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Bisognerebbe altresì che valenti restauratori di codici e di carte, nutriti di speciali e serie cognizioni scientifiche, come per es. il Guareschi (1), il Giacosa e il Marè, fossero dal Governo inviati là dove più urge di provvedere. E chi sa che la loro opera non fosse più utile della funzione ispettiva!

Ma purtroppo io so che questi desiderî e questi voti non avranno, per ora almeno, esaudimento. Come si possono avere certe pretese in Italia, dove Archivî di rinomanza europea e di una vastità che suscita la meraviglia in ogni visitatore, Archivî con venticinque e trenta impiegati, fruiscono di una dotazione annua di appena duemila lire, con le quali devono provvedere agli oggetti di cancelleria, all'acquisto dei libri per la biblioteca, al riscaldamento nell'inverno, e ai continui restauri del materiale?

Il Governo dovrebbe pensare agli Archivî con maggior serietà, e dovrebbe meglio comprendere qual è il suo dovere, non solo dinanzi agli italiani, ma a tutto il mondo civile: e prima di tutto dovrebbe destinare agli Archivî una speciale Divisione del Ministero. Sia questo il primo indizio che il Governo darà del suo interessamento verso i gloriosi Istituti.

Firenze.

FRANCESCO BALDASSERONI.

(1) Del prof. I. GUARESCHI mi piace ricordare, tra gli altri suoi recenti, il lavoro che tratta Della pergamena, con osservazioni ed esperienze sul ricupero e sul restauro de' codici danneggiati negli incendi, Torino, Unione tip. edit., 1905.

Aneddoti e Varietà

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Note berengariane.

I.

Berengario I sorprese Verona, probabilmente,
la notte dall'1 al 2 agosto 905.

Lodovico, re di Provenza dall'anno 888, re d'Italia dall' ottobre 900, ed imperatore romano dal febbraio 901, discese, com'è noto, nella nostra penisola per la seconda volta durante l'anno 905 e s'avanzò fino a Verona, che tolse.a Berengario I. Questi scelse allora come asilo le regioni nordiche dell'Italia, se, cosa improbabile, non ricercò ospitalità nella Baviera meridionale (1). Pochi giorni trascorsero, forse neppure quindici, ed il re fuggiasco, coll'aiuto di vassalli devoti, che in parte lo seguivano nell'esilio, in parte vivevano ancora entro le mura di Verona, riebbe la città perduta, mentre l'imprudente sovrano provenzale, reso cieco, faceva misero ritorno nella patria sua (2). Quando ebbero luogo la ripresa di Verona e la susseguente tragedia? Liutprando, il quale narra diffusamente l'accaduto e contro il monarca prigioniero mette in bocca a Berengario l'invettiva ciceroniana della prima catilinaria (3), non offre date; ma Reginone, che era contemporaneo

(1) REGINONE (Chronicon, in Mon. Germ, historica, Scriptores, I, Hannover, 1826, p. 610), fa ritirare Berengario in Baviera. Giustamente il KOEPKE (De vita et scriptis Liutprandi episcopi Cremonensis, commentatio historica, Berolini, 1842, p. 86) respinge la possibilità di un soggiorno del re Berengario in Baviera, dato il breve intervallo di tempo frapposto tra la perdita ed il ricupero di Verona.

(2) REGINONE, pp. 610-11. LIUTPRANDO, Antapodosis, libro II, cap. 39-41 (nell'ed. in usum scholarum, Hannover, Hahn, 1877, pp. 35–41). Gesta Berengarii imperatoris (ed. v. WINTERFELD), in Mon. Germ, hist. Poëtarum latinorum medii aevi IV, par. 1a (Berlino, Weidmann, 1895), pp. 396-97, vv. 35-69.

