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gations to the De Officiis» in Regard to the Division and Order of Sins in the Inferno. (Bollett., no. 221). III. William C. Lane. Additions to the Dante Collection in the Harvard College Library, maggio 1892, - maggio 1893.

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Rossi Antonio. I viaggi danteschi oltr'alpe: studio. Torino, Un. tip. editrice, 1893, in 16.o, di pagg. 159.

Contro la moderna critica severa, positiva, tendente piuttosto allo scetticismo, come per reazione all'eccessiva facilità nell' ammettere e nell' affermare tenuta talvolta pel passato, con questo libro il dr. Rossi intende affermare la presenza di Dante a Parigi, esaminare alcuni passi della divina Commedia e vedere se in essi non si possa avere una prova, sia pure indiretta, ma plausibile ed efficace, della presenza dell' Alighieri nei luoghi ai quali i passi del poema accennano. Son frutto delle ricerche dell' autore le seguenti conclusioni: che Dante fu a Parigi, tra il 1316 e il 1318, cioè dopo il decreto di esilio; che l'accenno ch'egli fa nel IX canto dell' Inferno rende anche probabile un suo viaggio in Provenza; che è da riconoscere nella Commedia l'esistenza di molti ricordi personali del poeta, e che bisogna quindi andar molto a rilento ed usare molta circospezione nella disamina dei passi danteschi : perchè, dove meno il crederemmo, in un verso che direbbesi aggiunto a completare una terzina, può inchiudersi un ricordo locale, che, una volta ravvisato, potrebbe farsi rivelatore a noi di molti arcani della vita del poeta, e darci di lui certe notizie delle quali furono, pur troppo, avari i biografi antichi. (226 Rossi-Case Luigi. Ancora di maestro Benvenuto da Imola commentatore dantesco. [Una pergamena. Il codice Ashburnh,, 389]. Imola, tip. d'Ignazio Galeati e figlio, 1893,

in 8.o, di pagg. 15.

Dall' archivio comunale d'Imola il Rossi publica la pergamena XIX contenente l'atto della ribellione degli imolesi contro la tirannide delli Alidosi e la elezione di Benvenuto d'Imola a far parte dell' ambasceria a Urbano V in Avignone e parla del codice Ashburnhamiano 839 intitolato Benvenuti de Rambaldis Imolensis commentarius in Dantis Comoediam, intorno al quale publica una lettera descrittiva del prof. Cesare Paoli e i giudizi del Santini e del Novati; da che pare al Rossi di poter stabilire: 1. che il commento benvenutiano nel 1381 già era divulgato per opera degli scolari dell' imolese, se non nella edizione definitiva, certo in una delle prime redazioni del Rambaldi; 2.0 che l'imolese lasciò varie redazioni del suo lavoro, compiuta la prima delle quali egli dovette, falcidiando, aggiungendo, ritoccando, perfezionando, ritornare sulla antecedente: e probabilmente ciò avvenne ogni qual volta allo studio bolognese ei tornava a riprendere da capo il suo corso dantesco; correzioni e giunte che non cessarono che alla morte del dotto commentatore, quando, mancando a questa vita, lasciava di sè desiderio sovratutto nel commento al Paradiso ; 3.o che il commento benvenutiano fu divulgato, sia pure, se lo si vuole, anche senza l'approvazione dell'autore, molto prima della data assegnataci dall'epistola del Salutati a Benvenuto: 4.° che una delle redazioni principali e precisamente quella che per la prima volta Benvenuto riconosceva come sua, fu quella esaminata nella sua prima parte dal Salutati ed ora assegnata dal Novati al 1383; 5. che, per altro, non possiam fermare sin d'ora la data della edizione principe del commento di Benvenuto, perchè anche dopo la revisione del Salutati l'imolese dee aver seguitato nel suo lavoro fino a morte [1390], perchè altrimenti ci avrebbe lasciato il Paradiso senza lacune; 6.o che, finalmente, anche al Novati parranno più tollerabili le ragioni con le quali il Rossi stesso ha altra volta sostenuta l'autenticità della lettera attribuita dal Claricio all' imolese, secondo il quale avrebbe il Rambaldi terminata una prima redazione del suo lavoro fin dal 1373. E di vero il commentatore avea relazione amichevole con Fran

cesco Petrarca, tenuto a torto, fino a pochi anni fa, come un acerbo odiatore di Dante; sapeva, quando lo voleva, scrivere in elegante latino, come ne fanno prova i versi bellissimi che egli fa precedere o seguire ad ogni capitolo di quel suo commento, di cui fino dal 1381 troviamo divulgata una redazione, ed infine già nel 1375 egli leggeva Dante allo studio di Bologna. Qual difficoltà adunque ad ammettere che il Rambaldi, tre anni innanzi alla data, che possiam dire ufficiale, del commento nello studio bolognese, avesse preparato il primo e fondamentale lavoro per la sua esegesi? (224 Ultimo canto di Dante. I fratelli Cairoli. Su 'l castello di Vigevano. [versi]. Imola, tip. d'Ignazio Galeati e figlio, 1893, in 8.0, di pagg. 17. (225

