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BOLLETTINO

Aragona Carlo Tommaso. Interpretazione della prima terzina del canto VI del « Purgatorio ». (In Roma letteraria. Anno I, no. 16)、

Confuta uno scritto sopra questo tema del sign. Masaracchio apparso recentemente nella Rivista etnea, e prende occasione da ciò per dare anch' egli una sua interpretazione della famosa terzina. Per dipingere Farinata, simbolo dell'amor di patria, Cavalcante, simbolo dell'amor figliale, Dante si serve di un contrasto di luce e di ombra per formare un quadro ammirevole e dar rilievo a' lineamenti delle sue figure. E ciò è logico, perchè in natura nulla è assoluto e tutto è relativo: il bello e il brutto, la forza e la debolezza, l'odio e l'amore, l'ombra e la luce.... Così anche nella pittura. La figura è riprodotta dall'armonia della luce e dell'ombra; e quanto quest'armonia e l'accordo de' toni son più perfetti, tanto più perfetto è il quadro e l'artista più abile. Dante segue appunto questo metodo costantemente; e con questo criterio eseguisce quindi anche il quadro contenuto ne' primi versi del canto VI di Purgatorio. Dante qui dipinge un vincitore della zara che allegro e lesto esce seguito da coloro che vorrebber partecipare del guadagno della vincita, mentre il perditore, che se ne sta dolente a ripetere le volte, cerca di imparare meglio il giuoco e prepararsi così alla rivincita. Tale la similitudine. Ora, se nulla è d'assoluto ma tutto di relativo, ed è questa la pietra angolare su cui si basa l'edificio dell'arte dantesca, abbiamo avuto dipinto il perditore, che è certamente tutto l'opposto del vincitore; ed in quella relazione tra il vinto, che ripete le volte, ed il vincitore che distribuisce strette di mano senza fermarsi, ma filando sempre dritto, mentre gli astanti lo seguono perchè vogliono partecipare del guadagno, noi abbiamo il contrasto della gioia e del dolore, della lestezza e della immobililà, del volere e non volere; o, meglio, il vincitore risulta tanto più allegro e lesto quanto il perditore è più dolente e immobile; il vincitore ha tanta voglia di non dare, quanto quelli che lo seguono di ricevere. La figura che più deve spiccare in questo quadro è dunque il vincitore che va lesto e contento, intanto che il perditore e gli astanti, che lo seguono, sono i chiaroscuri voluti dall'arte dantesca, perchè la figura dipinta, il vincitore che va lesto, rifulga più bella dal contrasto. Se dunque la figura che spicca dalla similitudine è il vincitore, il paragone esiste soltanto per il vincitore; questi non vuol sentire di far parte agli altri, come Dante non vuol sentire le storie di quegli spiriti che gli si fanno tutti dappresso, e promette a questo, e a quello volta la faccia di qua e di là con tanta voglia opposta a quella delle anime che lo seguono. (118

Auvray Luoien.

Cfr. no. 128.

Billia L. Michelangiolo. Dante e il potere temporale dei papi, per A. Buscaino-Campo. (Annunzio in Nuovo Risorgimento. Vol. III, ni 9-10).

In questo opuscolo l'operoso dantista siculo si oppone con vigore di logica, cognizione di causa e valore di persuasione al Poletto il quale, in un suo scritto (Studi danteschi, pag. 151), attribuisce a Dante una opinione troppo favorevole a quel potere temporale che pure è stato cagione di tanto danno spirituale. Cfr. no. 124. (119

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Giornale dantesco diretto da G. L. Passerini. (Annunzio, ivi).

Non si comprende perchè il solerte editore Olschki abbia ucciso il suo periodico L'Alighieri per sostituirvi quest'altro che del resto è somigliantissimo al primo, da che l'Alighieri

non mancava di pregi, e il Giornale non sembra avanzarlo. Ma o con un nome o con un altro una rivista grande, consacrata a Dante, è richiesta non meno dalle esigenze degli studi che dall'onore nazionale. In questo primo quaderno del nuovo periodico è copia diligente di notizie, modernità di intenti e di metodo; ciò che del resto non mancava all' Alighieri di cui è sperabile che la nuova rivista continui le tradizioni. (120

Bonanni Teodoro. Vincenzo Bellini e la musica italiana. (In Atti dell' Accademia Dante Alighieri, di Catania. Vol. VIII).

dia.

