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cenni, delle più elevate classi sociali, i cittadini gentili, i cattani o piccoli signori di contado e i feudatari grandi. Da Ravenna, ove Dante trovò spenta la famiglia dei Traversari e degli Anastagi, ci conduce a Rimini la. menzione, ch' ei pone sulle labbra a Guido, di « Federico Tignoso e sua brigata » (Purg., XIV, 106). Ciò che di lui seppero gli antichi commentatori del poema si può dir assommato in queste parole di Benvenuto Rambaldi: Iste fuit vir nobilis et dives de Arimino, cujus domus erat domicilium liberalitatis, nulli honesto clausa: conversabatur laete cum omnibus bonis, ideo Dantes describit ipsum a societate sua, quae erat tota laudabilis 1. E poco o nulla aggiunsero a queste parole i moderni; poichè senza frutto furono le ricerche istituite sul personaggio dantesco dal Tonini, al quale nulla fu nascosto di ciò che appartiene alla storia riminese, tanto ch' egli si contentò di scrivere queste parole: «è bene a dolere e a meravigliare insieme che la fortuna non ci abbia trasmesso il nome di lui in alcun nostro documento contemporaneo che ne riveli con precisione gli anni in che visse, e ne dia sapere qualche cosa de' fatti suoi ». Al Tonini per altro, anche se non trovò memoria egli alcuna di Federico, spetta il merito di aver dimostrato come dal secolo XI alla metà del XIV fosse vivo in Rimini e nel territorio il casato de' Tignosi 3; un dei quali fu console nel 1165, e due altri, Ugo e Giovanni, giurarono nel 1199 la fedeltà al comune di Rimini insieme con molti uomini di Longiano: da che fu tratto già argomento a sostenere che Federico Tignoso fosse longianese 4; opinione che, se anche non si voglia accettare in senso assoluto, si potrebbe modificare ritenendo che da Longiano, bella e fiorente terra del riminese, il ricco cittadino ricordato dall' Alighieri traesse origine oppure vi avesse possessi o ville. Il tempo, nel quale il Tignoso può esser fiorito, dev' essere press' a poco il medesimo degli altri signori romagnoli ricordati con lui, cioè la prima metà del secolo XIII; sebbene sia desiderata una conferma più esplicita, quale non si potrà avere se non dalla scoperta di nuovi documenti.

Per un altro di quei nobili spirti, Lizio da Valbona, il Rambaldi, che pur ebbe sott'occhio cronache romagnole, fece una gran confusione. Dopo aver detto che Guido del Duca comincia la sua rassegna da Bertinoro sua

1 Com., III, 391.

2 St. di Rimini, III, 237.

3 Ivi, II, 616-617 e III, 237; latinamente si ha nella forma Tignosus e Tinioso.

4 AD. BRIGIDI, Federico Tignoso e sua brigata nel Giornale arcadico, t. ÇXXX, pp. 166172 (Roma, 1853): di questo scritto cita il FERRAZZI, Man. dant., V, 398, un' edizione di Rimini, 1854, che non ho potuto vedere.

patria e centro di Romagna e che ne nominat duos nobiles dignos fama, si ferma alquanto su Lizio, di cui sa che fuit bonus et prudens miles nec reliquit ex se haeredem, e soggiunge: Nam dominus Licius de Valbona, nuntiata sibi morte unius sui filii imbecillis, non mutato vultu, dixit: « hoc non est mihi novum, quia semper fuit mortuus; sed nuntia mihi pro novo si est sepultus». Nec minus eius prudentia enituit in filia sua Catherina pulcerrima; quam cum ipse senex reperisset coniunctam amorose cum Ricciardo nobili iuvene de Mainardis de Bretenorio, ex astutia puellae et simplicitate materna, prudentissime fecit eam desponsari sine diminutione honoris, sicut iocunditer scribit Boccacius 1.

