Slike stranica
PDF
ePub

del quale, come s'è visto, l'ultimo ricordo è del 1229, e di Pietro Traversari, che morì nel 1225.

Dopo Lizio, Arrigo e Pietro l'Alighieri ricorda Guido di Carpegna, della illustre famiglia che vantava per suo capostipite uno dei compagni di Odoacre e che parteggiando nel secolo decimo per Ottone imperatore nelle lotte coi Berengarii e con gl'infedeli n' avrebbe avuto con solenne diploma del 962 la conferma degli aviti possessi e l'investitura di molti luoghi nel Montefeltro e nella Romagna 1. Ma scarse e malsicure sono le notizie di questa famiglia prima del secolo XIII, tra le quali la più notevole è quella della divisione fattasi nel 1140 fra tre fratelli: il conte Nolfo, che ebbe i possessi della Carpegna e fu progenitore di tutti i posteriori signori di questo nome; il conte Guido, cui toccarono quelli di Pietrarubbia, passati poi nuovamente ai suoi parenti allorchè egii si spense senza figliuoli; e il conte Antonio, che ebbe quelli di Montecopiolo e fu capostipite ai più famosi e fortunati conti del Montefeltro e di Urbino. E anche al nostro argomento importa che sia rilevata cotesta affinità se non altro perchè. possiamo renderci ragione dello strano abbaglio d'uno storico seicentista, il quale nel Guido di Carpegna lodato da Dante per bocca del gentiluomo bertinorese voleva riconoscere il più famoso conte Guido di Montefeltro, ristretto in Malebolge per il consiglio frodolento dato a Bonifazio VIII 2.

Di Guido di Carpegna correva ancora ai tempi di Benvenuto da Imola una novella che il commentatore, com' era sua usanza, raccolse in mancanza di notizie più precise; e la raccontò così: Iste fuit nobilis vir de Montefeltro, qui omnes sibi pares liberalitate superavit ; de quo audio quod, cum fecisset solemne convivium in Bretenorio, deficiente pecunia fecit vendi dimidium carae cultrae quam habebat: de qua re increpatus a familiari, curialitatem suam condivit curiali scommate, dicens quod in aestate prae calore tenebat pedes extra, et in hyeme vero prae frigore tenebat crura contracta 3. L'aneddoto, ben s' intende, non ha alcun valore storico, se non forse in quanto ci mostrerebbe Guido in relazione con Bertinoro, rientrando nel ciclo delle tradizioni popolari sulla singolare liberalità dei signori di

1 P. A. GUERRIERI, Genealogia di casa Carpegna historicamente compilata, Rimini, 1667; O. OLIVIERI, Memorie del Montefeltro, tradotte e pubblicate da G. GINEPRI, Pennabilli, 1880; M. SALVADORI, Compendio genealogico della famiglia dei conti di Carpegna ordinato e compilato secondo i più veridici documenti antichi e moderni, Urbino, 1880; ma fra «i più veridici documenti» non porremo il diploma imperiale del 17 agosto 962, lungamente difeso dal SALVADORI, perchè ha tutta l'aria di essere suppositizio; cfr. M. DELFICO, Mem. stor. della repubblica di S. Marino, p. 35 e TONINI, St. di Rimini, II, 502.

