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conciliabili e perchè ne appare ben distinta anche nei constituti fino nel nome, che è, bisogna dirlo, molto simile a quello di commenda.

Dopo un fugace accenno alle singole operazioni bancarie, alle funzioni dei fattori (persone ausiliarie dei commercianti), alla moneta legale nei pagamenti ed alla lettera di vettura, con cui si chiude il quarto capitolo, vien trattata nel quinto la materia del fallimento, la procedura del quale l'A. esamina nelle varie sue parti con grande esattezza, mettendo in luce tutte le norme preziose nei due constituti.

Il lavoro del prof. Arcangeli, pur essendo incompleto in quelle parti ove sarebbe stata necessaria la conoscenza dei materiali inediti, che son così interessanti per lo studio del diritto commerciale del Comune senese, è di una importanza sostanziale, cui si aggiunge come altro pregio lo squisito e raro senso di misura, che l'ispira in ogni punto.

Siena.

QUINTO SENIGAGLIA.

LETO ALESSANDRI, Inventario dell'antica Biblioteca del S. Convento di S. Francesco in Assisi compilato nel 1381. Assisi, Tipogr. Metastasio, 1906.

Di questo celebre Inventario, del quale dette ampie e dotte notizie il P. Ehrle nel primo volume dell' Archiv für Litt. und Kirchengeschichte, ora l'Alessandri dà la lezione completa, con prefazione, note e raffronto ai codici tutt'ora esistenti. Per quanto io possa giudicarne, questa edizione parmi definitiva e ben poco potranno aggiungere gli studiosi alle pazienti e non di rado fortunate ricerche dell'Alessandri, che con tanto amore e saviezza presiede alla Comunale di Assisi. Fin dalla prefazione, nel determinare l'autore dell'Inventario corregge un errore del Mazzatinti, che lo attribuisce a un frate Giovanni Loli o di Lolo, mentre nell' Inventario stesso, in principio, si legge che « fu compilato per ordine di frate Ludovico << ministro generale da frate Giovanni di Jolo di Assisi, allora arma<< rista o bibliotecario del sacro convento ». L'errore del Mazzatinti è forse nato dall'aver letto nel codice 347 e in un libro di entrate e di spese dal 1352 al 1364 il nome di fra Giovanni di Lolo di Assisi, che nel codice 337 è detto custode del Convento di Assisi, e nel libro d'entrate ministro della provincia di S. Francesco.

Prendendo argomento dall'attività dei frati minori, « che non <<< solo si dettero cura di raccogliere libri rari e pregevoli, ma eser

<< citarono anche l'opera di amanuensi », l'Alessandri s'indugia a trattare la questione intorno alla scienza, che fu una delle più dibattute nei primordi dei Minoriti. Secondo il Nostro, si fa torto a S. Francesco giudicandolo « avverso alla scienza, lui che era inna<< morato d'ogni cosa buona, d'ogni cosa bella, d'ogni cosa gentile; lui <«< che non biasimava già la vera scienza, la quale può ottimamente << conciliarsi con la semplicità, coll' umiltà, colla povertà, ma la << scienza vana e tronfia, che è nemica della virtù e si risolve in una « vera e gravissima ignoranza, secondo il detto di Platone » (p. XXXIV).

Le note copiose, che occupano ben cento pagine di carattere fitto e minuto, rendono più pregevole questa pubblicazione e rettificano parecchi errori sfuggiti al catalogo del Mazzatinti, e suppliscono non poche omissioni dello stesso Inventario antico. Citerò per esempio il cod. 684 corrispondente al no CXCVIII dell' inventario della libreria segreta; nella tavoletta di rilegatura si trovano due elenchi dei trattati contenuti nel codice, elenchi concordi nei primi cinque numeri, discordi anzi opposti nel resto. Il primo elenco, di mano del Papini, ha un numero 6 intitolato Epistola magistrorum Capituli Perusini contra Papam de paupertate Christi. Il secondo elenco del Papini medesimo, che avrebbe corretto sè stesso, o del bibliotecario del secolo XVIII Lipsin, ha due numeri: 6, Epistola capituli Perusini de paupertate; 7, Anonimi contra Zelotypos paupertatis. L'Alessandri nota che la littera magistrorum del capitolo perugino tenuto nel 1322 « si limita soltanto a pochi periodi scritti sulla seconda colonna del quaderno VI fol. 64b ». A questa troncatura segue nel VII quaderno, senza alcuna rubrica, la questione « an pro<< fessio evangelice paupertatis possit licite ad talem modum vivendi « riduci, quod amodo vivat de possessionibus a papa vel mundanis << principibus certis procuratoribus commissis, qui vice et autoritate << papae teneant ec. ». Questo trattato, lungi dall'essere contro i Zelanti, come è detto in uno dei due elenchi, appartiene ad uno spirituale, che secondo l'Alessandri sarebbe l'Olivi, per la conformità perfetta con alcuni passi dell'opuscolo del P. Ehrle. Anzi, in un notevole luogo, dove l'Olivi, appoggiandosi a S. Bonaventura, interpreta il famoso numero dell' apocalisse, il codice d'Assisi ha una migliore lezione del codice vaticano, usato dall'Ehrle; poichè, mentre il vaticano ha queste parole inintelligibili: nam primus numerus est sexies quartum, secundus sexies decem, tertic (sic) ussexies (sic) unum, il codice d'Assisi ha la vera lezione: nam primus numerus et sexies centum, secundus sexies decem, tertius sexies unum. Il numero apocalittico poi nel Codice d'Assisi è esattamente 666, non 266, come nel brano riferito nell' Archiv (Inventario, p. 175).

