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La teoria che vuol trovare negli amori di Dante e nello stesso suo purissimo per Beatrice, null'altro che allegoria, devono averla inventata aristotelici e canonici, che conoscevano più i libri che la vita, dev'essere uno strascico medievale delle allegorie bibliche, un quid simile della Sposa dei Cantici; e come dicemmo, Dante stesso vi obbedì nel comento ad alcune delle sue canzoni; ma in quest'epoca nostra, dove la realtà si vuol vedere viso a viso, essa non ha più probabilità di essere mantenuta.

11. A differenza dei più, preferisco leggere, in fiamma, anzichè in foco, 1.o perchè la cacofonia che Serafini trova con àmmi a me sembra anzi rincalzo imitativo della imagine di fiamma; 2.o perchè mi sembra piuttosto da evitare che da cercare la ripetizione della voce nel verso seguente ove foco è quello che accende, la causa, mentre qui sarebbe l'effetto, onde una confusione, di cui si fa a meno volentieri; 3.° perchè non può dirsi che l'espressione foco accende (meglio avrebbe detto, in foco, acceso) sia spiegata dal verso della strofe seguente In guisa ch'è al Sol raggio di foco, e anche la stessa ragione, che il raggio di foco è posto come causa, mentre come qui per effetto è meglio leggere, fiamma.

12. Com' aqua per chiarezza foco accende - Fraticelli cita del Paradiso, II, 10 Quali... per aque nitide e tranquille... Tornan de' nostri visi le postille. E a dimostrazione della trasparenza dell'acqua vale anche l'altro del II, 35 Ne ricevette com' aqua recepe Raggio di luce; del suo riflettere il foco, quel di Purgatorio XXIX, 67 L' aqua splendea dal mio sinistro fianco; del riprodursi, da superficie riflettente qualsiasi l'imagine del foco, quasi in essa un novo foco si manifesti, il II, 101 di Paradiso Ti stea un lume che i tre specchi accenda. Ove notisi come delle due condizioni perchè un corpo ne riproduca un altro per riflessione, che sono la trasparenza del mezzo, e l'esser limitato da superficie liscia e più o meno opaca, qui, e negli antichi quasi sempre, non si considera che la prima, la quale invece, della riflessione non è nemmeno vera causa ma solo, non impedimento; e spinta al suo massimo renderebbe al contrario i fenomeno stesso impossibile.

13. Perchè nel suo venir li raggi tuoi - Avevo prima preferito intendere il venir dei raggi, con forma e concetto consimili a quei del Paradiso, X, 36 Anzi il primo pensier, del suo venire; e XXIX, 26 Che dal venire A l'esser tutto non è interrallo: ma nulla aggiungendo al pensiero e intralciando la costruzione, ho preferito poi, colla comune, riferirlo alla donna.

14. E così il risplende, prima lo traducevo, risplendi, giacchè, riferito alla donna, pareami ripetere il verso successivo, mentre riferito all'amore, e parcami contenere la vera ragione specifica per cui Dante rimase infiammato, e ripigliare con efficacia ed eleganza il pensiero del 1. verso Fèremi il core sempre la tua luce. Ma vinse anche qui la maggiore naturalezza.

15. E anche il saliron mi era parso più significativo spiegarlo, salta

rono, rimbalzarono, si rifletterono, considerando essere Amore, come dal 1 verso della canzone, virtù riflessa da Dio: ma qui pure finii col preferire al più significativo il più spontaneo, che allude del resto al trovarsi negli occhi condensato il più della bellezza muliebre.

E a questi pentimenti ho accennato per vedere almeno di risparmiarne ad altri la strada.

3.

