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lomone par che abitasse a Lugo, essendo pochi giorni dopo nominato con molti altri lughesi nel giuramento di fedeltà prestato all' arcivescovo ravennate. Nè di Guido del Duca si trova più altra notizia; sì che è da credere che poco dopo il 1229 ei venisse a morte. E morendo suscitò il rimpianto degli amici, tanto che Arrigo Mainardi eo mortuo, fecit secari lignum per medium in quo soliti erant ambo sedere, asseruns quod non remanserat alius similis in liberalitate et honorificentia 2; ma insieme con il ricordo della sua cortesia e liberalità sopravisse nella memoria degli uomini di Romagna il ricordo, che Dante dovea poi raccogliere, della invidia ond' egli fu dominato e che lo trasse a desiderare i beni dei suoi consorti (Purg. XIV, 82-87). Guido del Duca, se fu aderente dei Traversari, seguiva certamente parte ghibellina; di parte guelfa fu invece Rinieri da Calboli, che Dante imagina di aver incontrato con lui nel secondo cerchio di purgatorio; li riunì insieme a conversare, sebbene fossero stati di opposta fazione, per quello stesso criterio morale e insieme artistico per cui nella valletta fiorita dell'antipurgatorio accoppiò in amichevoli colloqui i principi che più fieramente si erano combattuti l'un l'altro in terra; li riunì, perchè ciò tornava bene al suo disegno di rappresentare la decadenza delle nobili stirpi romagnole, sebbene Guido e Rinieri non si fosser conosciuti nel mondo, poichè quando l'uno moriva, l'altro doveva essere ancor fanciullo.

Di Rinieri abbiamo più copiose notizie che di Guido. Calboli, piccola terra della Romagna toscana, nella valle del Montone 3, ebbe anticamente i suoi signori cui diede il nome, per essere centro di un piccolo dominio. feudale corrispondente press' a poco al territorio dell'odierno comune di Rocca S. Casciano : li aveva sino dal secolo IX, se vogliamo credere ai genealogisti 5; ma veramente solo nel secolo XIII appariscono nei documenti e nelle cronache e mescolati agli avvenimenti cittadini in Forlì. Forse furono come altri cattani e nobili di contado costretti alla fine del secolo

1 Nella storia del CARRARI, di cui riferisce le parole l' AMADUCCI 1. cit.; il TORRACA richiama anche la testimonianza del Rossi, Hist. ravenn., cit.

2 BENVENUTO DA IMOLA, Com. super Dantis Com., Firenze, Barbèra, 1882, III, 389.

3 REPETTI, I, 384; dove le notizie storiche non sono anteriori al secolo XIV.

4 REPETTI, IV, 790 e segg.; il dominio feudale dei Calboli era formato dai castelli di Particeto, Montecerro, Orsavola, S. Donnino, Buffolano, Munsignano, Rocca di S. Cassiano in Casatico, Montebello, Pietradappio, S. Cassiano in Pennino, Monte S. Pietro, Salto di Fiumana, i quali Francesco da Calboli lasciò morendo alla Repubblica fiorentina nel 1382.

5 Si veda, p. es., L. MERLINI, I lustri antichi e moderni della città di Forlì. Forlì, 1757, pag. 240. Non ho potuto consultare gli Annali della famiglia Calbola detta Pauluzzi, Rimini, 1812, indicati dal BAGLI, 1. cit. pag. 346.