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Russo Vincenzo. Nell'Inferno» di Dante; nuove osservazioni e ricerche per ricostruire la valle d'abisso: studio. Catania, N. Giannotta, editore, (tip. sicula di Monaco e Mollica), 1893, in 8.o, di pagg. iv-80, con due tav.

Cap. I. I disegnatori dell'Inferno. Mentre nel secolo del rinascimento quasi tutte le edizioni del poema dantesco erano precedute da un capitolo sulla forma e il sito dell' Inferno è oggi ben raro trovare un testo, sopratutto per le scuole, con sufficienti notizie topografiche. Non è a dire che manchino gli architetti: ma architetti e commentatori non si sono bene intesi e battono vie 'diverse sdegnosi gli uni degli altri. La colpa di ciò è, in gran parte, dei dise gnatori; i risultamenti diversi dei loro studi, il falso metodo finora tenuto, e, in ispecie, l'aver badato più alla configurazione generale dell'edificio che alle sue parti, hanno, con altre ragioni, reso più grande il dissidio. E pure, all'intelligenza della Commedia, e all' effetto estetico delle varie scene, ben gioverebbe la descrizione delle singole parti più che la rappresentazione som. maria dell'intera macchina infernale. Gli studi di topografia nella divina Commedia dovrebbero avere l'importanza che ha la viva dipintura delle scene nella rappresentazione di un drama. Quando il critico del poema fosse insieme disegnatore e attore, quante nuove maraviglie non ri. trarrebbe che ai più rimangono ignote? La mancanza di questa utile propedeutica è sentita nelle scuole, e invano si chiede talvolta alle note dei commentatori qualche raggio di luce per rischiarare le nebbie del viaggio. Le illustrazioni popolari del Doré servono a confondere mirabilmente l'intelligenza degli studiosi, e i disegni che vanno per la maggiore, come quelli del duca di Sermoneta, sono insufficenti. Sono passati quattro secoli da che si è preso a stu diare la topografia infernale; entrarono nella disputa uomini di valore, e, neppure a farlo apposta, ognuno ideò un inferno a modo suo, diverso in tutto o in parte da quello degli altri. O per le allucinazioni a cui suole spingere il poema di Dante, o perchè i più si son contentati solo di mostrar vera la macchina preconcetta che avevano edificato nel loro cervello, gli argomenti che ciascun disegnatore addusse sono, spesso, infiorati di sofismi senza luce di metodo positivo. A leggere certi scritti moderni pare che Dante abbia fatto non una opera poetica ma un trattato puramente scientifico, in cui sono proposti problemi di statica, di geografia, astronomica, ecc., conosciuti o no dai dotti del medioevo. Ora il compito del futuro pittore e architetto del teatro della trilogia dantesca sta appunto nell' esaminare e vagliare le opinioni dei dantisti antichi e moderni, e, lungi dai preconcetti che, di solito, spingono ad inconscie illusioni, nel far procedere ogni osservazione unicamente dalle opere di Dante e dalle teorie letterarie, fisiche e metafisiche in mezzo a cui si formarono la sua mente e l'opera sua. Cap. II. Dagl' ignavi ai violenti. Gli ignavi si aggirano in una spelonca fuori del baratro; dal Limbo si cominciano a contare i cerchi che son sei gradi fino ai violenti. Dall' uno all' altro cerchio si scende per scale o viottoli sdruccioli, il muro della città del fuoco non ha altra torre che quella sulla porta d'ingresso, e le meschite sono i sepolcri degli epicurei. Cap. III, Malebolge. Il cinghio tondo tra il pozzo e il piè dell' alt a ripa dura, il campo distinto in dieci valli, è attraversato da ponti congiunti tra loro in modo che

