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castello, che dal suo nome battezzò Castel Ruggero; ma il Traversari gli tenne testa, non ostante l'aiuto prestato al conte da Ubertino Dusdei, finchè i contendenti l'anno stesso si rappacificarono. Ma anche questa volta fu pace effimera, perchè, come già si è accennato, i Guidi, e specialmente il conte Ruggero, prestarono mano nel 1218 ai Dusdei per la occupazione violenta di Bertinoro in odio al Traversari; cagione o pretesto a ciò l'avere questi acquistato due castelli su cui aveva diritti, o li vantava, Ruggero: nè le cose si fermarono al fatto di Bertinoro, chè i Dusdei con l'aiuto del conte trascorsero abbruciando e saccheggiando tutto il piano di Ravenna e distrussero col fuoco i castelli di Montecavallo e di Traversara, possessi di Pietro. Ma nè le ire dei nobili parenti nè gli sforzi degli emuli concittadini poterono togliere al Traversari l'acquistata prevalenza nelle cose ravennati; le quali egli continuò a regolare a suo senno, sino alla morte che lo colse, dicono, in età di 80 anni, nel settembre 1225 3. L'autorità di lui passò senz'altro nell'unico figlio Paolo, che già era uomo maturo di anni e di consiglio: prese subito le redini del governo assumendo a questo fine l'officio di podestà, nell' esercizio del quale si trovó alla pasqua del seguente anno allorchè Federico II si recò in Ravenna e col favore del Traversari si diè a raccoglier genti per l'impresa contro le città lombarde. Il Traversari seguì lo Svevo alla dieta di Cremona, e, ritornato in patria, procurò nel "27 la pace tra Ravenna e Ancona, e s' adoperò poi sempre più a far prevalere nelle terre di Romagna la parte ghibellina: nel "29 e nel "33 tenne di nuovo la podesteria ravennate, e nel "35 quella di Rimini 5, ed era considerato come grandissimo sostenitore dell' impero e acerrimo avversario di parte guelfa; se non che a un tratto mutò sua politica. Nel luglio del "38 aiutò gli

1 TOLCSANO, 1. cit. p. 137, 139. Questo sembra raccogliersi dalle parole assai involute del cronista, il quale conchiude il racconto dicendo che fu fatta la pace, data sorore comitum Petro Traversario in uxorem. O il cronista s'ingannò grossamente, o due donne dei conti Guidi di nome Imilia avrebbe avuto per mogli il Traversari; l'una figlia di Guido Guerra II vissuta almeno sino al 1196 e madre all'unico Paolo: l'altra figlia di Guido Guerra III dal 1216 in poi. La seconda ipotesi parrebbe confermata dal fatto che un documento del 1202 dà per moglie a Pietro Traversari un'Aica (FANTUZZI III, 65); ma per contro la seconda Imilia, che stando al cronista egli avrebbe sposata solo nel 1216, apparirebbe già sua compagna nel 1212 (Fantuzzi III, 293). Anche questo nodo sciolgano gli eruditi ravennati, chè a me basterà averlo accennato.

2 TOLOSANO, 1. cit. p. 149.

3 Rossi, p. 393.

TOLOSANO, p. 171 e segg.; Rossi, p. 394; TONINI III. 39; TARLAzzi I, LXI. 5 FANTUZZI, III, 80, VI, 250; TONINI III, 209.

