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4. Non esser esclusa la prova contraria, potendo estendere l'esame ai mss. fiorentini (fra cui quello del Poggiali, come il più antico dei codici. conosciuti [Bibl. naz. di Firenze]) al Trivulziano (Bibl. Trivulzi di Milano) ed al Landiano (Bibl. Landi, Piacenza) per devenire ad un risultato definitivo (per ciò che risguarda i documenti) non escluse ulteriori lezioni of eventuali diatribe.

G. SABALICH.

Zara (Dalmazia), aprile 1893.

CHIOSE DANTESCHE

ANCORA "LE NUVOLE D' AGOSTO,,.

Nei versi :

Vapori accesi non vidio si tosto

di prima notte mai fender sereno
né sol calando nuvole d'agosto,

....

(Purg., V, 37-39) sono, o sembra che siano, significati due fenomeni: l'uno notturno, l'altro diurno, l'uno cioè coi vapori accesi l'altro colle nuvole... Un confronto simile si ha precedentemente nel principio del canto II del Purg., Già era il sole all' orizzonte giunto.. E la notte che opposita a lui cerchia, ecc., sicchè la frase di prima notte, formerebbe un contrapposto così: di prima notte in poi e di prima mattina in poi, tra il secondo verso ed il terzo Nè sol calando nuvole....

A suffragio di questa interpretazione troviamo detto nella fine del canto V di Paradiso, relativamente a Giustiniano :

Siccome il sol, che si cela egli stessi

per troppa luce, quando il caldo ha ròse
le temperanze dei vapori spessi:

ond'è che il sole montando farebbe di mano in mano calare o salire le temperanze dei vapori spessi e l'aere rimarrebbe dalli raggi meridiani purgato ed illustrato (Conv.). Non è dubbio che calare ha per corrispondente montare nel testo che ci occupa, purchè si rammenti il confronto che il poeta fa di Montemalo e dell' Uccellatoio dicendo com'è vinto Nel montar su così sarà nel calo, (Parad., XV, 3) ed il verso: Nè mai quaggiù dove si monta e cala (Parad., XXII, 103). Il sole adunque, montando o calando, farebbe l'effetto di respin. gere da sè, nell' atto che le distrugge, le nuvole; e queste così trasportandosi darebbero l'idea

diurna, che di notte darebbero all'incontro i vapori accesi, per fendere il sereno; come il poeta precisamente si esprime nel Convito (II, 16): Dal principio delli sguardi di questa donna, moltiplicatamente sorgono (dubitazioni) e poi continuando la sua luce caggiono quasi nebulette mattutine alla faccia del sole.

Questo concetto che nuvole sarebbe oggetto di sole che calando o montando egli farebbe muovere postandole sul sereno e collo stesso effetto dei vapori accesi di prima notte in poi, sarebbe giustificato dalla ragione per cui nel testo s'aggiunge d'agosto, mese più caldo, dei di canicolari, della costellazione del Leone, albergo di Marte;

Al suo leon cinquecento cinquanta

e trenta fiate venne questo foco

a rinfiammarsi sotto la sua pianta (Parad., XVI, 37-39).

di Marte, che attragge vapori :

Tragge Marte vapor di val di Magra (Inf., XXIV, 145),

e che da vapori è sempre seguìto:

Per li grossi vapor Marte rosseggia (Purg., II, 14).

Marte nel Convito (II, 14): disecca e arde le cose, perchè il suo calore è simile a quello del fuoco e questo è quello per che esso appare affocato di colore, quando più, quando meno secondo la spesezza e rarità delli vapori, che il seguono, li quali per loro medesimi molte volte s'accendono siccome nel primo della Meteora è determinato. L'effetto del sole in questo tempo è altrove rilevato, ad esempio nel terzetto:

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Di prima notte non significa a notte oscura, ma il tempo in che l'aer s'annera, che la notte risorge, esce di Gange fuor colle bilancie, quando l'emisperio nostro annotta e forse il poeta non dice di prima sera

E siccome al salir di prima sera (Parad.. XIV, 70),

perchè vuol dire tutto il tempo nel quale il sole non è sull'orizzonte e non soltanto quello in cui rotte ha tutte sue dispense e il giorno d'ogni parte è consumato, riservando-l' altro tempo in cui il sole è sull' orizzonte all'altro fenomeno pel quale fuggano e s'annientino le nuvole: Collectasque fugat nubes solemque reducit. (Eneide I, 143), fenomeno proprio del mese d'agosto che i brianzoli chiamano la mereggiana d'agost.

La maggioranza invece dei lettori ha sempre inteso e intende che fra calando e nuvole debba mentalmente portarsi il nome posto in principio della terzina, cioè vapori accesi, e dare ad essi il significato di baleni (Fraticelli, Commento). Tale interpretazione avrebbe ciò d'incongruente che, accennandosi ad un fenomeno per entro una nuvola, non sarebbe necessario il plurale nuvole, che si riscontra nella terzina in esame, nè altrimenti il poeta avrebbe usato del vocabolo plurale vapori accesi, ma del vocabolo singolare fuoco, come ce ne fa sicuri l'esempio dei versi :

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Nondimeno questa opinione è così invalsa che lo stesso dottissimo e non mai troppo

pianto A. Borgognoni credette una mattina dell'anno 1880 di poter correggere l' ultimo verso così: Nè solcar lampo nuvole d'agosto e di avere colpito nel segno (Vedi Fanfulla della domenica, di detto anno) 1.

