nelle lor chiose; ma è senso assai bello e non indegno, mi pare, di poeta grande. Udendo la squilla piangere il giorno che muore, il peregrino punge sè stesso col pungolo dell'amore e affretta il passo, o trotta, come disse efficacemente e alla buona Jacopo della Lana ». Fin qui il Franciosi; e, mi sembra, con vero sentimento di artista: chè se forse le sue parole faran sorridere chi studia il poema solo come si studierebbe una pergamena di archivio, chi, invece, dall'opera del massimo poeta nostro prende argomento ad avvalorare le più nobili facoltà dello spirito sarà, spero, riconoscente al gentile nostro collaboratore di avergli porto materia a riflessioni nuove e feconde. correre Al signor Gino Solazzi, studente nel liceo di Verona, non garba l'interpretazione data dal Senes [e non Sene, come, per errore, fu stampato] in un quaderno di questo Giornale al verso 111 del III dell'Inferno. E certo egli non ha torto: sebbene non ci sia bisogno di ricome egli propone all' Andreoli per dichiarar questo verso che è di per sè evidente e non soffre stiracchiature di chiosatori. Caronte dimonio, facendo lor cenno di scendere in barca, raccoglie le anime: e quelle percuote del remo che si mostrano restie nell'eseguire il suo comandamento. Questo ha voluto dir Dante e questo tosto s' intende da chi legga senza preconcetti le sue parole. Nè giova dire che qui l'adagiarsi delle anime male si accorda al costume che le ha poco innanzi mostrate al poeta sì pronte di trapassare la trista riviera; perocchè allora esse non anche aveano scorta la terribile figura del nocchiero della livida palude, nè udite quelle crude parole che dovean farle impallidir di paura e tremar di ribrezzo. L'ultimo fascicolo dell' Archivio storico italiano, reca : La Nazione di Firenze, in due numeri dell'aprile 1893, pubblicò due articoletti del cav. Jodoco Del Badia su La patria e la casa di Giotto, dai quali pare a noi vengano gravi dubbi sull'antica e generale tradizione che fa nascere Giotto nel Mugello, quantunque rimanga certa e incontrovertibile l'origine mugellana della famiglia di lui. Il Del Badia, fondandosi su documenti editi ed inediti, mostra come padre di Giotto fosse Bondone fabbro, del popolo di santa Maria Novella di Firenze; e come già Angiolino, padre di esso Bondone, venisse a stabilirsi in questa città, da un popolo della comunità di Vicchio circa il 1230. Dà inoltre notizia di una casa, di proprietà del famoso pittore, nel predetto popolo di santa Maria Novella, fuori della porta dell' Alloro ». A quanto mi si dice, il cav. Del Badia attende ora ad un'ampia memoria sopra l'importante argomento. Dal professore Alberto Buscaino Campo ricevo la seguente lettera, che publico di buon grado: « Illustrissimo signor direttore del Giornale dantesco. Ogni volta che alcuno ha preso a discorrere della mia interpretazione del piè fermo dantesco, m'è toccato a sentir dare senso così strano alle mie parole, da parermi oramai necessaria una dichiarazione: la quale prego V. S. che mi consenta di far publica per mezzo del suo periodico. » Io, tenuto presente che il cammino delle virtù Dante lo simboleggia sempre col volgere a destra, come quello del vizio a sinistra; ho pensato che, uscendo dalla selva erronea di nostra vita per salire il dilettoso monte, principio e cagione di tutta gioja, e' dovesse, appunto per la ragione del simbolo, prendere la via a diritta. » Quindi ho, con un anonimo trecentista, inteso fermo nel significato di destro; in considerazione altresì che stanco per sinistro, nell'italiano scritto e parlato, manca del suo correlativo, e in fermo, così inteso, verrebbe ad averlo naturalissimo. » E poichè piaggia, anche nell'uso vivo toscano, vale propriamente costa di monte al quanto repente; e deserta piaggia, come nel passo in questione, è chiamata da Beatrice l'erta, dove l'amico suo era impedito e visto ingiù dalla lupa (Inf., II, 61-62); ne ho inferito che, espresso col ripresi via per la piaggia l'atto del salire, col seguente sì che il piè fermo sempre era 'l più basso il poeta ne volesse indicato il modo, e significare che il suo salire qui, come poi nel corrispondente monte del Purgatorio, fosse a diritta. C A B sia la pendice che si sale della mon Suppongasi, infatti, che il triangolo tagna. Chiunque dal punto g passi in f, percorrendo la linea gf, avrà il suo lato destro volto alla base A Be il manco al vertice C. Onde il suo piede diritto si troverà sempre più basso, o più al basso del sinistro, pel solo fatto del procedere a destra, attraverso a un piano inclinato. » Io non so se