Quanto è ne l'ésser suo bella, e gentile
Negli atti, ed amorosa,

Tanto lo imaginar che mai non posa
L'adorna ne la mente ov' io la porto.
5 Non che da sè medesmo sia sottile
A così alta cosa,

Ma da la tua virtute à quel ch' egli osa
Oltra il poter che natura gli à porto.
È sua beltà del tuo valor conforto,
10 In quanto giudicar si puote effetto
Sovra degno soggetto,

In guisa ch'è al Sol raggio di foco;
Lo qual non dà a lui nè to' virtute,
Ma fallo in altro loco

15 Ne l'effetto parer di più salute.

Quanto essa è bella in tutto il suo essere, e gentile negli atti, e spirante amore in ogni sua parte, tanto la imaginativa che notte e giorno non ha mai tregua, me la abbellisce nella mia mente ov'io la porto scolpita. Non che la imaginativa sia atta per sè a penetrare cosa tanto sublime, ma aiutata dalla tua virtù, o Amore, essa può osare di spingersi al di là di quello che natura sola le consentirebbe. La bel lezza di quella donna è riprova e aumento insieme del tuo valore, in quanto, dall'effetto su un soggetto degno, meglio si può giudicare della bontà della causa, come, da raggio di foco, della forza del Sole; giacchè, senza che il foco nulla aggiunga alla forza di questo, come nulla vi toglie essendo inesauribile, derivando però la forza propria da quella del Sole, fa, più che non faccia qualunque altro corpo, comparire quello, nei propri effetti fuori di sè, di maggiore efficacia.

3. Tanto lo imaginar... Bene espresso il concetto filosofico, che noi non amiamo le cose, ma le imagini delle cose; concetto sviluppato nella teoria d'Amore del XVIII di Purg., in quei versi (22-2.4) Vostra apprensiva dä esser verace Tragge intenzione (imagine), e dentro a voi la spiega Sì che l'ànimo ad essa volger face, e che, dal suo lato men buono, dà pure origine nel seguente canto al sogno della strega che la passione vien via via convertendo in una sirena.

5. Non che da sè medesmo.... - Movimento consimile, al XXX, 79 Parad. Non che da se sien queste cose acerbe Mä è il difetto da la parte tua. Sia sottile A così alta cosa Analogamente Parad., XXIV, 26 Chè l'imaginar nostro a cotai pieghe, Non che il parlare, è troppo color vivo. 9. sua beltà del tuo valor conforto comprova ed aiuto, argomento. insieme e augumento; come, in altro senso e di altra donna, nella canzone Amor che nella mente, disse: Onde la fede nostra è aiutata (str. 3).

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10. In quanto giudicar si puote effetto La sintassi, oltre quella a modo assoluto, da me proposta, potrebbe anche essere: in quanto la si può giudicare effetto tuo sopra un soggetto degno.

12. Invece di al Sol raggio, del Casanatense, prima del Giuliani leggevano, il Sol segno: ma pròvati a leggere il Fraticelli, e bravo se ci capisci. Ma anche con l'interpretazione odierna merita esser chiarito in qual modo la emanazione del foco sia riprova della potenza del Sole: che dipende da ciò che gli antichi riponevano nel Sole la sorgente, come di ogni luce, così anche di ogni calore. Ammettevano essi bensì una sfera del foco, tra quella dell'aria e quella della Luna; ma questa probabilmente fu da loro creata. vedendo il fuoco andare dalla terra in alto, onde supposero un luogo ove si dovesse raccogliere: ma l'origine del foco sulla terra l'attribuirono pur sempre al Sole, Quegli ch'è padre d'ogni mortal vita (Parad., XXII, 116); e non è vita senza calore.

14. in altro loco Non mi piace la traduzione del Fraticelli, su qualunque altro luogo che sopra di esso. Leggesi anche, in alto loco; e potrebb' essere equivalente del Sovra degno soggetto, detto di sopra; non, come ha il Giuliani, altamente, nè il Serafini, in esseri di maggior bontà intelligenze superiori.

(Continua).

F. RONCHETTI

CHIOSE DANTESCHE

IL PIANTO DEL PEREGRINO.

Era già l'ora, che volge il desio

a' naviganti, e intenerisce 'l core

lo di, c'han detto a' dolci amici: addio;

e che lo novo peregrin d'amore

piange, se ode squilla di lontano,

che paia il giorno pianger, che si more.

