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la controversia, ravvivatasi di recente, a chi spetti il merito di aver ridato alla luce il ritratto del Bargello, ho creduto non inopportuno riprodurlo qui integralmente tradotto. '

Newington Butts, Surrey, 29 giugno.

Essendosi fatte alcune osservazioni la settimana scorsa in una riunione di amici della Società Arundelliana, circa la scoperta di un ritratto di Dante, dipinto

1 Il prof. D'Ancona intervenendo or non è molto (Lettura, marzo, 1901) con la sua autorità nella questione, risollevata per opera di Teodoro Koch e poscia di Alfredo Bezzi, che vogliono rivendicare, quegli all'americano Wilde, questi al padre suo, l'onore della scoperta, difende i Kirkup dai maltrattamenti poco generosi del Koch e del Bezzi, ma conclude che la questione è insolubile. Vorrei, esaminando i documenti che mi sono accessibili, riandare la questione, la quale se mi condurrà un po' lontano dal mio soggetto, non sarà forse inutile per chi voglia un giorno, affrontarne la soluzione. Intanto abbiamo, nell'articolo qui riprodotto, la parola del Kirkup stesso che attribuisce tutto a sé il merito di quel ritrovamento, e la sua parola è garentita da un uomo insigne, sulla cui perfetta onestà e rettitudine non si può avere alcun dubbio, e che la bandisce pubblicamente e non una volta sola, come la verità vera

da Giotto, a Firenze, del quale siamo obbligati al signor Seymour Kirkup, non sarà discaro ai lettori dell'Athenaeum di conoscere, sulla scorta di una lettera ricevuta ultimamente da quel veterano dei dantisti, gli esatti particolari della scoperta. La storia di questo avvenimento, fu data alcuni anni fa in un giornale quotidiano, senza il consenso della parte piú interessata, e per un motivo da questi non approvato. Non mi propongo di riscrivere questi particolari, ma soltanto di riassumere da una recente lettera la sostanza della controversia d'allora, con poche altre notizie intorno allo stesso soggetto.

e la versione genuina del fatto. Cosa pensare? Che il Kirkup abbia voluto sorprendere la buona fede del Barlow e mentire solennemente per bocca sua? Ma sarebbe stato arditanza troppo grande, facilmente rintuzzabile dai suoi competitori, né conforme al ritratto che ce ne fa il prof. D'Ancona, il quale ebbe campo di avvicinare e di conoscere questo appassionato amatore di Dante e pare che si fosse formato di lui il concetto come di persona moralmente rispettabile.

Il signor Bezzi, per un lodevole sentimento, vuole che la gloria della scoperta sia invece attribuita tutta al padre suo, Giovanni, e scrive (Nuova Antologia, 10 decembre 1900) che questi "si accinse ad essa con deliberato ardore nel 1839 e si recò a Firenze. Quivi lo confortarono gl'incoraggiamenti di un americano mr. Wilde, dotto scrittore di cose italiane, il quale

L'onore di questa scoperta spetta al signor Kirkup, e ciò è noto a tutti quelli che conoscono quest'importante ritratto; ma ignorando moltissimi, nè resultando chiaramente dalla notizia del signor Layard agli amici della Società Arundelliana, quanta parte abbia avuta il signor Aubrey Bezzi nella faccenda, cosí mando il se

forte si lamentava dell'indifferenza con cui gli Italiani lasciavano nell'oblio l'immagine del loro sommo poeta.,, Il Kirkup arriva alla second'ora, e solo per fare il calco della figura già scoperta come afferma il signor Bezzi, in un secondo articolo (Nuova Antologia, 1o ottobre 1901), in risposta a ciò che nella Lettura, aveva scritto il D'Ancona. Il quale, meravigliandosi che il Kirkup nella narrazione del signor Bezzi non fosse neppur nominato, osservò che non "par credibile che l'esule piemontese covasse fin da Londra il disegno di mettere a luce il dipinto giottesco., E, caso strano, è lo stesso signor Giovanni Bezzi, che viene a dar ragione all'illustre professore di Pisa, dacché pare che al signor Alfredo Bezzi non siano noti tutti i documenti paterni concernenti la controversia. Egli infatti scrive, nel suo secondo articolo, che il padre suo non si era mai curato di ribattere asserzioni anonime che gli negavano il merito della scoperta,, fino al 30 aprile 1860, quando cioè inviò una lettera di protesta all'Athenaeum, lettera che egli ristampa tradotta. Questo è tutt'altro che esatto.