Dalle parole di Benvenuto risulta ch' ei faceva una sola persona del Lizio ricordato da Dante con quello della novella boccaccesca 2, mentre è chiaro che si tratta di due persone ben distinte; chè il padre della Caterina sorpresa in amorosa intimità con Ricciardo Mainardi non può essere se non quel Lizio figliuolo di Manfredi che ebbe in moglie la Primavera dei conti Guidi e di cui troviamo memorie dal 1319 al 1333 3, poichè il Boccaccio riferisce il fatto come avvenuto « non gran tempo» innanzi al 1348. Invece il buon Lizio dei versi danteschi non solo era morto nel 1300, ma dovea esser vissuto in tempi più antichi, se, come non par dubbio, egli era stato contemporaneo degli altri nobili spirti ricordati da Guido del Duca; dovea esser fiorito intorno alla metà del secolo XIII, come accenna, senza lasciar luogo a incertezze, una delle novelle antiche, ov' egli è introdotto insieme con un'altra figura di questo episodio dantesco: e vi si racconta come Ranieri da Calboli « pregava un giorno.... d'amore » la moglie di Lizio da Valbona dicendole « intra l'altre parole, com' elli era gentile et ricco et bello, e vostro marito è così laido come voi sapete », e << quel cotale marito stando « dopo la parete de la camera» si fece a un tratto sentire e disse «E' messere, per cortesia, aconciate i fatti vostri, non isconciate li altrui 4». Vero o non vero che sia l'aneddoto raccontato dall'antico novellatore, se ne raccoglie che Lizio da Valbona fu contemporaneo di Ranieri da Calboli, e che tra i due corsero relazioni di famigliarità molto. intima, quali appunto ci sono confermate, come or ora vedremo, dalla storia. I signori di Valbona trassero il nome da un castello posto nella valle del Bidente sopra una piccola altura, il quale mezzo secolo dopo la morte.

1 Com., III, 388-389.

2 Decamerone, giorn. V, nov. 4.

MANNI, Osservazioni istoriche sopra i sigilli antichi, Firenze, 1749, vol. XVIII, pp. 99-102. 4 BIAGI, Nov. ant., p. 223 (corrispondente alla nov. 47 del testo Gualteruzzi e alla 44 del testo Borghini).

Giornale Dantesco

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di Dante aveva ancora la sua rôcca e un palagio fortissimo, sebbene tra esso e le ville dipendenti non si annoverassero che una trentina di famiglie il lor piccolo dominio era costituito, oltre che di Valbona, di altri castelletti e luoghi (Strabatenza, Poggio alla Lastra, Pietrapazza, Ridracoli, Biserno, Riosalso, ecc.) nel territorio che ora forma il comune di Bagno 2, e sembra che su quelle cime si fossero ridotti, staccandosi dalla più ampia famiglia dei signori di Bertinoro 3. Nelle storie e nei documenti di Romagna cominciano ad apparire nel secolo XIII, e il primo dei Valbonesi che vi sia nominato è quel Rinieri che nel 1249 fu podestà di Parma e nel 1251 fu insieme con Alberghetto Manfredi costituito procuratore e ambasciatore del comune di Faenza al congresso che dovea tenersi presso Cesena con l'arcivescovo ravennate, il conte di Romagna e altri amici per trattarvi affari di comune interesse 5. La scarsità dei documenti non ci permette di accertare i rapporti di parentela tra i vari signori di Valbona che troviamo ricordati nella seconda metà del secolo XIII e nella prima del XIV; ma sembra che Rinieri sia stato fratello di Lizio, del quale ci dice Benvenuto, pur scambiandolo col nipote, che morì senza figliuoli : i due infatti ch'egli ebbe, Guido e Ruggero, morirono prima di lui. Dell' uno ci ha conservato la memoria un documento del 10 novembre 1271, ond' appare che in quel giorno il general Consiglio di Bagnacavallo deliberò doversi pagare a Lizio da Valbona un'indennità per la capitaneria di quella terra cui era stato eletto il figlio di lui Guido: si pagava al padre, a quel che sembra, perchè il figlio era morto, dicendosi nell'atto Dominus Guido de Valbona filius quondam dicti domini Liucii, cioè Guido figlio che fu di Lizio, essendo da riferire il quondam al primo dei due nominati, chè altrimenti non avrebbero senso le parole precedenti dove è detto il pagamento doversi fare Domino Liucio de Valbona 6. Dell' altro figlio ci porge notizia un cronista

1 Si ritrae dalla descrizione della provincia di Romagna del cardinale Anglico (1371) in FANTUZZI, Mon. rav., V, 74.

REPETTI, V, 624.