Una notevole scoperta ha poi fatto l'egregio bibliotecario. Il Sabatier aveva già trovato nel quaderno V del celebre cod. 338 (che contiene anche gli opuscoli di S. Francesco, il Cantico del sole e la Vita versificata) un elenco di miracoli, che con felice divinazione conghietturò dovesse essere tratto dalla cosiddetta terza vita del Celano. La conghiettura fu poi confermata dal Van Ortroy, che scoperse e pubblicò tutto il trattato. L'Alessandri ora nel cod. 390 e più ancora nel 666 scoperse altri frammenti, che « devon sembrare << tanto più pregevoli del cod. 338, quantocchè complessivamente << contengono un numero maggiore di miracoli, cioè 38 di fronte a 23 << e possono veramente ritenersi come pagine staccate dall'opera del « Celano, fra le quali si ha la pagina di conclusione » (p. 162). Altre note importanti potrei citare: al cod. 298, dove c'è una epistola Aristotelis ad Alexandrum, che incomincia: Domine N. Hispaniarum Regine Johannes hispaniensis salutem (!!); al cod. 341, contenente una eronaca o Liber memorialis attribuito dall'Ehrle al maestro frate Giovanni Elemosina di Assisi, cronaca che non ha nulla che fare colla cronaca Gualdense; al cod. 227, raccolta di canoni anteriore a quella di Graziano e diversa da tutte le altre finora conosciute, già studiata dall'Ehrle, dal quale in qualche punto dissente l'Alessandri ; al cod. 344, già studiato dal Sabatier e ristudiato ora a novo per rendersi conto dell' inesatta numerazione dei fogli. Ma se dovessi citare le note importanti, avrei da trascrivere quasi tutto il volume: il che è il migliore elogio che si possa fare di un libro.

Firenze.

F. Tocco.

AMY A. BERNARDY, Cesare Borgia e la Repubblica di S. Marino. Firenze, Lumachi, 1905.

Mentre il Valentino s'andava costituendo un forte Stato in Romagna, Venezia, pur mostrandosi amica di lui e del papa, rimaneva vigile custode dei proprî diritti in terraferma, e non era affatto disposta a permettere la protezione di Cesare su alcuna parte del dominio della Serenissima. La repubblica di S. Marino, costretta a subire, per timore di peggio, la supremazia del Borgia, fu la prima volta occupata dalle milizie di lui nel 1502, durante il primo esilio di Guidobaldo da Feltre. Ma dopochè la rocca di S. Leo, fedelissima a Guidobaldo, si fu ribellata a Cesare, l'esempio fu seguito anche dai Sammarinesi, che chiesero aiuto a Venezia, evidentemente ben disposta in favore dei popoli insofferenti del giogo borgiano. V'era peraltro in S. Marino un partito abbastanza forte, che sosteneva