(3) LIUTPRANDO, libro II, cap. 41 (ed. cit. p. 43).

agli avvenimenti, attribuì il fatto all'agosto 905 (1), e così fece l'autore del catalogo nonantolano dei re longobardi ed italiani, il quale affermò essere Lodovico entrato a Verona solo il giorno 21 luglio, e considerò la tragedia come avvenuta nel mese di agosto (2). All'incontro Galvano Fiamma, cronista d'età molto tarda, attribuì là sorpresa di Verona, coi fatti annessi, al 21 luglio (3). Gli studiosi moderni di questo periodo storico, nel dubbio fra le due date, prescelsero quella del Fiamma (4), quella cioè dell'autore più degli altri lontano dall'avvenimento, e l'autorità storica del quale, anche per tempi a lui vicini, è talora molto discutibile (5). Questo anormale procedimento critico trova la sua spiegazione nel raffronto tra il contenuto di un diploma del re Berengario da Peschiera, 2 agosto 905, nel quale viene fatta donazione dei beni di un prete Giovanni, detto Braccacurta, ribelle al sovrano italico e

(1) REGINONE, p. 611: «

regni facta est ».

......

et in mense Augusto haec mutatio

(2) WAITZ, Scriptores rerum langobardicarum et italicarum, in Mon. Germ. hist. (Hannover, Hahn, 1878), p. 503.

(3) GALVANO FIAMMA, Manipolus florum, in MURATORI, Rerum italicarum scriptores, XI, 604.

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(4) Primo il MURATORI, Annali d'Italia dal principio dell'êra volgare sino all'anno 1500, tomo V (Milano, 1744), p. 256. Il DÜMMLER, che dapprima (Gesta Berengarii imperatoris, Halle, Weisenhaus, 1871, pp. 37-38) aveva approvato la data 21 luglio, con leggiera esitazione, in seguito (Geschichte des ostfränkischen Reiches, vol. III, Lipsia, Duncker und Humblot, 1888, in Jahrbücher der deutschen Geschichte, p. 537), attenendosi alla testimonianza di Reginone, ritenne la sorpresa avvenuta solo nell'agosto. Il POUPARDIN all'incontro (Le royaume de Provence sous les Carolingiens, Paris, Bouillon, 1901, pp. 186-88, in Bibl. de l'école des hautes études, n. 131) preferi la data 21 luglio.

(5) Sull'attendibilità scarsa del Fiamma per i tempi da lui remoti v. LORENZ, Deutschlands Geschichtsquellen im Mittelalter seit der Mitte des dreizehnten Jahrhunderts, vol. II, Berlin, Hertz, 1877, p. 279, e accenni in FERRAI, Le cronache di Galvano Fiamma e le fonti della Galvagnana, in Bullettino dell'Istituto storico italiano, n. 10 (Roma, 1891), p. 97, e specialmente in NOVATI, De magnalibus Urbis Mediolani Bonvicini de Rippa, in Bull. cit. n. 20 (Roma, 1898), Introduzione. Vedi anche SAVIO, La Cronaca di Filippo da Castel Seprio e Ancora la cronaca di Filippo da Castel Seprio, Torino, Clausen, 1906 (estr. dagli Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, XLI).

perciò giustiziato (1), e la narrazione del Panegirista di Berengario, che informa essere il Braccacurta stato ucciso subito dopo la sorpresa di Verona (2). Se il 2 agosto 905 a Peschiera Berengario faceva dono dei beni dell'ucciso Braccacurta, pensarono in ispecie il Muratori ed il Poupardin (3), ciò vuol dire che Verona era già presa; e poichè il Fiamma, il quale ebbe talora a mano fonti autorevoli, rimaste a noi inaccessibili, assegnò l'avvenimento al 21 luglio, questa data non solo è verosimile, ma probabilmente esatta, e si concilia anche con una nuova assenza di Berengario da Verona nei primi di agosto.

Ora un esame attento delle fonti e dei diplomi di Berengario nel 905 mi ha convinto che gli argomenti addotti a favore della data 21 luglio sono errati e che la ripresa di Verona va assegnata senza esitazione al mese di agosto, e più probabilmente alla notte dall'1 al 2. I critici rivolsero infatti la loro attenzione specialmente al diploma del 2 agosto 905 da Peschiera, perchè ivi è parola del Braccacurta, ma non tennero in debito conto i precedenti diplomi del 31 luglio e del primo agosto da Torri del Benaco, a settentrione e lontano da Peschiera una ventina di km., sulla sponda orientale del lago di Garda. E poichè il primo agosto Berengario faceva stendere da Torri ben cinque diplomi di donazione a privati ed a monasteri, e tutti per beni del comitato veronese (4), mentre il giorno dopo già si trovava a Peschiera, dopo