3 Repetti, V, 476; della derivazione dei signori di Valbona da quei di Bertinoro è un cenno nelle già riferite parole di BENVENUTO. Non ho trovato il luogo di PIETRO DAMIANO, dove, secondo il REPETTI, si parlerebbe dei signori di Valbona; solo nella Vita S. Romualdi, cap. LXIII (Opera omnia, ediz. di Parigi, 1664, vol. II, p. 207) si accenna al monasterium ancillarum Dei quod est in Vallebuona.

4 Chr. Parm, in MURATORI, Rer. ital., IX, 775 ; AFFò, Storia della città di Parma, III. 209, 5 FANTUZZI, Mon., III, 93.

6 Il documento fu pubblicato da M. L. MALPELI, Dissertazioni sulla storia antica di Bagnacavallo, Faenza, 1806, pag. LXVII dell' Appendice; alla intelligenza di esso giova il cenno del BALDUZzı negli Atti e memorie della r. Deputaz. di st. patria per le prov. dell'Emilia, nuova serie, vol. VII, p. 1, p. 148. II TORRACA, Nuova Antologia, 1 settembre 1893, frantendendo il testo del documento fa di Guido il padre di Lizio, mentre è il contrario.

contemporaneo, registrando tra i morti nella ripresa del borgo di Civitella nel 1276 Rogerius filius D. Luixii de Valbona1; se questi poi, o Guido, o un altro ancora di cui ci sia ignoto persino il nome fosse quell' ignavo della cui morte il padre non si dolse, non si sa, chè Benvenuto non ci seppe dire di più. Il nome del signore di Valbona, come abbiamo visto, è dato in forme svariate dalle varie fonti: Lizio (lat. Licius) è nella tradizione letteraria; ma i cronisti dicono Liuxius che forse è sconciatura grafica di un originario Liuxius o Liutius, e i documenti s' accordano con essi portando Liucius; sì che il vero nome par che fosse Liutius (onde procede direttamente il Liucino o Luzzinus del sec. XIV); quale insomma è inscritto sopra un sigillo antico, intorno allo stemma della famiglia: S. LIVTII DE UALBONA; sigillo, che può benissimo essere stato del personaggio ricordato da Dante 2.

Dai fatti propri di Lizio da Valbona che i cronisti e i documenti ricordano appare chiaramente che egli seguì parte guelfa; a che non si oppone, come a prima vista sembrerebbe, l'essere egli stato il 22 novembre 1260 testimonio all'atto del Consiglio generale di Firenze per cui fu commesso al giureconsulto Loderingo di Ubertino Pegolotti di contrattare la lega tra i ghibellini fiorentini e il comune di Siena 3. Erano passati poco più di due mesi dalla battaglia di Montaperti e dalla conseguente fuga dei guelfi, che il 13 settembre avevano abbandonato Firenze senza aspettare di esserne cacciati; e reggeva la città il ghibellinissimo conte Guido Novello, il quale avea al suo seguito tra i giudici e i cavalieri e i notai anche due domicelli o donzelli, cioè Bindo da Figline e Lizio da Valbona: quali funzioni avessero i donzelli presso il conte podestà non sappiamo bene; ma non dovevano essere servili, come furono più tardi quelli delle persone designate con tal nome, se nell'atto consigliare sovraccennato essi sono indicati subito dopo i giudici e prima dei notai 4. Del resto Lizio nel 1260 già doveva essere uomo fatto, se poco dopo un suo figliuolo fu eletto capitano di Bagnacavallo, e, lui morto, n'ebbe poi, come abbiamo veduto, una indennità da quel comune nel 1271. Nel 1276 fu tra i signori di contado che si unirono a Rinieri da Calboli nella ribellione al comune di

1 CANTINELLI, p. 252. Erroneamente il TORRACA, Nuova Antol., 1 novembre 1891, dà a questo figlio di Lizio il nome di Arrigo.

