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Illustra i punti più importanti di una conferenza su Lo spirito umano nell'arte di Dante, tenuta nel salone del circolo Dauno di Foggia il 15 di gennaio 1893 dal professor Giovanni Franciosi allo scopo di confutare la sentenza di Adolfo Bartoli che, cioè, Dante non è pittore di anime ma di corpi soltanto. L'opuscolo è estratto dal fascicolo XXVIII (aprile, 1893) del Pensiero italiano. (71 Poletto Giacomo. Alcuni studi su Dante Allighieri, come appendice al Dizionario dantesco del medesimo autore. (Recensione in La Civiltà cattolica. Serie XV, vol. V, quaderno 125).

Favorevole.

Cfr. no. 1.

Renier Rodolfo. Cfr. no. 53.

(72

Ronchetti Ferdinando. Di un commento dell' Eroli sopra il gran rifiuto». (In Rivista critica e bibliografica della letteratura dantesca. Roma, marzo, 1893).

Combatte l'opinione dell'Eroli il quale col Lombardi e con altri cerca di dimostrare che Dante, nell'ombra di colui che rifiutò, per viltà, il ponteficato non riconobbe papa Celestino, ma qualche fiorentino suo contemporanco ricusatosi di sostenere il partito de' Bianchi. Cfr. no. 20. 73)

Scartazzini Giovanni Andrea. Giudizio sull' ultima pubblicazione di A. Fiammazzo « I codici friulani della divina Commedia. Parte II: Il commento più antico e la più antica versione latina dell' Inferno ». (In La Patria del Friuli. Anno XVII, no. 90).

Così come de' comenti nuovi è indubbiamente importante per la critica dantesca la publicazione de' comenti antichi che erano finora inediti e accessibili a pochi. Il più antico fra quanti si conoscano, scritto nel 1324 da Graziolo de' Bambaglioli, cancelliere di Bologna, fu finalmente publicato dall'erudito professore Antonio Fiammazzo (Udine, 1892) dopo che per dieci anni intieri se n'era aspettata invano la edizione preparata da Carlo Witte e promessa dal Roediger. Inutile ridire qual merito e qual valore siano da attribuirsi a questo comento, rispettabile per l'antica età, giacchè più di una volta se ne è discusso anche in Germania. L'edizione curata dal Fiammazzo, che, per questo lavoro, entra in linea con i primi dantisti italiani viventi, risponde a tutte le esigenze della moderna critica e può esser proposta a modello delle publicazioni di comenti antichi. Solo si può deplorare che al Fiammazzo non sia piaciuto di riempire le leggere lacune de' suoi due codici con l'aiuto del codice di Siviglia. La recensione, qui tradotta dal tedesco, è estratta da un lungo articolo (Aus der neuesten Dante-Literatur) in Beilage zur Allgemeine Zeitung, del quale ci occuperemo nel prossimo Bollettino. (74

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Sinibaldi Cino.

Cfr. Cino da Pistoia.

G. L. Passerini.

NOTIZIE E APPUNTI.

Telegrafano da Trento al Secolo XIX di Genova in data del 23 di aprile: « Il Comitato per il monumento a Dante ha pensato di far coincidere la posa della prima pietra colla ricorrenza delle nozze d'argento dei Sovrani d'Italia. La luogotenenza allora die de ordine che la cerimonia avvenisse senza pompa e senza discorsi. Tuttavia alla cerimonia assisteva una folla enorme. Quando si scoperse il monumento e venne letta la leggenda incisa alla base A Dante che dimostrò quanto potesse la lingua italiana scoppiò un fragoroso, formidabile applauso e venne lì per lì improvvisata una dimostrazione in cui non mancarono le grida di Viva l'Italia! Viva Umberto e Margherita ! »

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Le Conferenze dantesche alla Scuola magistrale di Genova. 1'8 di maggio reca :

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A proposito delle Conferenze dantesche tenute alla Scuola magistrale dall'illustre nostro commendator Anton Giulio Barrili, persona amica ci fornisce alcune informazioni di fatto, da aggiungere a quanto abbiamo già pubblicato.

Le Conferenze dantesche furono istituite a puro vantaggio degli alunni della Scuola magistrale e per coloro che avendo già conseguita la patente di maestro, pur desiderino perfezionarsi negli studi letterari. Il progetto dell'aggiunta di questa cattedra dantesca alla Scuola magistrale, con la proposta di affidarne l'insegnamento al comm. Anton Giulio Barrili, venne fatto dal direttore della scuola stessa prof. Lodovico Teppati.

La Deputazione provinciale, dalla quale unicamente dipende la Scuola magistrale, in sua seduta del 5 gennaio scorso, relatore l'egregio deputato provinciale comm. Elia, soprainten dente alla scuola, approvò con plauso la proposta del direttore Teppati, per cui il valente corpo insegnante della Scuola magistrale s'accrebbe dell'illustre professore Barrili; e davvero che a spiegare il sommo poeta, non poteva farsi scelta migliore di questa.