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Nel numero del 25 dicembre 1847 di quel giornale, fu stampata una corrispondenza anonima da Firenze, (si seppe poi che era stata scritta dal signor Latilla), intorno al Palazzo del Bargello: fra le altre cose vi si diceva che la scoperta del ritratto era dovuta al Kirkup. Il signor Bezzi scrisse allora la sua prima lettera di rettificazione, che, nella parte sostanziale, fu pubblicata nel numero dell' Athenaeum del 5 febbraio 1848. Egli sostiene che l'affermazione dell'anonimo contraddice ad altri racconti della scoperta, fatti pubblici dall'Eastlake, dal Landor, dal Jameson ecc.; quindi continua: "It was originally and principally at the suggestion and by encouragement of mr. Wilde well known for his researches in the literary history of Italy tha 1 set about the somewhat difficult undertaking, in which many had failed, among others the antiquarian Moreni at the end of last century. Mr. Kirkup offered to contribute most liberally to the expenses that might be necessary, first to get at the paintings and then to have them restored; but ultimately the Grand Duke appointed a commission to carry out the works, and assigned a sum of money which proved more than sufficied.,, Il resto della lettera non ha interesse per la controversia; ma dal brano che ho voluto riferire nell'originale, e se ne comprende facilmente la ragione, risultano intanto ben nette due cose e per la testimonianza stessa del maggiore interessato, che cioè il primo e precipuo suggerimento venne al Bezzi dal signor Wilde, e che il Kirkup non arrivò soltanto a cose fatte per lucidare il dipinto, ma che offrí un generoso contributo per tentare l'impresa; il che serve a ribattere anche l'accusa del Koch, il quale nega avere il Kirkup contribuito alle spese. Il signor Bezzi padre dunque, nella questione della priorità, mi pare che si escluda da sè stesso e che oramai il dubbio può sussistere soltanto riguardo al Wilde o al Kirkup, se l'uno o l'altro sia stato il primo ad aver il pensiero di quell'impresa, della quale il Bezzi fu soltanto prezioso esecutore.

guente estratto della lettera suaccennata, del 9 febbraio dell'anno in corso.

La storia del ritratto del Bargello è la seguente. Tornavo da Santa Croce, ove avevo cercato quel ritratto menzionato dal Vasari, e che seppi fu distrutto da lui stesso con molte altre cose, per i suoi altari barocchi.