2 P. A. GUERRIERI, op. cit., p. 24 e segg.

3 Com., III. 389.

quella città se fosse lecito dedurne che il conte di Carpegna vivesse ai bei tempi di Guido del Duca e di Arrigo Mainardi, dovremmo anche riconoscere il personaggio dantesco in quel conte Guido di Carpegna, che già era defunto nel 1221 allorchè due de' suoi figliuoli, Rinieri e Guiduccio, vendettero agli uomini di Pietracuta il castello di quella terra 1. « Scrivendo il canto XIV del Purgatorio Dante pensava a due generazioni di illustri romagnoli, una delle quali fiorita tra la seconda metà del secolo XII e la prima del XIII » : così osserva, a ragione, il Torraca. E a questa prima generazione, che meglio sarebbe determinata dicendola fiorita nell'ultimo trentennio del secolo XII e nel primo del XIII, appartennero senza dubbio Pietro Traversari, Arrigo Mainardi, Guido da Prata, Guido del Duca, e forse anche Federico Tignoso; quanto a Ugolino di Azzo, che il valoroso critico vi comprenderebbe, discuteremo in seguito alla seconda invece, di coloro che operarono e fiorirono dal 1230 alla fine del dugento, appartennero Lizio da Valbona, Fabbro dei Lambertazzi, Bernardino di Fosco, Ugolino de' Fantolini e Rinieri da Calboli. Ma Dante, per quel che a me pare, non pensò a distinguere nei suoi versi l'una dall'altra generazione di uomini virtuosi, da lui ricordati « in rimproverio del secol selvaggio » : distinzioni cronologiche di tal fatta sarebbero state contro ogni ragione artistical in un episodio dove, anche per significare questa comprensione di tempi diversi, sono introdotti comé attori principali due persone di differenti età, Guido del Duca non più ricordato dopo il 1229 e Rinieri da Calboli menzionato per la prima volta nel 1247. Anzi si potrebbe andar più in là, e in ciascuna coppia di personaggi vedere ripetuta la comprensione di due diverse generazioni: Arrigo Mainardi della prima con Lizio da Valbona della seconda; Guido da Prata con Ugolino di Azzo; e Pietro Traversari con Guido di Carpegna. Così, per tornare all' argomento, si avrebbe una ragione di più per escludere che Guido di Carpegna ricordato da Dante possa esser quello che già era morto nel 1221 e per ritenere conforme al vero l'opinione comune che riconosce nel personaggio dantesco il conte Guido, che operò, come or ora vedremo, per oltre mezzo secolo a cominciare dal 1232.

Il vecchio Guido morto prima del 1221 lasciò tre figliuoli: Rinieri, Ugo e Guiduccio. Di quest' ultimo null' altro sappiamo, oltre la vendita già accennata del castello di Pietracuta. Ugo, cui toccarono i possedimenti di Fiorentino, Pennacolla e Valle S. Pietro, partecipò con l'altro fratello al

1 P. A. GUERRIERI, p. 44; M. SALVADORI, p. 37 e segg; O. OLIVIERI, p. 8o, pone questa vendita al 1222.

2 Nuova Antologia, 1 settembre 1893.

l'acquisto di Miratoio nel 1223 e all'alleanza del 32 con Rimini, dove fu spesso del consiglio dal 25 al 33, andò con Bonconte di Montefeltro in aiuto dei ravennati contro i faentini nel 36, fu anch' egli preso sotto la protezione della Chiesa da Innocenzo IV nel 1249, nello stesso anno teneva la podesteria di Rimini, viveva ancora nel 56 e morendo lasciò due figliuoli avuti dalia moglie sua Guidolina di Montefeltro: Ramberto, che è ricordato in un documento del 1289, e Rinieri che nel 1253 fu abate di S. Godenzo in Rimini e poi di un monastero di Ravenna 1. Il maggior figlio del vecchio Guido fu certamente Rinieri, che rimase perciò in possesso delle terre avite della Carpegna. È probabile che egli proprio e il fratello Ugo, e non altri troppo vecchi o troppo giovani della sua casa, scendessero in aiuto dei riminesi contro le forze assalitrici di Cesena e Bologna nel 1216, sebbene nell'atto della pace che seguì il primo settembre di quell'anno sia genericamente compresa la famiglia dei conti di Carpegna 2; ed egli ed Ugo nel 1223 accrescevano i propri possessi acquistando il castello di Miratoio e le terre circostanti, che poi furono loro riprese da quello stesso che le aveva vendute 3. Rinieri a quel tempo seguiva parte imperiale, o almeno fu di quei signori che si recarono nel 1226 a Ravenna a prestare omaggio a Federico II 4; ed era strettissimo aderente dei conti di Montefeltro, tanto che il 28 settembre 1228 egli e i feltreschi Bonconte e Taddeo giurarono la cittadinanza riminese, a condizione di non essere costretti ad abitare in città al tempo di pace e di esservi essi solamente, e non le famiglie, al tempo di guerra, e che il comune li mantenesse esenti dalle tasse e li aiutasse a difendere contro Urbino il possesso delle loro terre feretrane 5. Più tardi, nel settembre 1232, ratificando una promessa fatta anche per lui dal fratello Ugo, che veramente si era inurbato e aveva presa stanza in Rimini, Rinieri insieme coi suoi figliuoli sottomise le proprie

