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P. S. per voi. Strano ma vero; non posso liberarmi da un'idea che vi farà trasalire; ed è che Leon, abbia cagionato l'arresto di Ros. (1) con rivelazione al Gov. Tosc. Fu arrestato a Bol. per disp. telegr. di Fir. che lo diceva positivamente portatore di lettere e stampati miei, tanto che dopo due perquisizioni inutili gli fu fatta la terza fruttifera. Ros. non aveva fiatato nè col Marang. (2) nè con anima viva. Le lettere, tre gli erano state date da me in casa di Leon. la notte; ed ei parti all'alba. Quei che lo interrogarono, udendo da lui che le lettere gli erano state mandate da Londra, sorrisero, e si lasciarono andare a dire a mezza voce che era un punto più vicino e sapevano dove. E mi giran per la testa insistenti altre piccole circostanze che agli ultimi tempi mi rendevano involontariamente freddo con Leon. Quanto a me non significherebbe il mio arresto avrebbe imbrogliato il Gov. e il mio partire era tutto ciò che volevano. Ora la mia partenza derivò in gran parte da insistenze di Leon. Poi, venne l'impiego. È possibile? E secondo voi impossibile? Capite che uno può far velo alla coscienza col dirsi che la politica di Ric. era più savia della mia. Ho creduto bene a ogni modo di esprimervi il mio dubbio.

Non mi sorprende di Dall'Ong. (3). Dei cavalieri della morte che avvenne?

(1) Rosolino Pilo.

(2) Marangone.

(3) Francesco Dall' Ongaro.

ARCH. STOK. IT., 5." Serie. XXXVIII.

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XVIII (1).

24 novembre 1859

C. A.

Ricevo oggi 24 la vostra del 15 nov. Non credo pur troppo avrò bisogno di ciò che mi offrite. Nel modo in cui vanno le cose a che cosa può giovare la presenza dell'amico? Non v'è scintilla di vita nell'animo degli Italiani. Mi duole assai di ciò che ha patito la compagna, e mi duole della posizione. Dite alla compagna che si ricordi di ciò che le ho detto. Fatemi il piacere di dare l'acchiusa a D. Sono scontento di tutti e di tutto. Veder gl'Italiani darsi alla rovina e al disonore cogli occhi bendati, è dolore. Salutate con affetto G. e credetemi sempre vostro amico

Gius.

XIX (2).

24 novembre 1859

Caro amico.

Ho la vostra del 19. Vi scrissi pochi di sono, lagnandomi peggio di prima. Non so se io trascendo e vi accusi di non fare l'impossibile. Ma è troppo triste cosa il vedere un movimento che era nazionale, morire di lenta morte, e nel disonore, senza una sola nobile protesta. Non ho mai sentito dolore uguale in mia vita, dopo il 1848 in Milano. - Poco importa sapere le intenzioni di Garibaldi. Quel nome dover servire a quei che amano l'Italia come di Bandiera per agitare. Garib. ha dato la sua dimissione, perchè dopo avere ottenuto consenso formale dal re di andar oltre, ebbe contr'ordini. Non so se sappiate tutta la vergognosa storia. - Fin dalla fine di ottobre, Garib. aveva avuto consenso

(1) Sulla lettera è scritto: Sig.” Angelo, ed ha un foglio di coperta con l'indirizzo: Sig.re Natale Valdestucchi, Via Borgo la Croce, sotto l'arco del Gasperini, n. 7116. Firenze. Timbro postale: Lugano, 24 nov. 1859.

(2) Era inchiusa con la precedente al sig. Angelo. Fuori è scritto D, (Dolfi).

dal re perchè si rovesciasse, anche con moto popolare, Cipriani, e s'andasse su Perugia e su Napoli. Poi, mentre noi preparavamo il moto popolare in Bologna, Garib. sentì dirsi che era meglio andare per le vie legali e ottenere lo stesso intento colle Assemblee. Fu allora che ebbe luogo ciò che vedeste. Immediatamente dopo la caduta di Cipr. vi fu nuovamente consenso per andar oltre: consenso tanto formale che fu diramato l'avviso non solamente ai corpi, ma agli Umbri e Marchigiani. Furono determinati segnali di fuochi sui monti, nella direzione degli Abruzzi. Fu data la marcia alla Brigata Medici e si stava per muovere, quando a un tratto andò a Torino la lettera di dissenso di Nap. per la Reggenza, e tutto fu cangiato. Fanti ebbe ordine d'impedire. Fu dato da lui ordine di retrocedere alla Brig. Medici; e siccome egli obbediva lentamente, gli fu mandata minaccia che la Brig. sarebbe messa sotto gli ordini di Stefanini. Furono ricusate a Garibaldi armi, cappotti e compagnie di bersaglieri promesse. Fu diramato per circolare ordine agli ufficiali di non obbedire a Garib. se dasse ordini d'inoltrare, e via così. Garib. mandò allora messaggio al Re chiedendogli un si o un no, e riservando libertà di determinazioni proprie. Il Re lo chiamò a Torino. Garib. prima di partire fece accordo coi nostri che o tornerebbe Generalissimo per movere, o se avesse rifiuto, darebbe in Bol. la dimissione motivata, da noi si sommoverebbero popolo e volontari ed egli, chiamato da essi, accetterebbe comando e impresa. Ebbe rifiuto, ma sedotto dal Re, diede dimissione da lontano e non motivata; lasciò correre due giorni o tre prima di scrivere quella lettera nella quale egli fa un immenso elogio del re, lasciò gli animi incerti e tempo a Fanti e gli altri di prendere le loro misure. È questa la storia genuina.