Ma seguiamo ancora lo svolgersi della polemica nell'Athenaeum, servendoci delle indicazioni date dal Koch nel suo Catalogo. Il 6 maggio 1848 troviamo una comunicazione del signor Latilla in risposta alla lettera del signor Bezzi, scritta evidentemente per conto del Kirkup, il quale fa dichiarare che fu egli stesso il primo a proporre la pulitura degli affreschi al signor Bezzi che si entusiasmò all'idea e scrisse un memoriale al Governo. Ciò possono attestare, dice il Latilla, persone autorevoli, e bene informate, le quali sono concordi nel riconoscere i Kirkup come il primo promotore (first mover) e il signor Bezzi come l'esecutore materiale (the active Manager) dell'impresa. A quest'affermazione recisa il Bezzi non oppone alcuna rettifica e lascia anche passare la pubblicazione dell'articolo che qui sopra riporto, per protestare solo dopo 12 anni, a proposito della stampa che la Società Arundelliana aveva fatto del calco di Seymour Kirkup, con una lettera all'Athenaeum, ripubblicata dal signor A. Bezzi, nell'articolo in risposta al D'Ancona, e facendola seguire da queste parole: A questa lettera non rispose mai né il Kirkup, né il Cavalcaselle suo accanito difensore, né alcun altro. E anche qui sbaglia il signor Bezzi figlio, perché nell'Athenaeum del 12 maggio 1860, il Barlow, riferendosi all'articolo scritto nel 1857, torna a prendere le difese del suo amico e ad affermare, che primo a pensare all'affresco di Giotto fu il Kirkup, al quale, se il Bezzi tenta di togliere quest'onore, non potrà mai rapire l'altro di aver salvata l'immagine del Poeta, avanti la manomissione del Marini; indi si dilunga a parlare dell'occhio mancante nella figura e di quello che il capriccio dell'inesperto restauratore vi sostituì. Ecco intanto il passo della sua lettera che a noi piú importa: “Although Mr. Bezzi may seek, at eleventh hour, to deprive Seymour Kirkup of the merit of having been the prime mover in the discovery of the Dante portrait by Giotto, forgetting that when our distinguished Dantofilist first mentioned to him its probable existence, he declared that he had never before heard of it; he cannot deprive our Englishman of the merit of having saved this most valuable portrait, and been the happy means of restoring to all true lovers of Dante the vera effigies of their divine master., Neppure questa solenne affermazione il signor Bezzi smenti e le cose si quetarono, finché la polemica è risorta ai giorni nostri. In conclusione, io credo si possa ritenere per verace la versione del Kirkup, che da molti anni viveva a Firenze e si interessava alle memorie storiche della città e specialmente a quelle dantesche; pur senza escludere che il proposito di scoprire il dipinto giottesco sia potuto cadere in animo anche all'americano Wilde, che, coltivando i medesimi studi del Kirkup, non è affatto strano s'in contrasse con lui nel medesimo pensiero. Chi parmi sia da escludere affatto in questa gara di priorità è proprio il signor Giovanni Bezzi, al quale, se questo vien meno, restano certo altri titoli per aver diritto alla riconoscenza degli italiani.

I miei libri erano sulla tavola, quando ebbi una visita da un rifugiato piemontese di nome Bezzi, il quale mi portava una lettera del mio amico Eastlake. Gli dissi della mia delusione, ma aggiunsi che vi era ancora una speranza, la cappella del Palazzo del Podestà, la quale era stata imbiancata. Egli parve interessarsene tanto, ch'io gli proposi di unirci per ricuperare quel ritratto. Vista la sua gioia, gli chiesi se ne avesse mai sentito parlare, ed egli mi rispose di no; allora gli mostrai le mie autorità, il Villani, il Filelfo, il Vasari ecc. Il giorno di poi mi domandò se avessi difficoltà di permettere che il signor Wilde, un comune amico americano, si unisse a noi nella impresa, ed io accettai. L'editore del Filelfo, l'abate Moreni, aveva indicato il signor Scotto, il quale era desideroso di intraprendere il lavoro. Lo trovammo troppo occupato e vecchio, e allora ci raccomandò il signor Marini, al quale si fece l'offerta di 240 scudi, per togliere l'intonaco alla cappella, trovasse o no il ritratto di Dante. Il signor Bezzi, essendo italiano, combinò per noi, dopo qualche esitazione, questo affare, e il Marini si mise all'opera. Fece alcuni buchi nel muro, per sostenere l'impalcatura; fortunatamente nessun Dante era li, altrimenti sarebbe stato distrutto.

Fui obbligato a minacciare di non pagarlo, se vi faceva altri buchi; smise, e adoperò invece dei trespoli. Dopo alcune settimane di lavoro il Governo ci proibi di continuare „.

Pare che il Governo fosse geloso che dei forestieri facessero ciò che sarebbe stato di sua pertinenza; ma ormai l'opera era incominciata e l'esempio dato, cosicché fece ciò che sarebbe desiderabile che il nostro Governo facesse in casi analoghi per conservare gli avanzi dell'arte antica fra noi, vale a dire ordinò che il lavoro venisse proseguito a sue spese, e alle condizioni già fissate. La bella città di Firenze viveva cosí nell'ansia della visione di una vera effigie di Dante, qual'era stato veduto cinquecento anni innanzi, allorché nella sua prima giovinezza innamorata, egli appariva l'eminente degli eminenti, fra i suoi cittadini più bravi e piú dotti.

Alfine la visione si rivelò: Dante fu messo allo scoperto, ma soltanto per sparire nuovamente e rendere piú penosa la sua perdita.

