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spurie di uno dei piú caratteristici artificî formali adoperati da Dante in tale artificiosissima forma di poetare; fra tutti costoro, insomma, v'ha chi ha messo la questione nei suoi veri termini e tentato di risolverla positivamente? Mi permetto di negare ciò: io credo, infatti, che il dire, a riprova della non autenticità di esse due sestine, che sono molto brutte, indegne di Dante, ecc., e l'affermare che, p. es., Dante non adopera, nelle altre Rime Pietrose autentiche, una forma tanto bislacca che una stessa parola può significare persino tre cose diverse, non provano gran che. Si voglia considerare, prima di tutto, che, ad es., a proposito della sestina autentica แ Amor tu vedi ben che questa donè stato ben osservato che, quantunque Dante se ne pregi tanto da recarla in esempio come qualcosa di bello e di non tentato fin allora, in risguardo della struttura ritmica, pur tuttavia, la canzone è brutta e cosí poco chiara da non poter giudicare se ella sia allegorica o no. In secondo luogo (a non voler tener conto dell'acuto giudizio dato dal Carducci sulla prima strofa della canzone autentica "Io son venuto al punto della ro

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quando egli vi nota un rigido e intirizzito lusso di scienza; e dell'osservazione, forse un po' cavillosa, che l'Imbriani teme non gli venga distrutta, in gran parte, la sua nuova ipotesi dall'ammettere autentiche le due sestine, e il Giuliani, a sua volta, non ne vegga compromessa la sua ormai vieta teorica degli amori ideali ed esclusivamente filosofici di Dante) chi ci dice, fuor che il cattivo criterio del gusto individuale, che Dante non abbia, a bella posta, adoperato simil modo di poe. tare? chi ci dice, inoltre, che Dante non abbia, di proposito, fatto a meno dell'artificio formale adoperato nelle altre Rime, in queste due sestine? E, infine, perché non si vuole tenere in conto l'osservazione del Fraticelli, esser molto difficile a provare che un anonimo, fino dal secolo XIV, si proponesse di imitare lo stile del nostro sommo Poeta, dal momento che Bernardo Giunti, vivente nel 1527, disse antichissimo il codice, nel quale trovò ambedue le sestine?

Piuttosto si dica cosa non mai osservata, fin qui, se non erro che il punto vero della questione è ben altro. Le due sestine, che si vogliono non accettare per autentiche, (e, come vedremo fra poco, almeno tre dei cinque sonetti più sopra menzionati) portano un valido

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contributo perché si possa determinare, con una certa sicurezza, l'ordine amoroso-cronologico delle Rime Pietrose? O, in altre parole, contengono esse elementi nuovi, motivi differenti da quelli che noi troviamo cantati nelle altre Rime autentiche? aggiungono esse situazioni nuove, e, quel che più importa, non repugnanti con l'intonazione generale dell'intero gruppo delle Rime Pietrose, autentiche? Se sí, esse sono, indubbiamente, di Dante; se no, esse sono spurie. Ciò è da dimostrare, mettendo in relazione le détte sestine non solo con la sestina autentica e le altre tre canzoni pietrose, ma con i sonetti.1 Qual'è - cominciamo da domandarci il leit-motiv, che dà l'intonazione generale alle Rime Pietrose, autentiche? Quali sono i varî atteggiamenti, con i quali al Poeta piace raffigurare ed esprimere la sua situazione amorosa? Quali, infine, sono le forme esteriori, di cui il Poeta ama rivestire i suoi sospiri e le sue imprecazioni, le sue speranze e le sue disperazioni, le sue cocenti lagrime, i suoi amari tormenti? Se noi vogliamo tener conto come io ritengo sia utile e necessario per il nostro assunto anche dei cinque sonetti, che molto leggermente, forse, dalla maggioranza degli studiosi delle Rime Pietrose sono stati definitivamente messi all'indice, in tre di essi (son quelli che, rispettivamente, cominciano: "Nulla mi parrà mai piú crudel cosa, "Io son sí vago della bella luce, - "Io maledico il di ch'io vidi in prima „), non ci sarà difficile ritrovare, in molti versi, il germe, tutto quanto, o quasi, del motivo che riempirà poi di sé le autentiche Rime Pietrose, anzi, che ne sarà il concetto fondamentale: cioè, il rifiuto che appone la donna amata alle reiterate ed appassionate richieste del Poeta, preso da sí folle passione per la bellezza di lei. Non ci sarà difficile rintracciare, in essi sonetti, (i quali, come a suo luogo vedremo, possono benissimo essere stati composti in sul principio della passione) se non quegli scatti di furibonda passione tanto frequenti nelle Rime Pietrose (e, specialmente, nella canzone "Cosi nel mio parlar voglio esser aspro „), certamente molti concetti amorosi che nelle Rime troveremo piú e meglio esplicati. Di guisa che i sentimenti racchiusi in essi sonetti a buon di