2 II MANNI, 1. cit, lascia indecisa la questione se si tratti del primo o del secondo val bonese di questo nome.

3 I TORRACA ricorda il fatto in ambedue i luoghi citati, ma non indica il documento, che si può vedere nelle Delizie degli eruditi toscani, IX, 19-24; dove è da correggere Licio dell' Albond in Licio de Ualbona.

4 Cfr. REZASCO, Dizionario del linguaggio italiano storico amministralivo, pag. 374-5.

Forli e nei fatti successivi a quella che già ho accennati 1: ribellione guelfa, che costò a molti la vita, e tra gli altri a Ruggero figlio di Lizio, allorchè i ghibellini condotti da Guido da Montefeltro ripresero il borgo di Civitella. Aderente a Rinieri ci appare Lizio anche nel 1279, essendo nominato con lui tra i testimoni che il 28 gennaio di quell'anno furono presenti nel palazzo vescovile di Imola al giuramento prestato da alcuni faentini di osservare la pace pochi dì innanzi fermata tra gli Accarisi e i Manfredi 2. Ma dopo questa non se ne trova altra menzione; di lui non rimasero figliuoli, ma solamente nipoti: un Manfredi, che già era morto nel 1319 lasciando parecchi figli, in un dei quali (il padre della fanciulla di cui novellò il Boccaccio) fu ripetuto il nome di Lizio; e un Guido, da cui procedettero più altri figli e nepoti, che a mezzo il secolo XIV sono ricordati tra gli amici e collegati del comune di Firenze 3.

Con Lizio da Valbona s'accompagnava nelle reminiscenze di Guido del Duca Arrigo Manardi, o meglio, secondo i documenti, Mainardi; del quale già ho ricordato l' aneddoto raccolto dai commentatori di Dante, come cioè alla morte di Guido del Duca ei facesse segare per mezzo la panca ove era stato solito sedersi con l'amico, di cui nessuno era degno di occupare più il posto 4. Riserbandomi di parlare più innanzi della famiglia Mainardi e della parte che essa ebbe nei fatti di Bertinoro, raccoglierò qui le scarse notizie rimasteci di Arrigo: nel 1170 fu fatto anch' egli prigioniero dai faentini con Pietro Traversari nella battaglia di San Varano 5: alla tregua tra i Bulgari e i Mainardi dell' 1 maggio 1201 e alla cessione dei possessi bertinoresi fatta alla chiesa ravennate nel 1202 non appare che Arrigo partecipasse; sì invece all' un atto e all'altro promisero due suoi figliuoli, Drudo e Guido : forse era fuor del paese a quel tempo, per ragioni che non sappiamo, nè ci ritorna innanzi, e per l'ultima volta, se non nell'agosto 1228, quando è notato tra gl' intervenuti all' adunanza del consiglio di Ravenna per la nomina di Paolo Traversari in procuratore del Comune. I termini adunque tra i quali è compreso il fiorire di Arrigo Mainardi confermano la tradizione che lo fa coetaneo di Guido del Duca,

1 Nel quaderno I, p. 25 di questo giornale.

? MITTARELLI, op. cit., p. 513; cfr. anche p. 751.

MANNI, op. cit., XVIII, 99-102; I. di S. Luigi, Delizie, VIII, 161: per gli ultimi signori di Valbona si veda FANTUZZI, IV, 426; V, 74; VI, 134, 257, 258.

Nel quaderno I, p. 24; cfr. nel quad. II, p. 120.

5 Cfr. quaderno II, p. 115. Invece del SAVIOLI, ch'io citai là come fonte, sarà meglio rinviare all' antico cronista TOLOSANO MITTARELLI.

6 I due atti sono già stati ricordati nel quaderno I, p. 22-23, e nel II, p. 116.

7 Rossi, Hist. ravenn., p. 397.

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