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capitale importanza, quali il concetto fondamentale della Commedia, i fini che il Poeta ebbe nel comporla, e i sensi che ad utilità dei leggenti nascose sotto la lettera. Il gran numero di lavori fatti sino a non molti anni addietro su questi argomenti, senza che sia stato possibile comporre gli avversi pareri, ha indotto in molti la persuasione, che troppo opinabile sia la materia per tanto tempo discussa, e troppo scarsi i sussidi per ritrovare intorno ad essa la verità. Ma dovrem dunque credere che Dante nascondesse tanto i suoi intendimenti, da non lasciar modo ai lettori di giungere a scoprirli? Il sussidio delle Opere minori, le quali, senza allegorie, contengono scientificamente esposte le dottrine dantesche, non sarà sufficiente a svelare le verità riposte dell'opera poetica, in cui Dante assommò le meditazioni e le speranze di tutta la sua vita? Non ignoro che la storia di quest'ultima dà pochi risultati sicuri, e che molte questioni sorte circa le Opere minori giacciono ancora insolute. Ma credo che per spiegare certi fenomeni e rivolgimenti interiori, una conoscenza sommaria della vita esterna sia sufficiente. Delle questioni poi relative alle Opere minori, qualcuna delle più importanti è, secondo il parere di molti, risolta, qualche altra giunta a probabile via di soluzione: la realtà storica di Beatrice, ammessa quasi generalmente; la data della Vita Nuova, ormai fissata ai primi anni dell'ultimo decennio del secolo XIII; la supposizione, che qualche parte del Convivio fosse scritta prima dell'esilio, dichiarata affatto gratuita; la composizione del De Monarchia, tenuta dai più posteriore a quella delle altre opere minori. Questi, ed altri simili dati, su cui pare non debba più cader dubbio, sono di così grande aiuto per tessere la storia interiore di Dante, e determinare quindi la genesi e i fini della Commedia, che quando lo studioso vi si accinga con animo sereno, nè si abbandoni alle proprie fantasie, dove l'intelletto non veda chiaro, può ripromettersi di far opera molto giovevole. Il non essersi finora ottenuti resultati accettabili universalmente, non prova già che la ricerca sia da lasciarsi per disperata. Gli antichi fecero mala prova, perchè non ebbero notizia del sistema politico. di Dante dalle sue Opere minori, che non conobbero o non curarono; nè il metodo analitico, di cui fecero uso costante nelle loro esposizioni, era atto a rivelarlo loro: poichè accenni alle dottrine politiche del Poeta sono qua e là nella Commedia; ma senza connetterli e far che l'uno lumeggi l'altro, è inpossibile trarne quella piena notizia del sistema dantesco che dia modo di rischiarare i punti oscuri, svelare le allegorie e determinare i fini che l'autore ebbe scrivendo. I moderni poi, quantunque avessero espo

sta nel Convivio la dottrina dei quattro sensi, secondo cui deve esser dichiarata ogni opera poetica, confusero (lasciando di dire delle stranezze dovute a cause politiche e religiose o a soverchio ardore di novità) l'allegoria speciale del primo canto dell' Inferno con l'allegoria generale; onde distinsero due allegorie propriamente dette, una risguardante la persona di Dante, l'altra l'uomo in generale; e confuso per conseguenza il senso letterale con l'allegorico, questo fecero consistere nel generalizzare a tutto il genere umano quel che di Dante è detto nel senso letterale espresso talvolta con linguaggio figurato. Ma chi nella vita del sommo Poeta andrà investigando come al fine di lodar Beatrice si aggiungesse il più eccelso intendimento di condurre l'uomo dallo stato di miseria allo stato di felicità, e dal De Monarchia vorrà apprendere in che, secondo l'Alighieri, consista, e come si distingua e raffiguri e ottenga, siffatta felicità, saprà mostrar la ragione dei due sensi letterale ed allegorico, in guisa da persuaderne ognuno. Pei sensi morale e anagogico, le parole di Dante nel Convivio, e l'esempio da lui stesso offerto in quest' opera, e l'uso degli antichi, mostrano che il lettore possa e debba andarli appostando per propria utilità anche dove l'autore non li abbia intenzionalmente posti o diversamente da quel che egli pensò; onde sarebbe oggi fatica sprecata l'attendere a quei sensi, tranne forse dove essi appaiono abbastanza chiari, essendo per lo più cosa affatto estrinseca al concepimento del Poema e, di natura sua, troppo vaga. Non così l'allegoria propriamente detta; strettamente connessa col senso letterale e insieme con esso concepita, determinata in tutti i suoi particolari, contiene i riposti intendimenti del Poema; onde merita si ricerchi con ogni cura, e non già nei volumi dei commentatori trecentisti, ma nella vita di Dante e nelle sue opere. A proposito delle quali sarebbe desiderabile che lo studio non si limitasse alla cosidetta trilogia, che non esiste se non nella fantasia dei critici, ma a tutte quante insieme e specialmente al De Monarchia, dove oltre le dottrine politiche che tante cose ispirarono della Commedia, sono perfin dichiarati alcuni dei simboli più importanti di essa.