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ritto possono essere ritenuti come il preludio a ciò che, poi, nelle Rime, con un crescit eundo formidabile, sarà il recitativo del parosismo amoroso, nello stesso modo che in una sinfonia quel motivo, il quale ha cominciato a chiarirsi lene lene, va poi, a finire, in un forte crescendo! Questo sia detto, in generale, per i sonetti, la questione di autenticità che involge anch'essi riserbandomi di discuterla ampiamente piú innanzi: ritengasi però per stabilito, fin da ora, che per parte mia sono molto proclive a considerarli, in gran parte, come cosa dantesca.

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1

E veniamo a parlare brevemente del contenuto delle quattro poesie autentiche e delle due spurie. In quella che comincia "Cosí nel mio parlar voglio esser aspro Com'è negli atti questa bella pietra ecc.,, il Poeta s'imagina che possa toccare alla donna amata, dalla quale egli è disprezzato, la stessa pena che a lui è toccata, e gode in questo pensiero, come egli allora, afferrando le sue bionde trecce, le quali ora sono il suo tormento, guardandola fiso negli occhi, prenderebbe vendetta e sazierebbe la sua sete d'amore.

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Ritorna il Poeta a protestare l'immenso amore alla insensibile donna, nella sestina doppia Amor, tu vedi ben, che questa don. na La tua virtú non cura in alcun tempo "Che suol dell'altre belle farsi donna,; in una forma artificiale che soffoca interamente il contenuto, il Poeta chiede aiuto ad Amore, perché intervenga nella lotta, accesasi fra lui e la donna, di continue, insistenti, frementi richieste da parte sua; di fredde, superbe, crudeli ripulse da parte della " bella pietra che "d'ogni crudeltà si fece donna,. più riprese e caldissimamente il Poeta chiama in aiuto Amore, scongiurandolo che, se egli continuerà a non vedersi corrisposto nel suo amore, la "Gentil pietra, lo vedrà corica

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Non si può stabilire alcun serio confronto tra le due sestine di cui ci occupiamo e quei sonetti (sono i tre riferiti nel testo a pag. 100) che maggiore probabilità hanno di venir ricollegati alle Rime Pietrose autentiche, specialmente per l'importantissima ragione che quei sonetti, come ho già avuto occasione di osservare, contengono solamente accenni generali, laddove le sestine hanno allusioni particolareggiatissime a un dato momento della passione del Poeta.

2 Seguo l'ordine comunemente dato alle Rime Pietrose: piú innanzi vedremo che ben differente esso può e deve stabilirsi, quando si tenga esatto conto del loro contenuto, ben analizzato.

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re in poca pietra,! Insomma, mentre nella canzone precedente il Poeta spera, pur sem pre invano, in un improvviso e benetico cangiamento verso di lui da parte dell'amata, in questa egli, quasi rassegnato alla sua sorte, cerca di renderla meno triste, pregando Amore che osservi un po' lo stato in cui egli sarà se la condotta della donna non cangia. Né quest'eterno motivo assume un atteggiamento molto differente nella canzone son venuto al punto della rota : il Poeta paragona con lunga enumerazione astronomica il suo stato a quello della natura che lo circonda; la fredda neve rattrista la terra, le rondinelle sono fuggite e gli animali tutti cessano d'amarsi; ammortiti sono i fiori e le erbe; ed egli solo arde per amore. Anche qui, il pensiero finale rispecchia la fase della passione già esposta nella canzone precedente: chiede il Poeta: ".... Che sarà di me nell'altro Dolce tempo novello, quando picve Amore in terra da tutti i cieli: Quando per questi geli Amore è solo in me, e non altrove? Saranne quello, ch'è d'un uom di marmo, Se in pargoletta fia per cuore