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XII a inurbarsi, e portarono nella città le loro voglie ambiziose e le soperchierie magnatizie. Rinieri, di cui ci parla Dante come di uomo ornato di cavalleresche virtù (Purg. XIV, 88-90),

Questi è Rinier, questi è il pregio e l'onore
della casa da Calboli,

potè nascere nei primi decennî del secolo XIII, poichè già nel 1247 tenne l'ufficio di podestà in Faenza, poi nel 1252 in Parma, riacquistando a quel comune parecchi castelli 2, e nel 1265 in Ravenna 3; ma sembra che invece d'andare in signoria gli premesse di badare alle cose forlivesi e alle terre feudali, chè non sappiamo d'altre podesterie da lui esercitate, dopo quelle tre prime, se non molti anni di poi. Nel 1276 Rinieri ed altri signori del contado si ribellarono al comune di Forlì e con l'aiuto dei Fiorentini occuparono il borgo di Civitella, il castello di Pianetto e altre terre della montagna, Valdoppio, Valcapra e Montevecchio; poi si rinchiusero nel castello di Calboli, con più di settecento uomini, e vi fecero gran guarnimento, provvisionandolo per molti mesi coi denari che loro fornì a questo fine la parte guelfa di Bologna. Allora Guido di Montefeltro, capitano del popolo di Forli, cavalcò con l'esercito contro Calboli, traendo seco macchine di guerra; et die noctuque, dicono i cronisti, jaculabantur lapides magnos, destruendo muros et homines occidendo, finchè viri Calbulenses se dederunt salvi in personis et rebus quas portare possent, e il castello fu incendiato e distrutto. I signori di Calboli si ritirarono nelle altre loro. terre, e soltanto nel 1284 furono rimessi a Forlì 5, dove non tardarono a suscitar nuovi guai. Il giorno di Pasqua dell' "85 fu morto a ghiado, per

1 MITTARELLI, op. cit., pag. 492.

2 Chronicon parmense in MURATORI, Rer. ital. script. IX, 776; AFFò, Storia della città di Parma, II, 234, e SAVIOLI, Annali bolognesi, III, I, 257 e II, 292.

3 M. FANTUZZI, Monumenti ravennati, IV, 374.

4 P. CANTINELLI, Chronicon faventinum in MITTARELLI, op. cit., pagg. 250 e 273; donde procede il racconto degli Annales forolivienses in MURATORI, Rer. ital. script. XXII, 140, 143; la cronologia nelle fonti è alquanto disordinata: all'anno 1276 riferisce i fatti anche S. MARCHESI, Supplemento istorico dell'antica città di Forlì, Forlì, 1678, pag. 213, che certo attinse anche ad altre cronache.

5 MARCHESI, Suppl. ist. pag. 236. Non si oppone a questa notizia il codicillo di Saracena vedova di Mainardo da Forlì del 7 novembre 1283, per cui Rinieri da Calboli e i suoi figli maschi furono, sotto certa condizione, chiamati eredi di un terreno in Vespeneto; poichè, sebbene rogato in Forlì, non esclude che gli eredi fossero fuori (TARLAZZI, Appendice ai monumenti ravennati, I, 361).