Il signor Bezzi e il signor Wilde avevano già lasciato Firenze per tornare in Inghilterra. Continua nella sua lettera il signor Kirkup: แ Andai a vederlo e trovai un gran buco al posto dell'occhio. "Che peccato!, dissi. "Era un chiodo, replicò il Marini. Come poteva dirlo? L'aveva tirato via, invece di tagliarlo, asportando cosí un pezzo di muro di circa 3 pollici per 2. Il buco andava allargandosi, a causa della brava gente che ci metteva le dita dicendo: " Oh, c'è un buco! Dopo un anno incaricarono il Marini di colmarlo e dipingervi un occhio; lo fece troppo piccolo e troppo vicino al naso, ritoccò il resto del viso, perché armonizzasse, nuocendo al colorito e alla somiglianza. Cosi cambiò pure la forma e il colore del cappuccio; ed essendo Dante vestito di rosso, verde e bianco, i colori di Beatrice nel "Purgatorio, e della “Giovane Italia, di oggi, il verde fu cambiato in color cioccolata; e cosi è rimasto, finché non sarà permesso a qualcuno di togliere quella sua impiastricciatura farinosa, applicandovi un panno bagnato. L'affresco originale era duro come uno smalto, e altrettanto buono, quanto il colore di Guido

Sarebbe stato un grosso guaio davvero, se il nostro amico non avesse potuto disegnare il ritratto di Dante, prima che la manipolazione del Marini trasformasse il

Poeta in un Tizio qualunque. Per fortuna egli lo poté, sacrificando tutta una mattinata e dividendo con l'Allighieri gli onori della prigionia essi furono messi insieme sotto chiave.

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Cosí Firenze, dopo tutto l'ingrata Firenze fu privata delle sembianze del suo Poeta, come delle ceneri di lui. Non potendo ottenerne da Ravenna i resti mortali, essa si foggiò un'imagine della persona di lui e onorò e incoronò quella: ora l'autentico sembiante che Giotto dipinse per essa città Giotto, l'illustre amico e compagno di Dante - non le apparteneva piú, il signor Marini l'aveva distrutto e non lo poteva rifare. Pare che il verde sia un colore odioso agli occhi delle Autorità toscane: esse lo perseguitano ovunque, non solo nella cappella del Bargello, ma anche nel Duomo di Firenze, in questo sacrario, che si aspetterebbe do. vesse andare esente da ogni dannosa profanazione; ma no, Dante non deve avere indosso del verde, non vi dev'essere neppure il simbolico colore della speranza si ordina che il verde venga sostituito dal bleu, e da un bleu molto acceso la medesima mano trasformò, alterando i colori in ambedue i posti.

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Il ritratto di Dante, fatto da Giotto, fu trovato io credo, nel 1840. Un secondo ritratto, dell'Orcagna, fu scoperto da me nel 1845 nel " Paradiso,, dipinto dallo stesso nella cappella Strozzi in S. Maria Novella. È nella parte superiore del muro alla sinistra della finestra: Dante vi è raffigurato come un uomo anziano, curvato dal dolore e nell'atto di pregare. Il Kirkup confermò le mie osservazioni su questa figura, e l'additò a Lord Vernon, il quale, credo, ne fece ritrarre copia per le sue illustrazioni della "Divina Commedia

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Non sono rari i ritratti di Dante eseguiti da grandi pittori italiani: quelli di Raffaello negli affreschi del Vaticano sono ben conosciuti. Recentemente, nel 1855, ne accennai uno ai miei amici romani, dipinto da Michelangelo nel “ Giudizio Universale,,: è nell'alto di questo dipinto, a mano dritta, e si trova insieme con altre tre teste di un gruppo di ritratti che sono Virgilio, il Petrarca e l'Ariosto. Colpisce veramente un altro ritratto di Dante nel " Giudizio Universale a Venezia, fatto dal Tintoretto: altri potrebbero essere ricordati. In una lettera del mio amico Kirkup, ricevuta recentemente, egli nota che è curioso come molte memorie di Dante siano durate per un lunghissimo periodo di tempo giú giú fino ai nostri giorni, per essere poi distrutte tutte insieme ed alcune sono state rovinate e sciupate sotto i suoi occhi. Una è la porta di Dante, l'altra il sasso di Dante: questo era un pezzo di pietra, assai comune a Firenze e chiamato muricciolo, il sedile sul quale si vuole si adagiasse sovente il Poeta ; adesso è una lastra di marmo incassata nel pavimento. Un'altra di queste memorie è un pezzo dell'arco originale del cancello di S. Pietro: questo fu buttato giú da un sarto, che ivi eresse una casa d'affitto; benché avesse promesso al Kirkup di lasciarlo stare sulla facciata con una epigrafe adatta che gli era stata data. perdita più grande di tutte, pertanto, è l'irreparabile ingiuria fatta al ritratto del Bargello, con la distruzione dell'occhio del Poeta e con l'alterazione della sua fisonomia, perpetrata dal Marini, per modo che la figura che

