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alla religione, l'idolatria; e nel 4.° cerchio troviamo l'avarizia e la prodigalità, opposte, l'una secundum defectum, l'altra secundum excessum, alla liberalità; e, nel 7.0°, la crudelitas, la saevitia, l'omicidio, il ferimento, la rapina, il suicidio e la dissipazione son tutti peccati, che s'oppongono alla giustizia e virtù annesse; ma gl' idolatri hanno l'attenuante dell' ignoranza; gli avari e i prodighi quella della passione; infine, i peccatori del 7.0 cerchio hanno quella, che per il Poeta è anch'essa un' attenuante, la forza, cioè, con la quale il peccato è stato commesso.

c) Peccati ex malitia per vias dolosas è contro chi si fida (cioè aggravati dalla condizione della persona contro cui si pecca). (IX cerchio).

« Conditio personae in quam peccatur aggravat peccatum... primo quidem ex parte Dei, cui tanto magis aliquis homo conjungitur, quanto est virtuosior vel Deo sacratior.... ex parte proximi tanto gravius peccatur, quanto peccatum plures tangit, etideo peccatum, quod fit in personam publicam, puta regem, vel principem, qui gerit personam totius multitudinis, est gravius, quam peccatum, quod committitur contra unam personam privatam. Unde specialiter dicitur Exodi 22: Principi populi tui non maledices. Et similiter iniuria, quae fit alicui famosae personae, videtur esse gravior ex hoc, quod in scandalum et turbationem plurimorum redundat.... Ex parte etiam sui ipsius manifestum est, quod tanto aliquis gravius peccat, quanto aliquis magis in conjunctam personam seu naturali necessitudine, seu beneficiis, seu quacunque conjunctione peccaverit: quia videtur in seipsum magis peccare; et pro tanto gravius peccat, secundum illud Eccles. 14. Qui sibi nequam est, cui bonus erit? » 1.

Ciò premesso, e chiesta venia al lettore per la lunga ma importantissima citazione, esaminiamo i singoli peccati puniti nel IX ed ultimo cerchio.

Nella zona, la Caina, son puniti i traditori de' parenti; nella 2a, l'Antenora, i traditori della patria: essi peccarono contro la virtù della pietà, «per quam sanguine junctis patriaeque benevolis officium et diligens tribuitur cultus », come definisce Cicerone 2. Al

1 Ivi, I, II, q. LXXIII, art. 9.

2 Rhet. 1. 2. De invent. cit. da S. Tomm., Summa, II, II, q. CI, art. 1.

che S. Tommaso aggiunge: « post Deum est homo maxime debitor parentibus et patriae. Unde sicut ad religionem pertinet cultum Deo exhibere, ita secundario gradu ad pietatem pertinet exhibere cultum parentibus et patriae. In cultu autem parentum includitur cultus omnium consanguinorum >> 1

a

Nella 3a zona, la Tolomea, son puniti i traditori degli amici, secondo alcuni commentatori; degli ospiti, secondo altri. Poichè Tolomeo, l'ebreo, dal quale la 3a zona si nomina, uccise a convito il suocero e due cognati; e Frate Alberigo, rappresentante de' dannati della zona medesima, uccise, anche a convito, il consanguineo Manfredo e un figliuolo di questo; a me pare piuttosto, che nella 3a zona sien puniti ancora i traditori de' parenti; quindi anche il loro peccato è contro la pietà: se non che esso è aggravato da un'altra circostanza (<«< tertio modo circumstantia aggravat peccatum ex eo, quod auget deformitatem provenientem ex alia circumstantia >> 2): cioè, che il tradimento è avvenuto in un convito. In altri termini, il peccato, che si sconta nella Tolomea, è più grave di quello che si sconta nella Caina, perchè la persona, contro cui s'è peccato, aveva doppia ragione di fidarsi: la parentela e l'ospitalità. E perciò i dannati della Tolomea son giustamente più vicini al centro del pozzo, e più fitti nel ghiaccio, che non quelli della Caina e del

l'Antenora.