questa geometrica dimostrazione basterà, non dico a rendere più accettabile, ma almeno a chiarire meglio il mio concetto; e se no, ci vuol pazienza. Intanto la S. V. si abbia anticipati i miei ringraziamenti, e si degni credermi Trapani, 27 gennaio 1894. Suo dev. ALBERTO BUSCAINO CAMPO ». Il municipio di Parigi ha deliberato di continuare i lavori della via che colà si intitola a Dante, e che diventerà così una delle più belle della grande metropoli. E a Firenze non sarebbe bene chiamare col nome di Dante una delle nuove strade che si aprono nel centro della città, dando invece alla viuzza di san Martino, da pochi anni intitolata al poeta, quello, che più forse gli si adatterebbe, di via degli Alighieri? IL DIRETTORE. ли RIVISTA CRITICA E BIBLIOGRAFICA RECENSIONI Emma Boghen-Conigliani. La divina Commedia. Scene e figure: Appunti critici, storici ed estetici. Torino-Palermo, Carlo Clausen, [Modena, tip. lit. Angelo Namias e c.], 1893, in 8o, di pagg. XV-165. Un buono e bel libro, scritto con alti propositi e con fine intendimento critico, è questo della signora Emma Boghen-Conigliani. A forza di pensiero unendo una non comune squisitezza di forma ed un profondo sentimento artistico, l'autrice guida sapientemente i giovini alla conoscenza del divino poema, e li educa a comprenderne e a gustarne le bellezze varie e molteplici. Nella prima parte dell'opera, dopo brevi notizie sopra Dante e sul tempo nel quale il poeta fiorì, viene spiegando il senso allegorico, morale, politico della Commedia secondo gli studi più recenti, e mostrando ai giovini lettori, con appropriati esempi, quanto alta fosse nel poeta la conoscenza de' misteri de l'anima umana, l'intuizione artistica della natura, la potenza coloritrice della parola. Dopo queste osservazioni generali, la signora Boghen passa con dottrina ed acume a comparazioni fra Dante e Vergilio, rilevando differenze e somiglianze nelle molte fantasie, e variate imagini dei due poeti sovrani. Il Caronte vergiliano e quello dantesco, Cerbero e Minosse, Pier de la Vigna e Polidoro sono paragonati fra loro con accurato e diligente esame. Così pure, accurata e diligente è l'esposizione delle suddivisioni e dell'ordinamento dell'Inferno dantesco, e ben rilevati e compresi sono i caratteri della prima cantica. Per l' Inferno, sceglie l'autrice le figure più sublimi, o più patetiche, o più pittoresche, e le presenta al lettore sapientemente colorite con fine analisi psicologica e con vivo sentimento d'arte. L'appassionata e dolente figura della Francesca, la scultura michelangiolesca di Farinata, e Cavalcante, e Pier de la Vigna e Brunetto Latini « cara e buona imagine paterna », e Vanni Fucci, vilissimo, e Beltram del Bornio, e maestro Adamo, abbietto per malvagio odio, e Ugolino, dramatica e pietosa imagine, sono tutte figure comprese e sentite dall' autrice nella bellezza compiuta dell'ispirazione e dell'arte e da lei presentate e lumeggiate abilmente, con non ordinaria vigorìa di sentimento e forza di stile. Anche del Purgatorio è chiarissimamente esposta la forma, e la relazione fra peccati e penitenza. La nobiltà gentile di Manfredi, la comicità benigna del carattere di Belacqua, le commoventi figure di Buonconte e della Pia senese, quella dignitosa e veneranda di Sordello, insieme con quelle di Sapia, di Forese Donati, di Matelda, di Beatrice, sono con mirabile sapienza esposte; e la stessa cosa potrei dire delle scene e delle figure del Paradiso, che troppo lungo sarebbe l' enumerare. Non mancano, a quando a quando, brevi nozioni storiche a schiarimento dei passi e dei personaggi ai quali si accenna nel libro: e il libro stesso si chiude con accurate, ma certo troppo brevi notizie sui commenti retorici, storici, allegorici, estetici, che furono fatti al divino poema, da le prime chiose attribuite a Jacopo e a Pietro di Dante, alla critica eruditissima, profonda e altamente artistica » di Giosuè Carducci. Non importerà che io dica come e perchè e quanto questo lavoro della signora Conigliani-Boghen mi sembri utile, dopo che io ne ho enumerati i molti e non ordinari pregi : ma mi piace di aggiungere che ai giovini scolari e a tutti coloro i quali vogliono aver sicura notizia del poema di Dante, gioverà assai la lettura e l'esame di questo libro il cui valore è doppiamente accresciuto da una bella lettera-proemio del professore Giovanni Fanti. APPUNTI E NOTIZIE. A. C. La fototipia Danesi di Roma ha publicato recentemente Il Paradiso dantesco nei quadri miniati e nei bozzetti di Giulio Clovio. La splendida edizione, di soli cento esemplari, contiene