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II.

Al Signor R. Papi, Comandante la II Colonna de'Volontari Mobili.

Caro Papi.

15 agosto 1859

Da Genova in poi non si ebbe più contatto fra noi. Vi feci colpa allora, nol nego, dell'aver rinunziato alla fazione appuntatavi, senza venire a comunicare con me. Ma vi so patriota e animoso; e però vi scrivo.

La ristorazione è decisa: le finzioni sono impossibili. La difesa localizzata è un assurdo.

Non v'è che una cosa dalla quale possa escire la salute al paese: allargare il terreno, conquistare una base d'operazione al moto.

Bisogna rompere i confini: riconquistar Perugia: marciare innanzi a rapide marce: penetrar negli Abruzzi con otto o dieci mila uomini. Sono in costante comunicazione colla Sicilia: è pronta ad insorgere simultaneamente.

L'operazione è nell'istinto di tutti: compito il fatto di Perugia tutti si rovesceranno dietro a noi.

Ma questa operazione non verrà mai ordinata dai Governi d'oggi non potete sperarlo da un Cipriani, da un Pepoli. Non può farsi che per pronunciamento militare. Bisogna osare. Perdio! che il nostro partito non sappia trovare un momento di energia? Il grido dovrebbe essere: Unità e Libertà Nazionale.

Io verrei con chi movesse, ma non mi mostrerei che sulla frontiera degli Abruzzi, dove il mio nome può essere utile.

Papi mio, voi siete figlio della Rivoluzione: non tradite la madre, perdio! Siate animoso, osate! Siete repubblicano: non vi rassegnate a subire la morte lenta dei moderati. Vogliatemi bene. Vostro

Giuseppe Mazzini.

III.

Al Signor V. Caldesi, Capo di Stato Maggiore.

Vincenzo mio.

15 agosto 1859

La ristorazione è decisa. Non vi lasciate, perdio, illudere dai governucci che avete. Sarete vittime, e sarà vittima il paese con voi.

Non vi è che una via di salute.

Dar la mossa alle forze che avete; riconquistar Perugia; marciare innanzi rapidamente, e penetrar negli Abruzzi a suscitare. l'insurrezione. La Sicilia è pronta ed insorgerà simultaneamente. Se risuscitiamo il regno, salviamo l'Italia; se è morto davvero, salviamo l'onore.

L'operazione è nell'istinto di tutti; da Garibaldi e dai suoi fino al Governo toscano. Ma da nessun governo verrà mai il cenno. Ci vuole un colpo ardito militare. Osate, avrete tutti con voi.

Se lasciate che la restaurazione s'imponga sarà tardi. Quando francesi saranno in Parma cesserà la metà dell'entusiasmo. Quel che oggi sarebbe offesa, allora sarebbe fuga. E un avversario in mossa continuerebbe ad operarci più facilmente alle spalle. Poi bisogna che l'impresa sia improvvisa.

Tocca agli uomini del 49, a Roselli, a te, a Papi, agli altri compirla.

Qui Mont., Mazzoni sono tutti d'accordo. Se accettate, Mont. verrà subito da voi.

Il grido dovrebbe essere: Libertà, Unità nazionale, non altro. Io preparo la moltitudine degli elementi a seguire.

Addio, Vincenzo; Dio faccia che ci troviamo almeno uniti in questo pensiero.

Tuo sempre
Giuseppe Mazzini.

IV.

Al Signor Niccola Fabrizi.

15 agosto 1859

Niccola mio.

Ti scrissi a Genova, mentre t' inducevano a partire. Non so se t'abbiano mandata la lettera. Ti scrivo ora due linee. Questa continua dissenzione in momenti supremi è una rovina. In nome di Dio, stiamo uniti e intendiamoci. Sia giovandoci delle occupazioni che oggi abbondano, sia raccogliendo in ogni punto una piccola somma per messi di luogo in luogo, è necessario comunicare. L'amico ti darà gl'indirizzi opportuni.

Senti, Niccola, non vi è che un'operazione militare rivoluzionaria, ardita, che possa oggi salvare il paese.

Bisogna allargare le basi. Bisogna non aspettare di essere assaliti, ma prorompere oltre gli attuali confini, riconquistare su

bitamente Perugia, tirare innanzi a rapide marce e precipitarsi con otto o dieci mila uomini negli Abruzzi.

La Sicilia, colla quale siamo in comunicazione regolare, insorgerà. Il regno, posto fra due, probabilmente risponderà. Se lo fa, siamo salvi. Se non la fa, diremo come Kosciuzko: Finì l'Italia, ma avremo salvato l'onore.

Questa operazione è nell'istinto di tutti, di Garibaldi e dei suoi, e perfino di qualche Governo; ma dai Governi il cenno non verrà mai. Bisogna che l'operazione venga da un pronunciamento militare. Popolo, congedati, non congedati, tutti ci seguiranno, perchè l'operazione risponde all'istinto universale. Ho veduto Milano: non ti lasciar ingannare dal silenzio della stampa moderata; l'elemento vi è buonissimo. Lungo tutte le vie il re non ode che il grido: Unità, Venezia. L'organizzazione vi è potente; e avremo una seconda mobilizzazione più potente della prima.

Ma bisogna osare e noi pur troppo ci perdiamo in chiacchiere e diplomazie.

Propongo l'operazione a Roselli e ad altri; la propongo a Ribotti; per ciò che vi è di più sacro, Niccola, appoggiala; giovati della tua influenza su lui, convincilo, trascinalo.