Cosa sommamente desiderabile sarebbe, che insieme coi testi critici fossero pronti i relativi commenti, sì che d'ogni opera si potesse raccogliere in un volume quant'è necessario ad assicurare la genuina lezione e la retta interpretazione. E ciò per le Rime pare anche indispensabile; poichè senz' entrare nella dichiarazione del testo non so come possa farsi la distribuzione dei vari componimenti, che (tranne quelli raccolti nella Vita Nuova e nel Convivio)

giacciono o disordinati affatto o in parziali riordinamenti che non derivano dall'autore. Ma se per alcune delle opere di Dante (intendo la Vita Nuova e la Commedia) un commentatore troverebbe nella letteratura dantesca dovizia di mezzi all'opera propria, per altre, scgnatamente per le Rime e il Convivio, le difficoltà di illustrare convenientemente il testo sarebbero, nello stato presente di quella letteratura, tante e tali, da richiedere non pochi anni di studio indefesso. Onde sarà opportuno, appena l'uno o l'altro lavoro, concernente il testo o l'illustrazione, sia pronto, pubblicarlo: un' edizione definitiva dell'opera di Dante, definitiva in tutto, nel testo, nelle dichiarazioni, nei confronti, si farà poi quando tutti questi lavori speciali saran compiuti e sottoposti all'esame degli studiosi e da questi largamente discussi.

V.

Non poco è adunque il lavoro che resta da fare intorno all'Alighieri e alle sue Opere; si che il sorgere con nuove forze di un periodico dedicato a cose esclusivamente dantesche, e il costituirsi e l'allargarsi d'una Società che di studi severi sul gran Poeta si fa promotrice, non può non esser accolto con favore da ogni persona colta. Nè è da temere, che l'uno non possa viver di vita. florida accanto all'altra, e tanto meno che a vicenda si rechino. impaccio, quando la Società s'attenga all'assunto che s'è imposto e che le è conveniente « di far con forze unite ciò che gl' individui per sè soli non possono ».

di

E bene ha essa corrisposto sin qui al suo scopo, deliberando sin dalle prime adunanze che principal sua cura sia per ora la pubblicazione di un testo critico delle Opere di Dante, e proponendo all'operosità dei Comitati costituiti o da costituirsi nelle varie provincie, bibliografie dantesche regionali e raccolte di notizie che servano all'illustrazione della vita e degli scritti dell'Alighieri, in quanto si riferiscono alla città o terra, dove ciascun comitato ha sede. Per l'edizione delle Opere minori, non presentando esse, come abbiamo visto, quelle grandi difficoltà che s'incontrano per la Commedia, buon avvedimento è stato affidare la cura di ciascun testo a singoli studiosi, perchè, venendo così raccolto il ma

1 Si veda, per le cose che qui accenno, la Relazione sull'andamento della Società fatta dal vicepresidente Isidoro Del Lungo nell'adunanza generale del 28 marzo 1892 e pubblicata nel n. g del Bullettino.

