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9. Dante, Vita Nuova, XIII:

Non buona è la signoria d'Amore, però che
quanto lo suo fedele più fede li porta, tanto più
gravi e dolorosi punti li conviene passare.

Il Petrarca, sonetto: Padre del Ciel :

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E lascio da parte i Trionfi; il cui concetto morale già si trovava nell' Africa, II, 428, come dimostrò lo Zumbini 2, benchè forse il poeta ne avesse avuto l'ispirazione da un luogo della Consolat. Philos. di Boezio II, 7.3 Ne' Trionfi è manifesto l' influsso della Commedia: assai sovente vi ritornan

1 Bisogna dire, per altro, che questo e il precedente concetto eran già fra le galanterie consuetudinarie della poesia provenzale. Su che cfr. A. GASPARY, La scuola poet. siciliana del sec. XIII. Livorno, 1882, pp. 80-82.

2 Saggi sul Petrarca, p. 151.

3 Cfr. GASPARY, St. d. lett. ital., I, p. 489. Par che il Petrarca si giovasse anche di un luogo della Institutiones di Lattanzio; cfr. ciò che ne dice il Liebrecht nel Jahrb. f. rom. u. engl. Litt., VIII, 354 e segg.

echi di versi, di motivi, d'atteggiamenti del gran poema; e come notò il Gaspary, e avea prima trovato l'Emiliani-Giudici 4, il Trionfo d'Amore ricorda troppo da presso i canti IV e V dell' Inferno, nell' impostatura, nella sfilata degli amanti, nel rilievo dato a certe figure, nell' episodio di Massinissa ch'è lucidato su quello di Francesca da Rimini. Ma su ciò non casca omai dubbio; e la scoperta di qualche nuova corrispondenza poco aggiunge e poco toglie a ciò ch'è risaputo da tutti. 2

E dopo questo? Dovremo noi dir che il Petrarca non sia più quel poeta originale e profondo, che prima ci figuravamo?

Noi diremo invece che il poeta di Laura parrà sempre più originale, a mano a mano che s' andran ricercando le sorgenti a cui egli attinse per ravvivare l'opera propria. L'originalità d'un poeta non consiste davvero ne'

4 St. d. lett. ital., lez. VI.

2 Cito, di passata, le seguenti concordanze fra la Commedia e i Trionfi.

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Per altri raffronti vedi il commento del BIAGIOLI, Milano, 1823.

Giornale Dantesco

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materiali della sua composizione, anzi nello spirito ond'egli la informa. Ogni uomo è un temperamento, vale a dire un' anima: s'ei riesce a trasportare sè stesso nell' opera sua, rimane originale, anche quando si sia giovato il più largamente possibile di roba altrui. Perchè l'anima sua ricolorerà d'altra luce il materiale esterno; rigetterà la parte più discordante; farà propria, vale a dir nuova, quella che si sarà assimilata.

Tale è il caso di Dante e del Petrarca. L' Allighieri era un magro; messer Francesco era un grasso (ci perdoni la critica documentale questi modi di dire che dichiareremo più avanti): quegli era un bilioso; questi un melancónico: l'uno avea l'istinto e il desiderio della verità, o che a lui pareva tale, se anche amara; l' altro avea quello della dignità, se anche un po' fredda: il primo amava le dissonanze, gli strappi, i toni violenti; l'altro le mezze tinte, le mezze armonie, non so che di tenue e di velato. Abbiamo notate le concordanze fra Dante e il Petrarca; ma sarebbe anche più utile il rilevarne, con acuta intelligenza, potendo, le discordanze. Dante, impetuoso e eccessivo, non riesce a accordare l'amor platonico e il sensuale; fa di Beatrice un angelo in vita e la scienza di Dio dopo morte, di colpo; ma non nasconde le passioni carnali, la « pargoletta » e le altre vanità. Il Petrarca, più eguale, più conciliativo, più vigile, fin che può, smorza e agguaglia quà e là le tinte d'altri amori, e li fonde tutti, nel poema lirico del Canzoniere, insieme con quello di Laura, che sicuramente n'è il nucleo più degno e più cospicuo; e rigetta i componimenti che non può torcere in alcun modo a altra significazione. Ma egli non riesce a far la sua amica nè tutta donna, nè tutta angelo: Laura viva è troppo angelo per una donna; Laura morta è troppo donna per un angelo.

Nell' espressione de' suoi amori sensuali, Dante non lascia luogo a dubitare, se non a' ciechi, circa la sfrenata realtà della sua passione. Basti rammemorar certi luoghi delle canzoni pietrose:

.... Che mi torrei dormire in pietra
tutto il mio tempo, e gir pascendo l'erba,

sol per vedere u' suoi panni fann' ombra.

(canz.: Al poco giorno).

Oimè perchè non latra

per me, com' io per lei nel caldo borro?