Il grido: Libertà, Unità nazionale. Io, ben inteso, non mi mostrerò che sulla frontiera abruzzese, dove il mio nome può far bene. Se anche là non ve ne sarà bisogno, tanto meglio; cerco non la rappresentanza, ma il fatto.

Se alcuni dei Capi accettano, bene; se no, bisognerà tentare dal basso all'alto. Se i Governi accettano, bene; se no li rovesceremo: qui occorrono uomini come Mazzoni, Franchini ed altri.

Ti parlo naturalmente come a uomo che credo convinto che la restaurazione è decisa, che il Piemonte non può accettare la fusione, e che si tratta o di morire da ragazzi disonorati o di tentare ciò che io suggerisco.

Addio, Niccola; un ultimo sforzo nel paese, e finiamola; ama il tuo Giuseppe.

15 agosto

I napoletani tuoi amici che fanno? Invece di cospirare per iniziativa interamente impossibile dovrebbero raccogliere dai loro amici un po' di denaro e non altro. Importerebbe una piccola cassa, perchè gl'invasori non dovessero fino dai primi due o tre giorni pesare su Comuni poveri.

V.

Al Signor Generale Ignazio Ribotti.

16 agosto

Caro Ribotti.

In voi fido: fido nel vostro onore, nella vostra illimitata devozione al paese, nel vostro passato, nel vostro avvenire. Gli altri hanno una o due di queste qualità, non tutte. Perciò parlo a voi; anche non accettandola so che mi terrete il segreto della proposta.

Suppongo che sappiate a quest'ora che i fati del Centro sono segnati. La pace di Villafranca deve essere eseguita. Se il governo piemontese lo dissimula tuttavia - se incoraggia i decreti di fusione e le votazioni è unicamente perchè da un lato non sa come ritirarsi dalle date promesse, dall'altro gli giova avere un precedente di dedizione per metterlo fuori, come fece di quello di Lombardia, dieci anni dopo occorrendo, quando vi sarà un altro rivolgimento europeo.

La questione sta ora per noi in questo: vogliamo cedere? vogliamo far la parte di fanciulli che pendono dal cenno del despota francese? o vogliamo resistere e salvare l'Italia possibilmente, certo l'onore?

Se vogliamo cedere non ho nulla da dire, se non gemere su noi e sul mutamento d'animo dei migliori.

Se vogliamo resistere, avanzo il come.

Non lo possiamo localizzando la difesa; si può fare una generosa protesta, non altro.

Bisogna allargare il moto e cercargli una base. Questa base non può essere che il regno di Napoli. Bisogna con un pronunciamento generoso portar le forze rapidamente al di là della frontiera delle Legazioni, invadere l'Umbria, dare il segnale di una nuova iniziativa, riconquistare Perugia, e di là portarsi a marce forzate in Abruzzo.

Ho detto pronunciamento, perchè se aspettiamo che i Governi moderati diano il segnale d'operazione siffatta, è meglio deporre il pensiero.

Gli uomini sono nei corpi delle Romagne predisposti alla mossa seguiranno con entusiasmo qualunque li chiami all'azione. Ben inteso, non vi è da far menzione del vero punto obbiettivo;

il grido dovrebbe essere Perugia. Il resto, iniziata la mossa, viene da sè.

I nostri hanno l'intesa; l'hanno in Genova, in Lombardia, per tutto; e poi tutti anelano. Una massa di elementi si precipita sulle nostre orme. Avremo un esercito. Se con otto o nove o dieci mila uomini entriamo negli Abruzzi avremo simultaneamente l'insurrezione della Sicilia; è preparata, pronta. L'insurrezione del regno avrà allora tutta la probabilità. E se riesce, allora potremo parlare da potenza a potenza.

Parola d'ordine al moto sarebbe: Italia, Unità Nazionale; non

altro.

Il mio nome per riguardi politici non apparirebbe se non sulla frontiera degli Abruzzi, dove può riescire utile, misto con altri. E neppur là, se non gioverà. Io seguirei la marcia ignoto.

Vi propongo un partito ardito, degno di voi. Se vi colpisce come dovere, fate che il portatore, intimo mio, lo sappia, tanto che io possa porre in armonia voi con altri che guiderebbero altre forze. Dio v'inspiri. Vogliate bene al vostro invariabile

Giuseppe Mazzini.

16 agosto 1859

So che il generale Garibaldi e quei che lo circondano hanno la stessa idea, che infatti colpisce tutti; ma ciò che io temo è che egli s'illuda di aspettare che i Governi attuali prendano l'iniziativa dell'operazione. Ora chi li conosce sa che questo non avverrà mai. Trasciniamoli, seguiranno; dove no, bisognerà rovesciarli.

VI.

C. A. (1).

Ebbi i vostri biglietti. Voi siete impaziente dell' impossibile. , E la prima virtù nostra oggi è pazienza. La posizione diventa gradatamente migliore: la crisi verrà, nella quale o il centro dovrà cadere, o dovrà farsi l'Italia. Ma non possiamo precipitarla. L'ele

(1) Nel timbro postale è: Lugano, 23 sept. 1859. Nell' indirizzo è: Tip. Aldina, Prato. Forse è diretta a Piero Cironi. Altre lettere, con questo indirizzo, furono inviate da G. Mazzini al Cironi.

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