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possano meritare il nome di lungo scoglio, di sasso (XXIII, 134) o di muro (XXIV, 73). Lo scoglio non ha pendenza, ma segue una curva concentrica agli altri gradi infernali, perchè sia agevole camminarvi su. Le sommità degli argini poi si vanno allontanando dalla linea superiore del lungo scoglio, sempre più verso il pozzo; così le varie fughe di ponti sollevati sul declivio degradante delle ripe circolari han forma di viadotti giganteschi. Cap. IV. Il pozzo dei traditori. Il pozzo dei traditori deve misurare molto più di trenta braccia e di vero, se il nono cerchio avesse, come vorrebbe il Giambullari, il cui disegno fece fortuna, un diametro di seimila braccia e solo una profondità di trenta, meriterebbe, propriamente, il nome di pozzo? L'ottavo cerchio non può avvicinarsi al centro d'una quantità minore del raggio della sua massima circonferenza, che è più di diciotto miglia. — Cap. V. Il tempo nell' « Inferno. L'orario dell' Inferno va modificato a questo modo: Dante è nella selva oscura la notte che segue al mercoledì santo; a piè del colle la mattina del giovedì; per lo cammino alto e silvestro la sera del giovedì; al quarto cerchio dopo la mezzanotte [ore 2 circa] che precede il venerdì; per abbandonare il sesto cerchio la mattina del venerdì alle 4; giù pel burrato e attraverso i gironi dei violenti durante il giorno di venerdì; sulle spalle di Gerione entro l'alto burrato e sulle prime quattro bolge dei fraudolenti la notte avanti il sabato; è per passare alla bolgia quinta di sabato dalle 6 e 45 alle 7, ecc., Da queste indicazioni emergono due fatti che dovrebber molto importare a chi studia il senso allegorico del poema: 1.o Dante scende fra i violenti il venerdì, giorno anniversario della violenza patita in terra dal figliuolo di Dio; 2.0 il viaggio dell' uomo che si incammina alla perfezione dura, dall'entrata nell'inferno alla contemplazione della Trinità, sette giorni, corrispondenti alla settimana di passione, ed all' iter septem dierum de' mistici. Riassumendo, Dante impiega otto ore dalla selva al quarto cerchio, due dal quarto al sesto, ventisette dal sesto alla bolgia quinta, cinque dalla quinta alla nona e sei dalla nona a Lucifero in tutto, quarantotto ore. - Cap. VI. Ar. chitettura dell' « Inferno ». Un'esatta misura dell' Inferno è impossibile; perchè, se Dante, come poeta, si compiacque troppo della matematica, come architetto fu parco e indeterminato e la precisione, trattandosi di un luogo imaginario, non gioverebbe nè alla geografia nè alla Commedia. Il cammino alto e silvestro corrisponde a via profonda, inclinata e sotterranea, e la porta d'inferno si apre in fondo a questa via, lungi dalla superficie della terra, presso il vestibolo degli ignavi. Il vestibolo si può ideare ampio a piacere, perchè v'è spazio a gran dovizia; l'Acheronte si può allungare di tanto quanto larga si imaginerà la caverna degli ignavi. Quanto ai cerchi, i primi sei e il nono son larghi miglia 1.75; cinque volte tante il settimo; dieci l'ottavo. L'alto burrato discosta l'ottavo dal settimo cerchio d'una distanza che il Landino, solo dei commentatori, aveva intuito, quando le assegnava 2213 miglia. Però Malebolge non è tanto vicina al centro da congiungersi quasi con la gelatina: tra la frode contro colui che fidanza non imborsa e la frode in colui che si fida, vi è non lieve differenza di colpa, e, per conseguenza, maggiore o minor vicinanza a Lucifero. La profondità del pozzo anche per ciò dev'esser considerevole, non quale si pensò dopo il Giambullari e il Vellutello. Quanto è profondo il Tartaro? Esso si sprofonda giù dalle viscere della terra due volte tanto, quanto noi distiamo dal cielo. Delle tre ultime ripe infernali la più grande, senza confronto, è l'alto burrato. Ognuno deve convenire che il volo di Gerione resterebbe un puro artificio di rettorica. se quella distanza fosse appena doppia delle altre che il poeta da cerchio a cerchio aveva attraversato coi propri piedi. Il discendere per cento ruote e il posarsi alla fine come il falcon che è stato assai sull' ali, non può essere spiegato coi vecchi disegni dei commentatori. Dopo le idee generali si può meglio determinare la distanza tra i varii gradi. Dante, non senza ragione, disse in più luoghi; è l'ora tale, o la tal altra. Se noi potessimo indagare il principio da cui egli fu regolato nelle indicazioni del tempo, giungeremmo presto a trovar le misure dello spazio. Conosciamo, infatti, la distanza tra la su