Dopo un' epigrafe in onor di Bellini, l'autore parla della musica nella divina Comme(121 Brown F. Horatio. Rassegna del libro di Hans Spangenberg su Cangrande I della Scala. (In English Historical Review. Aprile, 1893).

(122

Favorevole. Bryce James. Le saint empire romain germanique et l'empire actuel d'Allemagne: traduit de l'anglais par Emile Domergue, précéde d'une préface de Ernest Lavisse. Paris, Armand Colin et cie., editeurs, (Coulommiers, typ. P. Brodard et Gallois), in 8°, 1893, di pagg. XLI-596.

Sommario. I. L'empire romain avant l'invasion des barbares. II. Les invasions barbares. III. Restauration de l'empire en occident. IV. L'empire et la politique de Charlemagne. V. Les empereurs carolingiens et italiens. VI. Théorie de l'empire au moyen-age. VII. L'empire romain et le royaume germanique. VIII. Les empereurs saxons et franconiens. IX. Lutte de l'empire et de la papauté. X. Les empereurs en Italie; Frederic Barberousse. XI. Titres et et pretentions des empereurs. XII. Chute des Hohenstaufen. XIII. La constitution germani. que les sept electeurs. XIV. L'empire considéré comme puissance international. XV. La ville de Rome au moyen age. XVI. La renaissance; l'empire change de caractère. XVII. La reforme et ses effets sur l'empire. XVIII. La paix de Westphalie; dernière phase du déclin de l'empire. XIX. Chute de l'empire. XX. Conclusion. XXI. Le nouvel empire allemand. (123 Busoaino-Campo Alberto - Dante e il potere temporale de' papi. (Recensione in La Cul tura. Anno II della nuova serie, ni. 17-18).

Raccogliendo i passi relativi alla potestà ponteficia nella divina Commedia l'autore vuol dimostrare che Dante non fece che intravedere la formula celebre della chiesa libera nello stato libero, lontana da ogni ingerenza mondana. E cita una bella lettera di santa Caterina da Siena che consiglia il papa a lassar andare l'oro delle cose temporali. Cfr. no. 119.

Castelli Giuseppe. Cfr. ni. 2, 54. 70 e 143.

-

(124

Cino da Pistoja. Una canzone inedita pubblicata per cura di U. Nottola. (Recensione in Nuova Antologia. Terza serie, vol. XLV, fasc. 12).

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(125

De Fabriczy C. Recensione del libro di H. Janitscheck « Die Kunstlehre Dante's und Giotto's Kunst ». (In Archivio storico dell' arte. Anno V, fasc. 11).

L'autore si accinge a chiarire la connessione della teoria dell'arte svolta da Dante coll'arte di Giotto. Prendendo le mosse dalle dottrine relative di san Tommaso d'Aquino egli dimostra che l'Alighieri, in quanto alla metafisica del bello, in sostanza segue le orme del grande propugnatore della filosofia scolastica, di cui egli si confessa discepolo. Sull'origine e sulla natura del bello egli non ci offre altri schiarimenti all' infuori di quelli desunti dal sistema filosofico del suo maestro; il suo merito non consiste in altro se non nell'avere, per mezzo della poesia, popolarizzato la dottrina di lui. Ma oltre alla teoretica vi è pure negli