Purgatorio, VIII, 1-6.

a

Leggo piange d'amore »

con tre codici: uno della Comunale di Siena (I, VI, 27); uno della Marciana di Venezia (cl. IX, XXI, a) e il Cortonese (88). Non so se a' dantisti piacerà questa nuova lezione, così come piacque lo muro (cfr. mia Nuova raccolta di scritti danteschi, II, 253); ma questo so, che a me piace molto, e per più ragioni.

1. Leggendo punge », bisogna, per necessità di sintassi, intendere: ora, la quale volge il desio, intenerisce e punge d'amore, come antichi e moderni dichiarano, nel dì stesso della partenza. A me però non par vero, nè bello immaginare che solo il tramonto del giorno della partenza, «lo dì, c'han detto a' dolci amici: addio », volga il desiderio e intenerisca il cuore ai naviganti. Chi va per mare, tanto più sospira la terra, quanto più s'allontana nella solitudine immensa delle acque. Il poeta psicologo non parla del giorno, che i naviganti han lasciato il porto e veggono forse ancora, mentre vanisce nell'ultimo orizzonte, la dolce riva; ma parla dei giorni seguenti, in cui l'immagine dell'addio torna, sempre più amara, a stringere il cuore de' naviganti sul calar del sole.

2. Volgere il desio, senza più, come può valere: farlo tornare indietro? I desio non è vòlto, ma volge: occulta virtù d'amore, perfusa nell'onda che rabbuia, nell'aria che imbruna, volge o torna al cuore dei naviganti, come torna a' loro sensi l'ora malinconica del tramonto. Scende l'ombra di fuori, e intanto il dì dell'addio albeggia dentro all'anima: quanto più il cuore vede lume, tanto più quell'ombra s' annera. E qui, vuole esser notato, ricorre il che dei primi versi dell'Inferno (I, 6, 12); e si dice dantescamente lo dì», come là si disse questa selva, piuttosto che immagine o rimembranza del dì o della selva.

3. Il vecchio punge », che di necessità devesi riferire ad ora, quando non si voglia riferire a dì, ingarbugliando maledettamente il periodo, possiamo poi, per agevole giuntura di pensiero e di parola, connetterlo a « se ode squilla »? Mi par di no. L'udire è del peregrino: ma il peregrino non punge, bensì è punto. Come dunque, serbando la lezione volgata, salvare la ragione del sentimento e l'evidenza della sintassi? Tutto si salva, leggendo piange. 4. E quanto è bello questo piange d'amore », piangere senza lagrime! Non una fitta al cuore, una puntura fugace, ma pianto generato dall'intimo del nostro spirito, e ben risponde al pianto di tutte le creature; pianto, che si raccoglie e si spande, di monte in monte, di valle in valle, negli echi ripercossi de la squilla lontana. Piange il mondo e piange l'uomo. Invece, leggendo punge, ov' hai rispondenza?

5. Cresce bellezza la differenza, tutta intima e vera, che il mio piange pone tra i na viganti e il peregrino. Questi, al tramontare del primo o del secondo giorno di viaggio, ripensa i suoi cari, forse l'unica sua, lasciati per la prima volta, e piange d'amore: quelli, dopo molti giorni di navigazione, lontani da ogni riva, in alto mare, più sospirano la terra e ripensano con più tenerezza ai dolci amici.

