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del colorire a olio; ci spiace però che l'autore di questo libro veduto non abbia il trattato della pittura del Cennini, già da alcuni anni pubblicato dal cav. Tambroni, dal quale potrebbe raccogliersi che più antico fosse quell' artifizio. Sotto Salvo di Antonio si registrano alcuni altri pittori, forse della scuola degli Antonj, come Pino da Messina, Giovanni Borghese, Antonello Resaliba, Tommaso di Arzo, Pietro Oliva e Cardillo messinese.

L'epoca seconda che non porta alcun titolo e nominar si potrebbe quella dei ristoratori dell'arte, comincia con Polidoro Caldara da Caravaggio, i suoi discepoli ed imitatori. Quell'illustre lombardo di fatto, giunto opportunamente, come scrive l'autore, in Messina ed aperta colà pubblica scuola di disegno, ridestò nuovamente il genio sopito de' Messinesi, facendosi padre di numerosi allievi, che colle loro opere arricchirono la città, istillando ne' medesimi il più dilicato gusto della scuola raffaellesca che pura si mantenne per tutto il secolo XVI. Tra i discepoli di Polidoro contansi Tonno Calabrese, che poi assassinò il maestro e lasciò la vita su le forche; Deodato Guinaccia che conseguì tutta la suppellettile pittorica del defunto Polidoro; tra i suoi imitatori, se non pure allievi, si registrano Pietro Raffa, B. Dalliotta, Jacopo Vignerio, Alfonso Lazaro, Stefano Giordano, Mariano ed Antonello della nobile famiglia Riccio, Francesco Gardillo, più famoso ritrattista che pittore, e Stefano Comande. Alla scuola del Guinaccia appartengono Cesare di Napoli e Placido Saltamacchia; e il gusto o il disegno polidoresco si ravvisa nelle opere di Stefano Santo d'Anna. Gli stranieri che in Messina fiorirono in quella seconda epoca, sono Vincenzo Aniemolo di Palermo, Alessandro Fei e Filippo Palladino di Firenze, dei quali il secondo trattenuto erasi per lungo tempo in Milano ed indi fuggito per delitti commessi; Michelangelo Morigi da Caravaggio, Mario Meuniti di Siracusa; Lorenzo e Lazzaro Calamech di Carrara, e Gio. Paolo Fondolo di Cremona, allievo di Antonio Campi.

Ed eccoci alla terza epoca, non intitolata, che dirsi potrebbe degl' imitatori dei Veneti, giacchè all'imitazione di Raffaello e di Polidoro succeduto era lo studio di emulare il disegno più licenzioso e il colorito di Paolo Veronese e del Tintoretto. Comincia quell'epoca con Francesco e Gio. Simone Comande, Antonio Catalano, detto l'antico,

altro Antonio e Giuseppe pure Catalani, Stefano Cardillo e Biagio Giannotto, e continua con Gaspare Camarda, con Salvadore Mittica, con Alfonso, Luigi e Giovan Bernardino Rodriguez, con Jacopo Imperatrice, allievo del detto Alfonso, frate cappuccino, con fra Francesco Marquett e fra Francesco Bisagno, l'uno e l'altro dell'ordine di Malta, e Pietro Solima, pure di nobile famiglia. Altro caposcuola di quell'epoca è Antonio Barbalunga, e come suoi discepoli si riguardano Pietro Maroli, Agostino Scilla, antiquario e naturalista celebre non meno che pittore, Antonio Tuccari, Bartolomeo Tricomi, Francesco di Giovanni, Antonio Gaetano e forse Antonio Jocino, eccellente paesista. Giovanni Crucitta fu allievo del Marolì, Antonino Pulegio e Andrea Suppa lo furono di Abramo Casembrot, olandese, come pure Filippo Giannetto e Domenico Guargena, cappuccino. Seguono Andrea e Giovan Battista fratelli Quagliata, Giovanni Fulco, scolaro di Antonio Catalano il giovine, Pietro Cirino, detto incomparabile nella quadratura e nella prospettiva, Giuseppe Bruno, pittore in ismalto, Placido Campana, scolaro di Giovanni Quagliata, del quale forse fu allievo anche Matteo Maggio; Antonino Mirelli e Mora, elegante scrittore e poeta più ancora che pittore, e Antonio Bova, discepolo del Quagliata e del Suppa. Tra gli stranieri che in Messina vissero nella terza epoca, compajono Vincenzo Gotti, bolognese, Carlo Francesco Maffei, carrarese, il già nominato pittore olandese Casembrot, un fiammingo, discepolo del Rubens, detto Giovanni Van Houbraken, Francesco Ferrante, scolaro di Guido Reni e forse bolognese anch'esso, e Giovan Battista e Flavia, padre e figlia Durand, Borgognoni di patria e allievi, il primo del Domenichino, la seconda del padre suo, divenuta poi celebre per l'esattezza straordinaria delle sue copie.