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Finalmente, nella sestina "Al poco giorno, ed al gran cerchio d'ombra Son giunto, lasso! ed al bianchir de' colli...", con un colorito del tutto campestre, il Poeta ricama i suoi soliti lamenti (ed esprime, con melanconia, il vanir d'ogni speranza che possa venir riamato dalla dura pietra Che parla e sente come fosse donna,), sul tèma degli effetti della stagione invernale; nella quale, mentre il giorno è breve, un'oscurità maggiore cuopre il nostro emisfero, i colli biancheggiano per la neve, e l'erba, perdendo il suo colore, inaridisce; il desiderio amoroso del Poeta, invece, non vien meno, né rimette punto della sua vivacità.' Ed ora esaminiamo il contenuto, l'ispirazione e l'esplicazione del sentimento amoroso per la donna che noi abbiamo imparato a cono

1 Giacché si è voluto assegnare come importantissima prova della non autenticità delle sestine in parola il fatto che, esse, pur essendo rifatte sulle due autentiche, quanto alla struttura ritmica, mostrano evidentemente la falsificazione e l'inetta imitazione, credo utile darne qui lo schema. Quella che incomincia “Al poco giorno et al gran cerchio d'ombra,, essendo una sestina, consta di trentanove endecasillabi, ripartiti in sei stanze esastiche ed una chiusa tristica. Le medesime parole che chiudono i versi della prima stanza, debbono terminare, ma disposte in ordine sempre diverso, quelli delle altre e ritrovarsi nella chiusa, parte come rime e

scèrè nelle Rime Pietrose autentiche, nelle due sestine in discussione. E incominciamo da quella che comincia "Amor mi mena tal fiata all'ombre Di donne, ch' hanno bellissimi colli, E bianchi piú che fior di nessun'erba; Ed havvene una ch'è vestita a verde, Che mista in cor come virtute in pietra, E 'ntra l'altre mi par più bella donna,. Si osservi, prima di ogni altra cosa, la differenza grandissima d'intonazione generale, che informa e riempie di sé la presente canzone e quasi tutte le Rime Pietrose autentiche. In quella non traspare menomamente, come spesso e volentieri in queste, il motivo predominante, che concorrono a svolgere pienamente, se pur brevemente, le seguenti dramatis personae. Un uomo piú che trentenne (giacché,

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I. ombra colli erba verde pietra donna II. donna ombra pietra colli verde erba III. erba donna verde ombra colli pietra IV. pietra erba colli donna ombra verde V. verde pietra ombra erba donna colli VI. colli verde donna pietra erba ombra

La canzone "Amor, tu vedi ben, che questa donè stata chiamata sestina doppia: ogni stanza è di dodici versi, ed in tutte le stanze ed in ciascuna stanza vengono più volte ripetute sempre le medesime parole finali, che sono donna (A), tempo (B), luce (C), freddo (D), pietra (E), nell'ordine seguente:

I. Stanza: ABA; ACA; ADD; AEE
II. Stanza: EAE; EBE; ECC; EDD
III. Stanza: DED; DAD; DBB; DCC
IV. Stanza: CDC; CEC; CAA; CBB
V. Stanza: BCB; BDB; BEE; BAA
Chiusa: AED; DCB

Riferito il contenuto delle due sestine impugnate di apocrifità, metterò in confronto questa con la metrica ora vista, e forse vedremo che, finora, mal è stato adottato il criterio metrico per concludere che le dette sestine non sono autentiche; e che però, ben altri e piú essenziali argomenti, di sostanza piú che di forma, vi sono per venire ad una matematica conclusione.

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come a suo luogo vedremo, le Rime Pietrose non potettero essere concepite e scritte a rivelare uno stato psicologico attraversato in realtà dal Poeta, che nel periodo cosí detto del traviamento, abbracciante gli anni dal 1290 morte di Beatrice al 1296 te di Forese Donati -) il quale non può trattenere e reprimere lo scoppio della piena, rigogliosa sua virilità, tanto più violento in quanto che, finora, era stato energicamente contenuta da un amore che aveva frenato e purificato ogni manifestazione men che selvaggiamente sensuale verso la donna amata. Per sua maggiore sventura, egli si innamora

