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doti dello stile lamartiniano splendono mirabilmente: e non sa biasimare l'editore che agli studi sul Petrarca e sul Tasso ha voluto aggiungere anche quello relativo al poema dantesco. C'est un document », dice il Formont; « mais ce n'est que cela ». E aggiunge: « Jamais, › depuis Voltaire et Bettinelli, ou n'à rien écrit d'aussi révoltant sur la divine Comédie. Nous » n'osons pas dire d'aussi inintelligent par respect pour une grande et pure mémoire ». (21 Franciosi Giovanni Nuova raccolta di scritti danteschi. (Recensione in Fanfulla della

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domenica. An. XIV, no. 5).

Favorevole.

(22

Postille dantesche. (In Rivista critica e bibliografica della letteratura dantesca. Roma, 1893, gennaio).

Si riferiscono ai versi 9, 16, 21, 40 e 49 del canto III dell' Inferno. (23 Giorgetti A. Dante testimone ad un atto di procura nel 1291. (In Bullettino della Società dantesca italiana. Firenze, 1892, no. 12).

In un protocollo d'imbreviature di ser Bonaccorso, notaro fiorentino che rogava negli ultimi anni del milledugento, il Giorgetti ha trovato un nuovo ricordo di Dante Alighieri. È un atto di procura fatto nel 6 di settembre del 1291 da Guiduccio di Ciampolo del [popolo di san Pietro di Petrognano, nella persona di ser Maschio notaro del fu Bernardo, per agire in una lite che Guiduccio avea con Aringhiero, rettor del popolo, e con prete Guidone, rettore della medesima chiesa di san Pietro, davanti al podestà, al capitano del popolo e al vescovo della diocesi fiesolana. Dante vi è segnato fra i testimoni. Actum Florentie, presentibus testibus ser Bonaventura notario quond. Tani populi Sci Benedicti, et Dante quond. Allaghieri pop. Sci Martini Episcopi, ad hec vocatis. Dopo l'atto del 1283 (confronta nel Bullett. della societá dantesca italiana, alla pag. 39 del no. 5-6 l'artic. di L. Gentile Di un documento per l'anno della nascita di Dante), è questa una delle prime memorie che di Dante ci restano. Quanto alla forma in cui si mostra, in questo nuovo documento, il nome del divino poeta, Dante quondam Allaghieri, sembra al Giorgetti che questa accenni di per sè stessa ad un tempo relativamente vicino alla morte di Allaghiero: poi che più tardi, quando cominciò a partecipare alla vita publica di Firenze, vien detto semplicemente Dante Alagherii, come si vede per esempio anche nelle due ultime consulte publicate recentemente da Isidoro Del Lungo. Il documento ritrovato dal Giorgetti si conserva in Firenze, nel grande archivio, sezione dell'archivio notarile antico, protocollo B 944, dall' anno 1290 al 1294. (24 Giovanni re di Sassonia (Filalete) - Commento alla divina Commedia. (In L' Alighieri. Venezia, 1893, fasc. 3 e 4). (25

Continuazione; Inferno, canto XXXIII.

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Iannucci A. M. Teoria estetica e sociale della divina Commedia di Dante Alighieri. Napoli, Antonio Morano, 1893, in 8o, di pagg. 372.

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(26 Lamartine (de) A. Trois poètes italiens, Dante, Pétrarque, le Tasse. Paris, Lemerre, 1893, in 18°, di pagg. II-373.