opera loro, Aldrovandino degli Argogliosi, e verso lo stesso tempo essi ebbero altre brighe coi conti di Castrocaro; delle quali si composero nel 1287 per intromissione di Malatesta da Verrucchio, il quale anche li pacificò con gli Argogliosi 2. Capo della famiglia sembra che fosse allora Rinieri, già autorevolissimo tra i signori romagnoli, tanto che nel 1291 fu insieme con Malatesta, con Maghinardo da Susinana e con più altri uno dei fideiussori all'accordo per i danni dati da Guido da Polenta a Stefano Colonna, già conte di Romagna; al quale accordo furono presenti i conti Aghinolfo e Alessandro di Romena, i conti Alberto e Azzolino di Mangona, e gli ambasciatori fiorentini Lapo Saltarelli, Guelfo Cavalcanti, Sinibaldo Pulci; casati e nomi di danteschi ricordi 3. Nel primo semestre del 1292 Rinieri da Calboli fu chiamato podestà a Faenza, essendo capitano del popolo Maghinardo da Susinana, vero signore, sotto il modesto titolo, della città ; e durante la sua podesteria faentina sorsero gravi torbidi in Forlì per una taglia messa dal conte di Romagna, Aldobrandino da Romena: la sostenevano gli Argogliosi, ma i Calboli con la maggior parte del popolo non la volevano pagare; di guisa che il conte pretendeva che fossero mandati a confine, ed essi, per difendersi, chiesero aiuto a Faenza. Il seguito è così raccontato da un contemporaneo: Et in cepto rumore per ipsam civitatem Forlivii, dictus d. Comes fecit publice proclamari, quod omnes sui milites et stipendiarii cum armis et equis eorum incontinenti ad palatium populi, ubi idem dominus continue morabatur, venire deberent; propter quod illi de Calbulo cum eorum amicis, eques et pedes, reduxerunt se in contrata que vulgo dicitur de Sclavania, illucque expectaverunt donec illi de Faventia fuerunt ibidem: quibus venientibus contigit quod d. Raynerius de Calbulo potestas et d. Maghinardus [de Susenana] capitaneus Faventie cum eorum militia et maxenata, in quantitate CC. equitum, et cum populo faventino, tamquam leones intrantens ipsam civitatem Forlivii, equitaverunt euntes versus plateam civitatis eiusdem, facientes retrocedere milites d. Comitis et Argoglosios et eorum sequaces cum eorum exforcio. Et erant cum dicto d. Comite fratres sui comes Aghinulfus et comes Alexander de Romena, et comes Albertus de Mangone, et comes Azolinus de Mangone, et Guilielmus et Petrus comites de Castrocario, et frater Albericus de Manfredis, et multi alii nobiles et potentes viri; et habebat idem d. Comes bene

1 CANTINELLI, in 1. cit. pag. 276.

2 CANTINELLI, in 1. cit. pag. 278; Annales Foroliv. in op. cit., XXII, 154.

3 FANTUZZI, Monumenti ravennati, III, 151-154.

4 CANTINELLI, in 1. cit. pag. 287.

CCCC. equites pro suis stipendiariis ibidem secum, qui omnes conversi sunt in fugam, et exeuntes per burgum de Codogno aufugerunt, aliqui ex eis usque ad castrum Bretenorii, aliqui usque Cesenam, ubi dictus d. Comes aufugit; et in ipso facto mortuus fuit d. Raynerius de Abaysio de Bononia archipresbyter plebis de Solustra Imolensis diocesis, et plures alii, et multi fuerunt ibidem vulnerati et capti, inter quos captus fuit d. Aghinulfus de Romena frater dicti d. Comitis Romaniole, et ductus Faventiam, et Albertus ejus filius 1. Compiuta l'impresa, Rinieri da Calboli e Maghinardo da Susinana ritornarono in Faenza; ma la parte de' Calboli si afforzò in Forlì, e cominciò a perseguitare gli avversari, sì che dovette intromettersi il comune di Bologna, perchè cessassero dalle novità ingiuriose, specialmente contro quelli di Valbona. Gli Argogliosi intanto, i quali erano ai confini, cercavano di rientrare in patria; vi riuscirono nel luglio del 1294, ma poco dopo suscitarono la città a rumore e scacciarono i Calbolesi, parecchi dei quali, e tra essi Nicoluccio figlio di Rinieri, furono ritenuti prigionieri 3. Due anni di poi, nel giugno 1296, mentre i ghibellini di Romagna predavano il territorio bolognese in servigio del marchese di Ferrara, i guelfi fuorusciti da Forlì, aiutati dai loro amici di Ravenna, di Rimini e della Marca, con un colpo audace s' impadronirono della città e ne cacciarono gli avversari e certo in questo fatto dovette avere una parte principale Rinieri da Calboli, che così si riapriva ancora una volta le porte contese della patria. Ma fu breve il trionfo della sua parte, chè accorsero al rumore Scarpetta degli Ordelaffi, Galasso di Montefeltro e altri e scacciarono di nuovo i guelfi: nel conflitto molti furono i morti e i prigioni; tra gli altri caddero combattendo Rinieri e suo fratello Giovanni 4. Così finì la vita il gentiluomo da Calboli, non per mano di un fratello, come confondendo malamente le cose fecero dire i copisti a Benvenuto da Imola 5, ma con le armi alla mano, contendendo agli avversari la patria.

