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sufficit ad identitatem speciei; quia est diversitas in finibus proximis raptor enim vult per propriam potestatem obtinere ; fur vero per astutiam »; e Aristotile « distinguit furtum a rapina, ponens furtum occultum, rapinam vero violentam » 1. I guastatori e i predoni sono nel sangue più di quelli che mal feriscono; ed anche questo è, senza dubbio, giusto. Se non che, mentre S. Tommaso afferma che « rapina est gravius peccatum quam furtum » 2, Dante mostra di pensarla diversamente: infatti punisce il furto più giù, nella 7.a bolgia dell' VIII cerchio. La ragione di questa discordanza è quella accennata più innanzi, per i peccati di violenza in genere; cioè la magnanima natura del poeta, che lo spingeva a disprezzare tutto ciò che sa di pusillanime: qui aggiungo che tanto più dovè parer lecito a Dante il discostarsi, nel caso della rapina e del furto, dall' Aquinate, in quanto che questi non fondava la sua opinione su d'alcun testo sacro, ma solo richiamava le leggi civili 3.

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Nel 2.0 girone del VII cerchio son puniti i suicidi e gli scialacquatori.

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Per il suicidio torna Dante ad esser d'accordo con S. Tommaso; riconoscendo con lui la gravità di questo peccato: «homicidium suipsius.... est gravissimum, quia sibi ipsi nocet, cui maximam dilectionem debet. Est etiam periculosissimum; quia non restat tempus, ut per poenitentiam expietur »> ^ : gravius peccat qui occidit seipsum, quam qui occidit alterum » 5. E tanto più volentieri si sarà Dante accordato con S. Tommaso, in quanto lo aiutava a ciò quella stessa ragione, che dovè determinarlo a scostarsene per la rapina e per il furto, cioè il suo magnanimo sdegno per tutto ciò che sa di fiacco : « quod aliquis sibiipsi inferat mortem, ut vitet mala poenalia, habet quidem quandam speciem fortitudinis....., non tamen est vera fortitudo, sed magis quaedam mollities animi non valentis mala poenalia sustinere, ut patet per Philos. ecc. ».

Gli scialacquatori non sono che prodighi sfrenati, scrive il Bartoli infatti non si potrebbe chiamarli diversamente; chè

1 S. Tomm., Summa, II, II, q. LXVI, art. 4.

2 Ivi, art. 9.

3 Ivi.

4 Ivi, q. LXIV, art. 5.

5 Ivi, I, II, q. LXXIII, art. 9.

6 S. Tomm., Summa, II, II, q. LXIV, art. 5.

7 op. cit., pag. 66.

quest' eccesso di prodigalità non costituisce una specie di peccato a sè, con nome speciale. Pare, a prima vista, che Dante, mentre considera la prodigalità, che ha sua causa nel defectus appetitus sensitivi, capace di giungere al grado di peccato ex malitia; di giungere a tal grado non consideri capace l'avarizia, che, pur avendo la stessa causa, è peccato più grave'. Ma, chi ben guardi, la cosa non va per l'appunto così. L'avarizia sfrenata induce alla rapina, al furto o che so io e in tali casi, cambiato il fine prossimo ( « vitia habent speciem ex fine proximo, sed ex fine remoto habent genus et causam »), è cambiata non solo la specie, ma anche il nome del peccato. Ma per la prodigalità (quantunque quod quis propter intemperantiam superflue consumat, hoc iam nominat simul peccata multa » 2), l'eccesso può bene raggiungersi, può bene il peccato cambiar di specie, senza che per questo cambi di nome. Quale più sfrenata prodigalità, che quella di Jacopo da Sant' Andrea, che per godersi lo spettacolo d'un grand' incendio, fa ardere una villa? Ma la villa è sua, e, per istudio che ci si metta, non si riuscirà a dirlo reo d'altro peccato, da quello di sfrenata prodigalità in fuori; come, d'altra parte, non si potrà nemmeno accordargli l'attenuante della passione o infirmitas. Era dunque necessario separar lui e i suoi compagni da' prodighi dell' Inferno superiore.

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Nel 3.0 girone del VII cerchio è punita la superbia; con una delle molte figlie che Isidoro le assegna, la bestemmia (oppure possiam dire, che v'è punita la « bestemmia di fatto » stemmia di parole); l'usura e il sodomiticum vitium.