BERNARDY, CESARE BORGIA E LA REPUBBLICA DI S. MARINO 479

l'ambizione di Cesare e che ebbe il sopravvento sui fautori di Guidobaldo. Sicchè nel giugno del 1503, avvenuto il secondo esilio del Feltrese, la repubblica di S. Marino accettò di nuovo la sovranità del Borgia. Ma con la morte di Alessandro VI, la fortuna di Cesare tramontava, e Guidobaldo ritornava in Urbino. Venezia, che lo teneva al suo soldo, gli forni danaro, desiderosa come era di impossessarsi, coll'aiuto di lui, delle terre di Romagna. Urbino chiese allora, ed ottenne la protezione della Serenissima; ed anche le altre città della Romagna erano oramai tutte decise a sottrarsi al dominio di Cesare. S. Marino, alla sua volta, ripristinò i suoi ordinamenti antichi, accettando il protettorato di Guidobaldo; e per maggior disgrazia di Cesare, si manifestava più apertamente la contrarietà verso di lui di Venezia, che già prima, vivente ancora Alessandro, aveva dichiarata illegittima la sua signoria del Montefeltro. A parole essa protestava di volere conservata la supremazia della Chiesa in Romagna; ma in realtà interveniva con le armi per impossessarsi delle città e castella di quella sconvolta regione. Era quasi riuscita appieno nel suo intento, quando la morte di Pio III sconvolse tutti i suoi piani. Guidobaldo, essendo parente di Giulio II, cessò naturalmente d'essere un condottiero della repubblica veneta; e sostenne la politica del nuovo pontefice, tendente a ritogliere ai Veneziani le terre di Romagna, da loro occupate, per riporle sotto il diretto dominio della Chiesa. Come Urbino e altre terre del Feltrese, anche S. Marino e Serravalle furono sottratte alla supremazia della repubblica di S. Marco; e i sammarinesi, sotto la protezione di Guidobaldo e del papa, vissero quindi innanzi sicuri, reggendosi a comune, con l'autonomia di governo che gli antichi ordinamenti lor garantivano.

Ecco, brevemente esposta, la tela di questo lavoro, erudito e nel tempo stesso geniale.

Firenze.

P. SANTINI.

LUDWIG PASTOR, Geschichte der Päpste seit dem Ausgang des Mittelalters. Vierter Band. Gesch d. P. im Zeitalter der Renaissance und der Glaubensspaltung von der Wahl Leos X bis zum Tode Klemens' VII (1513-1534). Erste Abteilung: Leo X. Freiburg im Breisgau, Herdersche Verlagshandlung, 1906 (pp. XVIII-609).

La storia di Leone X, che forma la prima parte del quarto volume nell'opera monumentale cominciata venti anni sono dall'insigne professore di Innsbruck, poggia sul fondamento delle indagini bibliografiche più larghe ed accurate; da questo lato, se non è per

fetta, ci manca ben poco. All'autore, il quale ha avuto il merito di ritornare con tanta paziente diligenza sulle orme di coloro che lo precedettero nello studio della vita e dei tempi del primo papa mediceo, e di esporre cosi lucidamente e minutamente, nel racconto e nelle note, lo stato della questione come l'ha trovata, non pare abbia arriso egualmente la fortuna ricercando il nuovo, l'inedito. In parte ciò dipende dal genere stesso dell'argomento, sempre in voga, oggetto di tante, svariate investigazioni da Paolo Giovio in poi. In parte si deve tener conto sia dell'edacità del tempo, sia dell'incuria o della malizia degli uomini – più specialmente forse della malizia che hanno scavato gravi lacune in archivi e biblioteche. Tale è il caso per varî documenti importantissimi dell'Archivio vaticano sulla congiura del card. Petrucci (p. 127, n. 2), per il processo di Lutero, del quale sembra che nulla sia rimasto nell'Archivio romano dell'Inquisizione (p. 247, n. 1). E convien pure non dimenticare che per la corrispondenza diplomatica dell'età leonina, in buona parte sempre inedita, si aspetta la pubblicazione promessane dal marchese Alessandro Ferraioli (p. 60, n. 1), e per il Concordato francese del 1516, la monografia preparata dal signor Pierre Bourdon (p. 578, n. 1).

Del resto, frutti di ricerche compiute in campi inesplorati sin'ora non mancano nel Leo X del Pastor. Le efemeridi di Paride Grassi, di Cornelio de Fine e di un simpatico anonimo francese (1), le Historiae Senenses di Sigismondo Tizio, la biografia di Francesco Novello, per citar solamente le principali fonti letterarie, sono state messe largamente a profitto. Tra i documenti archivistici sono frequentemente citati i regesti pontificî, gli atti concistoriali ed i carteggi mantovani, molto anche i carteggi fiorentini, assai meno gli estensi. già sfruttati da monsignor Balan, nulla o quasi, direttamente, i veneziani, conosciuti ormai in gran parte mercè la pubblicazione dei Diari del Sanuto. Le collezioni romane hanno fornito una quantità di materiale, utile a studiare i gusti, le abitudini, la vita privata del papa e la sua opera di mecenate; dall'Archivio di Stato provengono infatti il registro di spese di Leonardo Bartolini e quello di Serapica, l'inventario della foreria e quello delle gioie di Leone X ; dall'Archivio Vaticano, i libri Introitus et Exitus; dall'Archivio della Fabbrica di S. Pietro, un libro di ricordi per il 1513. — Felicissima

(1) Fattoci conoscere dal MADELIN mediante una memoria fine e briosa troppo briosa, forse (Le journal d'un habitant français de Rome au XVI siècle (1509-1540), in École française de Rome, Mélanges d'archéologie et d'histoire, XXII, pp. 251 e segg.).

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