Garib. è debole oltre ogni dire. Ma se il popolo si fosse con dimostrazioni imponenti pronunziato ovunque, invitato, come lo sarebbe dai Volontari che vorrebbero movere, Garib. avrebbe ceduto.

Ora sono convinto che se alcuni patriotti, cogliendo il momento della notizia, avessero ardito gridare, << in piazza, in piazza per Garibaldi! » avrebbero avuto il popolo con sè. Ma nessuno ha tra noi l'ardire e il colpo d'occhio dell'iniziativa.

Così Garib. debolmente dimenticandosi invece di agire, Bixio, Cosenz, Medici, etc. facendo lo stesso invece di agire, la vittoria è completa per L. N. e pei moderati! L'unico elemento che poteva decidere le cose al bene eliminato.

Ora Fanti pensa di licenziare quei che egli chiama ragazzi e eliminare negli esami buonissima cosa per l'avvenire, non per

quei che si sono già battuti — i due terzi degli ufficiali di Garib. L'elemento volontario sarà rovinato. E questo mentre in Tose. si cospira or di nuovo, complice Ricasoli, pel Bonaparte (1). L'obbiezione che le dimostrazioni di piazza trascinerebbero intervento francese, non regge. Prima di tutto, siete condannati a perire: si tratta di morire con disonore da codardi, o tentare di ridestare l'Italia. In secondo luogo avrete l'intervento, anche rimanendovi pacifici, perchè la restaurazione o il bonapartismo son cose decise, e nè l'una nè l'altro possono aver luogo senza intervento. Poi le dimostrazioni possono farsi imponenti, ma ordinate; e se contro manifestazioni sì fatte L. N. intervenisse, provocherebbe quasi dicerto la guerra contro di lui dall'Ingh. e dalla Germania. E finalmente un popolo non deve, ridotto agli ultimi, guardar più in là del dovere.

Oggi gl'Italiani, re e popolo, danno lo spettacolo di esser servi ubbidienti e codardi di L. N. ed ogni cosa è preferibile a questo.

Anche oggi non v'è che una via di salute: Assalire! Deboli, cederete a tutto. Non v'è che l'ingrandire il moto che possa farvi forti. L'agitazione dovrebbe dirigersi tutta a quello scopo : Garibaldi dovrebbe essere la bandiera; dove no, il Partito dovrebbe cacciarsi a cospirare regolarmente nei Volontarj e nelle truppe, perché un pronunciamento militare abbia luogo in quel senso.

I modi sono da vedersi dal Partito stesso; ma l'incrociare le braccia e l'assistere inerti alla rovina della Causa Nazionale, è tradire! Bisogna chiamare le cose col vero nome.

La cagione della funesta risoluzione di Piero non può esser quella del viaggio ricusato, viaggio che sarebbe stato inutile.

Per debolezza o mal animo, poco importa, il re non può dare argomento di speranza al Partito. E la cieca fiducia posta in lui è stata la rovina della impresa, come la cieca fiducia riposta in C. A. (2) lo fu dell' impresa nel 1848.

Mando il mio libretto fra due giorni.

Fate nota la Storia Sommaria che vi do dell'accaduto fra

Garib. e il re a P. a G. e agli amici.

Date, vi prego, subito l'unito biglietto alla Sig. Emilia. Vogliatemi bene.

(1) Non è, certo, storicamente esatto.

(2) Carlo Alberto.

Vostro
Giuseppe.

XX.

A Piero Cironi.

14 dicembre 1859.

C. P.

Vi mando lettera ostensibile, come vedete. Non m'incresce l'acerbità usata con D. se lo ha un po' svegliato. Voi seguite a fare e Dio vi benedica. Ignoro se sia giunta oggi la vostra corrisp. indirizz. al libr. Ieri non l'era e mi dorrebbe fosse anch'ella smarrita. Mutate indirizzi: dateli in cifra: non è che il mutare continuo che possa salvarci.

Manderò a Fiorini la seconda sommetta, o per altra via, se la trovo, fra due o tre giorni: contateci. Ma poi bisognerà trovar modo perchè la corrisp. venga davvero. Garib. di cui non ho tempo or di parlarvi è debole come un fanciullo, e ci ha fatto per fiacchezza verso il re un male immenso. Ma bisogna nondimeno cercare d'incalorirlo e di trarlo a noi. Cosa ottima la sottoscriz. ma bisogna, come accennate, servirsene d'arme per fargli sentire i suoi doveri. Mi duole assai non sia giunta copia del mio libretto. Mi direte l'avviso vostro. Per l'amor del Cielo non negligete L. e Cast. che ha la febbre, ma che è buonissimo e capace quando occorrerà di fare. Il nome dello Sp. sta bene, ma cosa diavolo dirgli? Due linee di scritto hanno del ridicolo.

Vorrei dirgli qualche cosa di più, e questo fa che io differisca ancora sino alla prima mia, che sarà tra poco. Ho qualche speranza ancora sulla Sic. per azione non lontana. Scrivete sempre e non badate al dove io mi sia, perchè dicerto, quando occorrerà, sarò dove importa.

Date, vi prego, l'unita a G. e mandate il biglietto a Cast. Date l'altra ad L. Fate paura ai Bonap. Tutto fuorchè un principe straniero, ultima delle vergogne. Bisognerà riattaccare con Bol. Parm. etc. perchè l'uno conforti l'altro; ma di questo vi scriverò quando sarete un po' più forti.

Vostro sempre
Giuseppe.

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