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Ho già detto che S. Tommaso distingue l' inanis gloria dalla superbia quella è peccato veniale, e perciò non ha luogo nell'Inferno; questa è « aliquid principalius capitalibus vitiis »; è regina vitiorum » 1, e << maxime consistit in contemptu Dei » 5. Seguitino pure i dantisti, fino a' più recenti, non esclusi i commentatori teologi; seguitino pure a veder punita la superbia nell'Inferno superiore, tra' peccati d'incontinenza: intanto ascoltino S. Tom

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1 Cfr. il cap. V del pres. scr.

2 S. Tomm., Summa, II, II, q. CXIX, art. 3.

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3 Per questa frase, in ispecie, e, in genere, per quanto si riferisce alla superbia, alla bestemmia e al loro rappresentante nell' Inferno dantesco, cfr. i miei scritti I superbi nell' « Inf. di Dante, e Ancora de' superbi ecc., cit. a pag. 343 del pres. scr. Ricordo che mi son proposto di non ingrossare soverchiamente la mole di questa trattazione.

4 S. Tomm., Summa, II, II, q. CLXII, art. 8.

5 Ivi, art. 3.

maso. La superbia appartiene, soltanto aliquo modo, ad vim irascibilem. Sed irascibilis dupliciter accipi potest. Uno modo proprie: Et sic est pars appetitus sensitivi.... Alio modo potest accipi irascibilis largius, sc. ut pertineat etiam ad appetitum intellectivum, cui etiam quandoque attribuitur ira, prout scilicet attribuamus iram Deo et angelis, non quidem secundum passionem, sed secundum judicium justitiae judicantis.... » E S. Tommaso conclude: « necesse est dicere, quod subjectum superbiae sit irascibilis non solum proprie sumpta, prout est pars appetitus sensitivi, sed etiam communius accepta, prout invenitur in appetitu intellectivo. Unde et in daemonibus superbia ponitur »1. Infine, «< in aliis peccatis homo a Deo avertitur, vel propter ignorantiam, vel propter infirmitatem, sive propter desiderium cujuscunque alterius boni: sed superbia habet aversionem a Deo ex hoc ipso, quod non vult ejus regulae subjici. Unde Boetius dicit, quod cum omnia peccata fugiant a Deo, sola superbia se Deo opponit ». Ce n'è abbastanza, mi sembra, per concludere, che a ragione la superbia è punita tra i peccati ex malitia, tra quei peccati, cioè, che hanno la loro causa nel defectus voluntatis.

Perchè poi sia punita tra i peccati ex malitia per violentiam, e non tra quelli ex malitia per vias dolosas, ciò si dimostra assai facilmente: le vie occulte son contrarie alla natura stessa del peccato di superbia: magnanimus enim in omnibus vult manifestus esse, ut Philos. dicit.... superbia quamdam similitudinem magnanimitatis habet vel fingit » 3.

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La bestemmia è, secondo Isidoro, figlia della superbia; secondo S. Gregorio, figlia dell'ira. S. Tommaso, col solito acume, distingue : la bestemmia, in cui si prorompe nell' eccitazione dell' animo, è figlia dell' ira; quella, in cui si prorompe deliberata mente, è figlia della superbia. Questa è peccato mortale: anzi è peccato mortale, anche quando è pronunciata « absque deliberatione », ma considerando il significato delle parole; mentre « est peccatum veniale, et non habet proprie rationem basphemiae »>, «< cum aliquis subito ex aliqua passione in verba imaginata prorumpit, quorum significationem non considerat » 5. Naturalmente, la bestemmia punita

1 Ivi.

2 Ivi, art. 6.

3 S. Tomm., Summa, II, II, q. LV, art. 8.

Ivi, q. CLVIII, art. 7.

5 Ivi, q. XIII, art. 2.

nel 3.o girone del VII cerchio è la figlia della superbia, non dell'ira. In quanto alla sede assegnata da Dane a' bestemmiatori (più giù degli omicidi), è notevolissimo il passo seguente di S. Tommaso: blasphemus magis peccat quam homicida » 1.

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Per ciò che si riferisce all' usura, è notevole, in S. Tommaso, l'accenno ad Aristotile: « Philos. naturali ratione ductus dicit in I. Politic. (c. 7. parum ante med. to. 3) quod usuraria acquisitio pecuniarum est maxime praeter naturam » 2. E all' autorità d' Aristotile ricorse anche Dante (Inf. XI, 97-IIII) per dimostrare, che l'usura «< offende la divina bontade»: soltanto, ricorda la Fisica, non la Politica.

