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tiene l'appetitus turpis lucri d'Isidoro, o il pasci de meretricio di Aristotile1. Dante stesso considera i lenoni come una specie d'avari: qui ci siam molti Bolognesi, dice Venedico Caccianimico; « e se di ciò vuoi fede e testimonio, Recati a mente il nostro avaro seno ». Il lenonicio adunque, come una specie d'avarizia, s' oppone alla virtù della liberalità.

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2a L'adulatio è peccato 3, ed è peccato mortale, se si loda il peccato altrui, o « cum quis alicui adulatur ad hoc, quod fraudolenter ei noceat vel corporaliter, vel spiritualiter »; o, infine, se la lode sia altrui occasione a peccare. L'adulazione s'oppone alla virtù dell' amicizia 5.

3a « Aliquis emendo vel vendendo rem spiritualem, irreverentiam exhibet Deo et rebus divinis: propter quod peccat peccato irreligiositatis» » 6. La simonia adunque s' oppone alla virtù della religione.

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4.a «< Tum autem solum dicitur divinare, quando sibi indebito modo usurpat praenuntiationem futurorum eventuum. Hoc autem constat esse peccatum. Unde divinatio semper est peccatum »7. Divinatio est species superstitionis » ; e superstitio importat indebitum cultum divinitatis » 8. Anche gl' indovini adunque peccano contro la virtù della religionc.

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5 a La baratteria corrisponde, ne' teologi, all'acceptio personarum. L'acceptio personarum consiste nel conferire cariche ed onori, considerando la persona di quello a cui si conferiscono, non i meriti: e si noti, che « ad personam refertur quaecunque conditio non faciens ad causam, propter quam sit dignus hoc dono ». Inoltre, « per personarum acceptionem judicium corrumpitur... iudicium est actus justitiae, prout judex ad aequalitatem justitiae reducit ea, quae inequalitatem oppositam facere possunt. Personarum autem acceptio inaequalitatem quandam habet, in quantum attribuitur alicui personae aliquid praeter proportionem suam, in qua consistit.

1 S. Tomm., Summa, II, II, q. CXVIII, art. 8.

2 Inf., XVIII, 62 e 63.

3 S. Tomm., Summa, II, II, q. CXV, art. 1.

▲ Ivi, art. 2.

5 Ivi, art. circa med.

6 Ivi, q. C, art. 1.

7 Ivi, q. XCV, art. 1.

8 Ivi, art. 2.

Ivi, q. LXIII, art. 1 e 3.

aequalitas justitiae.... in quolibet judicio locum habere potest personarum acceptio». Infine «< acceptio personarum opponitur justitiae distributivae in hoc, quod praeter proportionem agitur »2. Ho voluto insistere un pò sul concetto dell' acceptio personarum, perchè mi sembra che nessuno ne abbia parlato, a proposito. de' barattieri.

6. «Hipocrisis simulatio est, non autem omnis simulatio, sed solum illa qua quis simulat personam alterius, sicut cum peccator simulat personam iusti » 3. É peccato mortale, tranne nel caso, che lo scopo della simulazione non ripugni alla carità. L'ipocrisia s' oppone alla virtù della verità 5.

7. In questa bolgia son puniti i rei di furto semplice e i rei di furto aggravato « per aliquam gravem circumstantiam », come il sacrilegio, « << quod est furtum rei sacrae », e il peculato, « quod est furtum rei communis ». Come il furto semplice, così anche il peculato s'oppone alla giustizia: il sacrilegio s' oppone alla religione: « si quis rem sacram violat ex hoc ipso contra Dei reverentiam agit: et sic per irreligiositatem peccat » 7.

8. I commentatori assegnano a questa bolgia i consiglieri fraudolenti, mossi dal v. 116 del canto XXVII dell' Inf., ove Guido da Montefeltro dice, che si trova nel fuoco furo, per aver dato «< il consiglio fraudolente ». Ma il dar consigli fraudolenti non è specie di peccato a sè. D'altra parte, lo stesso Montefeltrano aveva detto poco innanzi (v. 74-77 canto cit.):

l'opere mie

non furon leonine, ma di volpe.

Gli accorgimenti e le coperte vie

io seppi tutte, e sì menai lor arte, ecc.;

e d'Ulisse e Diomede si legge nel canto XXVI (vv. 58-63):

dentro dalla lor fiamma si geme

l'agguato del caval, che fè la porta

ond' uscì de' Romani il gentil seme.