e il modo non poteva essere menomamente diverso da quello che noi ritroviamo ed ammiriamo nelle Rime autentiche --- di una femmina bellissima, altera, sdegnosa, non saprei affermare se molto giovane, nonostante il Poeta la chiami giovane donna, pargoletta, ecc..... La quale - non è per quei tempi e per i nostri un caso singolare, non è vero? prova grandissimo piacere ad assaporare, lentamente, gli strazi del suo innamorato, accresciuti fino allo spasimo dalla sua insensibile e crudele bellezza. La donna amata e cantata da Dante nelle presenti Rime, appartiene a quella categoria di persone non cattive, buone piuttosto, che in fondo fredde ed indifferenti - non ammettono però, che si possa rimanere indifferenti vicino ad esse. Le donne simili alla bella pietra agitano, turbano, sconvolgono i caratteri ingenui e profondamente passionali; nulla le commuove; ma il desiderio continuo di piacere, di avvincere, finisce per renderle attraentissime. Posseggono, queste diaboliche creature, una energica volontà, alla quale debbono il loro terribile ascendente: come si può resistere, quando in una di esse, impassibile e serena, sembra si svegli improvvisamente e corra in fuggitive scintille un languore involontario e segreto? L'amante dice che l'ora, al fine, è 'giunta; che il ghiaccio sta per liquefarsi; ma il ghiaccio scintillante dardeggia inutilmente i suoi raggi: esso mai si scioglierà; mai si turberà. Sibbene, illuminare, od oscurare piacere gli occhi dell'innamorato; far comparire sulle guancie di costui il rossore del desiderio; obbligarne la voce a tremare o a spezzarsi vibrante di frenetici singhiozzi; gettare il turbamento e l'angoscia mortale nell'animo di lui, questo sí che è dolce per l'animo suo! E quale piacere ella prova a

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ricordare le parole commoventi, gli sguardi supplicanti, i sospiri ansiosi! Naturalmente, a mano a mano che l'amore del Poeta diventava e si esplicava più ardente, più audace, piú aggressivo, l'insensibilità, le ripulse della donna diventavano sempre più grandi, piú decise, piú crudeli, fino al punto da costringere il Poeta a rinunziare all'impari lotta, abbandonandosi, non sappiamo se definitivamente, ad una certa relativa rassegnazione.

Tutto questo ho voluto premettere, per mostrare che nelle Rime Pietrose autentiche noi ritroviamo precisamente e solamente quegli elementi che dobbiamo ritrovarvi, una volta messa bene in sodo la passione con i suoi caratteri precipui, che il Poeta cosí evidentemente ritrae nelle poesie. Non incongruenze, non mancanze assolute di nesso, non ripetizioni di concetti, dappoiché quelle che tali possano sembrare, sono invece da considerarsi come insistenze artistiche, sulle quali il Poeta ama tornare per mettere meglio in rilievo la lotta ingaggiatasi fra lui e la bella pietra. È insomma una concatenazione logicamente naturale di alti e bassi amorosi; un tenue e pur profondo filo psicologico tiene insieme collegati i desiderî cocenti, e gli amari disinganni; le vane lusinghe e gli allettamenti raffinati; il lungo sospirare e l'inutile pianto; il gioir breve e l'eterno soffrire! Facciamo a meno anche dei sonetti: noi vediamo, dando alle Rime Pietrose un ordine diverso da quello comunemente adottato, che, dal parlare della passione concepita, delle speranze e della sua perseveranza in amar colei, che pur gli si mostra crudele ("Io son venuto al punto della rota,); al lagnarsi della noncuranza di questa donna stessa e pregare Amore che voglia ammollirne la durezza (" Al poco giorno et al gran cerchio d'ombra; - Amor, tu vedi ben, che questa donna,); dallo scorgere che ogni sua premura, ogni sua preghiera riesce infruttuosa, al cessar di trarre vendetta di

questa donna, fatta per lui pietra insensibile ("Cosi nel mio parlar voglio esser aspro „) ' - è seguíto, ininterrottamente, lo stesso argomento, e pianamente, senza molte scosse di pensiero o di forma. E tutti gli amminicoli del complicato armamentario poetico sono adoperati a cospirare insieme e contemporaneamente: nella prima canzone noi troviamo l'effetto astronomico e la viva dipintura che offre il contrasto tra la natura, tutta intirizzita e assiderata per il freddo invernale e il

