questi capitoli, 14 di numero, la città chiede e il rappresentante pontificio concede: (I) soggezione immediata della città al governo della santa sede; (II e III) piena autonomia amministrativa; (IV) tribunale di prima e di seconda istanza per le cause civili e penali « ac etiam spirituale »; (V) conferma degli Statuti; (VI) reintegrazione degli antichi confini; (VII) revoca degli atti di vendita o donazione compiuti a favore di forastieri (2); (VIII e IX) assegnazione alla Comunità dei proventi da dazî, gabelle e multe ; (X) libertà di esportazione pei prodotti della terra; (XI) esenzione dal salario pel castellano; (XII) concessione esclusiva della rivendita del sale; (XIII) soggezione amministrativa delle terre e castelli del territorio. Infine l'ultimo capitolo (XIV) in tutte le numerose trascrizioni e in tutte le stampe suona così:

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<<< Item se adimanda secondo le nostre consuetudine in <<< questa nostra Cità octo dì nante et octo di de poi la festa <«< de sancta Maria Magdalena solemo fare la fiera salva et sigura in dicta Cità et possa venire de omne rasone de << mercantia senza pagamento alchuno datio et gabella et « omne homo possa star salvo et siguro per debito et per << omne malefitio excepto non fusse ribello de la S. R. ec<<< clesia et de nostra Comunità. Placet excepta vel ribel<<< lionem vel homicidium. Ja(cobus) episcopus perusinus gu<< bernator ».

-

(1) Vatic.-Urbin., n. 992; SIENA, op. cit., p. 150.

(2) Credo di dovere interpretar così questo capitolo, che nella sua forma sintattica è privo di senso.

Chiunque conosca appena appena qualche cosa delle condizioni di Senigallia in quel XV e nel precedente XIV secolo, anche soltanto sulla scorta dello scarnito Siena, non può non restare meravigliato al miracolo nuovo. Nel 1464 già entrata nelle consuetudini della città la fiera franca, di ben diciassette giorni di durata, quale non ebbe se non nel periodo del massimo suo fiore! È mai possibile? E allora la nota desolazione di Senigallia nei detti secoli, attestataci come indirettamente da Dante (1) e dal Boccaccio (2) e dai loro commentatori (3), così direttamente dai pochi scrittori di cose cittadine (4), e confermataci infine da documenti di cui non si può dubitare? (5). Giacchè, se una cosa è certa in questo periodo oscuro della vita di Senigallia, è che essa sia stata comunque e quando che sia rovinata inizia una nuova vita alla metà del XV. Sguarnita di mura, ridotta a poche case raggruppate intorno al vescovato, desolata dal flagello della malaria, se non anche da quello dei briganti annidati, come ci dicono con tono pauroso i cronisti, negli interminabili boschi all' intorno, priva del porto, Senigallia poteva al più vantare innanzi a quel tempo le dimensioni d'un modesto villaggio. Il giorno della Pentecoste del 1450, secondo la Cronaca senigalliese, che per brevità, in vista della sua provenienza, chiameremo Cronaca Passeri; il 4 maggio o il 3 giugno del 1448, rispettivamente secondo il Ridolfi e l'Albertini, Sigismondo Malatesta, considerata l'opportunità del luogo, che possedeva come vicario della santa sede, al confine del suo Stato, avrebbe offerto con pubblico bando, nuovo Romolo fondatore di Roma, terre e libertà a chiunque vi fosse andato ad abitare, e vi iniziò (e questo è certo) nuove fortificazioni e costruzioni,

(1) Parad., XVI, 73.

(2) Decam., giorn. VIII, nov. IV.

(3) Comedia.... con la dotta e leggiadra spositione di C. LANDINO. in Vinegia, 1536; comm. al luogo cit.; BENVENUTO RAMBALDI.... Commento.... volt. in ital. da G. Tamburini, Imola, 1856, vol. III, p. 303.

(4) Vatic.-Urbin., 992, fol. 19; TONDINI, Mem. d. vita di Franceschini Marchetti ecc., Faenza, 1795, pp. 14 e sgg.; SIENA, op. cit., p. 156. (5) A. ZONGHI, Repertorio d. ant. Arch. com. di Fano, Fano, 1888,

p. 158.

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