1 S. Tomm., Summa, II, II, q. LXIII, art. 4.

2 Ivi, art. 1.

3 Ivi, q. CXI, art. 2.

▲ Ivi, art. 4.

5 Ivi, art. 3.

6 Ivi, q. LXVI, art. 6.

7 Ivi, q. XCIX, art. 2.

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Piangevisi entro l'arte, per che morta
Deidamia ancor si duol d'Achille,

e del Palladio pena vi si porta.

Ora l'opere di volpe, gli accorgimenti e le coperte vie di Guido da Montefeltro, gli agguati e le arti de' due Greci han pieno. riscontro con ciò che S. Tommaso dice dell' astuzia, come peccato speciale : aliquod peccatum potest esse contra prudentiam.. in quantum aliquis ad finem aliquem consequendum vel bonum vel malum utitur non veris viis, sed simulatis et apparentibus: Et hoc pertinet ad peccatum astutiae. Unde est quoddam peccatum prudentiae oppositum » 1. All' astuzia poi appartengono il dolus e la fraus: « dolus pertinet universaliter ad executionem astutiae, sive fiat per verba, sive per facta: fraus autem magis proprie pertinet ad executionem astutiae, secundum quod fit per facta». Sicchè, teologicamente interpetrando, Guido da Montefeltro, che s'era pentito dell' antecedenti opere di volpe3, sconta il solo consiglio fraudolento, è reo di dolo; Ulisse e Diomede, che non consigliarono solo, ma compirono per facta le opere astute accennate da Dante, son rei di frode. E poichè tanto il dolo di Guido, quanto la frode de' due Greci avevano per iscopo un'opera contraria alla giustizia; a questa virtù s' oppongono tanto l' uno, quanto l'altra1. 9. Che la parola scandalo non abbia nel canto XXVIII dell'Inf. (v. 35) il senso di parola od atto che dia occasione a peccato, ma bensì di parola od atto che sia causa di discordia, è incontestabile; ed è parimenti incontestabile, che nella 9. bolgia son puniti i seminatori di discordie civili; poichè discordie civili promossero certamente Pier da Medicina, Curione, il Mosca e Bertram dal Bornio. Diremo dunque che nella 9.a bolgia è punito il sedizioso, quegli cioè che « seditionem excitat.... discordiam facit, non quamcumque » (chè s'avrebbe il sussurratore 5), « sed inter partes alicujus multitudinis. Peccatum autem seditionis non solum est in eo qui discordiam seminat, sed etiam in eis qui inordinate ab invicem dissentiunt >>

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1 S. Tomm., Summa, II, II, q. LV, art. 3.

2 Ivi, art. 5.

3 Inf., c. XXVI, vv. 79-84.

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executio astutiae potest fieri per aliquod aliud vitium, sicut et executio prudentiae fit per virtutes. Et hoc modo nihil prohibet defraudationem pertinere ad avaritiam vel illiberalitatem. S. Tomm, Summa, II, II, q. LV, art. 5.

La susurratio è una delle figlie dell'invidia; onde è punita con la madre nello Stige. Cf. il già citato mio scritto Gli accidiosi e gl'invidiosi, ecc.

S. Tomm., Summa, II, II, q. XLII, art. 1.

Co' sediziosi sono opportunamente accoppiati i capi di scisma, rei d'aver attentato all' unità della Chiesa, « quae est unitas principalis; nam unitas particularis aliquorum ad invicem ordinatur ad unitatem Ecclesiae ». Tanto la seditio, quanto lo schisma s'oppongono alla pace.