Cfr. no. 21. (27 Lampe F.- Qui fuerint Gregorii Magni papae temporibus in imperii Byzantini parte occidentali exarchi et qualia eorum iura atque officia. Berlin, Mayer, 1892, in 8°. (28 Lombroso C. L'atavismo del genio. (In La Tavola rotonda, di Napoli. An. II, no. 36). Fra gli esempi illustri di precocità cita Dante che a nove anni compose il suo primo sonetto per la Beatrice. (29 Marchosini Umberto Un codice sconosciuto del commento di Pietro di Dante alla divina Commedia. (In Bullettino della Società dantesca italiana, Firenze, 1892, no, 12). Del comento di Pietro Alighieri all'opera paterna sono stati indicati dal Rocca diciotto codici: e tre, due integri o quasi, il terzo affatto frammentario, furono poi fatti conoscere,

nel Bullettino della soc. dant. ital. no. 5 6, pag. 46, dal Ricci. Ma ad entrambi gli studiosi è sfuggito un altro codice, importante anche perchè esso è copia d'un manoscritto abbastanza famoso, e che, più volte ricercato, si crede smarrito. È noto che il Dionisi lo conobbe e studiò sopratutto sur un codice, del secolo XIV o XV, appartenente al monastero di santa Giustina di Padova. Nelle tristi vicende corse dalla biblioteca di quel convento si perdè traccia del codice: cosicchè il Nannucci dichiarò di ignorare dove quel manoscritto fosse andato, e niente di più potè saperne il Batines. Ma bene congetturarono e il Batines e il Witte, pensando che si potesse trovar copia del codice tra i libri del Dionisi alla Capitolare veronese: dove, per altro, ogni ricerca fu vana: e recentemente anche il Rocca ripetè soltanto che il codice di santa Giustina è smarrito. Invece il Giuliari, compilando la sua Memoria bibliografica dantesca veronese (publicata a pag. 343 dell' Albo dantesco veronese, Milano, 1865), citò eziandio, sebbene con segnatura inesatta, il codice del comento di Pietro fatto copiare dal Dionisi, che si conserva appunto nella Capitolare. Il volume, segnato già col no. DXLI ed ora DCLV, consta di 490 pagg. numerate, più due carte in principio ed una in fine non numerata, ed è alto 25 cent. e largo 19. Sul dorso, in un cartellino incollato, è scritto, di mano recente: Petri filii Dantis de Aligheriis commentarius in divinam Comoediam: e sulla prima carta, non numerata, di mano ignota del secolo scorso: Comento sopra la divina Commedia, a cui tien dietro, di mano del Dionisi: donato alla Biblioteca Capit lare questo dì 20 Luglio 1876 da conservarsi tra' Codici di detto Capitolo da Gio. Jacopo Dionisi Can; e sulla seconda carta non numerata, di mano pure del secolo passato, ma non del Dionisi: Il Comento di Pietro figlio di Dante Alighieri trascritto da copia tratta dal Codice della Biblioteca di S. Giustina di Padova nell'anno 1785. Il commento, scompagnato dal testo della Commedia, comincia: Incipit Rescriptum Dantis per Dominum Petrum de Andalgeriis. Inquit in Ecclesiastico Jesus filius Sirach cap. XX Sapientia abscondita; e finisce: sectando Augustinum dicentem: Talis sum in scriptis aliorum, quales volo esse lectores eorum. Explicit commentarium Domini Petri Aluagerii de Florentia super tres comedias Dantis. Dai saggi che il Marchesini ha fatto qua e là, della lezione di questo manoscritto, a fine di ricavarne qualche indizio dei rapporti di esso con gli altri codici, — per quel pochissimo che è lecito di fare con la scarsa conoscenza che abbiamo dei manoscritti del commento di Pietro, sembrerebbe potersi dire che il codice veronese, col laurenziano plut. XL, 38, col manoscritto della libreria Rosselli già del Turco e con quello della universitaria di Bologna 1638, formi, di fronte al riccardiano 1075, una sola famiglia. (30

Marcotti Giovanni La statua di Bonifazio VIII ora rimessa nel Duomo di Firenze. (In Illustrazione italiana. An. XX, no. 11).