teriale critico da una sola persona, più preciso è da aspettarsene il lavoro. E intanto il De vulgari eloquentia per opera del prof. Rajna è pronto per la stampa; assai innanzi è anche per cura mia, la Vita Nuova, e attendo nello stesso tempo alle Rime; e il prof. E. G. Parodi al Convivio. Restano il De Monarchia, l'Epistole e le Egloghe, alle quali è da credere non sia per mancare a lungo un appropriato curatore. Quanto all'edizione della Commedia, essendo <«< la matassa tanto imbrogliata, e così delicati gli espedienti per ravviarla », la Società ha ben veduto che « a raccogliere dai manoscritti danteschi e valutare convenientemente gli elementi necessari per determinare le loro relazioni, gioverebbe che il lavoro fosse fatto da un solo »; ma ha anche dovuto convenire che ciò sarebbe soltanto possibile quando questa persona « potesse esser posta in grado di attendere unicamente ad esso, con libertà e mezzi di andare da una città all'altra, dovunque e quandunque lo richiegga l'utilità e l'urgenza del lavoro ». Non avendo potuto ottener questo, la Società s'è messa per altra via «< certamente meno sicura e meno spedita, ma da menar pure a buon fine », se non manchi aiuto e conforto nel cammino da parte degli studiosi d'ogni parte del mondo, e se, dopo questo primo esame dei codici, si volga la mente allo studio completo di essi, almeno dei più antichi e dei più autorevoli in ciascuno de' gruppi che per questa prima indagine saranno determinati. E la via è questa. Scelti, dopo interi mesi di ricerche e di raffronti dalle tre cantiche del Poema circa quattrocento versi, « in cui cadono varietà di lezioni da poter servire utilmente all' aggruppamento dei vari codici »>, li ha presentati ai cultori di Dante, perchè « su questi quattrocento versi siano spogliati con ogni diligenza tutti i manoscritti della Commedia, fornendo su ciascun manoscritto quelle notizie che servano, rispetto agli altri, a distinguerlo o a ravvicinarlo ». I moduli, che «contengono la designazione di questi punti critici, e le istruzioni per compiere il lavoro con tutta l'esattezza necessaria a dargli uniformità, affinchè le singole collazioni cospirino agl' intendimenti e ai risultati d'una collazione generale » sono distribuiti a tutti quegli studiosi che «<< offrono sicure guarentigie di perizia e diligenza »; e il lavoro di ciascuno verrà accolto nel Bullettino, che la Società pubblica per accogliervi documenti e notizie di fatto sopra la vita, l'opere e la fama di Dante, e la Bibliografia dantesca ragionata d'ogni anno.

Il Giornale Dantesco può aiutare in questi suoi intenti la Società, ed esser nello stesso tempo campo aperto nelle materie disputabili a tutte le opinioni, e rivista critica degli studi che s'an

Giornale Dantesco

dranno via via pubblicando su Dante. A quest'ultima parte va atteso con larghezza e severità, sì che il periodico rappresenti fedelmente tutto quanto avviene nel suo àmbito; e rigorosa deve essere l'accettazione delle memorie, perchè il Poema dantesco, come offre argomento di seri e faticosi studi, così è l'opera che nella letteratura italiana dà più facili argomenti di dissertazione a chi non sappia o non possa far ricerche utili e nuove, e pur desideri di comparire al pubblico. So io purtroppo, che da tre anni passo in rassegna tutte le pubblicazioni dantesche, quanto nel nostro campo vigoreggi, accanto a poco grano, il loglio e l'erbaccia! Si lasci in pace per qualche tempo il piè fermo, la seconda morte, e la questione se Paolo parla o sta zitto; si pensi che la prima bibliografia dantesca, la stampa di quasi tutti i Commenti antichi, i migliori contributi all'edizione critica del Poema, la concordanza d'esso, e altri non meno utili lavori, li dobbiamo a stranieri; e vediamo che almeno rimanga a noi la gloria di compiere i lavori, de' quali ho cercato in queste pagine far vedere il bisogno.

Il risvegliamento d'attività, che vien testimoniato dalla costituzione della Società dantesca e dalla fondazione di periodici dedicati esclusivamente a cose dantesche, fa bene sperare dell' avvenire dei nostri studi'; nè è da dubitare che il Governo non voglia contribuire, per quanto è da lui, a questo loro risorgere. Dante ha maggiori titoli d'ogni altro alla riconoscenza nazionale, perchè, oltre all'essere il più gran figlio di questa terra, e quello che meglio rappresenta il genio della nazione, ha potentemente contribuito al nostro risorgimento politico, creando e mantenendo in ogni tempo l'unità morale degl' Italiani, temprando forti caratteri, ispirando alte cose. Di questa sua efficacia educatrice bisognerebbe trar profitto oggi, che alla generazione eroica che ha fatto l'Italia è succeduta una generazione moralmente più debole. Inoltre, chi senta alto della nazione che alle sue cure è commessa, dovrebbe con tutte le forze impedire che le sia conteso il primato almeno negli studi concernenti il suo Poeta. Mentre dunque s' aiuti l'iniziativa privata nel procurare delle Opere dantesche un' edizione degna del rinnovato metodo critico (e sarà meglio che farsi il Governo stesso editore, come per Galileo è avvenuto), si provveda anche a quell'insegnamento che con tanta solennità fu già stabilito nell' Università romana, e che in Firenze, centro naturale degli studi danteschi, s' impartiva anche in tempi più tristi, e non può oggi mancare, se si voglia formarvi davvero quella grande facoltà letteraria che è nei desideri di quanti apprezzano le ricchezze delle sue biblioteche e de' suoi archivi. L'arte di Dante

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