circa ottanta riproduzioni fototipiche «tratte, dice il programma degli editori, dagli originali bozzetti e quadri coloriti sulle pergamene del celebre codice vaticano e da un atlante di disegni originali l'uno e l'altro appartenenti ai duchi di Urbino ». Sebbene, a nostro avviso, le miniature che abbellano il Paradiso nel prezioso codice Vaticano 365 non siano da attribuirsi, in nessun modo, al Michelangelo della miniatura, e a nessun contemporaneo di quel grande artista, pure è da lodare il Cozza-Luzzi che con molto amore e con molta erudizione ha illustrato le belle riproduzioni fototipiche dei fratelli Danesi. - Nel no. 12, anno I della accurata Rassegna bibliografica della letteratura italiana, Filippo Sensi esamina diligentemente il libro del dottor Luzzatto Pro e contro Firenze. Il 19 di febbraio, in Roma, in una sala del liceo Mamiani, il prof. Giovanni Franciosi ha inaugurato un breve corso di lezioni dantesche parlando ad un numeroso uditorio di colte e gentili signore di Dante nel suo poema. La libreria H. Welter di Parigi publicherà fra breve una traduzione francese dell' Inferno, del secolo XV, tolta da un codice torinese: una traduzione delle tre cantiche, del secolo XVI, secondo la lezione di un manoscritto di Vienna, e alcuni frammenti della versione di Fr. Bergaigne, secondo due codici parigini. Camillo Morel, nella prefazione a questa raccolta, parlerà delle traduzioni quivi comprese, e, in generale, delle versioni francesi del divino poema. L'edizione sarà arricchita di illustrazioni e di tavole. - L'editore E. Loescher di Torino publicherà prossimamente l'opera di L. Leynardi su La Psicologia dell'arte nella divina Commedia, che sarà come il compimento del recente studio di Enrico Mestica sulla psicologia scientifica dell' Alighieri. Ecco intanto il sommario di questo libro: Parte prima. Preliminari sull'arte e la vita di Dante. Capo I. Dante, l'estetica e la retorica. Capo II. Vita interiore ed esteriore ed opere di Dante. Capo III. La preparazione della Commedia. Capo IV. L'individualismo di Dante e la sua obbiettivazione nella divina Commedia. Capo V. La similitudine. Parte seconda. Le rappresentazioni indirette. Capo I. I poteri dell'immaginazione in Dante. Capo II. I viaggi di Dante nella divina Commedia. Capo III. Le letture di Dante nella figurazione della divina Commedia. IV. Le rappresentazioni della natura nella divina Commedia. - Capo V. Le rappresentazioni dell'uomo nella divina Commedia (i fatti esterni). Capo VI. idem, (i fatti interni). Саро Parte terza. Le rappresentazioni dirette. Capo I. Dell' espressione in generale. Capo II. Le rappresentazioni indeterminate dei sentimenti e delle eccezioni. Capo III. Le rappresentazioni determinate degli stati intel lettivi e volitivi. Capo IV. Le rappresentazioni determinate delle eccezioni primarie. Cap. V. idem, delle derivate. Capo VI. Pratica dell' estetica psicologica. Le leggi dell'armonia del verso e della poesia italiana. - Proprietà letteraria. Venezia, Prem. Stab. tipografico dei Fratelli Visentini, 1894. LEO S. OLSCHкI, edit. e propr. G. L. PASSERINI, direttore. MASSAGGIA LUIGI, gerente respons. L'anno 1359 mésser Francesco Petrarca, poeta laureato in grande dimestichezza con principi, con prelati, con uomini dotti, lodato e onorató da tutta la società civile del tempo suo, scriveva a Giovanni Boccaccio, il quale gli aveva offerto un esemplare della Commedia di Dante, com' ei non fosse punto invidioso, benchè altri nel sospettasse, della gloria di quel suo grande concittadino. Soggiungeva, non senza un mal celato dispetto, la fama di Dante esser grande sopra tutto fra tintori, osti, beccai; esso, il Petrarca, non averne mai posseduto il libro (nunquam librum illius habuerim), e, a ogni modo, essersi guardato sempre da qualunque imitazione. «Ma non so dissimulare, che se alcuna cosa detta da me in italiano, si trovi detta egualmente da lui o da altri, ciò non accadde perch' io rubassi o mi studiassi d'imitare; le quali due cose, segnatamente negli scritti in volgare, evitai come scogli; ma fu per puro accidente o per somiglianza degl' ingegni, che talvolta, come parve a Tullio, senza saperlo, s' incontrano su le stesse orme » 1. Si rileva da questa lettera del poeta di Laura, come, già fin da quel tempo, c'era qualcuno, che l'aveva accusato d'imitar Dante negli scritti in volgare; il Petrarca ribatteva abilmente di non avere ancor letto il « libro » dell' Allighieri. Intendeva naturalmente della Commedia; e, forse, 1 Epist. famil. ed. FRACASSETTI, III, 1. XXI, ep. XV. Giornale Dantesco 31 |