In quanto al sodomiticum vitium, è uno de' modi in cui l'atto contro natura può compiersi. Il vizio contro natura è peccato di malizia al che non osta (parla sempre S. Tommaso), che Aristotile annoveri il vizio contro natura tra i peccati di bestialità; perchè la bestialità non è che eccesso di malizia, e quindi appartiene allo stesso genere di peccati che la malizia 3. Il peccato contro natura è il più grave tra tutti i peccati di lussuria: esso è peccato contro Dio « in peccatis contra naturam, in quibus ipse ordo naturae violatur, fit iniuria ipsi Deo ordinatori naturae ». Dante ha ben mostrato di conoscere questa dottrina, collocando i sodomiti con gli usurai e con i superbi.

Anzi concludendo intorno a questo 7.0 cerchio, noi vi troviamo una serie di prove, per ritenere, che Dante lo ha modellato sulle dottrine di S. Tommaso. Vi troviamo i peccati di bestialità, i quali, secondo S. Tommaso, non costituiscono una categoria speciale di peccati, ma sono eccesso in malizia; vi troviamo il suicidio, considerato come peccato più grave che l'omicidio; vi troviamo punite insieme la superbia e la bestemmia, cioè la madre e la figlia; e l'usura e la sodomia considerate come peccato contro Dio stesso.

Si potrà dimandare; perchè Dante punisce la bestialità tra i peccati ex malitia per violentiam, e non tra quelli ex malitia per vias dolosas, che egli considera come più gravi? Perchè la bestialità, come dice la parola stessa, « non est humana, sed bestialis » 5, cioè

1 S. Tomm., Summa, q. XIII, art. 3.

2 Ivi, q. LXXVIII, art. 1.

3 Ivi, q. CLIV, art. 11.

4 Ivi, art. 12.

5 Ivi, q. CLIX, art. 2.

da bestie; e la frode non è delle bestie, ma propria dell' uomo, animale razionale 2.

b) Peccati ex malitia per vias dolosas e contro chi si fida.

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(VIII cerchio).

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Nella 1. bolgia dell' 8.° cerchio sono i seduttori e i lenoni, nella 2. gli adulatori, nella 3. i simoniaci, nella 4." gl' indovini, nella 5. i barattieri, nella 6.a gl'ipocriti, nella 7.a i ladri, nell' 8.a gli astuti, nella 9. i seminatori di scandalo e di scisma, nella 10.a i rei di mendacio.

Il Bartoli scrive 3, che la disposizione, data da Dante alle «< varie specie di frode deve derivare dalle opinioni del suo tempo e dallo stato del suo animo », e che non sembra « si possa costruire su quella classificazione nessuna teoria ». Se per l'opinioni del suo tempo il Bartoli intende le dottrine teologiche, <«< in alcun vero suo detto percuote »; non si capisce però, perchè non si possa, in tal caso, costruire, sulla classificazione dantesca, nessuna teoria. Quanto allo stato dell'animo del poeta, esso avrà potuto influire, qua o là, in qualche aspetto secondario del suo vastissimo tema; non già nell' orditura principale, di cui è parte importantissima la classificazione de' peccati ex malitia per vias dolosas. Ma facciamo, innanzi tutto, un rapido esame, dal punto di vista teologico, de' varii peccati puniti in ciascuna delle dieci bolge.

1.a I seduttori sono rei dello stuprum, una species luxuriae : ma per esso fit deformins peccatum luxuriae ex peccato iniustitiae.... Habet autem duplicem iniuriam annexam. Unam quidem ex parte virginis, quam et si non vi corrumpat, tamen eam seducit: et sic tenetur ei satisfacere. Unde dicitur Exod. 22.

Si seduxerit quis virginem nondum desponsatam, ecc. .... Aliam vero inuriam facit patri puellae, ecc. » . Lo stupro adunque s' oppone alla giustizia.

Una delle figlie dell' avarizia è, secondo S. Gregorio, col quale s'accorda S. Tommaso, l' inquietudo: all' inquietudo appar

1 Cfr. Galanti, Lett. 19, serie 1, cit. dall' Agresti, scr. cit.

2 Inf.. XI, 25.

3 op. cit., pag. 86.

S. Tomm., Summa, II, II, q. CLIV, art. 6,

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