(1) SCHIAPARELLI, I diplomi di Berengario I (in Fonti per la Storia d'Italia ed. dall'Istituto storico italiano, Diplomi sec. IX-X), Roma, tip. del Senato, 1903, p. 170, n. 62. II MURATORI, Antiquitates italicae medii aevi, III (Milano, 1740), col. 763, pubblicò il diploma come del 3 agosto (« III Nonas Augusti ») ed il PoUPARDIN, op. cit., pp. 186-87, come quelli che lo precedettero, accettò tale datazione inesatta. Per essa Berengario avrebbe avuto due giorni di tempo da Torri per giungere a Peschiera; non vi si riscontrerebbe quindi la fretta, che invece occorre ammettere, quando si accetta la presenza del re italiano in quella città fin dal giorno 2.

(2) Gesta Berengarii Imperatoris, p. 397, vv. 66-69.

(3) Opere cit. e loc cit. Si avverta, come già ho detto, che per i suddetti autori il diploma sul Braccacurta è del 3 agosto.

(4) SCHIAPARELLI, pp. 160-69, nn. 57-61. Dono ad Ando, diacono della chiesa di Verona, d'una terra con prato in Valpolicella, al chierico Giovanni di tre ariali sul fiume Adige, al prete Odelberto d'un massariolo nel comitato di Verona, al monastero di S. María in Gazo del teloneo,

viaggio frettoloso, compiuto probabilmente nelle ore notturne, io penso che al re italiano urgesse accorrere verso la città avita, rapitagli qualche tempo innanzi dal monarca provenzale. La donazione dei beni del Braccacurta non implica di necessità che la sorpresa di Verona sia avvenuta alcuni giorni prima e che alla sorpresa siasi trovato presente Berengario I. Anzi! Il Panegirico di Berengario, fonte preziosa in tale argomento, lascia pensare che Berengario non abbia assistito alla sorpresa e che sia entrato nella città solo quando i suoi fedeli ebbero occupato la terra, abbacinato Lodovico ed ucciso il Braccacurta. Narra infatti l'ignoto poeta che, dopo l'ingresso di Lodovico a Verona, i fedeli del re italiano, prese le armi, consigliarono l'acciecamento di Lodovico, ma che Berengario, rammentando la consanguineità col monarca provenzale, vietò si toccasse la persona di lui.

I fedeli tuttavia non rispettarono la volontà del sovrano e, presa la terra, acciecarono Lodovico, uccisero il Braccacurta.

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Hoc satis. Hi contra celeres cum murmure gressus
Intendunt, rabidas acuentes pectoris iras,

Nil moti dictis: potius fera murmura rodunt,
Non se posse malum pósthac dimittere inultum.
Talibus ad veniunt urbem muroque propinquant.
Ilicet admissi penetrant miserabile templum,
Quo Ludovicus erat, subito rapiuntque ligantque
Et pulcros adimunt oculos. Securus in aula
Forte sedebat enim; idcirco pia munera lucis
Perdidit, obsessus tenebris quoque solis in ortu.
Tu ponens etiam curtum femorale, Iohannes,
Alta tenes turris, si forte resumere vitam

Sit potis; hinc traheris tamen ad discrimina mortis

Et miser in patria nudus truncaris harena (1).

del ripatico e della palafittura, e ad Odelberto ancora di alcuni massarioli nei luoghi di Sortiago, « Vico Mortuorum » ecc. Del diploma riguardante il chierico Giovanni ha discorso il CIPOLLA dando notizia del sigillo ora scomparso dall'originale (CIPOLLA, Per un diploma di Berengario I, Verona, Franchini, 1904. Nozze Schiaparelli-Vitelli). Giovanni divenne poi cancelliere di Berengario tra il 908 ed il 5 ottobre 922 (CIPOLLA, Attorno a Giovanni cancelliere di Berengario I, in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, Classe di scienze morali, storiche e filologiche, serie V, XIV (1905), pp. 191 segg.).

(1) Gesta Berengarii Imp., p. 397.

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