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IL

DIRITTO COMMERCIALE

RIVISTA PERIODICA E CRITICA

DI

GIURISPRUDENZA E LEGISLAZIONE

Direttore:

Avv. DAVID SUPINO

Prof. ord. di Diritto commerciale nella R. Università di Pisa

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VOLUME XVIII

PISA

PRESSO LA DIREZIONE DEL PERIODICO
IL DIRITTO COMMERCIALE

1900

Kec. Aug. 4., 1906.

Firenze, Stabilimento Pellas, Via Jacopo da Diacceto, 10.

SOCIETÀ E COMUNIONE

I.

Caratteri distintivi.

Uno degli istituti, che, insieme, nel diritto civile e commerciale, non ostante la sua chiara definizione, riesca più difficile affermarsi nella sua integrità scientifica, e, specialmente nella pratica, distinguersi da altre e ben diverse figure giuridiche, certo è il contratto di società. La particolare conformazione che talora assumono ir mandato, la locazione, il mutuo ad interesse e persino la vendita, rende si intima la loro analogia colla società, da sorprendere e affaticare anche la mente più erudita e meglio preparata alla intrinseca penetrazione di questi istituti.

Ma dove le difficoltà aumentano, e si presentano talora insuperabili, è nella comparazione della società con la comunione. E si comprende, perchè non est societas sine communione, essendo quella appunto una specie del genere comunione, sia pure - come piacque bellamente chiamare 1 specie praecipua ac nobilissima.

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1 FABER, sulla Legge 14, Dig., Pro socio (XVII, 2).

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Strano che siasi potuto serenamente scrivere che: « ciò che v' ha di diverso fra la semplice comunione e la società è talmente perspicuo che non si è mai potuto confondere. » E non è affermazione che sia rimasta isolata. Facile mezzo cotesto per superare le questioni e le gravi incertezze della dottrina e della giurisprudenza!

Il parallelo fra il contratto di società e la comunione è di somma importanza e scientifica e pratica. Vedremo come alla esatta affermazione del primo sieno insufficienti gli elementi essenziali della legge e debbasi far ricorso alla cosi detta. affectio societatis, che già metteva innanzi la sapienza romana. Se v' ha istituto nelle legislazioni odierne che sia profondamente radicato nell' antica dottrina e ne conservi anche i più minuti particolari, quello è appunto il contratto di società, quale è regolato dal diritto civile, e al quale, non ostante l'evolversi continuo della vita mercantile, pur sempre deve attingere i suoi elementi fondamentali anche la società commerciale. Anzi talune grosse questioni che oggi si di

'BORSARI, Commentario del cod. civ. ital., vol. IV, parte I, § 3784, lett. B. pag. 884.

battono intorno alla medesima, e sovra tutte quella gravissima sulla personalità giuridica, potrebbero trovare ben meno scabrosa soluzione se vivificate dalla tradizione storica.

I due istituti della società e della comunione non vennero sempre distinti, non solo nel contenuto giuridico, ma ben anco, talora, nel nome. Causa prima ne è forse la peculiare e assorbente caratteristica dell'elemento della comunione nella società, tanto che vediamo chiamata vera società la comunione,3 e, anche quando se ne ammetteva una certa differenza, adoperare promiscuamente le due voci come sinonimi, e, da ultimo, ancora i compilatori del Codice Napoleone considerare la

3 ASINIUS, Tractatus de executionibus, capitolo 127, n. 10; GALLIAUL., sulla Legge 72, Dig., De verbor. obligationib. (XLV, 1), n. 25; MENOCHIUS, Consiliorum sive responsor., lib. I, cons. 46, n. 5, il quale però nell'altra importante sua opera De praesumptionibus, esaminando i vari casi in cui può presumersi il contratto di società, ben ne esclude la semplice comunione (lib. III, praesumpt. 56, specialmente al n. 20, dove nega il carattere di società nello stato di comunione ereditaria, quando gli eredi: solummodo paternam, vel maiorum suorum haereditatem INDIVISAM possident).

MASCARDUS, De probationibus, vol. I, conclus. 328: Communio quomodo sit probanda, et ex quibus etiam praesumenda », principalmente ai n. 5, 6 e 7, dove stabilisce ipotesi di vera società ed adopera appunto eziandio questa voce. Le ipotesi, del resto, ivi contemplate son quelle stesse di cui alla conclusione 31, dove esamina an et quomodo inter fratres intelligatur contracta societas quando posseggano indivisa l'eredità paterna.