Accenna a' fatti principali della vita di papa Bonifazio e rifà la storia della statua di quel pontefice ora tornata in proprietà del municipio fiorentino. Dice il Vasari che i fiorentini diedero commissione ad Andrea Pisano di fare in marmo e ritrarre di naturale il pontefice, però che desideravano renderselo grato ed amico. Ciò dev'essere stato tra il 1301 e il 1304, quando in Firenze prevaleva la parte guelfa nera capitanata da Carlo di Valois e diretta da Bonifazio. Allora all'aureola di splendore ponteficio che veniva al papa dall'esito felice del recente giubileo, si aggiungeva, in Firenze, il buon successo politico ottenuto coll'esilio de' bianchi. La statua fu destinata naturalmente ad abbellire la fronte della cattedrale, anche perchè la prima pietra della nuova fabrica di santa Reparata fu posta durante il ponteficato di papa Caetani dal cardinale suo legato. Al dir del Vasari, a' due lati della statua, come egli la vedeva sulla facciata del duomo, vi erano un san Piero e un san Paolo: il Rondinelli ci vedeva invece e descrive papa Bonifazio VIII a sedere col regno papale in testa in mezzo a due diaconi parati e ritti. Non potrebbe darsi che quelle due figure ecclesiastiche rappresentassero il cardinal Valeriano e il vescovo Monaldeschi, i quali benedissero la prima pietra

per mandato di Bonifazio? Ma, aggiunge il Rondinelli, nella demolizione che fu fatta della facciata nel 1588 non vi fu marmo alcuno che si cavasse intero. Allora, le statue che adornavano la fronte del duomo ebbero assai diverso destino: alcune, le megliori, di Donatello e de' suoi scolari, trovarono posto entro la cattedrale: altre, trasfigurate, andarono a consumarsi sul viale del Poggimperiale dove son diventate quasi irriconoscibili. Bonifazio trovò asilo dagli Strozzi, nel giardino di Valfonda: e quando quei signori ebber l'eredità de' Ridolfi di Montescudaio, la statua di Andrea Pisano fu trasportata negli orti Oricellari. In quel nuovo soggiorno il simulacro del papa Caetani restò riparato e tranquillo, mentre gli Strozzi gli trasformavano attorno il classico giardino riducendolo al gusto inglese, mentre la proprietà passava al principe di Piombino, alla principessa Orloff, e mentre questa vi riceveva i celebratori del centenario del Machiavelli. Gli Orloff hanno venduto ogni cosa: e la statua di Bonifazio, comperata all'asta, per duemila lire, dall' antiquario Bardini, e da lui ceduta per diecimila ad Onorato Caetani di Sermoneta, è tornata, finalmente, per la generosità del duca, a far parte del patrimonio civico del municipio fiorentino, nella chiesa di santa Maria del Fiore. (31 Bibliografia dantesca. (In Rivista critica e bibliogra

Mazzi Curzio e G. L. Passerini.

fica della letteratura dantesca. Roma, 1893, gennaio).

Dà notizia di recenti libri ed opuscoli, e lo spoglio di articoli danteschi contenuti in riviste e in giornali. (32 Micocci Ulisse Dante nella moderna letteratura italiana e straniera. Milano, Max Kantorowicz, editore, (tip. A. Colombo), 1893, in 16° picc. di pagg. 99.