perficie e il centro della terra [miglia 5250]; la somma del tempo impiegato a percorrerla. [ore 4]; l'ora approssimativa in cui ha principio il viaggio, e in cui si arriva al quarto e al sesto cerchio, alla quinta bolgia dell'ottavo, e via di seguito. Queste ultime indicazioni son come tante pietre migliari su cui è descritto il cammino percorso: quindi, a determinare la profondità dei cerchi appare meglior mezzo d'ogni altro quello di accordare insieme il tempo e lo spazio. Ora la ricerca andrebbe come a seconda giù l'andar per nave se il viaggio fosse stato compiuto dal poeta senza frequenti indugi qua e colà: ma egli si ferma a guardare o ad interrogare i dannati di sovente: perchè mentre per risalire da Lucifero al purgatorio impiega ventidue ore, ci mette del doppio di tempo per arrivare a Cocito. Non poteva accadere altrimenti: a percorrere cinque sole delle male bolge passano sei ore, in media, cioè, un'ora e un quarto per ciascuna; con proporzione eguale sarà scorso il tempo sulle altre zone. Detraendo dalle ore di tutto il viaggio un numero corrispondente alla somma delle fermate, avremmo per la sola discesa un avanzo di diciott' ore; ma chi ci autorizza a far calcoli sopra una cifra ipotetica? Perchè gli indugi, come appare chiaramente dal testo, non sono eguali ed il racconto della Francesca avrà, di sicuro, trattenuto i poeti più che la profezia di Ciacco, Farinata più che Filippo Argenti, Niccolò III più degli adulatori. Non è quindi da ricercare una assoluta precisione matematica, ma sol delle misure approssimative alle quali è di grande utilità il confronto dello spazio e del tempo. Comunque poi si prenda ad esaminare il problema, o sottraendo dall' intero una parte delle ore, o considerando alla grossa tutta la somma, è chiaro che se al sesto cerchio son passate circa dieci ore e all'ottavo trentasette, la distanza tra il principio del viaggio e gli eresiarchi sarà, su per giù, un quarto di quello che va dalla selva oscura a Malebolge. Da un calcolo approssimativo si ritrae che il sesto cerchio si allontana dall' Acheronte per settanta miglia in linea perpendicolare; i primi sei cerchi sono tra di loro egualmente distanti, per una profondità brevissima rispetto alle grandi proporzioni [poniamo miglia 1,75]. Dagli eresiarchi ai violenti in linea perpendi colare corrono ottocento miglia, e dai violenti alle Malebolge poco più di duemila. Il pozzo è profondo poco meno di novanta miglia. (226

Sanesi Ireneo.

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Un documento inedito su Giovanni Boccaccio. [In Rassegna bibliografica della letteratura italiana. Anno I, no. 4].

È un istrumento del 17 di maggio 1351 [R. acquisto Fontani nell' Archivio centrale di Stato di Firenze] pei quale sono eletti curatori delle pericolanti sostanze di Giovanni Boccaccio e del fratello Jacopo, suo pupillo, ser Domenico di ser Jacopo e ser Francesco di Vanello. Ai due notari il certaldese, che si dichiara conscriptus in matricula artis iudicum et notariorum civitatis Florentie, dà piena facoltà di trattar cause, presentare i testimoni, addurre prove, chiedere od accettar dilazioni, sottoporre ad arbitri le controversie, far contratti, stipulazioni, patti, convenzioni, promettendo di tener valido totum et quicquid per dictos actores.... in predictis vel aliquo predictorum factum fuerit sive gestum: e i due notari, da parte loro, promettono omnia ipsius pupilli negotia bene et legaliter exercere et eum indefensum non relinquere. (227

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Scartazzini Giovanni Andrea. Dante-Literatur. [In Beilage-Nummer 184 zur Allgmeinen Zeitung. Agosto, 1893].

Parla del Giornale dantesco del quale non crede conveniente, come collaboratore, di dare un giudizio determinato: ma lo ritiene indispensabile sussidio a chi voglia seriamente occuparsi del divino poeta. Loda il metodo onde è redatto, e a quelli degli illustri collaboratori