Giornale Dantesco

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svolgimenti di Dante su questo soggetto, una parte, direm così, pratica, le cui conclusioni sono desunte dalle esperienze proprie del poeta e nella quale egli ha precisato le esigenze istintive dell'epoca sua, il cui spirito e genio lo animava e lo guidava nelle sue proprie creazioni artistiche. Se l'arte a Dio quasi è nepote (Inferno, XI, 105) incombe ad essa di cattivare l'anima per la bellezza delle sue creazioni, come pur fa la natura. Così l'attività creatrice dell'artefice vien messa in analogia con l'attività di Dio (Monarch., I, 1) e conseguentemente negata la concezione medievale che nell'arte non ravvisava che un mestiere. A questo modo di vedere corrisponde anche la dottrina dantesca sull'origine dell'opera d'arte. L'idea di questa, esistente nel concetto, nella coscienza dell'artefice, è il primo momento nel processo creatore. Ma essa deriva dall'ispirazione: questa è la forza misteriosa che fa germogliare nell'animo dell'artefice l'idea dell'opera d'arte (Purgatorio, XXIV, 52 e segg.). L'artefice non è per altro capace di metterci innanzi checchessia rimasto estraneo alla sua natura (Convivio, IV); egli non può figurare se non quanto ha assimilato nel suo interno, quanto ha sperimentato nell'animo suo. E di fatti l'adempimento di questi precetti è la presupposizione per quella realità che a Dante pare il più alto scopo dell' aspirazione dell'artefice (Purgatorio, XII, 64 e segg.) benchè egli sia consapevole che a questi non è mai concesso di rivestir le sue idee di quella forma perfetta che esse hanno nella sua imaginazione (Paradiso, I, 127; XXX, 19 e segg. e 31 e segg.). Tale giudicio sopra le esigenze e i fini dell'arte è stato confermato non solo dalla evoluzione dell'arte nei secoli seguenti, ma già il grande contemporaneo di Dante, Giotto, appare nell'indirizzo dell'arte sua come l'illustrazione degli assiomi danteschi. Cfr. no. 95.

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Cfr. no. 123.

(126

Domergue Emile. Frey Carlo. Il codice magliabechiano Cl. XVII, 17, contenente notizie sopra l'arte degli antichi e quella de' fiorentini da Cimabue a Michelangelo, scritte da Anonimo, ecc. (Recensione in Archivio storico italiano. Serie V, tomo XI. disp. 2a del 1893).

Favorevole.

(127

Formont Maxime. Les manuscrits de Dante des bibliothèques de France par Lucien Auvray. (In Poly biblion: revue bibliographique universelle. Partie litteraire. Giugno, 1893).

Il libro dell' Auvray ricolma una grande lacuna, dandoci, per la prima volta, una descrizione diligente, metodica ed abbastanaa minuta delle ricchezze dantesche che la Francia possiede: trentasei manoscritti del poema, delle copie, più rare, delle opere minori, e degli scritti di esegesi e di analisi riferentesi a l'opera di Dante. Non è mestieri dimostrar la importanza e l'attrattiva di tale publicazione designata a completare e a mettere al corrente i lavori del Marsand e del Colomb de Batines. Essa è una delle manifestazioni più felici del presente risveglio delli studi sopra l'Alighieri. Tolte alcune mende lievi, il libro dell' Auvray non lascia nulla da desiderare. I manoscritti vi sono analizzati minutamente, con sicuro criterio: e l'autore ci dà assai compiute notizie dintorno alla provenienza, al titolo, al formato, al testo, alla scrittura, alla ornamentazione de' vari codici; molti de' quali hanno una storia che arricchisce gli annali della bibliografia francese di importanti particolari e finora mal noti. Il sig. Auvray non si è, con questo suo libro, reso benemerito soltanto degli amici di Dante, ma di tutti, indistintamente, gli eruditi francesi. (128

Funai Mario. Note dantesche. Gravina, tip. Salvatore Janora, 1893, in 16o. Le note son quattro. La prima intorno ai versi 58 e 85 del V d'Inferno, tende a dimostrare, contro il sentimento del Blanc e di altri, che l'Alighieri non fece distinzione tra la schiera ov'è Dido e quella ove sono Semiramide e Cleopatra. La seconda, sui versi 79-80 del IV d'Inferno, pone in chiaro che da un solo dei quattro poeti (versi 83 e segg.) e, molto probabilmente, da Omero, fu esclamato Onorate l'altissimo poeta.... Con la nota terza il Funai difende, contro il Parenti, il Rosini e il Grosso, la lezione della Crusca Che m'han jatto

cercar lo tuo volume (Inferno, I, 84): e, finalmente, con la quarta torna sulla questione dei versi 37-39 del V canto di Purgatorio, Vapori accesi non vidio sì tosto, per dar autorità alla lezione nidobeatina Nè sol calando in nuvole d'agosto, e interpretare l'intero terzetto così: Io non vidi mai lampeggiamenti fendere il sereno, così rapidi sul far della notte, o sul far della sera d'una giornata d'agosto, quando il sole cala fra le dense nuvole afose, come, (129 Breve esposizione della divina Commedia. (Recensione firmata C.

ecc.