1 Così il son. Antonio, cosa ha fatto la tua terra e la ball. Donna mi viene spesso ne

la mente, che si trovano nelle antichissime stampe.

E non sarei pietoso nè cortese,

anzi farei com' orso quando scherza.

(canz. Così nel mio parlar)

Ond' io l'ho chiesta in un bel prato d' erba
Innamorata com' anco fu donna.

1

(sest. Al poco giorno).

Il Petrarca toglie de' motivi di Dante; ma gli fa suoi, gli atteggia a modo suo e quando giunge a una di codeste frasi aspre, torna a dietro. Chi sa mai quante circonlocuzioni avrebbe adoperate il Petrarca, per dir quel che Dante in quella frase rapida e brusca: Ond' io l'ho chiesta.... Innamorata!

Appunto per questa divergenza di temperamento, mentre Dante è breve e possente, il Petrarca è largo e diffuso. Chi vuole, non dirò dissimulare, ma adornare la verità, abbisogna di più parole che uno, il quale la presenti nuda e cruda, come la vede. S' è visto infatti più volte, nel corso di questo studio come, da uno o due versi di Dante, il Petrarca riuscisse a ricavare persino una strofe intera. A Dante bastava lo spirito della cosa; il Petrarca si compiaceva d' accarezzarne amorosamente, di svilupparne e lumeggiarne pensatamente la forma. E così guadagnava in eleganza ciò che perdeva d'immediata efficacia.

Come ognuno intende, è propriamente questa la originalità e la suprema gloria d'un poeta: trasfonder sè stesso nell' opera sua; lasciar, dopo morto, ne' suoi scritti, la propria immagine non più mortale. Per conseguire codesto, basta esser sincero; vale a dire essere originale. Che i materiali fantastici, affettivi, rettorici, sian più o meno derivati da scritti altrui, non importa; importa che il concetto della vita, la visione interna delle cose, l'anima, insomma, dell'opera d'arte sia quella del suo autore; che, per ciò stesso,

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1 I commentatori di Dante non hanno, parmi, inteso questo luogo. V. IMBRIANI, Studi danteschi, Firenze, Sansoni, 1891, p. 478, dichiara il luogo difficiletto, e propone di leggere Innamorato come unqua fu donna. Il luogo a me par chiaro. E significa : Le chiesi amore quanto donna può darne. La frase L'ho chiesta.... innamorata è un po' ardita (anche in latino il doppio accusativo, in quel caso è piuttosto raro); ma il significato è lampante. Anche per mai, come in provenzale ainc unquam, è dell'antica lingua poetica. Nelle Ant. Rim. Volg., XXXIV, 16:

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Nè de la vostra amistate

non eb'io anche guiderdone;

ne' Conti di ant. cavalieri, ed. PAPA, nel Giorn. stor. III, p. 217: « e che ciò fo el dolore k'elli ebbe anke el maggiore.

non può esser quella d'un altro. Molti petrarchisti del cinquecento non sono originali; perchè? perchè hanno imitato frasi, concetti, immagini del Petrarca. Nulla affatto; ma perchè si son ridotti a vedere il mondo esterno con gli occhi del Petrarca; perchè in quel loro materiale non si rivela un'animą nuova, ma persiste quella del loro prediletto poeta.

Invece negli scritti di Dante e in quelli del Petrarca, su tutte le derivazioni e le imitazioni, si sentono errare due spiriti, si sentono vibrare due temperamenti diversi, direi quasi opposti. L'uno è fiero, l'altro è mansueto; l'uno è intollerante, l'altro è conciliativo; l'uno è eccessivo, l'altro è temperato; l'uno vuol tenersi retto, l' altro vuol tenersi decoroso. La vita di questi due uomini è la prova documentale del loro carattere; e l'opera di ciascuno è lo specchio fedele della sua vita.

G. A. CESAreo.

LA DONNA GENTILE

NELLA TOPOGRAFIA DELL'EMPIREO DANTESCO

Quello che toccò alla Beatrice Portinari, (cfr. Giornale dantesco III, 97) è toccato anche a Maria, alla quale, col suo articolo su Le tre donne benedette, (IV, 167) il maggiore Vaccheri volle togliere la qualifica (che fin dal "30, auspice il valente quanto poco noto Antonmaria Robiola nel suo Comento, le venne attribuita), della Donna gentile, che col mezzo di Lucìa move Beatrice ad aiutar Dante in procinto di perdersi, per assegnarla invece alla sua madre, sant' Anna, che alla Lucia stessa siede vicina; non però a contatto, come vorrebbe il Vaccheri, bensì intrammezzata dal Battista che nell' anfiteatro dell' Empireo tiene il posto proprio dirimpetto a Maria; come il lettore potrà convincersene riandando il Paradiso di Dante con sott' occhio questa figura geometrica tirata giù alla carlona.

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