La quarta ed ultima epoca comprende gli scolari dello Scilla, del Maratta, del Conca, e di altri illustri pittori del secolo XVII e XVIII, che intitolare potrebbonsi i moderni. Saverio Scilla, figlio ed allievo di Agostino, è il primo che compare in quest' epoca, emulatore esso pure del padre nello studio delle antichità e specialmente della numismatica; seguono Michele Maffei figlio di Nicolò Francesco nella terza epoca ricordato, Cristoforo lo Monaco, Antonio la Falce, Placido Celi, Giuseppe Balestrieri, Luca Villamaci, pittore, architetto, matematico, prospettivista

e più ancora plastico eccellentissimo, e Giuseppe di Paola tutti scolari dello Scilla; Mercurio Romeo, scolaro del Fulco, Nicolino Van Houbraken, figliuolo di Ettore, nato in Messina e più noto sotto il nome di Vanderbrack; Giulio Avellino, scolaro del Maffei e dotto nelle matematiche, nell' architettura e nella prospettiva, allievo in appresso del celebre Salvatore Rosa, e suo imitatore nel dipingere i paesi; Francesco Jaconissa, scolaro del Durand e al pari di esso celebre ritrattista; Murrione di cui solo si conserva il nome e la memoria di un bel quadro di S. Giovanni Battista fatto pei Gesuiti; Anna Årdoino, figliuola del principe di Polizzi e moglie del principe di Piombino, celebre nella musica, nella poesia, nella pittura e nel ricamo; Filippo Tancredi, buon pittore a fresco non meno che a olio; Antonio, Paolo e Gaetano fratelli Filocamo, scolari del Maratta, e suoi imitatori nel colorito; Giovanni Tuccari, al quale l'autore pospone tutti i pittori, che prima e dopo di lui furono e saranno, fra questi Luca Giordano, per la sua velocità nominato fulmine della pittura; Giuseppe Porcelli, scolare di Solimene, che incise altresì con buon gusto all'acqua forte; finalmente Litterio Paladini, che formossi su le opere dei Caracci, Salvadore Monosilio, primo allievo di Sebastiano Conca, Placido Campolo, uscito egli pure dalla scuola del Conca, e Luciano Foti, ristauratore eccellente anzichè pittore, e tanto studioso delle antichità, che pubblico antiquario fu dichiarato. Ultimo pittore di quell' epoca si nomina Giuseppe Paladino, nepote di Litterio, e allievo esso pure del Conca, morto soltanto nel 1794, e con esso non dubita l'autore di dire morta fra i Messinesi la divina arte della pittura.

e

In questa quarta ed ultima epoca però fiorirono in Messina alcuni stranieri, cioè Nunzio Russo, napoletano, buon pittore a fresco e ad olio; Emanuello da Como, minore osservante, che molti chiostri dipinse, Antonio Madione siracusano, scolare dello Scilla, Pio Fabio Paolini, udinese, allievo del Lanfranchi, e Giuseppe Crestadoro, palermitano, mancato solo di vita nel 1808, di merito inferiore ai pittori succennati, ma distinto per certo spirito di originalità e per un colorito vivissimo.

Con questa quarta epoca e col IV fascicolo si chiude il volume delle Memorie dei pittori messinesi. Le notizie

in generale sono raccolte con diligenza dai fonti migliori, come dalle opere del Vasari, del Lanzi, del Sansovino, del Ridolfi, dell'Orlandi, dello Zannetti, del Morelli, del Gallo, del Rosini, del Samperi, ecc., e sono scritte con molta chiarezza e con sufficiente purità di stile. Ci rimane soltanto a parlare dei ritratti dei pittori, che giungono al numero di ventisette. Può essere che questi abbiano il pregio della somiglianza, vedendosene alcuni specialmente che sembrano caricature; ma per dire il vero, non riconosciamo in essi gran pregio per quello che spetta al disegno ed alla esecuzione dell' intaglio. Nelle opere che trat tano particolarmente delle belle arti, egli è dove gli artisti dovrebbero più di tutto distinguersi, sia colla matita, sia col bulino, e per questo titolo non sapremmo abbastanza commendare la nuova Galleria dei pittori, che da pochi mesi col metodo litografico si pubblica in Parigi. L'opera tuttavia che abbiamo annunziata, ci sembra in complesso degna di lode, e la città di Messina potrà vantarsi di avere le Memorie de' suoi pittori opportunamente raccolte, mentre ne mancano tuttora molte città d'Italia, che forse in niaggior copia le potrebbero produrre e con maggiore gloria presentarle.

NOTIZIE LETTERARIE ED ANNUNZJ.

1

"

Il sig. Giacomo TRENTI di Brescia ci ha invitato a proporre ai matematici il seguente

DATE

Problema.

ATE 90 palle nere ed una bianca in otto urne con» tenenti egual numero di palle per ciascheduna, vale a "dire le 90 nere, e l'una bianca per urna, ed estraendosi da queste urne nel medesimo tempo cinque delle » ivi contenute 91 palle per urna, determinare in qual grado di probabilità potrà sortire la palla bianca posta » in ciascheduna urna, ed in ragione d' urna fatto ri» flesso alla diversità delle mischie. »

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Fra le Memorie di Condorcet poste fra quelle dell'Accademia di Parigi, nè sull'opera del Brunacci sul calcolo sublime, nè in altri autori non ho rilevato non solo l'esistenza di tale problema, ma neppure veruno altro che le si approssimi.

Uno de' nostri associati al quale l'abbiamo preventivamente comunicato ci ha data la risposta che riportiamo quì sotto.

"Il problema si può risolvere come si risolvono gli altri » di simil genere, coi noti principj del calcolo delle pro"babilità.

” Se ho bene inteso ciò che il sig. Trenti vuol dire, » io scioglierei il quesito osservando che la probabilità che " in cinque estrazioni esca da una delle urne la palla bianca

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91

; e quindi la probabilità che la stessa palla esca

" nelle medesime circostanze da tutte otto è di

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