Accarisi ghibellini a togliere Faenza ai guelfi Manfredi ; ma poi, forse per disdegno del favore dato dall'imperatore ai conti Guidi, coi quali continuavano le vecchie dissensioni 1, si accordò coi bolognesi e faentini e con gli altri guelfi di Romagna, e nel luglio del "39 assali col loro aiuto Ravenna, ne scacciò i Guidi e si fece signore della città, mentre concertava con Guglielmo da Montelongo, legato papale, il modo di sottrarre Ferrara alla devozione dell'impero: poi, dopo avere partecipato al trionfo dei guelfi, che ritolsero Ferrara a Salinguerra, morì l'8 agosto 1240 in Ravenna e fu sepolto, dice uno storico ravennate, con regia pompa. Delle sue doti fisiche e morali troveremo un' eco nelle pagine di Salimbene da Parma; ma anche nella più umile letteratura dei conti e dei romanzi penetrò presto il suo nome: abbiamo, in duplice redazione 3, una delle più antiche novelle italiane consacrata a messer Polo Traversario di Romagnia, che fue lo più nobile homo di tutto lo paese; e vi si narrano facezie di lui e di tre suoi cavalieri di grande cortesia, riferendo alla morte d'un di essi il fatto della panca segata per ciò che nessuno fosse degnio di sedere in suo luogo, che i commentatori di Dante raccontano, e già l'abbiamo visto, come accaduto per opera di Arrigo Mainardi alla morte di Guido del Duca. È la solita vicenda dei detti o fatti memorabili che nella stessa età si assegnano a più uomini della stessa regione, quando alcuna conformità lo consenta alla facile fantasia popolare; e nel caso nostro il punto di contatto si ha nella singolare liberalità che la tradizione attribuiva così a Paolo Traversari come ai gentiluomini di Bertinoro suoi fedeli e seguaci.

Con la morte di Paolo Traversari si può dire finita la grandezza della sua famiglia, che Dante deplorò diredata. Federico II accorse a Ravenna, per risollevarvi la fortuna della parte imperiale, e gli fu agevole impadronirsi della città, una volta che ai suoi avversari era mancato il più efficace difensore. E poichè anche il nome di sì forte nemico doveva spiacergli, lo Svevo trasse seco in Puglia e vi confino i figliuoli del Traversari, Guglielmo ed Aica ; i quali solamente dopo parecchi anni, nel 1248, poterono

1 Alla morte del padre, Paolo Traversari aveva confermata ai Guidi la rinunzia dei diritti eventuali su Dovadola e altre terre; dell'atto che se ne rogò al Borgo san Lorenzo dà notizia il p. I. DA S. LUIGI, Delizie cit., VIII, 167.

2 Per questi fatti del Traversari si vedano il Rossı, il SAVIOLI, il TONINI ecc., e, in generale, tutti gli storici romagnoli.

3 Le novelle antiche ecc. ed. di G. BIAGI, Firenze, 1880, pagg. 70 e 218: è la novella XLI del testo Gualteruzzi e XXXVIII del testo Borghini.

Non appare di quale delle due mogli di Paolo fossero nati questi suoi figliuoli, se cioè di Beatrice di Tavernaria, o di Adelasia che era sua moglie nel 1233. Cfr. FANTUZZI III, 79.

ottenere, con l'aiuto dei Polentani, che fossero eletti dei curatori ai loro beni, rimasti frattanto nell'abbandono e aperti alle usurpazioni. Singolarissima è la storia, recentemente ritessuta sui documenti, dei miseri figli del Traversari confinati in Puglia e degli usurpatori dei loro diritti; storia che può a buon diritto dirsi quella della fine della loro casa 2. Salimbene da Parma, accennata la morte di Paolo Traversari, ch' ei dice bellissimo. cavaliere e gran barone e ricchissimo e amato dai suoi concittadini, fa un racconto assai particolareggiato di ciò che accadde per la sua eredità 3. racconto che si può rettificare e compiere coi documenti. Il figliuolo Guglielmo non tornò più in patria, ma lasciò, morendo, una figlia naturale di nome Traversaria, la quale da Innocenzo IV fu legittimata e data in moglie al reggiano Tommaso da Fogliano, conte o governatore pontificio di Romagna dal 1253 al "59; i due coniugi, consenziente il comune di Ravenna, godettero per molto tempo il possesso dei beni avìti, ebbero un figlio di nome Paolo, pulcherrimum puerum et spetiosumvalde; dal quale (morto Tommaso da Fogliano intorno al 1260 e poi anche la vedova Traversaria, che però nel 1263 già era passata a seconde nozze con Stefano duca di Slavonia figlio di Andrea re d'Ungheria e di Beatrice d'Este) l'eredità dei Traversari passò prima del 1278 a Matteo da Fogliano, che in quell'anno s'intitolava dominus domus Traversariorum. Non tutti per altro, nè senza contrasto, passarono ai Fogliani i beni dei Traversari; poichè, secondo Salimbene, verso il 1265 (quando da molti anni la figlia di Paolo Traversari, la pulcherrima domina Aica era morta, perchè fatta precipitare da Federico II in un' ardente fornace) comparvero in Ravenna una donna che si spacciò per Aica Traversari (ed era una brutta schiava di nome Pasquetta) e il marito suo, bello ed astuto cavaliere (chiamato Guglielmo Francisio): i ravennati fecero loro una grande accoglienza, e i due avventurieri, favoriti dall' arcivescovo Filippo, ottennero di essere immessi nel godimento dei beni stati già di Paolo Traversari; e nel 1268 ebbero dall'arcivescovo l'investitura del ducato di Traversara, mentre il consiglio di Ferrara statuì nello stesso anno che Aica si avesse a riconoscere anche in