Non vi fu altro tempo in cui Dante Alighieri, come nel secolo presente, sia stato cercato con tanto amore e sia stato l'oggetto di tanti studi, di comenti, di versioni e di interpretazioni critiche d'ogni maniera, in Italia e fuori. Questa mirabile concordia di ammirazione non è solamente conseguenza del risveglio degli studi storici e scientifici che trovano ampio campo nella divina Commedia, ma è anche effetto della reazione giusta e naturale contro l'indifferenza del secolo XVIII e contro l' Arcadia e i metastasiani che tentarono esporre Dante alla derisione del mondo. Altra potente causa di tale risorgimento ed incremento continuo è riposta nell'aversi riconosciuto in Dante il più virilmente virtuoso fra i classici, il poeta dei nostri tempi e il maestro di ogni civile virtù. Col Varano che, nelle Visioni, ridestò primo la severità della poesia alighieriana, risorsero gli studi danteschi: col Foscolo si aprì il secondo periodo di tale risorgimento. Pel Monti la letteratura dantesca entrò nelle scuole e innamorò la gioventù nostra; per l'esempio del Foscolo si ebbero i più bei commenti storici e letterari della divina Commedia. Nè i megliori artisti del secol nostro mancarono, alla lor volta, di onorare il poema dantesco, nè mancarono traduttori a diffondere fra tutte le genti del mondo lo studio e il culto di Dante. Ma chi, sopra ogni altro, nei tempi moderni, ha contribuito con la parola e con gli scritti, in Italia, all' incremento degli studi dantesehi, è stato G. B. Giuliani, concittadino di Alfieri, che per oltre vent'anni ha illustrato la cattedra dell'ateneo fiorentino, e, spiegando Dante con Dante, ha additato un metodo facile e sicuro per intendere la vera mente del poeta e per liberare la Commedia dalle tenebre in cui la ravvolsero gran parte de' comentatori. Intorno alla religione di Dante le più strane e contradittorie opinioni sono state propugnate nel secolo presente: e se ci fu chi proclamò il poeta ascetico fino all'eccesso, non mancò chi, al contrario, lo additasse quale un ribelle alla spirituale autorità della Chiesa, facendolo eziandio precursore di un partito e fin anche un profeta di Lutero. Da questo vario combattere degli ingegni per accomodar Dante al proprio sentire, nuova e sempre crescente gloria è intanto derivata a lui cui tutti vanno orgogliosi di aver per duca e maestro. Una prova dei progrediti studi e del moderno culto di Dante, furon le feste del Centenario celebrato dovunque, e con speciale pompa a Firenze nel "65: e lo

abbiamo oggi nel decretato monumento in Trento e nel progettato mausoleo mondiale a Ravenna. Ciò nonostante, noi dobbiam presentemente dolerci della mancanza di una publica cattedra dantesca governativa, perchè dal 1883 in poi, dopo la morte del Giuliani, non si è saputo trovare chi gli succedesse nell'istituto fiorentino, come non si è saputo trovare chi potesse o volesse occupare degnamente quella dell'Ateneo romano, instituita nell' "87 con decreto parlamentare, e indarno offerta al Carducci. Esiste bensì a Roma la cattedra dantesca dell' istituto Leoniano dalla quale il Poletto spiega Dante col metodo del Giuliani. A Firenze, nel 1888, si fondava la società dantesca italiana con lo scopo di proseguire lo studio e la venerazione di Dante, e a Verona e quindi a Venezia l'illustre prof. Francesco Pasqualigo incominciò, coll'aiuto dell' editore Leo S. Olschki, la publicazione de L' Alighieri provvedendo così ad un bisogno generalmente sentito e deplorato. Questa, in breve, la materia del libro del Micocci. Segue un rapido cenno intorno a Dante nella moderna letteratura straniera. 133

Narduosi Enrico Catalogo di manoscritti ora posseduti da d. Baldassare Boncom pagni. Seconda edizione notabilmente accresciuta, contenente una descrizione di 249 manoscritti non indicati nella prima, e corredata di un copioso indice. Roma, tipogr. delle scienze matematiche e fisiche, 1892, in 8°, di pagg. VIII-520.