Anche il ministro della Pubblica Istruzione, al quale il prof. Teppati comunicò l'aggiunta della cattedra dantesca alla Scuola, se ne congratulava con una lettera che plaudiva alla scelta e al nobile pensiero volto a tener vivo nella gioventù il culto del sommo poeta. Anche per commendevole disposizione del direttore, le conferenze furono rese libere a soddisfare tutti coloro che dimostrarono vivissimo desiderio d'assistervi. E se il numero degli uditori va ognor più aumentando, ciò dimostra l'utilità dell' istituzione e la valentia dell'illustre con

ferenziere.

Intanto conviene constatare un fatto rilevante: che la nostra Genova è la prima città in Italia che abbia l'onore d'avere una cattedra dantesca ; e ciò per iniziativa e merito della nostra Scuola magistrale, la quale va innanzi a tutte le consorelle d'Italia per numero di allievi, e che, a differenza di molte altre, non usufruisce di alcun sussido

Quanto alla proposta nostra che le conferenze attians logo ndi ricotto del Carlo Pe. lice, aflache maggior concorso di pubblico possa avisteri, occorrerebbe sceg lere i giorni festivi, cioè le domeniche, perch- neyi altri giorms 30. a settimana gi allest della Sig magistrale, dopo la cunfereaza, debbono assistere al cono ordinans Belle lezioni.

Ci sembra adunque, che, ristira per questo lato la difficolta, la Lepurazione provincis potrebbe, pel loca e fare istanza al Managda & quale non si rikeretbe certamente fi contribuire in qualche guisa ad c. chore dalle a decoro

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Firenze, abbia luogo nella seconda metà di ottobre. Il Consiglio ha pure preso atto degli ultimi invii di contributi da parte dei comitati locali di Venezia, Como, Viterbo, Bologna, Este e Brescia; ha constatato che la costituzione della Società in ente morale è imminente, e ha deferito ad una commissione i lavori presentati al concorso per un libro popolare sulle terre italiane soggette a dominazioni straniere. Furono infine destinate alcune somme a scopi sociali.

- Il nostro collaboratore G. Gorrini in Nuova Rassegna, N. 2, 29 gennaio "93, dà conto molto favorevolmente di alcuni scritti del prof. A. Zanelli di storia bresciana e di un altro intorno al giuramento di fedeltà di Buoso da Dovara ad Alfonso X di Castiglia. Si tratta di un documento importante ma non ancora esaurientemente illustrato, che getterebbe luce sugli ultimi anni del famoso capitano, che, non morto, nè esule aborrito dai ghibellini e costretto a piangere, secondo Dante, « . . . . l'argento de' Franceschi », avrebbe, invece, nell'anno 1271 partecipato ad un nnovo e grave tentativo de' Ghibellini, diretto a riconoscere Alfonso, re di Castiglia, come imperatore e signore di Milano, e a rendergli come tale l'omaggio di fedeltà.

- L'egregio ed operoso professore Annibale Tenneroni publica, in occasione di nozze, due Sonetti inediti di ser Marino Ceccoli perugino, togliendoli dal codice Barberini XLV-130: (Quando i fiorecte fra le folglie tenere A la dolce staxon ch' ei torde aruegnono). L'editore annota: « Del poeta Marino Ceccoli di Perugia non fa alcun cenno il Vermiglioli nella Bibliografia degli Scrittori perugini (Perugia, 1828-"29); sarà util quindi avvertire ch'egli ebbe l'onore di disputar d'amore, in rima, con Cino da Pistoia. Ci serba di lui, lo stesso prezioso codice Barberini, fra gli altri, due sonetti sulle condizioni politiche della sua patria, i quali s'intitolano De desolatione urbis Perusie, e De diuersitate gentium ciuitatis Perusie; un altro, egualmente storico, sul gran diluvio d'acque in Firenze nel 1333. Diresse anche due sonetti ad un Tiberutium de Montemelino, invitandolo a lasciar quel colle, El qual da lugne par che l mondo coue E par c'ongne dellecto ue se troue ».

Il 14 di marzo è morto, quasi improvvisamente, a Firenze l'amico nostro carissimo professore Vittorio Lami, nato a Volterra il 19 di settembre 1859 dal filologo professore Antonio Lami e dalla signora Girolama Guarnacci. Studiò lettere a Pisa nell' Atenco, dove si laureò; e a Firenze venne nel novembre del 1882 per farvi l'anno di perfezionamento nell' Istituto. Ebbe nell' "88, dalla Deputazione di Storia patria per le province di Toscana e dell' Umbria la commissione di curare l'edizione critica della Cronica del Villani: e agli studi preparatorii egli si era accinto con giovanile entusiasmo e con largo corredo di dottrina. Il Lami fu professore nel Collegio militare di Firenze, nella Scuola Bettino Ricasoli, e per circa un anno coadiutore di Isidoro Del Lungo nel procurare l'edizione nazionale delle Opere del Galileo.