1 FANTUZZI, III, 84 e 295: a pag. 89 si legge l'inventario dei loro beni formato dai curatori Jacopo Isacchi e Uspinello Elisei il 13 giugno 1249.

2 A. TARLAZZI, Riscontri critici tra la cronaca di fra Salimbene e gli storici di Ravenna intorno alla decadenza della famiglia dei Traversari dominante in quella città in Atti e memorie della r. Deputaz. di storia patria per la prov. di Romagna, vol. IX (Bologna, 1870); G. LEVI, Aica Traversari, aneddoto salimbeniano in Atti e memorie della Dep. di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, 3a serie, vol. IV (Modena, 1877). 3 Chron. (Parma, 1857), p. 52 e segg.

quella città per figlia ed erede legittima di Paolo Traversari. Rimando ai dotti lavori del Tarlazzi è del Levi chi fosse curioso di conoscere i particolari delle liti sorte tra gli aspiranti all'eredità Traversari; avvertirò solamente che il primo dei due eruditi si sforza di negar fede al racconto di Salimbene circa la simulazione e la trasformazione di Pasquetta in Aica, mentre dalle indagini del secondo tale fatto è pienamente confermato. La conclusione fu che Guglielmo Francisio, che aveva assunto il casato dei Traversari, rimase sempre in possesso di qualche parte dell' eredità: fattosi capo in Ravenna di parte ghibellina ebbe aspre lotte coi Polentani, che finalmente trionfarono di lui; Aica sua moglie fece testamento in Lucca nel 1285 e poco dopo morì; egli allora passò a seconde nozze, e finalmente morì in esilio nel 1300. Rimasero di lui, che si era affermato dominus totius domus Traversariorum 1, il figlio Pietro, che, riammesso in patria e poi nel 1303 cacciatone per sempre, si ridusse in Toscana, ove dai suoi discendenti nacque il famoso Ambrogio Traversari, e la figlia Guglielmina monacatasi in Santa Chiara di Ravenna nel 1312, la quale tutti i suoi beni e diritti lasciò al convento. Ma sormontava intanto la fortuna dei Polentanì, i quali nel 1310 acquistarono omnia que detinuerunt haeredes olim Pauli Traversarie 2; sì che quella potente famiglia, che Salimbene avea veduto mancare nella discendenza sua diretta 3, era, quando Dante si recò in Romagna, veramente diredata, poichè erano spenti persino coloro che ne avevano usurpata la fortuna e il nome.