Precede un'avvertenza e un quadro della concordanza dei numeri dei manoscritti del catalogo del 1862 con quelli del catalogo presente, pagg. III-VIII. Il catalogo occupa le pagine 1-438. Segue l'indice generale, pagg. 439-517, e un indice per secoli, pagg. 518-519. Nell'ultima pagina è l'errata corrige. Di dantesco contiene: alla pagina 25, codice 55, (Priorista del Ridolfi) Casate delle quali hanno fatto menzione Ricordano Malespini et Dante con il Landino, carte 448 e 449. Alla pagina 59, codice 99 (Memorie per la vita de' poeti italiani d'Apostolo Zeno, tomo IV) il sonetto di Giovanni Boccaccio sopra Danie: Dante Alighieri son, Minerua oscura, e il capitolo di Dante Alighieri: Madre di Xpo gloriosa, et pura. Alla pagina 62, codice 100 (Memorie, ecc., tomo V) Sonetti di Cecco Angelieri a Dante Alighieri: Dante Alighier, Cecco tuo seruo e amico, e Dante Alighieri, io son buon begolardo. Alla pagina del catalogo 109, codice 184 (Cabalistica), è notato che questo manoscritto contiene, fra altre poesie, i versi 1 a 12 del canto III dell' Inferno, e la descrizione di Cerbero, canto VI, 13. Alla pag. 138 è segnato il codice 232 delle opere di Dante, cartaceo, di 215 carte numerate nei recto, 1 a 215; secolo XV. Fu già nella biblioteca Albani, col numero 852. Titolo: Incipit liber Illustrissimi Poete Dantis Aligerij Florentini. Qualiter uolebat peruenire ad perfectionem uirtutum et fuit impeditus a tribus bestiis, ecc. ecc. Finisce: Explicit liber Illustrissimi poete dantis Aligerij florentini scriptus per me Johannem antonium taranensem in Castro Stronconi Anno domini Millesimo cccclxv. Laus deo. Questo codice contiene inoltre: Dantis Tumulus, che incomincia Jura monarchie, ecc., carte 4 verso; Nobilitates Florentie, capitolo in terza rima che incomincia : Mille trecento sectantasei correndo, e finisce: Perchelle facto per man danton pucci, carte 5-8; Incipit quedam repilogatio Super totam Comediam Dantis facta p. dnm petrum genitum dei dantis v; post eius obitu, capitolo in terza rima che incomincia: O uoi che sete dal uerace lume, e finisce: Nel mezo del camin di nostra uita, carte 209 verso a 211 recto; Expositio domini Busonis de Eugubio super totam comediam prelibati Dantis, capitolo in terza rima che incomincia: p Ero che sia piu fructo et piu dilecto, e finisce: Fortificando la cristiana fede. Finis totius operis laus xpo, carte 211 verso, a 213. Alla pagina 172 dal codice 280 (Cecco d'Ascoli. Poema) riporta i du: sonetti Dantis: Cecho io son conțunto in terra aquaticha e Cechus Tu uiene da lunge cum rima balbaticha. Alla pagina 230, codice 382 (Misserini, Scritti vari) annota, tra gli altri, i seguenti sonetti di argomento dantesco: Madonna che canta alcuni versi del Paradiso di Dante'; « L'aura fèbea, che dalle aonie fronde » ; Busto