Questa correzione non potrebbe per nulla essere presa a calcolo non tanto perchè il fenomeno indicato non è quello del lampo, quanto perchè questo vocabolo in questo senso il poeta non usa, nè vi annetterebbe il verbo solcare, bensì fendere e per lampo direbbe o foco o folgore

Folgore parve quando l'aer fende (Purg., XIV, 131).

Ma v' ha di più. Il corruscare, il balenare i lampi è fenomeno che come nasce svanisce e male corrisponderebbe a ciò che la similitudine della terzina deve significare, cioè lasciare qualche tempo nel quale potessero alcune anime (i due messaggi) tragittare da un punto più. basso ad altro più alto del monte del Purgatorio.

Dice il poeta:

Ma perchè il balenar, come vien, resta (Purg., XXIX, 19).

Ora quelle anime non avrebbero il minimo tempo per attraversare, andando in su, la distanza che nell'azione dantesca traversano, ma dovrebbero fare non altrimenti dei barattieri nella pece bollente della quinta fessura di Malebolge dove

per alleggiar la pena

mostrava alcun dei peccatori il dosso

e nascondeva in men che non balena (Inf., XXII, 22-24).

Più che tutto però l'incongruenza di questa comune interpretazione sia in ciò che non sarebbe fenomeno particolare per nulla all' agosto quello dei lampi, nè che offrisse in questo mese qualche cosa di speciale in velocità in detti lampi: anzi quest' imagine, traendo seco quella dei tuoni, verrebbe a guastare tutto il concetto della nostra terzina ove il poeta nulla vuol accennare di sgradevole e tutto è vaporoso e delicato, come di cosa leggerissima. Altrove il poeta usa pure simile fatuità e leggierezza

Coll' ali aperte che parean di cigno (Purg., XIX, 46).

L'interpretazione comune di cui si ragiona avrebbe, secondo me, un altro vizio: che, cioè, ridurrebbe le parole sol calando ad un ablativo assoluto di cui non è esempio nello stile del poeta, tranne che questo terzetto

Noi volgend' ivi le nostre persone

beati pauperes, spiritu, voci

cantaron si che nol diria sermone (Purg., XII, 109-111).

Ma nel senso del virgiliano decedente die, di sol tramontando o simili, assolutamente non si trova. Il gerundio si riferisce o direttamente o indirettamonte sempre ad un soggetto od og getto dell' azione. Di ciò sono infiniti gli esempj.

1. E vidi dietro a noi un diavol nero

Correndo su per lo scoglio venire (Inf., XXI, 29-30).

2. Che contro a sè la sua via seguitando (corno suonante)
dirizzò gli occhi miei tutti ad un loco (Inf., XXXI, 14-15).
3. Ove secondamente si risega

lo monte che salendo (*) altrui dismala (Purg., XIII, 2-3).

1 Cfr. anche la lettera al conte G. L. Passerini nel Giornale dantesco, 1, 66.

(*) Salendo concorda con monte come fa sicuri il verso:.... che 'l poggio sale Più che salir non posson gli occhi miei. (Purg., IV, 86-87).

Giornale Dantesco

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4. Men che di rose e più che di viole

colore aprendo s'innovò la pianta (Purg., XXXII, 58-59).

5. Due ne seguì lo mio attento sguardo

com'occhio segue suo falcon volando (Parad., XVIII, 44-45).

Accostandosi alla mia opinione, ma non però discostandosi dall' interpretazione comune di cui si parla, l'abate veronese L. Gaiter avea proposto invece, che, pur ritenendo nel terzo verso il sottinteso di vapori accesi, questi non si dovessero interporre, come comunemente fanno tutti i commentatori tra calando e nuvole, ma si dovessero preporre al calando e divenissero il soggetto dello stesso gerundio. Qui però insorgeva una difficoltà che il sole non si sarebbe più potuto mantenere nel contesto, e conveniva assolutamente eliminarlo, trovandovi un sostituto.

Il sostituto fu trovato senza troppo mutamento così

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Ne, al suol calando nuvole d'agosto.

