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mala intelligenza fu sopita, mentre con bolla di Pio V. del giorno 11 kalendas augusti 1567, il Rapiccio è confermato ed istituito in vescovo di Trieste, portando l' intestatura dilecto filio Andrea Rapitio electo Tergestinæ, dicendo che da gran tempo le provisioni delle chiese vacanti sono

le raggioni di m. Fulvio, così credo, che vorrà torre la sua protezione contra di chi lo cerca molestare indebitamente. Ed la prego di cuore a voler abbracciar la espedizione di questo negozio con quella affezzione ed prontezza, che io userei in favorire, ed ajutare ogni onore, ed commodo di V. S. ed mettere m. Fulvio in possesso pacifico. Che oltra che farà quello, che s'aspetta dalla bontà ed giustizia sua, ed è conforme alla promessa del serenissimo Arciduca, io reputerò, che questo piacere sia posto nella mia propria persóna, ed ne terrò con lei particolar conto, ed obbligazione non lasciando nelle occorenze di mostrarle la mia gratitudine. Ed a V. S. mi raccomando di tutto cuore. Di Milano a v. di maggio MDLXVI.

Di V. S. M. Rev.

Come fratello

Il Card. Borromeo.

state riservate alla disposizione de' pontefici, decernentes ex tunc irritum et inane, si secus super his a quoque, quavis auctoritate scienter, vel ignoranter contingerit attentari; poscia soggiungendo che il Rapiccio gli è stato presentato da Carlo argiduca d'Austrià, a cui compete la nomina, come si riscontra da autentica copia di detta bolla (b).

L'imp. Massimiliano II. avendo avuta notizia che il vescovo Rapicio era per pren

(b) Erra il Mainati (chron. di Triest, Tom. III. p. 112) portando la bolla pontificia all'epoca 1568, mentre questa vi precede di un anno: un poco di riflessione, che avesse fatto ai suoi stessi scritti, ne avrebbe riscontrata l'implicanza e la contraddizione, mentre la lettera di Massimiliano dei 7 ottobre 1567 indica, che il Rapiccio celebrerà in breve le di lui primizie. Non poteva ciò indicare il Rapiccio se prima non avesse ricevuta la Bolla da Roma, la quale doveva precedere la lettera dell'imperatore, che accompagnava il dono, e destinava la deputazione; così fu diffatto, mentre la Bolla è di 21 agosto 1567, ed è la lettera dei 7 ottobre di detto anno, perciò la lettera di Massimiliano è posteriore di 47 giorni alla data della Bolla.

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dere possesso della sua sede deputò suoi nuncii il conte Francesco della Torre, ed il conte Atimis capitano di Gradisca, perchè assistessero alle di lui primizie, e gli presentassero in pubblico una sottocopa o tazza d'argento (pecar) come dono, che la M. S. gl' inviava, in segno della sua grazia e benevolenza per i servigi prestati ad esso, od al di lui genitore Ferdinando. La lettera dell' imperatore è segnata in Vienna il giorno 7 ottobre 1567, cioè 47 giorni dopo la data del breve pontificio, e se ne ha copia autentica in lingua tedesca.

Lo spirito di partito sembra che dominasse in Trieste, e che il nostro vescovo esercitasse del rigore, e forse anche imprudentemente, e che poscia gli divenne fatale. L'arciduca Carlo d' Austria con lettera (originale) di Gratz 7 novembre 1567 risponde al Rapiccio, lodando certa azione, actionem seguita in Trieste tra esso e certi settarii, dal vescovo frenati; ma gl'ingiunge che in avvenire per castigare que' settarii si debba servire del braccio secolare, cioè del capitano dei giudici, o del senato, vel sent

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tus di quella città; affinchè: ne si vos ipsi immediate in eos animadvertatis, scandalum aliquod, seu inconveniens exoriatur ; e dice di avere dato ai giudici ed al senato su di ciò gli ordini opportuni: ed aggiunge che in quanto agli usurai trovava necessario attendere il parere della di lui reggenza stabilire debitamente quanto vi è di uso, aspettando che a Gorizia gli spedisca su di ciò il di lui voto, in quanto alle cose spirituali.

per

Da lettera (originale) di Gratz, 5 luglio 1568, si rileva che l'arciduca Carlo, rispondendo al nostro vescovo sopra l'inchiesta se pubblicar dovesse la bolla in cœna domini spedita dal patriarca di Aquileja da eseguirsi nella cattedrale di Trieste, ne loda la prudente di lui condotta, gl' insinua di usare un silenzio sino a che il patriarca rinovi l'ordine, nel qual caso risponda di non averlo eseguito per timore di non incontrare nella mente del suo principe, mentre fu pubblicata giammai tal bolla in quella chiesa, ed avere anzi inteso, da persone degne di fede, che da varii principi d'Ita

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mentre non

lia, e specialmente dai veneziani non fu accettata e che perciò, a maggior di lui sicurezza significherebbe la cosa all' arciduca, ed in tal modo esimersi dal pubblicarla, che se poi insistesse il patriarca, debba in allora scrivere ad esso arciduca, ed attenderne le di lui risoluzioni.

Il nostro Rapiccio fu pertanto famigliare, ministro, segretario, aulico consigliere, e commissario nel Friuli per l'Imp. FERDINANDO I., morto nel mese di luglio 1564; incarichi non indicati dal Mainati, il quale lo porta soltanto segretario di Massimiliano, e consigliere dell'arciduca Carlo d'Austria. Sopra il di lui ritratto esistente in casa Rapiccio a Pisino vi ha la seguente epigrafe.

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PRO. EADEM. MAIESTATE. IN. FOROIVLII. FINIBVS. COMMISSARIVS

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Fu egli innoltre consigliere dell' arciduça Carlo, e sembra che fosse stato peranco segretario di Massimiliano, poichè nella

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