della Beatrice di Dante: « Tu cui superbi ghibellini sdegni » ; e Altro busto della Beatrice in diverse dimensioni: « Vieni, sublime, celeste beltate » ; Ritratto di Dante opera di Giotto, scoperto al Bargello: « Or che Dante al Pretorio è discoverto »; Mausoleo di Dante in santa Croce: Fu cruda, ingrata, e al suo miglior ritrosa ». Inoltre: Autorizzazioni del Missirini al Longhena di ristampare la sua vita di Dante, 18 di settembre 1843; la Risposta al La Harpe sul suo giudizio di Dante, già inserita nel Giornale de' letterati di Pisa; l'Esposizione di un passo di Dante sulla favola di Marsia; Del ritratto di Dante Alighieri scoperto ultimamente in Firenze al palazzo del Bargello; Dissertazione sul canto di Dante del conte Ugolino; Dante, sermone in versi sciolti, Di alcune opere dell'autore della Vita di Dante già publicate e l'Aggiunta da farsi alla Vita di Dante; l'opuscolo a stampa (Pisa, Nistri, 1833): Un altro cenno sopra Dante Allighieri, la Minuta di prefazione del Longhena alla ristampa della Vita di Dante del Misserini, e la Concessione alla ditta libraria Tendler e Schaefer di eseguire questa ristampa. Alla pagina del catalogo 234, codice 383 (Ferrucci, Sonetti e cantilene) il sonetto del Ferrucci Alla tomba di Dante: « Qui dove il mar cedendo si ritira». Alla pag. 278, codice 471 (Catalogo dei manoscritti della libreria Pucci) è notata la divina Commedia, membranaceo in 4.o di 360 carte con tre miniature: codice Vecchietti detto l'Elegantissimo del XIV secolo. Alla pagina 286, codice 490 (Mehus. Codici magliabechiani) è detto che vi si contengono estratti di diversi codici magliabe chiani il più notevole dei quali ha titolo: De vita, et moribus Dantis insignis Comici. Comincia: Fuerat ut praefatus est, e finisce: Haec meae sufficiant parvitati. Alla pagina 297 registra il codice 510 contenente le Memorie storiche e critiche delle vite e delle opere dei poeti mitologi, pastorali, didascalici, lirici, evici, romanzeschi, dramatici che fiorirono in Itaglia dal tempo di Dante sino ai dì nostri, con un saggio delle loro poesie: opera di G. Belcredi, c. r. s. Alla pagina 302, codice 521, La fisica di Dante, Panurgheide sesta: satira in ottonari, a carte 3-4. Alla pagina 352, codice 573, (Lettere d'illustri italiani a B. Boncompagni) avverte che a carte 158-159 del manoscritto è inserito, di mano di Giovanni Gargani, un Prospetto comparativo delle famiglie fiorentine Alighieri e Nerli. Finalmente, alla pagina 364, codice 579, (Autografi matematici e astronomici del secolo XVIII) accenna ad alcuni estratti quivi contenuti, dal Boccaccio, da Dante, dal Petrarca, con quattro righi di Sebastiano Ciampi, carte 68. (34

Nenoioni Enrico L'umorismo. (In La Tavola rotonda, di Napoli. An. II, no. 29). Cita Dante per incidenza ribattendo la sentenza del Carlyle: l'umorismo è la perfezione del genio poetico; chi ne manca.... è un ingegno incompleto...., poichè, accettandola, bisognerebbe chiamare l'Alighieri, insieme ad altri grandi, mente incompiuta. L'arte serena e plastica degli antichi. l'arte di Fidia e di Sofocle, la musa credente e sacerdotale di Dante e di Milton, la poesia ardente ed umanitaria di Victor Hugo repugnano all'umorismo; il quale ap punto pel suo carattere di curiosità e di scetticismo è in aperta opposizione con la calma serena, e con la fede operosa. Dov'è calma perfetta e fede inconcussa non esiste umorismo. (35 Palmieri Gregorio Cfr. no. 16. Pasqualigo Cristoforo

La voce « ramogna ». (In L' Alighieri, Venezia, 1893, fasc. 3 e 4).

I commentatori non sanno che cosa, precisamente, significhi questa parola usata da Dante al verso 25 del canto XI del Purgatorio, e quindi cercano dal contesto di indovinare un senso che a quello convenga, andando in traccia di qualche altra voce o somigliante o da cui farla derivare. Tra i colli Berici, nella parte meridionale della provincia di Vicenza, i contadini dicon sempre ramocia nelle locuzioni essere, andare, stare a la ramocia, cioè al riparo, al coperto, al sicuro dal vento, dal sole, dalla pioggia. Se in Dante ramogna fosse lo stesso che è tra i Berici ramocia le anime del purgatorio pregavano per quelle che restaron dietro ad esse non il buon viaggio ma la protezione dalle tentazioni del demonio. (36

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