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3

Nella 4 zona, la Giudecca, son puniti i traditori de' benefattori, secondo alcuni; dell'umanità, secondo altri. Poichè « per excellentiam pietas cultus Dei nominatur; sicut et Deus excellenter dicitur pater noster »> 3, a me pare che anche il peccato di Giuda sia contro la pietà; però tanto più grave di quello contro i parenti, di quanto la Divinità è superiore all'uomo. E poichè nel culto della patria «< intelligitur cultus omnium concivium et omnium patriae amicorum », « et ex ea parte qua personae in dignitate constitutae ordinantur ad bonum commune, non pertinet eorum cultus ad observantiam, sed ad pietatem >>> ne segue, che anche Bruto e Cassio sieno rei d'un peccato contro la pietà. Che se s'aggiunga, che la sola « inobedientia, qua quis inobediens est praeceptis superiorum, est peccatum mortale » 5; se si rifletta, che il peccato contro una persona famosa è più grave, per lo scan

1 S. Tomm., loc. cit.

2 S. Tomm., Summa, I, II, q. LXXIII, art. 7.

3 lvi, II, II, q. CI, art. 3.

4 Ivi, q. CII, art. 3.

Ivi, q. CV, art. 1.

Giornale Dantesco

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dalo che ne nasce nella moltitudine 1; si avrà, spero, la giusta misura del peccato commesso da Bruto e da Cassio: e ciò, si badi, anche prescindendo dall' alto concetto dantesco, per quanto si riferisce all' impero romano.

Concludendo intorno al 9.° cerchio, anche in esso son puniti i peccati ex malitia e per vias dolosas, che fanno contro alle virtù annesse alla giustizia; poichè virtù annessa alla giustizia è la pietà, e tale è la gratitudo o gratia 2, se Giuda, Bruto e Cassio si considerino come traditori de' benefattori: ma questi peccati (e in ciò differisce il 9.° cerchio dell' 8.9), appunto per la natura della virtù, a cui s'oppongono, trovano la loro aggravante nella condizione della persona contro cui si pecca.

VIII.

CONCLUSIONE INTORNO A TUTTO L'INFERNO

Per concludere intorno a tutto l' Inferno, presenterò al lettore, compendiata in un quadro, l'intera struttura morale dell' Inferno di Dante.

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2 S. Tomm., Summa, II, II, q. LXXX, art. unico, circa med.

E dopo tutto questo, mi sia lecito d'affermare con piena convinzione, che la struttura morale dell' inferno dantesco non è nè oscura, nè avviluppata, come è piaciuto al Bartoli di giudicarla: dirò meglio, è oscura e avviluppata, soltanto per chi pretende d'interpretar Dante, senza mettersi nell' ambiente di Dante; di sentenziar di peccati, senza risalire a' teologi, o consultandoli superficialmente; di sorridere delle sottigliezze scolastiche, quando appunto d'uno scolastico è l'opera che si studia. E mi sia lecito altresì d'affermare con sicurezza, che la struttura morale dell'inferno dantesco è frutto d'un concetto unico; e che la fusione di due concetti, sognata dal Minich e dal Bartoli presa in seria considerazione, non merita ormai neppur d'essere confutata 1.

Da ultimo, una dichiarazione. Io non ho la pretesa d' aver esaurito l'argomento: in alcuni punti, non ho voluto, per amor di brevità ; in altri, non ho voluto, perchè m' è parso di doverne lasciar la briga a' teologi.

Popoli, giugno del 1893.

DR. LORENZO FILOMUSI GUELFI.