La

1 Questi disegni, che piú sopra ho riprodotti, non furono compresi fra le note illustrazioni di Lord Vernon,

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Per ciò che riguarda direttamente il nostro argomento, quest'articolo ci sembra importante per la storia della ricerca del ritratto di Dante in S. Maria Novella, mettendo fuori di ogni discussione a chi debba attribuirsi la priorità della scoperta. Non se ne dorranno i valentuomini che, caduto in dimenticanza lo scritto e il nome del dantista inglese, sono pervenuti per altra via alle medesime conclusioni, credendo di essere i primi ad annunciarle al pubblico: questa convergenza fortuita, di osservatori cosí lontani nel tempo, dovrebbe forse soddisfare il loro amor proprio piú ancora del piccolo vanto di una priorità ognora incerta e controvertibile.

Ma in questo scritto vi sono altre notizie curiose, come quella del restauro fatto dal medesimo famigerato Marini al Dante del Duomo, e quella di altri supposti ritratti danteschi in opere d'arte, dove, ch'io mi sappia, nessuno li aveva finora additati. manca ora il tempo di verificare le affermazioni del Barlow: il Giudizio della Sistina

A me

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è in tristi condizioni, e le riproduzioni fotografiche, anche buone, non sono in ogni particolare leggibili. Quanto al Giudizio del Tintoretto occorrerebbe esaminarlo direttamente, perché il Barlow non dà indicazioni topografiche, e da una piccola fotografia d'insieme difficilmente i personaggi sono riconoscibili. Sarebbe non senza interesse che qualche studioso e di Dante e dell'Arte, avendone l'opportunità, si mettesse alla curiosa ricerca: un ritratto di Dante dipinto da Michelangelo, che a Dante ha consacrato i due marmorei sonetti che tutti conoscono, non è cosa trascurabile, non foss'altro perché vedremmo di quali note il potente soggettivismo del grande Artista abbia impresso le fattezze del suo gigantesco fratello.

PASQUALE PAPA.

Potrebbe il Barlow aver dato maggiori indicazioni in un articolo registrato nel Catalogo del dott. Koch, Dante and Michelangelo, che egli pubblicò il 20 marzo 1875, nel giornale inglese Builder, ma che mi è stato inaccessibile. Vorrei qui esprimere il voto, che qualche studioso di Dante pensasse a raccogliere almeno, se non a tradurre, i numerosi articoli del grande dantista inglese, sparsi su pei giornali e sulle riviste. Credo che non poco giovamento ne verrebbe agli studi danteschi,

NOTE E NOTIZIE

La Casa editrice G. C. Sansoni di Firenze ha pubblicato l'atteso lavoro Dante e Firenze, prose antiche con note illustrative e appendici di Oddone Zenatti. Ha dato le ultime cure a questo volume, di cui dovremo presto occuparci, la vigile pietà di Albino, fratello del compianto Oddone, morto sul fior degli anni a Roma il 24 giugno 1902, senza aver avuto nemmen la consolazione di veder pubblicato il suo ultimo lavoro, dal quale lo distolsero sovente le sofferenze fisiche che lo travagliavano da molti anni.