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10. Il peccato punito in questa bolgia (che da nessun commentatore, ch'io sappia, fu definito con teologica precisione) è il mendacio, distinto in mendacio di parole, o mendacio propriamente detto; mendacio di fatto, o simulazione; e mendacio confermato con giuramento, o spergiuro. Il mendacio propriamente detto consiste nel dire il falso con la volontà di dire il falso: la « cupiditas fallendi pertinet ad perfectionem mendacii; non autem ad speciem ipsius ». « Omne mendacium est peccatum » 3; ed è peccato mortale quando <«< contrariatur charitati», cioè quando ha per iscopo di nuocere al prossimo, «< cum nocere proximo sit peccatum mortale». Rappresentante di questa prima specie di mendacio è, nell'inferno dantesco, la moglie di Putifarre. << Simulatio propria est mendacium quoddam in exteriorum signis factorum consistens » e questo peccato rappresentano, nell' inferno di Dante, gli alchimisti Griffolino e Capocchio; Gianni Schicchi, che si finse Buoso Donati; Mirra, che si finse altra donna, per giacersi col padre, e, infine, Maestro Adamo, falsificator di moneta. << Periurium definitur esse mendacium iuramento firmatum » ; e lo rappresenta nell' Inferno il greco Sinone, che confermò la sua famosa menzogna col solenne giuramento (Virg., En., II, 154): « Vos aeterni ignes et non violabile vestrum Testor numen, ait, vos, arae, ensesque nefandi, Quos fugi, vittaeque deum, quas hostia gessi ». E, infatti, spergiuro lo chiama maestro Adamo (Inf., XXX, 118). La prima e la seconda specie di mendacio s'oppongono alla virtù della verità: la terza alla virtù della religione: « iurare est testem Deum invocare. Pertinet autem ad Dei irreverentiam, quod aliquis testem eum invocet falsitatis » 7.

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Insomma i peccati puniti nell' ottavo cerchio si oppongono

'S Tomm., Summa, II, II, q. XXXIX, art. 1.

2 lvi, q. CX, art. 1.

3 Ivi, art. 3.

Ivi, art. 4.

Ivi, q. CXI, art. 1.

6 Ivi, q. XCVIII, art. 1.

1 Ivi, art. 2.

alle seguenti virtù: la giustizia (a cui s'oppongono lo stupro, la baratteria, il furto, il dolo e la frode), la liberalità (a cui s'oppone il lenocinio); l'amicizia (a cui s'oppone l'adulazione); la religione (a cui s'oppongono la simonia, la divinazione, il sacrilegio, lo spergiuro); la verità (a cui s'oppongono l'ipocrisia e il mendacio, sia di parole, sia di fatti); e la pace (a cui s'oppongono la sedizione e lo scisma). Or che virtù sono queste? « Iustitia ea ratio est, qua societas hominum inter ipsos et vitae communitas continetur » : così Cicerone al che S. Tommaso aggiunge: « sed hoc importat respectum ad alterum. Ergo justitia est solum circa ea, quae sunt ad alterum » 2. E poichè « bonum commune praeminet bono singulari unius personae », «< in justitia virtutis splendor est maximus », come dice Cicerone, o come dice Aristotile, la giustizia è così preclara virtù, che nè Lucifero, nè Espero son più degni d'ammirazione. E da un'altra ragione dipende la maggior nobiltà della giustizia, rispetto alle altre tre virtù cardinali: che queste han sede nell'appetito sensitivo, dal quale s'originano le passioni; quella nell' appetito razionale, cioè nella volontà 3. Tale essendo la virtù della giustizia, si comprende di leggieri, che i peccati, che le si oppongono, debbono essere dei più gravi (« maximae virtuti opponitur maximum peccatum » 4); e tali debbono essere anche quelli, che s'oppongono alle virtù della liberalità, dell' amicizia, della religione, della verità e della pace, che sono virtù annesse alla giustizia 5, come le chiama S. Tommaso; o, come le chiamano altri, figlie della giustizia.

Sicchè, concludendo intorno all' VIII cerchio, possiamo dire che vi son puniti i peccati ex malitia e per vias dolosas che s'oppongono alla giustizia e alle virtù annesse: le quali virtù come quelle che, per più ragioni, hanno maggiore importanza che le altre, concorrono, con la malizia e con la frode, a determinare una maggior gravità ne' peccati che ad esse s'oppongono. Si badi bene, perciò, che non sarebbe lo stesso il dire semplicemente, che nell' 8.o cerchio son puniti i peccati che s'oppongono alla giustizia e alle virtù annesse; poichè anche nel vestibolo troviamo un peccato opposto

De off. I in tit. de justitia, cit. da S. Tomm, Summa, II, II, q. LVIII, art. 2.

2 loc. cit. della Summa.

3 S. Tomm., Summa, II, II. q. LVIII, art. 12.

Ivi, I, II, q. LXXIII, art. 4.

5 Ivi, II, II, q. LXXX, art. unico dal quale, per esser breve, citerò solo le parole seguenti: omnes virtutes, quae ad alterum sunt, possunt ratione convenientiae justitiae annecti».

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