Oltre le opere cit. del GUERRIERI, del SALVADORI e dell' OLIVIERI si veda TONINI, II, 405; III, 61, 68, 73, 78, 205, 209, 517: il continuatore di TOLOSANO (MITTARELLI, p. 189) ricorda Ugone de Carpigna cum sua forcia tra gli aiutatori dei ravennati nel 1236, mentre il Rossi, p. 411, pone invece Guido di Carpegna, tratto in inganno dal ms. che avrà avuto V. de Carpigna da lui letto per Vido.

2 TONINI, III, 18; SAVIOLI, II, 1, 358.

3 Di Miratoio era signore al principio del secolo XIII Alberico, della stessa famiglia dei signori dell' Auditore: Guido d'Alberico fece la vendita del castello nel 1223 ai Carpegna (cfr. il documento riassunto in CLEMENTINI, Raccolto istorico della fondatione di Rimino, Rim., 1617, I 384), ai quali già era stato ripreso nel 32, quando Guido, Rinieri, Ugolino e Paganuccio da Miratoio giurarono la cittadinanza di Rimini (TONINI, III, 6).

4 TONINI, III, 39, che trae la notizia dal continuatore di TOLOSAno (Mittarelli, p. 171). 5 TONINI, III, 45.

terre al comune riminese e ne giurò la cittadinanza anche per i suoi sudditi, ricevendone in ricambio la promessa d'aiuto per riacquistare il castello di Miratoio: le quali terre, costituenti la signoria dei conti, erano i castelli e le corti di Carpegna, degli Armani, della Pieve, di Meleto e di Torricella, le corti di Gattara, di Miratoio, di Monte della Pertica, dei Billi, di Scavolino, di Roma, di Fiorentino, e possessi in Laudeto, Villa di Sorbo e Sasso, il territorio press' a poco che si stende dalle falde del Carpegna sino ai confine aretino. L'ultima memoria che abbiamo di Rinieri è del 1249, in cui egli e il fratello Ugo furono ricevuti sotto la protezione della sede apostolica, per una bolla di papa Innocenzo IV, forse per aiuti dati o servigi resi ai legati pontifici che contendevano le terre di Romagna agli ultimi sforzi della politica unitaria di Federico II 2.

Quando sia morto Rinieri di Carpegna non appare, ma non può esser stato molto dopo la metà del secolo XIII; anche perchè suo figlio Guido, quello appunto dei versi di Dante, già dovea essere maggiore di età nel 1232, chè intervenne con l'altro fratello Rinieri all'atto di sottomissione delle terre paterne al comune di Rimini. Gli succedette nella signoria avita appunto Guido, che deve esser stato il suo primogenito, e seguitò il novello indirizzo della politica paterna, parteggiando per la Chiesa. Infatti nel 1251 intervenne come podestà al consiglio tenuto nel castello di S. Pietro in Vincoli di Ravenna, nel quale l'arcivescovo Filippo nel nome di Innocenzo IV ammonì i partigiani ravennati di Corrado di Svevia, clericos et laicos, di fare atto d' ubbidienza alla santa sede nel termine di quindici giorni 3. L'anno seguente Guido di Carpegna fu presente in Perugia all'atto per cui dall'una parte Ugolino vescovo di Urbino e i ghibellini del Montefeltro e dall' altra Taddeo di Montefeltro per i guelfi e i rappresentanti del comune di Rimini si compromisero nell' arcivescovo di Ravenna per la composizione delle loro differenze. I possessi di Carpegna estendendosi fin verso i paesi della Massa Trabaria mettevano quei signori in relazione con le città d'oltre Apennino: già nel 1230 in una lega tra i conti di Montefeltro e il comune di Città di Castello quelli avevano rico