6. Chi abbia famigliarità con Dante e prediliga punge, citerà contro me la puntura della rimembranza (Purg., XII, 20), il pungere del desio (Parad., XXII, 26), della fretta (Purg, XXI, 4), della compassione (Purg., XIII, 54), del pentimento (Purg., XXXI, 85), dell'ammirazione (Parad., II, 55), dell'affocato amore dei cerchi angelici (Parad., XXVIII, 45), affer mando, confortato da questi molti esempi, che « punger d'amore » è modo tutto dantesco. Ma io non mi darò per vinto e gli dirò che in tutti questi esempi, tranne l'ultimo, è l'idea d'un sentimento improvviso, d'uno sprone o incitamento a sentire, e nell'ultimo d'un fiero stimolo al moto. Pungere insomma, riferito al sentimento, o ne dice la virtù motiva, o l'acume e la rapidità come di strale. Nel caso del novo peregrino l'amore non si sveglia al tocco de la squilla piangente, nè si fa più acuto, nè più dispone all'opera; ma si fa più mesto e più sconsolato. Cfr. Vita Nuova, S. XXIII, Canz. Donna pietosa e di novella etate: Piansemi amor nel core, ove dimora »; Foscolo, nei Sonetti: « M' insegnarono alfin pianger d'amore ». Forse alcuno opporrà: anche là, dove si parla delle tombe terragne (Purg., XII, 20), è amore lagrimoso; amore, che non nasce in quel punto, ma si attrista e piange; ep. pure il grande Artista non credette fallace, a significarlo, la voce puntura. Rispondo: dacchè volle ristretto a' pii lo sprone della rimembranza, Dante, è chiaro, pensò tombe, non di congiunti o di amici, sì di persone ignote; la cui immagine (segno) incisa o scolpita, sia per sè

stessa, sia per qualche leggenda, che l'accompagni, desti improvviso, ma solo in anime gentili, un sospiro di pietà. Quell'accenno dantesco ha la sua chiosa in questa parola di Giacomo Leopardi: Forse beata sei; ma pur chi mira, Seco pensando al tuo destin, sospira ». (XXXIII de' Canti, Sopra un bassorilievo antico sepolcrale).

Pesando bene, ad una ad una, le ragioni che ho toccato, non le trovo scarse. Però prendo animo a raffermare la proposta lezione piange d'amore »; e dichiaro così: « Era l'ora, nella quale il desiderio (della terra lontana) volge a' naviganti e il dì ripensato dell'addio intenerisce il loro cuore: l'ora, nella quale il peregrino novello piange d'amore, se ode di lontano squilla, che paia piangere il giorno morente ».

G. FRANCIOSI.

VARIETÀ

Ricordo della morte di Dante.

Dal cod. cart. no. 67 (Ferraresi), di mm. 228 X 170, di rozza scrittura del sec. XVI, di cc. 133, adespoto e anepigrafo, titolato dal canonico Giuseppe Antonelli, ne l'Indice dei mss. della civica Biblioteca di Ferrara, parte prima, Cronica generale con varii punti di Stori: ferrarese dall'anno 1321 all'anno 1469, con una aggiunta del 1570, traggo il seguente ricordo, che comincia a carte i recto e che pubblico nella grafia originale, sciolte soltanto le abbrevia zioni per evitare difficoltà tipografiche.

Lo Anno che naque el Re del cielo

1321

Come el morse el dignissimo homo dante

algiere poeta fiorentino

G. AGNELLI, bibl.°

Dedito anno adi 3 de magio essendo el dignissimo homo messer dante algiero famosissimo poeta fiorentino el qualle era perseguitato dala parte nera perche la cita de fiorenza era in pareclitade una parte era chiamata la parte nera laltra parte era chiamata la parte di bianchi la quale parte nera lo dischacio de fiorenza et ma piu pote placare li soi adversari ch il povereto potese ritornare alla sua patria Et luj ando per el mondo et ando a parisi dove era molto amato doue gie stete molti anni et anche stete molti anni a napuli come (sic) el Re federico da ragona [?] et anche stete a uerona come (sic) messer can dala schala Sigre de verona el quale veramente era amato da loro con tuto el core Et al tempo dela sua vita luj compose uno dignissimo libro chiamato dante dal suo nome nel quale se trata del paradiso et del purgatorio et del limbo et delo inferno opera ueramente dignissima et piena de theologia et de filosofia et anche fece una altra opera intitulata la monarchia del mondo doue che in quele opere si cognose quanto era la profondita del suo ingegno et cusi essendo in la citta de rauena et essendo de anni cinquanta sei luj rese lanima al suo crcatore la qual ando agoldere megliore vita et fu sepulto come (sic) honorate esequie.

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