(Continua).

T. CASINI

I CANTINELLI, in 1. cit. pag. 288.

2 CANTINELLI, in 1. cit. pag. 292.

3 CANTINELLI, in 1. cit. pag. 296; Annales forol. XXII, 163.

4 CANTINELLI, in 1. cit. pag. 305; Annales forol. XXII, 170.

5 Com. III, 387. La lezione Raynerius.... fuit interfectus a Johanne fratre eius, data da alcuni codici del commento di Benvenuto, è dimostrata erronea dalle fonti citate nella nota precedente: seguendo tale lezione caddi anch'io, nel commento al Purg. XIV, S8, in questo errore, che fu poi naturalmente ripetuto da altri. La lezione vera è forse cum Johanne; poichè nella cronaca del CANTINELLI, 1. cit., si legge et occisi fuerunt d. Raynerius de Calbulo, et Johannes ejus frater et multi alii.

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In una chiosa sul passo dello Stige, pubblicata nella Biblioteca delle Scuole Italiane (N. 11, 12, 13, Vol. III, Verona, 1891, edit. Tedeschi) mi studiai dimostrare che Flegias, custode del quinto cerchio d' Inferno, non è nel disegno del poema destinato a traghettare per la palude Stige le anime dei dannati, come da tutti i comentatori si è finora creduto, ma serve suo malgrado da nocchiero a Dante e Virgilio, per quella virtù suprema che guida i passi dei due poeti per sì selvaggia strada. E come Gerione e i Giganti sono cortesi dell'opera loro alla discesa di Dante di cerchio in cerchio, in grazia delle lusinghe di Virgilio, così Flegias è costretto a prestare la sua barca, sebbene per tutt'altro sermone che quello delle blandizie.

Questa opinione, da me piuttosto estesamente dimostrata, pare sia stata ben accolta nella comune opinione dei migliori dantisti; e il d.' G. A. Scartazzini l'ha digià esattamente riprodotta, accettandola, nel suo comento della Commedia, edito recentemente dall' Hoepli; sebbene egli si sia riserbato ad altro tempo e per altra futura edizione di menzionare le nuove chiose delle quali s'è valso nel suo nuovo comento.

Ora, a norma della surriferita spiegazione sul passo dello Stige, io ho dato un nuovo significato a qualche parola e a qualche frase del canto VIII dell' Inferno: così, l'altrui del verso 30 (più che non suol con altrui) ho riferito a Flegias, e non alle supposte anime dei dannati, al modo stesso di quell' altrui del verso 133, canto I del Purgatorio, evidentemente riferito a Catone: Quivi mi cinse, si come altrui piacque. Com'era cioè piaciuto a Catone, quando aveva detto a Virgilio:

Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
d'un giunco schietto.

Di altrui in questo significato esclusivo, riferentesi ad una sola persona precedentemente nominata o sottintesa, non mancano esempi nella Commedia; ed io non credo di trovare in cotal pronome alcuna difficoltà all'interpretazione da me data, come a prima giunta potrebbe sembrare. Ma non così libera e scarca sentomi la coscienza riguardo alla spiegazione che in quella stessa chiosa io diedi delle parole di Flegias: « Or sei giunta anima fella! » - Conservando al verbo giungere il significato di arrivare, secondo intendono tutti i comentatori, io mi sono solamente da essi discostato nel trovare in quelle parole il senso della maraviglia, che, al pari di tutti gli altri custodi dei cerchi infernali, prova Flegias in vedere un uomo vivo discendere giù per l'inferno. Difatto, egli si rivolge solamente a Dante, come a Dante s'erano rivolti Caronte e Minosse, come a lui solo è ragionevole credere sieno rivolti i latrati di Cerbero e le strane parole di Pluto, e come a lui si rivolgerà l'opposizione dei demonii sull'entrata di Dite, quando grideranno :

Chi è costui che senza morte va per lo regno della morta gente?

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