I FELICIUS poi intitola addirittura il suo trattato sulle società: Tractatus de communione SEU societate (Gorinschemi 1566, ex officina Pauli Vink).

comunione come una specie di società. 5

Ciò non ostante, la differenza, quantunque semplicemente affermata, risale al diritto romano. Già Ulpiano intuiva l'efficacia dell'affectio societatis quando dichiarava che: Communiter autem res agi potest etiam CITRA SOCIETATEM, ut pula quum NON AF

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FECTIONE SOCIETATIS INCIDIMUS IN COMMUNIONEM; ut evenit in re duobus legata; item si a duobus simul empla res sit. Ma questo elemento non fece un passo innanzi. I post-glossatori, che, col loro sistema scolastico, dialettico, e con lo sguardo di continuo rivolto alle applicazioni della pratica, si compiacevano di tutto vagliare con molteplici distinzioni e suddistinzioni, e quindi avrebbero dovuto sentirsi attratti a strigare e svolgere la formola di Ulpiano, se non altro per darle una qualche pratica consistenza; gli umanisti, cui, per la grande erudizione e fine critica colla quale ravvivarono il diritto classico, non sarebbe stato difficile in proposito un tentativo dottrinale; -infine, i trattatisti, i quali, per la natura speciale dei loro. scritti, avrebbero dovuto meglio attingere alla viva vox della pratica, la quale, specialmente in Francia, già offriva le più

Exposé de motifs, par TREILHARD, oratore del Governo, nella seduta del 10 ventoso, anno XII (1 marzo 1804), al Corpo legislativo (Vedi Raccolta di LoCRÉ, Législation civile, comm. et crim. de la France, vol. XIV, pag. 516, ediz. Paris 1828, Treuttel et Würtz). L. 31. Dig., Pro socio (XVII, 2).

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estese applicazioni delle cosi dette communautés o sociétés taisibles, ' - tutti lasciano pressochè inosservati i caratteri distintivi dei due istituti. Si limitano semplicemente a riconoscere e dichiarare che, se non v' ha società senza comunione, però communio datur sive societate, e sovente anche solo implicitamente, come quando si parla di societas incidens, impropria, momentanea, abusiva, necessa· ria, per indicare una comunione che esiste non animo in societatem directo, ma solo incidenter e quasi fortuito.

Un primo carattere distintivo, ma erroneamente considerato come assoluto, mise innanzi il CUJACIO, il quale, nel dividere la societas in voluntaria e necessaria (comunione), dichiara che questa, a differenza della prima, non esiste in virtù di contratto: « alia est societas NECESSARIA,

* V. la mia monografia nel Digesto italiano sulle Societa civili, n. 15-18 della Introduzione.

⚫ CUJACIUS, sul lib. IV, Cod., tit. 37, Pro socio, vol. IX, col, 2532 (ediz. di Prato 1839); CONNANUS, Juris civil. comment., lib. VII, cap. 13, n. 2; FABER, sulla cit, L. 31, Dig., Pro socio: GRATIANUS, Disceptat. ecc., cap. 547, n. 28 e segg., e cap. 752, n. 9 e 19; FELICIUS, op. cit., cap. XI, n. 2; Rota romana, decis. 51, n. 25, coram Arguell.; decis. 871, n. 12, coram Emerix; e, tra le ultime, in Carpenctorat. territorii, 7 decembris 1741, coram Vicecomite.

BALDUS, sulla L. 14, Dig., lib. XII, tit. 2, Pro socio, n. 5 delle additiones (pag. 1:1, ediz Venetiis 1599); FONTANELLA, De pactis nuptialibus, clausola IV, glossa IX, parte II, n. 59 (vol. I, p. 116 dell' ediz. Venetiis 16 15); CAROL. ANT. DE LUCA, De pluralit. homin. legal., cap. XXIX, n. 8; Rota romana, in recent., paite XII, decis. 324, n. 13 e 14; in nuperr., vol. VIII, decis. 151, n. 2; e in Romana seu Comen. divisionis, 7 martii 1755, § 6, coram Figueroa.

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Il primo, dopo aver ritenuto nella comunione, sia di una universalità di cose, sia di cose particolari, senza che esista tra le parti alcun contratto di società, una specie di quasi contratto, passando a stabilirne la differenza dalla società, scrive: " « La principale différence entre la société et cette espèce de communauté, c'est que la société est un contrat, et que la communauté qui en résulte est formée par la volonté et le consentement des parties. Au contraire, cette espèce de communauté n'est pas un contrat, et elle se forme SANS LE CONSENTEMENT ET LA

VOLONTÉ DES PARTIES ». E il secondo: Communio RE SOLUM, NON CONSENSU contrahitur. 12

Il poter esistere re solum non è che un semplice modo di essere generale della comunione, poichè generalmente appunto essa non è che uno stato di fatto

19 CUJACIUS, op. e vol. cit, col. 538.

11 POTHIER, Traité du contrat de société, n. 2, e Premier appendice, n. 182 (rispettivamente alle pag. 242 e 308 del vol. IV delle Œuvres annotées par Bugnet, 3a edizione, Paris 1800, Plon, Nourrit et C.)

12 ZANCHIUS, Tractatus de societate, pars I, cap. VII, n. 9.

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