Spenta del tutto, o, come Dante dice, diredata non era nel 1300 l'altra famiglia ravennate, ch' ei ricorda, degli Anastagi; i quali discendevano assai probabilmente da quell' Anastagio di Leone, che fu console in Ravenna nel 981 ed ebbe un figliuolo, Leone, console anch'esso nel primo anno dopo il mille 4. Furono ghibellini, e come tali aderirono lungamente alle più potenti casate dei Traversari e dei conti di Bagnacavallo; e un dei loro, Anastagio, che fiorì nella seconda metà del secolo XII e già era morto nel 1215, ebbe mano nel 1201 nel governo di Argenta, per la quale terra mutuò sessanta quartari di grano all'arcivescovo ravennate Guglielmo 5:

1 FANTUZZI, III, 150.

2 FANTUZZI, III, 283.

3 Chr., p. 52.

FANTUZZI, II, 44, 52. Il RICCI, Ultimo rifugio p. 122, dice che gli Anastagi « appaiono nel secolo XII » ; il Rossi, p. 234, sotto l'a. 801, dice che i Traversari spensero gli Anastagi familiam potentissimam ac nobilissimam; ma anticipa di più secoli, confondendo, pare, Paolo Traversari del secolo XIII con l'omonimo ch' ei pone capostipite di questa famiglia. 5 FANTUZZI, V, 166.

lasciò morendo parecchi figliuoli, tra cui Anastasino, che, sotto la tutela di Isacco e Cianciolo, forse anch'essi degli Anastagi, ebbe una lite per interessi con il vescovo di Rimini. Già uomo fatto nel 1228, in cui è ricordato come confinante a certi possessi dell' abazia di S. Apollinare nuovo, par che sin d'allora fosse il capo effettivo della sua famiglia: ma le carte tacciono di lui per oltre vent'anni. Non seguì i Traversari nel lor mutamento da parte ghibellina a parte guelfa, tenendosi anzi sempre più stretto alla fazione dei conti di Bagnacavallo, e però Salimbene lo ricorda come emulo di Paolo Traversari 3: nel 1249, mentre era podestà in Ravenna il bolognese Alberto Cazzanemici messovi per la Chiesa dal conte di Romagna Riccardo da Supino, Anastagio degli Anastagi suscitò la città a rumore, balzando di seggio il podestà e imprigionando il suo giudice, e cacciando i Polentani e i guelfi loro aderenti; ma, poco dopo, la gran vittoria guelfa di Fossalta rincorò i fuorusciti, che rientrarono in Ravenna, rimisero in ufficio il Cazzanemici e bandirono alla lor volta i ghibellini ribelli, che ebbero per sopra più dal cardinale Ottaviano degli Ubaldini minaccia di scomunica ove non fossero entro certo termine tornati all'obbedienza della Chiesa. Con ciò s'accordano le parole di un antico commentatore di Dante, che degli Anastagi scriveva: «Furono.... antichissimi uomini di Ravenna, ed ebbero grandi parentadi con quelli da Polenta; ma perchè discordavano in vita ed in costumi, li Polentari come lupi cacciarono costoro come agnelli, dicendo che avevano loro intorbidata l'acqua». Il commentatore, si sa, non è un cronista, e lavora un po' di fantasia per ciò che riguarda i parentadi non attestati dalla storia tra l'uno e l'altro. casato; ma nell' applicazione ch' ei fa dell' apologo esopiano ai capi delle fazioni ravennati è sentimento profondo della realtà: perchè veramente la mossa degli Anastagi era stata contro gli officiali ecclesiastici, e i Polentani se ne valsero per abbattere una famiglia che avrebbe potuto più tardi opporsi alle loro ambizioni di signoria. Ma gli Anastagi non furono spenti con quella persecuzione del 1249; anzi non passarono dieci anni ch'essi si pacificarono con gli avversari e furono rimessi in patria, assai probabil

1 FANTUZZI, V, 167. I filii q. Anastaxii sono ricordati anche in un documento del 1217,

in FANTUZZi, VI, 188.

2 FANTUZZI, V, 321.

3 Chr., 1. cit.

Rossi, p. 422; FANTUZZI, III, 87.

5 Ottimo commento, ed. A. TORRI, al Purg. XIV, 105.

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