La signorina Eugenia Levi ha pubblicato (Firenze, Lumachi) col titolo Di pensiero in pensier... una sua raccolta-diario di pensieri e di sentenze tratte dalle opere di Dante, italiane e latine, precedute da una prefazione di A. D'Ancona. La graziosa compilazione è di poco dissimile dall'altra, assai nota, Dante di giorno in giorno, ma piú ricca di citazioni dantesche, generalmente scelte con buon discernimento. Vorremmo bensi veder usata maggior diligenza ne' riferimenti, troppo spesso inesatti, de' versi: al 25 di gennaio, il verso che allude ad Anania in Par., XXVI, non è l'11°

ma il 120; al 7 febbraio, a proposito di san Romualdo, il 1° verso citato da Par., XXII, non è il 47°, com'è stampato, ma il 46°; cosí al 23 febbraio, san Pietro Damiano, son riportati i versi 113-119 del Canto XXI. con l'indicazione 114 invece di 113. Per san Gregorio, 12 marzo, si citano i versi di Par., XX, 109-110 e l'indicazione stampata ha 108; e cosí al 21 marzo si recano i versi di Par., XXII, 88-90, e si cita il solo verso 89. Anche la designazione de' Santi non è sempre molto esatta; un esempio: al 2 gennaio è segnato san Macario l'egiziano (301-391) che "lasciò una norma di vita monastica, e son richiamati i versi di Par., XXII, 47-48 (non, com'è, stampato, 46): fu acceso (sic) di quel caldo Che fa nascer li fiori e i frutti santi, mentre par certo che qui D. alluda non a Macario egizio ma a quell'altro discepolo di sant'Antonio, Macario Alessandrino, fondatore d'un Ordine monastico in Oriente. E moltissime altre simili osservazioni ci accadde di fare, sfogliando il grazioso volumetto.

Son piccole mende, e noi non siam pedanti né vogliamo essere scortesi con la garbata spigolatrice: ma in lavori siffatti, de' quali il maggior pregio è riposto, oltre che nell'eleganza della veste tipografica, nell'esattezza delle citazioni e de' riferimenti, non è mai soverchio raccomandare al compilatore la più attenta diligenza.

Della Collezione di opuscoli danteschi inediti o rari, edita da S. Lapi di Città di Castello e diretta da G. L. Passerini, i volumetti 75 e 76 contengono una Lezione inedita del Paperini sopra i versi 46-148 del II del Paradiso, e gli stadî Di un frammento di codice del secolo XV (il cod. Bardèra), e Di una canzone pseudo dantesca (Ben aggia l'amoroso e dolce core) di E. Lamma.

Intorno a Dante e la musica scrivono A. Bonaventura (nel Marzocco, VIII, 3) e A. Taddei (Livorno, Giusti, 1903) per completare le scarse notizie offerte da C. Bellaigue (Rev. de deux Mondes, 1 genn.) intorno ai musicisti che si inspirarono ai versi danteschi e per correggere alcune osservazioni del chiaro critico francese. Il Taddei promette di tornare sull'argomento per dirci se e in qual modo egli trovi accettabile l'opinione del Bellaigue riguardo alla musica, che fu vitale alimento del genio di Dante; il Bonaventura ricorda di aver già annunziato un suo studio su Dante e la musica, di cui ha già dato saggi nel giornale La Medusa e nella Strenna dantesca del 1903.

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La benemerita Casa editrice di Raffaello Giusti in Livorno, ha pubblicato in questi giorni la prima parte di un ampio lavoro di G. Flamini: I significati reconditi della Commedia di Dante e il suo fine supremo, del quale il Giornale ha già dato due buoni saggi (IX, 67; X, 145); I parlari italici dell'antichità fino a noi di I. G. Isola, e due lavori premiati nella gara dantesca fra gli insegnanti delle scuole secondarie: P. A. Menzio, Il traviamento intellettuale di Dante Alighieri secondo il Witte, lo Scartazzini ed altri critici e commentatori del secolo XIX, e P. Chistoni, La seconda fase del pensiero dantesco, periodo degli studi sui classici e filosofi antichi e sugli espositori medievali.

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Il Dante de signori V. Sardou e E. Moreau. In questi giorni si è molto parlato di questo Dante, scritto dai due letterati francesi per l'attore inglese Henry Irving. Crediamo che, naturalmente come semplice curiosità, piacerà leggere quanto intorno a questo lavoro scrisse uno de' compilatori del Gil Blas nei numeri del 27 e del 28 gennaio:

"On sait que MM. Victorien Sardou et Emile Moreau ont écrit un Dante pour le grand acteur anglais sir Henry Irving. La pièce doit être représentée à Londres le printemps prochain.