1 Cfr. Bartoli, op. cit. pag. 87. Non posso però tenermi dal dir qualche cosa di quelli che al Bartoli paiono indizii (pag. 77-80) di questa fusione di due concetti. 1o. Gli avari e i prodighi del 4° cerchio sono irriconoscibili, mentre son riconoscibili i prodighi del 7o. Ma è proprio vero che quest'ultimi sieno riconoscibili? No. Dante arriva a conoscere il nome di Lano, perchè il dannato, che lo insegue, lo nomina: «Lano, sì non furo accorte Le gambe tue, ecc. »; e apprende dal cespuglio il nome di Jacopo da Sant' Andrea: «O Jacopo, dicea, da Sant'Andrea, Che t'è giovato di me fare schermo?»: infine, a richiesta di Virgilio, anche il cespuglio dice le sue generalità, ma non il nome; tanto, che ancor non si sa, se sia Lotto degli Agli o Rocco de' Mozzi. 2°. « Ne' primi sette canti nessun papa e nessun cardinale sono ricordati.... Dopo 11 7° canto però troviamo nominato papa Anastasio, ed appresso Nicolò III, che dice d'aspettare all'inferno Bonifacio VIII e Clemente V... . ne' primi sette canti le persone storiche dei tempi del Poeta sono ben poche, tre sole, e di nessuna importanza politica.... Appena valicato il canto settimo, solamente nei tre successivi, si affollano l'Argenti, Farinata .... tutti personaggi di grande importanza politica». Ma qual meraviglia ? Si consideri bene la natura e la minor gravità delle colpe, di cui si tratta ne' primi sette canti: son colpe, che non menano rumore, o che si perdonano facilmente a personaggi importanti. 3o. Dante domanda a Ciacco, dove sieno Farinata, il Tegghiaio, ecc. ; e Ciacco lo in. forma della loro sorte. « Da questo luogo si direbbe quasi che quando il Poeta scriveva il canto sesto avesse intenzione di mettere iu comunicazione tra loro i dannati de' vari cerchi; il che poi non ha fatto Si direbbe quasi: il Bartoli stesso adunque non ha che un lontano dubbio dunque il fatto ch'egli accenna non può dirsi indizio di discontiuuità. 4o. I dannati, quando le cose s'appressano o sono, non sanno più nulla: così nel canto X dell' Inferno. Invece, nel canto VI, Ciacco predice nel marzo o nell'aprile del 1300 i fatti del primo di maggio. Questa sarebbe, tatt'al più, una contradizione: ma di contradizioni ce n'è qualcuna in tutti i poemi: in tutti dunque dovrebbe dirsi che c'è discontinuità. Cfr. pure Merlo,

op. cit pag. 140-141.

».

IL CANTO V. DELL' "INFERNO, DI DANTE.

SAGGIO DI UN COMMENTO INEDITO ALLA DIVINA COMMEDIA. 1

30. O animal grazioso e benigno,

che visitando vai per l'aer perso

noi, che tignemmo il mondo di sanguigno;

31. se fosse amico il re dell'universo,

noi pregheremmo lui per la tua pace,

da che hai pietà del nostro mal perverso.

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30. O animal grazioso e benigno. Tommasèo: « Dante, Volg. Eloq.: Sensibilis anima et corpus est animal. Aristotele chiama l'uomo animal civile. Somma: Nell' uomo è la na tura sensibile, dalla quale egli è detto animale; e la ragionevole, dalla quale uomo. Cf. Inf., III, 88; dove Caronte chiama Dante anima viva; e Purg., XXV, 61: « Ma come d'animal divegna fante ». Forse l'abito antico di riguardare piuttosto alla vita corporea, che a quella intellettuale, muove Francesca a parlare così; ma questa, direi quasi, sensualità di parola è subito temperata e ringentilita dagli aggettivi « grazioso » e« benigno ». Che visitando vai per l'aer perso Noi, che tignemmo il mondo di sanguigno. Perso è colore misto di purpureo e di nero; ma dove il nero vince» (Conv., IV, 20). Non è qui scherzo, come parve al Magalotti, sulla contrarietà tra' due colori sanguigno e perso, ma rispondenza nobilmente seria e poetica. Bello è, di fatto, che nell'aria, ove s'aggirano gli spiriti vinti dalle fiere voluttà della carne, sieno riflessi di luce vermiglia e come bagliori di sangue; onde si svegli il pensiero della tragica fine, a cui mette ogni passione violenta. Nella Discesa del Meschino, tutta reminiscenze dantesche, si legge (cap. 22): « Trovai grandissima quantità d'anime menate da terribili venti in fiamme di fuoco, e fummi detto che questo è il peccato della lussuria ». Il miniatore del famoso Codice Urbinate della Vaticana, già appartenuto a Federico da Montefeltro Duca d'Urbino, pennelleggiò mirabilmente il cielo della bufèra, tinto all'orizzonte di rossore sanguigno.

31. Se fosse amico il re dell' universo, Noi pregheremmo lui per la tua pace, Da che hai pietà del nostro mal perverso. Francesca, per impeto di gentile riconoscenza, quasi dimentica la sua condizione di dannata e immaginando possibile a sè e al compagno di rappa. cificarsi con quel terribile signore, che gli ha in ira, dice ch'essi pregherebbero lui per la pace

1 Cfr. Giorn. dant., quad. VIII-IX, pag. 366.

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