Giordano Antonino.

A. T. in Fanfulla della domenica. Anno XV, no. 28).

Il Giordano publica le buone lezioni dantesche da lui date a' propri allievi dell'Istituto tecnico nell'Ateneo Galileo Galilei di Napo; e l'idea merita lode. Il commento è infatti piano, chiaro, efficace e gli ultimi studi e risultati danteschi sono stati posti a contributo con felice parsimonia e con sana critica. (130

Giordano Arturo. Le figure dantesche » del Crescimanno. (Annunzio in Rivista let teraria scientifica artistica. Anno II, no. 1).

Il lavoro del Crescimanno è condotto con competenza ed ampiezza di vedute. (131) Janitsoheok H. - Cfr. no. 126.

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Malaguzzi-Valeri Francesco. 1 codici miniati di Nicolò di Giacomo e della sua scuola in Bologna. (In Atti e memorie della r. deputazione di storia patria per le prov. di Ro magna. Terza serie, vol. XI, fasc. 1-3). (132 Mestioa Enrico. La psicologia nella divina Commedia. (Recensione in Nuova Antologia. Terza serie, vol. XLV, fasc. 10).

Il libro del Mestica è, sopra tutto, una chiara e buona esposizione delle idee filosofiche che Dante ebbe intorno a l'anima umana in genere, una sintesi garbata e compiuta delle dottrine psicologiche che il poeta verseggiò con tanto e sì vittorioso sforzo di arte in più canti della Commedia. Qualche censura si potrebbe fare alla introduzione nella quale l'autore non si è sempre mostrato informato delle conclusioni cui la critica è giunta rispetto agli an tichi commenti danteschi. (133

Morpurgo Salomone. I codici Riccardiani della divina Commedia. (Recensione ivi, fasc. 14). Il Morpurgo ha descritto in questo lavoro i trentasei codici della divina Commedia che si conservano nella biblioteca Riccardiana. È un contributo notevole alla futura edizione critica del poema dantesco. Secondo le norme date dalla Società dantesca italiana l'autore ha spogliato diligentemente i codici e riassunto poi in un indice delle varianti i resultamenti del suo lavoro per facilitare le ricerche e per preparare il lavoro della classificazione. E in ciò, specialmente, appare quanto acume e dottrina occorrano là dove potrebbe a prima vista sembrar bastevole l'opera di un raccoglitore paziente. La descrizione poi che il Morpurgo dà dei codici giova non poco agli studi danteschi, e non è priva di curiosità: come là dove un copista, per compiere le colonne che restavano in bianco tra il commento di Jacopo della Lana aggiunse di suo goffi versi, o là dove altri, per isfogo di sue vendette, si fe' lecito di introdurre terzine nuove nel canto de' traditori. (134 I manoscritti della r. Biblioteca Riccardiana di Firenze. Roma, presso i principali librai, (Prato, tip. Giachetti, figlio e C.), 1893, vol. I, fasc. 1°, in 8°, di pagg. 80.

-

Fa parte degli indici e cataloghi publicati a cura del Ministero dell'istruzione publica. L'autore avverte che dovendo compilare un nuovo catalogo de' manoscritti riccardiani gli è sembrato opportuno cominciarlo dalla serie dei codici italiani, ch'è la più ricca e importante, come quella che comprende quasi i tre quarti dell'intera raccolta. In questo primo fascicolo son descritti i codici dal no. 1002 al no. 1085: e tra questi sono più manoscritti della divina Commedia o degli antichi commenti di essa. Ctr. no. 134. 0135

Nottola Umberto. Studi sul Canzoniere di Cino da Pistoja: contributo all' edizione critica. (Recensione in Nuova Antologia. Terza serie, vol. XLV, fasc. 12).

