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>>> nomini i tribuni che amministrino sotto » la sua autorità la giustizia nelle isole: il suo tribunale sia il tribunale supremo,

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quale vengano portate le ultime appella» zioni. Scegliete un uomo generoso per an» teporre in ogni incontro gl' interessi della patria a i suoi proprj, imparziale per as>> segnare a tutti i cittadini i medesimi pesi, padrone de' suoi affetti per non aver riguardo a sangue o ad amicizia, quando » si tratterà del ben pubblico. Ecco il solo » mezzo di far risorgere lo stato, e preve»nirne la decadenza. Questo è il mio pa» rere tocca a voi decidere.

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» Il discorso del patriarca era conforme al desiderio di tutti, Fu ascoltato con silenzio, e ricevuto con unanime applauso. Si passò poi all' elezione proposta, e » tutti i voti concorsero a favore di Paulo>> Lucio Anafesto, cittadino di Eraclea,

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uomo universalmente stimato per la sua

saviezza, e probità. Esso divenne il pri«mo Doge di Venezia nel 697. (pag. 67). Il Dandolo segnò la sua Cronaca cogli anni dei patriarchi sino a Cristoforo, dopo TOMO I.

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766 di Trieste.

il quale l'incominciò con quello de' dogi, il primo de' quali è appunto Anafesto.

114. GIOVANNI da Trieste, di precettore di grammatica nel 766 fu eletto in patriarca di Grado. Egli era pio, dotto, fornito in ogni genere di scienze e di virtù ; dimostrò la maggiore fortezza di animo contro Signaldo re de' longobardi, ed i vescovi dell'Istria di lui suffraganei, i quali istigati da' longobardi si erano sottratti dalla di lui dipendenza, e consacravansi reciprocamente. Scrisse il patriarca al pontefice Stefano III. l'emergenza, e richiese salutare rimedio: a cui rescrisse il papa disapprovando la condotta de' vescovi, ed animando lo zelo del medesimo. Su di ciò scrisse altra lettera pastorale ai vescovi dell'Istria, riprendendoli della loro condotta, e precettando di ritornare all' obbedienza del loro metropolita, colla comminatoria delle più severe pene canoniche in caso di disubbidienza. Essi però rimasero inobbedienti, come c'istruisce il Dandolo: Episcopi Istric receptis Papalibus admonitionibus sæculari contagione polluti, resipiscere noluerunt..

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Tutte tre queste lettere sono portate dall' Ughelli (T. v. pag. 1092-93) tratte dal MS. codice trevisano. Il nostro Giovanni frattanto governando santamente la sua chieed ammonendo con zelo pietoso i dogi di Venezia Giovanni Galbajo, e Maurizio padre e figlio, per le ingiustizie che esercitavano, provocò contro di se il loro odio, e molto più per la di lui disapprovazione all' elezione in vescovo di Olivolo, ossia Castello di Venezia fatta dai dogi nella persona di Cristoforo greco, fratello di Longino esarca di Ravenna; per la qual cosa il doge Giovanni spedì Maurizio il figlio con grossa flottiglia a Grado, e preso il patriarca, lo precipitò dall'alto di una torre nell'anno 802: il di cui sangue è visibile nelle pietre, come scrive il Dandolo. Cujus sanguis in testimonium mortis suæ in petris personaliter apparet; sepultusque fuit in S. Marci capella post Ss. Martirum mausolea. Siedette nella cattedra anni 36. Ne parlano di esso il Dandolo accennato (lib. 7 cap. 12): L'Ughelli ut supra: II Tentori nell' Ist. Veneta (T. iv. p. 193

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803

da Trieste.

e segg.) Il Rubeis nel Monumenta Eccles. Aquil. rigetta questo patriarca.

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115. FORTUNATO da Trieste, consanguineo del precedente Giovanni per opera dei tribuni fu eletto in patriarca di Grado nell' anno 803, nel quale, con bolla portata dall' Ughelli, il pontefice Leone III. gli concesse l'uso del Pallio. Nella detta bolla sono rimarcabilissime le seguenti espressioni per l'apostolico ministero de' vescovi, e pei doveri dell' episcopato. Officium Sacerdotis assumere si interiori vigilantia perpendimus, plus est oneris, quam honoris ... Hoc itaque frater charissime considera, et locum quem adeptus es non ad requiem, sed ad laborem te suscepisse cognosce Prædicationem tuam vita commendet, ipsa cis instructio, ipsa magistra sit, ad desiderium æternæ vitæ docente suspirent tuo viventes exemplo... In his igitur studium adhibe, in hoc tota mentis intentione persiste. quatenus dum tua prædicatione, atque imitatione, hæc fuerint consecuti tanto majora a Deo nostro recipias. Dai dogi Giovanni e Maurizio fu perseguitato

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il nostro patriarca, perchè gli si rendeva sensibile ed acerba l' esecranda morte del precedente Giovanni di lui parente, o zio, e ne cercava quindi in unione di Obelerio, tribuno di Malamocco, che si tiene suo fratello, di farne vendetta. Scoperta la congiura, dovette fuggire da Grado, e pensò con Obelerio passare in Francia presso l' imperatore Carlo Magno, onde eccitarlo a promovere le armi contro i dogi; il quale spedì a quest' oggetto Pipino suo figliuolo, diede a Fortunato un amplo diploma a favore, il qual pure si trova nell'Ughelli (T. v. p. 1095). Munito di questo se ne ritornò alla sua sede facendo carcerare il diaco

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no Giovanni che aveva presa, ed usurpata la sede. Frattanto Obelerio con buon numero di cittadini corse a Malamocco, e scacciati i dogi Giovanni e Maurizio col vescovo Cristoforo, furono deposti per unanime consenso de' tribuni e del popolo, e con universale acclamazione fu eletto Obe-· lerio a doge, il quale poscia scacciato dalla patria, vi succedettero i di lui fratelli Beato e Valentino coll' assistenza del patriarca

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