"Ces jours-ci, au "Garrick-Club à Londres, le fils de sir Henry Irving, M. Lawrence Irving, traducteur de l'oeuvre de MM. Sardou et Moreau, a raconté à un de nos confrères le sujet de Dante.

"Cette analyse ne laisse pas d'être singulière. La Voici :

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Le drame est en quatre actes et un prologue. L'action du prologue se passe à Pise, près de la tour des Gualandi, aux "Sept voics Dans la tour Ugo, lin, ses fils et ses petits-fils agonisent de faim. Nous sommes en 1303 (?). Or, la mort du comte Ugolin remonte à 128S. Bagatelles que tout cela! Savez-vous quel est le capitaine qui garde la tour maudite? C'est un certain Corso, fils du Pape. De quel pape? De Clément V, que l'histoire affirme avoir été élu le 5 juin 1305. Corso est un tyran terrible qui fait une peur de l'autre monde aux Pisans, et qui est destiné, pour la satisfaction du public, à finir très mal.

"Arrivent à Pise, en ce mauvais moment, une foule de personnages, Dante, Pia de Tolomei, qui est l'amante du poète, et Bernardino da Polenta, étudiant en droit et frère de Francesca da Rimini. Dante et Pia se sont donnés rendez-vous à Pise.

"Dante cherche Gemma, sa fille, fruit de ses amours avec la Pia. Gemma est en lieu sûr. Quelqu'un qui est en mauvaise posture, c'est le comte Ugolin: il apparaît à un pertuis de la muraille et mendie un morceau de pain. Sur cés entrefaites, arrive à la tête d'une procession l'archevêque Ruggieri; il se fait remettre les clefs de la tour et les jette dans l'Arno qui, à cette époque, passait par là. Dante n'y tient plus: il se précipite contre Ruggieri, lui arrache sa crosse, la jette dédaigneusement à terre, et tandis que l'évêque l'excommunie, s'écrie: Ahi Pisa, vituperio delle genti.

"Onze ans après, nous voici à Florence, du côté de San-Miniato, où sont venus en villégiature Giovanni Malatesta et Francesca da Rimini naturellement, Paolo les accompagne. Giotto peint au milieu du chemin, Casella chante, Belacqua accompagne. Corso, ivre, fait le matamore et insulte les dames de Florence. Bernardino, le frère de Francesca, se pose en chevalier des Florentines, et, comme cette brute de Corso, s'attaque à Francesca (devenue Florentine!) Bernardino met l'épée à la main, donne la chasse à l'ivrogne, l'atteint et le jette dans l'Arno où il meurt noyé. Ne vous disais-je pas que Corso finirait mal? Survient Dante. Dante à Florence en 1314, mais le divin poète est courageux. Il s'est déguisé en moine; personne ne le reconnaît, sauf Giotto qui l'a deviné à la voix. Il est heureux pour Dante que Giotto ne soit pas un espion. C'est le moment opportun de s'écrier: Ahi, serva Italia di dolore ostello!

"(Hélas, Italie serve, hôtellerie de douleur), et de raconter que Jacques de Molay, le grand maître des Templiers, a prédit la morte de Philippe le Bel et de Clément V dans les flammes du bûcher. Et Gemma? demande Dante à Casella. Pia l'a confiée, devinez à qui? A Francesca da Rimini. Gemma sort de la villa des Malatesta et a une scène avec son père qu'elle ne connaît pas. Elle se souvient seulement que, il y a des années, celui-ci lui avait fait cadeau d'une poupée.

"Gemma s'en va, et arrive Nello della Pietra qui nous apprend qu'il a relégué sa femme dans la Maremme et qu'il se prépare à traiter Gemma avec la même gentilesse. Il faut la sauver, pensent Dante et Casella. A ce moment, on entend s'élever de la villa des Malatesta un cri déchirant. C'est Malatesta qui a passé, du même coup, au fil de l'épée, Paolo et Francesca. Dante accourt et arrive trop tard. Paolo et Francesca sont morts. Gemma est enfermée à clef dans une cham

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