Il Canzoniere di Cino, come deve essere ancora sottoposto a una recensione severa che distingua le cose veramente sue da quelle che gli furono per errore attribuite, così aspetta ancora una mano pietosa e intelligente che lo liberi dagli errori onde fu deturpato prima dai copisti e poi dagli editori antichi e moderni; dai moderni specialmente, tra i quali il Fanfani che ne procurò nel 1878 una edizione spropositata e invano presentata come conte nente le rime ridotte a miglior lezione. Questo lavoro, che non è senza difficoltà molteplici, si è assunto di fare il dr. Nottola; il quale ora presenta un notevole saggio dei suoi studi e promette di dar fuori l'intero Canzoniere del pistoiese in un testo ricostituito sui codici e con i sussidi della critica. Da questo saggio si vede ch' egli s'è messo sopra una buona strada: ha rintracciati tutti i codici conosciuti, e per ora ha formato una lista bibliografica di tutti i componimenti corsi per il mondo col nome del pistojese, i quali ascendono al bel numero di dugentrentasette. Ha poi abbozza'o una discussione sommaria sull'autenticità delle rime per sgombrare il terreno dalle false attribuzioni. Cfr. ni. 51 e 125. (136

Novelli Vincenzo. I Colonna e i Caetani: storia del medio-evo di Roma. Roma, tipografia fratelli Pallotta, 1893, voll. due in 8.o, di pagg. XIV-295, 353.

Indice dei capitoli. Vol. I. Prefazione. Il corteo. A san Giovanni in Laterano. Nel Patriarchio. Fra Jacopone da Todi. La prima visita. La partita a scacchi. Proteste fallaci d'amore. Sera tremenda. Consiglio di famiglia. Le nozze. La pazza. La serenata. Le prime ire. Cattivi sintomi. Il concistoro. A Lunghezza. La sfida. Il torneo. Prime discordie in famiglia. I rovesci del papa. A sacco e a fuoco. Le peripezie del prigioniero. Perchè il papa partì da Roma. Vol. II. Proposte inaccettabili. La crociata. Al monastero. Alla ricerca della contessa. I menestrelli. La Pia de' Tolomei. Sorpresa sgradita. Il divorzio. Il consiglio di fra Guido da Moltefeltro. La rivelazione. In casa Savelli. Speranze vane. A vita novella. Triste ritorno. Umiliatevi... e poi.... Incredibile, ma vero! Il giuramento. Al castello dell' Anguillara. Lembo sereno di cielo. Epilogo. (137

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Perrens F. T.

La civilisation florentine du XIII au XVI siècle. (Recensione firmata Appi in La Nazione. Anno XXXV, no. 206). (138

Portal K.

· I trovatori nella divina Commedia. (In Atti dell' Accademia Dante Alighieri, di Catania. Vol. VIII).

Accenna ai trovatori citati nella divina Commedia e si maraviglia che solo di pochi abbia Dante fatta menzione nel suo poema. (139

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Prompt (Dr.). Calendario che si ritrova nel codice 1011 della biblioteca di Grenoble. (Senza note tipogr.), in 8o, di pagg. 7 precedute da VII tavv. in fototipia.

Elegante publicazione nelle nozze Dini-Prompt, riproducente uno di quei calendari che gli antichi mettevano a capo de' libri di preghiere. È notevole per gli studi nostri la storia di Adamo e di Eva, dipinta in sei miniature al piede delle sei pagine del calendario, pel modo con cui vi è rappresentato l'albero della scienza, rispondente perfettamente alla descrizione di Dante (Purgatorio, XXII, 131) Un alber che.... come abete in alto si digrada Di ramo in ramo, così quello in giuso. (140 Trisenso della lonza, del leone, della lupa nella divina Commedia. Reggio-Emilia, tip. operaia, 1893, in 16o, di pagg. 8.

Radazzini Emiliano.

Le figure allegoriche della lonza, del leone e della lupa son certamente tolte da Geremia (V, 6). I commentatori di Dante non si ingannarono a discernere nei tre animali altrettante potenze e cioè nella lonza la republica di Firenze, nel leone il regno di Francia, nella lupa la corte di Roma. Ma non vi intravidero gli altri due sensi, il morale cioè, e l'anagogico. Il

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