attuali spera si aggiungano presto i nomi dei più reputati dantisti tedeschi, inglesi e ameri. cani. Il bollettino bibliografico che il direttore compila per ogni numero del giornale gioverà molto agli studi se di ogni opera citata porgerà sempre, sommariamente, il sunto e le conclu. sioni [Bollett. no. 120]. Passa quindi a ricordare l'opuscolo di Carmine Gioia intorno all'edi zione Nidobeatina della divina Commedia, nella quale è chiaramente raccontata la storia di quel rarissimo libro (Bollett. no 62): e lo studio del Micocci intorno a Dante nella moderna letteratura italiana e straniera [Milano, 18,0] che è una ristampa del libro publicato dal medesimo autore a Firenze nel 1891 sotto il titolo La fortuna di Dante nel secolo XIX; operetta che se non offre nulla di nuovo ai dantisti, può tuttavia essere in qualche modo utile agli ammiratori del nostro poeta [Bollett. ni. 33 e 67]. Il libro di Giuseppe Mazzoni in. titolato Alcune osservazioni sul commento della divina Commedia pubblicato dal dottor G. A. Scartazzini [Lugo, Melandri, 1893], reca molti importanti appunti critici dei quali l'autor del commento promette di tener conto per la seconda edizione del suo lavoro. Del padre Marco Giovanni Ponta ben fece il Gioia a ripublicare i tre importanti studi: Dell' età che in sua persona Dante raffigura nella divina Commedia [Torino, L. Roux e c.o, 1891]; Due studi danteschi [Roma, Armanni, 1891]; Orologio dantesco e tavola cosmografica [Città di Castello, S. Lapi, 1892]. Tutti questi lavori sono giudicati di alta importanza e meritevoli dell'attenzione degli studiosi di Dante. Alberto Buscaino-Campo ha ne' suoi Studi danteschi [Trapani, 1892] un certo numero di articoli notevolissimi ad illustrazione di alcuni passi difficili del poema di Dante, dei quali l'autore di questo scritto confessa che si sarebbe valso volontieri, se li avesse conosciuti prima, pel suo commento alla divina Commedia [Bollett. ni. 10 e 78]. Ottimo e stimato è il libro del Crescimanno Figure dantesche che l'Olschki, attivo ed intelligente editore, ha publicato a Venezia nel 1893. In questo lavoro sono ricor dati Celestino V, Nicolò III, maestro Adamo, Catone, Sordello e Cacciaguida così magistral. mente, che può ben dirsi accader di rado di poter leggere un libro intorno a Dante altrettanto importante e dilettevole. Questo lavoro merita tutta l'attenzione degli studiosi, perchè contiene molte osservazioni acute ed originali. [Bollett. no. 131]. Del conte Ruggero della Torre si ricordano due recenti lavori : La quarta egloga di Virgilio commentata secondo l'arte grammatica [Udine, 1892] e La pietà nell'Inferno» dantesco: saggio d'interpretazione [Milano, 1893]. Nel primo è trattata la questione: perchè Dante abbia scelto il pagano Vergilio a duca e maestro nel viaggio per l'inferno e pel purgatorio; nel secondo si discorre sull'importante problema: perchè Dante si pietoso nelle alte sfere infernali si mostri nelle basse sì duro, impassibile e quasi inumano verso i dannati [Bollett. no. 14]. Degne di attenzione son giudicate le Note dantesche del prof. Marco Funai [Gravina, 1890], sull' episodio della Francesca e sui passi dell' Inferno, I. 83 e Purgatorio, V, 37 [Bollett. ni. 129 e 181]: ei tre studi sul veltro di Dante di Ruggero della Torre, Poeta-veltro (Cividale, 1887-"90), di Silvio Scaetta Il veltro [Camerino, 1893] e della signorina Vincenzina Inguagiato Dantes Xristi Vertagus [Girgenti, 1893] che si occupa del cinquecento dieci e cinque del XXX canto di Purgatorio [Bollett. no. 63]. Cita quindi le illustrazioni dantesche di Janitschek [Bollett. ni. 95 e 126), Kraus [Bollett. ni. 95 e 107], Lippmann, Schuler, Volkmann, alle quali non si potrebbe porre a riscontro nessun lavoro italiano. Il signor Bernhard Schuler ha publicato di recente una magnifica edizione illustrativa, la più bella, senza dubbio, che sia stata eseguita sinora, della divina Commedia, in centoventicinque tavole, Dante's Göttliche Komödie [125 marchi], con un volume contenente: La divina Commedia di Dante Alighieri compendiata nella parte narrativa e descrittiva ad illustrazione dell' opera in centoventicinque figure tratte dall'edizione fiorentina dell' Ancora [München, 1893; marchi 7), e un'edizione popolare delle sole illustrazioni [al prezzo di 10 marchi]; e il dottor Ludwig Volkmann ha publicato un trattato sui ritratti di Dante Bildliche Darstellungen zu Dante's divina Commedia bis zum Aus

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