Proprietà letteraria.

Venezia, Prem. Stab. tipografico dei Fratelli Visentini, 1893.

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LEO S. OLSCHк1, edit. e propr. G. L. PASSERINI, direttore, MASSAGGIA LUIGI, gerente respons.

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Nel corso di oltre cinque secoli nessuno degl' innumerevoli studiosi dell' Alighieri che credettero nella realtà corporea della donna amata dal sommo Poeta dubitò un momento della verità di quanto afferma il Boccaccio, che cioè questa donna fosse la figlia di messer Folco Portinari, la quale fu poi sposa del cavaliere Simone dei Bardi. Veramente alcuni pochi, ultimo tra essi il Gregoretti, lasciarono scritto che la Beatrice di Dante, « morì nubile >> in età di ventiquattro anni: colla quale affermazione era infermato il racconto di messer Giovanni. Sembra tuttavia che il dubbio cadesse soltanto sul fatto, oramai indiscutibile, del matrimonio di Beatrice di Folco Portinari, non già sull' identità della donna amata da Dante con essa figlia di messer Folco. Questa identità si crede oggigiorno dai più tanto elevata al disopra di ogni dubbio, che persone altrettanto dotte quanto venerande non esitano un momento di investigare la storia della vita di Beatrice Portinari nei Bardi, convinte di contribuire con tali studii alla più profonda intelligenza della vita e delle opere di Dante.

Il dubbio sull'identità fu sollevato la prima volta, per quanto a noi è noto, nel 1880 alle pag. 127 e seg. delle nostre Abhand

Giornale Dantesco

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lungen über Dante Alighieri: ripetuto poi nel 1883, tanto in un nostro articolo pubblicato nel Convivio di Siracusa (Num. 4, del 30 marzo 1883), quanto nel secondo volume del nostro Dante in Germania (p. 326 e segg.). Chi del dubbio prese notizia, concedette sinceramente non essere esso privo di fondamento. Il prof. D'Ancona, per non citare che uno dei sommi, scrisse in proposito (Vita Nuova, 2° ediz. Pisa 1884, p. 77): «Riconosciamo.... che in nessuna scrittura di Dante vi è il menomo accenno a matrimonio di Beatrice, e che anzi, pel tempo in che la Portinari potrebbe esser moglie altrui, vi sono invece nella V. N. indizj di sdegni e rappaciamenti e degli altri casi onde s'intesse il viver degli amanti. E a conforto degli argomenti addotti dallo Scartazzini vorremmo aggiungere quello che si ricaverebbe dal §. XXXIII, dove vediamo il fratello di Beatrice chiedere a Dante stesso una poesia in morte della sorella: il che, dato anche certi costumi de' tempi e il modo speciale con che fu fatta la dimanda, cioè, genericamente, per una donna morta, ci parrebbe alquanto strano, se la sorella del richiedente era moglie altrui, e quel fratello di Beatrice ed amico di Dante non era un balordo». Il prof. Bartoli invece (Storia della lett. ital. V, 54) vedeva nel dubbio da noi sollevato «< una grande concessione » fatta alla scuola idealista. In generale pochissimi si curarono della questione, la quale ai più pare essere sembrata od oziosa, oppure suscitata leggermente, per la sola vanità di dire cose nuove. Onde il prof. D'Ancona, il quale conchiudeva: « Ad ogni modo, attendiamo il parere dei dotti, chè più tempo bisogna a tanta lite» dovette attendere invano sino a questo giorno.

Più tardi il prof. Michele Scherillo a Napoli, oramai noto per i suoi pregevoli lavori danteschi, senza conoscere, a quanto sembra, i lavori citati, sollevò il medesimo dubbio nel terzo de' suoi Quattro saggi di critica letteraria (Napoli, 1887, pag. 61 e seg.), lavoro che avremo occasione di citare in seguito. Dal canto nostro ritornammo a trattare di questo argomento e nei Prolegomeni (Lipsia, 1890, pag. 191 e segg.) e nel Dante-Handbuch (ivi 1892, pag. 184 e segg.), nè troviamo che gli argomenti addotti contro l'identità della Beatrice di Dante colla figlia di Folco Portinari fossero confutati, o almeno presi seriamente in esame. La questione sembra a noi di qualche importanza: onde, invitati senza nostro merito a collaborare al Giornale dantesco, proponemmo di ritrattarla di bel nuovo; la quale proposta fu accettata senz'altro dall'illustre Direttore del nuovo giornale. Eccoci dunque in campo, e ciò nella speranza che la Beatrice Portinari nei Bardi trovi

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