1 TONINI, III, 61 e 494.

2 TONINI, II, 405.

3 FANTUZZI, III, 422; cfr. anche Rossi, Hist. rav., p. 427, e A. ZUCCHI TRAVAGLIA, Storia del Montefeltro (stampata in Pesaro, Gavelli, alla fine del sec. XVIII, ma non pubblicata), p. 101.

4 TONINI, III, 100, 535. Il TORRACA, Nuova Antologia, 1 settembre 1893, parla di un « istrumento di compromesso tra il vescovo Feltrano e l'arcivescovo di Ravenna »; ma, se non si tratta d'altra cosa, egli non interpretò esattamente il documento pubblicato dal TONINI.

nosciuto agli alleati il diritto di iuvare contra comites Carpegnae homines de Massa Trabaria ; ma poi le parti s'invertirono allorchè sorsero le contese tra i castellani e i massani. Nel 1256 fu stretto un patto per cui Guido di Carpegna e i suoi figliuoli Rinieri e Contuccio e il fratello Ugo promisero al sindaco del comune di Città di Castello di essere perpetui cittadini castellani e di esser tutti con quel comune a pace e a guerra, di fornirgli venti cavalieri e mille pedoni in caso di guerra specialmente contro quei della Massa, e di alleviare i pedaggi e non far più pagare il maltolletto e la guida ai castellani; i quali dalla lor parte giurarono di difenderli contro tutti i lor nemici, fuorchè nel caso che i conti fossero per aver briga con Firenze, Perugia, Rimini e Urbino o con Taddeo, Montefeltrino e Cavalcaconte di Montefeltro 2. Passano quindi parecchi anni senza che si trovi memoria alcuna di Guido di Carpegna; il quale nel 1269 insieme con altri suoi consorti vendette diritti di giuspatronato e possessi di terre alle comunità di Pennabilli e di S. Agata Feltria 3, e nel 1270 doveva ricevere in consegna il castello di S. Marino dal vicario della chiesa feretrana, secondo un precetto fattogli da Filippo arcivescovo di Ravenna 4. Questo è l'ultimo fatto che sia ricordato di Guido: nel 1289 egli era già morto come appare dall'atto per cui suo figlio pur di nome Guido, Rinaldo suo nipote e Ramberto suo cugino cedettero agli uomini di Bascio i loro diritti di signoria su quella terra 5. La casata e il nome dei Carpegna grandeggiarono nei secoli posteriori, e oggi ancora sono rispettati e amati nelle terre feretrane; ma la loro gloria più invidiata rimase, e rimane pur sempre, l' elogio che del conte Guido fece nelle sue carte l' Alighieri, poichè è vero ancora che la più durevole memoria è quella delle cose e persone comunque legate con le grandi opere dell' ingegno.

(Continua).

T. CASINI

1 G. Muzi, Memorie civili di Città di Castello, Città di Castello, 1844, I, 53.

2 OLIVIERI, op. cit., p. 104, 106; Muzi, op. cit., I, 59, dove il fatto è riferito erroneamente al 1246, mentre poi a p. 95 è ripetuto sotto la data vera del 56, confermata dal documento pubblicato dall'autore medesimo, I, 95 e segg.

3 OLIVIERI, op. cit., p. 106.

4 FANTUZZI, III, 376.

5 SALVADORI, op. cit., p. 41; OLIVIERI, op. cit., p. 117.: il TORRACA, Nuova Antologia, 1 settembre 1893, pone questa cessione al 1283.

« PrethodnaNastavi »