La terzina, come dissi sopra, divisa tra un fenomeno diurno e notturno, diventò per poco tutta notturna. E difatti osservava l'abate Gaiter come può essere che vapori accesi non interpretati per lampi, bensì per stelle cadenti si possano vedere di giorno fender nuvole?: io stimo quindi che abbiano ad esservi due specie di stelle cadenti; le une che rimangono in su, le altre che scendono in giù, come dice il Poliziano nelle Selve:

Così i vapor pel bel seren giù scendono

e pajon stelle, mentre l'aer fendono;

e come spiega Brunetto Latini: Anche (egli dice) avviene altresì che alcun vapore secco quando egli è montato tanto che s'apprende per lo caldo che è a monte egli cade immantinente che egli è appreso inver la terra tanto che si spegne e ammorticesi. Anche alcuna gente dice ch'è il Dragone o che ciò è una stella che cade. (Cfr. Il Tesoro illustrato ed emendato di Luigi Gaiter. Ediz. della R. Commissione dei testi di lingua volgare. VI, 326). Con ciò, ragionava il Gaiter, noi avremo dato un senso alla frase d'agosto con cui la terzina termina, in quanto è notoria in questo mese la settimana di san Lorenzo in cui queste stelle sono frequenti. Non vi ha necessità, parer mio, di richiamare l'agosto pel fenomeno dei vapori accesi notturni, essendo ciò, se anche in meno frequenza, di ogni stagione (sempre che gli antichi non ritenessero che pel caldo d'agosto i vapori si accendessero più facilmente e in maggior numero o scorressero più lesti e maggiori) nè è concludente la distinzione di stelle che vengono verso terra, e di altre che rimangono in su, perchè contraddirebbe alla stessa espressione di stelle cadenti, allo stesso Poliziano ove dice: pel bel seren giù scendono ed a Virgilio nel I delle Georgiche ove dice:

Saepe etiam stellas, vento impendente, videbis
Praecipites coelo labi noctisque per umbram
Flammarum longos a tergo albescere tractus.

D'altra parte sarebbe un'oziosa ripetizione dello stesso íenomeno prima in una e poi in altra direzione, nonchè insolito e inconcludente qualora si vedessero calare in uno strato di nuvole vapori accesi che certo non le fenderebbero, ma vi rimarrebbero ammortiti. Nè tampoco si può imaginare che le attraversino, perchè ciò sarebbe oltre il richiesto della interpretazione della terzina e forzerebbe a riguardare le nuvole come soprapposte l'una sull'altra con prominenze ed avvallamenti. Se io devo render lode all' abate Gaiter per aver semplificato il senso di questa terzina io non potrei adattarmi all' eliminazione e sostituzione da lui fatta e quindi mi piace restituire sol quale si trova. Sebbene abbia tentato di conciliare que

sto vocabolo colla dizione nel senso di solamente e colla nuova interpretazione del Gaiter, non vi potei riuscire. Non lo soffre il costrutto; perchè il sol in luogo di solamente vuole il ma e non il nè,

Erba nè biada in sua vita non pasce

ma sol d'incenso lagrime e d'amomo (Inf., XXIV, 109-110);

e non lo soffre il senso, perchè calando non è uno di tanti movimenti in cui si risolva il fenomeno per cui lo si potesse costringere a questo soltanto. Per tale maniera io sono costretto a restituire sol per sole.

Nè farà obbietto ch'esso si trovi senz' articolo. Senz' articolo sono tutti i nomi di questa terzina e senz'articolo si trova anche altrove.

1. Raggiar non lascia sole ivi nè luna (Purg., XXVIII, 23).

2. Che amor consunse come sol vapori (Parad., XII, 15).

Infino a qui son proceduto a disagio, per confutare altrui e per mostrare quanto è difficile questa materia, che certo non si scioglierebbe, come esige la critica moderna, con cognizioni o prove storiche, quando il Borgognoni, che fu dottissimo, pensò che fosse errata la lezione e cercò correggerla. Qui sarebbero da interpellare i metereologi, ed anche manca la ragione (e sarebbe da investigarla), perchè il poeta usi una similitudine doppia, come spesso usa altrove e specialmente in questo caso.

Ma se la mia spiegazione data sopra non piacesse per esser troppo aspra, perchè il sole calando facesse alle nuvole fendere il sereno, altra ne potrei aggiungere, mantenendo sempre per soggetto il sole, che, cioè, il sole a occidente già basso (e specie in agosto) sebbene coperto da nuvole espande a traverso e fuori di esse i suoi raggi. Il poeta avrebbe colto nell'atto lor primo il salire quasi istantaneo di quei raggi a traverso i meati delle nubi dirigendosi verso l'alto del cielo; nè questa idea sarebbe estranea al testo, poichè fu descritta anche altrove sott'altro punto di vista e cioè nel terzetto:

Siccome quando i primi raggi vibra

là dove il suo Fattore il sangue sparse,

(cioè sul monte Sion, e come fà in ogni mattina serena sulla Majella, e sul Gran Sasso d' Italia)

.

e nell' altro

si stava il sole (Purg., XXVII, 1-2. 5),

Come a raggio di sol che puro mei

per fratta nube, già prato di fiori

vider coperto d'ombra gli occhi miei (Parad., XXIII, 79-81).

Ripeto, come già dissi in altro incontro, che non intendo di aver detta minimamente l'ultima parola e che gradirei mi si facessero obbiezioni, o si trovasse, per un fortunato caso, che la lezione genuina fosse altra da quella ora disputata, e fosse di per sè chiara senz' uopo di altre spiegazioni o studj.

Bisenti (Abruzzo), febbraio 1894.

VALERIO SCAETTA.

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