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Poeta, al quale invece, "i dolci pensier non son tolti (cfr. “.... non disgombra Un sol pensier d'amore, ond'io son carco, La mente mia, ch'è più dura che pietra In tener forte imagine di pietra,). Contrasto cosí vivamente, e pur pianamente descritto, che sino alla fine è condotto senza bisogno di molti artifizî, tanto esso nasce spontaneo dalla situazione psicologica, in cui trovasi il Poeta innamorato, e tanta è l'efficacia che a vicenda hanno la dipintura dell'ambiente naturale e dell'animo ardente d'amore su chi legge e sa comprendere. Le stesse parole adoperate in ogni fin di verso stanno, direi quasi, a significare la saldezza della passione concepita, e, insieme, la mite e dolce speranza che questa passione venga degnamente ricambiata. Speranza, che maggiormente si afferma nell'altra canzone "Al poco giorno, et al gran cerchio d'ombra Son giunto, lasso! ed al bianchir de' colli, Quando si perde lo color nell'erba, El mio disio non cangia il verde, Sí è barbato nella dura pietra, Che parla e sente come fosse donna „; l'ambiente, in mezzo al quale l'amore fiorisce e sgorga potente dall'animo del Poeta è ancor quello della precedente canzone: la stagione invernale. Salvo che si ricorda la dolce stagione primaverile, quando il sole, riscaldando vieppiú i colli, li fa ritornare di bianco che mostravano per neve, in verde col ricoprirli di fioretti e d'erba, ma che, però, non agisce sul cuore, sempre freddo, della donna. La quale il Poeta dispera oramai di indurre ai suoi desideri, sebbene egli sia pronto a tutto, pur di ottenerne mercé. A poco a poco, l'innamorato va diventando impaziente, insofferente e incrudelisce contro l'amata, e per impietosirla il Poeta si vede costretto a chiedere il soccorso potente di Amore: "Amor, tu vedi ben, che questa donna La tua virtú non cura in alcun tempo, Che suole dell'altre belle farsi donna. E poi s'accorse ch'ell'era mia donna, Per lo tuo raggio, che al vólto mi luce, D'ogni crudeltà si fece donna, ecc.... Ricorre sí ad Amore, ma non si attende gran che dal suo intervento; né s'indugia il Poeta nel ritrarre l'ambiente esterno: cosí grande è la piena dei

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sentimenti, da' quali egli è assalito e travolto,
e cosí prepotente bisogno egli prova di ripe-
tere che, forse, basterà la sola potenza del
suo amore a impietosire la donna. Finalmen-
te, lo sdegno, il furore, la disperazione erom-
pono e traboccano dall'anima esulcerata del-
l'innamorato, il quale convinto dell'inutili-
tà delle sue domande e, forse, del dànno delle
sue tenaci insistenze, si dà a sferzare crudel-
mente la inumana sua donna e a renderle
per rima il contraccambio. "Cosi nel mio.
parlar voglio esser aspro Com'è negli atti
questa bella pietra La quale ognora impe-
tra Maggior durezza e piú natura cruda,,
comincia a gridare il Poeta, in preda addi-
rittura al parossismo erotico; e in mezzo ai
lamenti, alle vanite speranze, ai rimproveri,
ai desideri, alle lagrime di dolore, di rabbia,
scappa fuori ed erompe feroce il grido " Can-
zon, vattene dritto a quella donna, Che mi
ha ferito il core, e che m'invola Quello, on-
d'io ho piú gola: E dalle per lo cor d'una
saetta; Ché bell'onor s'acquista in far ven-
detta,.

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ba, che poi farà le spese per tutto il resto della sestina. Fra queste belle donne una vi è, la più bella fra tutte, vestita a verde, la quale sta nel cuor del Poeta come la virtú in una pietra. E qui è da notare che mai, in nessuna delle Rime Pietrose autentiche, si riscontra questo particolare dell'aver trovato il Poeta la sua donna in compagnia di altre, fra le quali spiccava per la sua grande bellezza; ad ogni modo, è un particolare di nessunissima importanza, quando noi lo vediamo ripetuto, con leggerissime variazioni, nell'altra sestina di dubbia autenticità "Gran nobiltà mi par vedere all'ombra Di belle donne c'han puliti colli, E l'una all'altra va gittando l'erba, | Essendovi colei per cui son verde E fermo nel suo amor, come in mur pietra, O piú che mai non fu null'altro in donna È chiaro che l'A. si è servito di questo motivo per cominciare, come si sarebbe servito di qualsiasi altro; e che, del resto, esso non ha influenza alcuna sullo svolgimento progressivo di ciascuna sestina. Quando io guardo continua il Poeta questa gentil donna, la cui splendida bellezza fa sparire ogni ombra, la sua luce mi ferisce siffattamente che mi fa diventare il cuore di pietra; e sento un dolore simile a quello che io sentirei se fossi collato, cioè se fossi sottoposto al tormento della colla, della corda, e, nel mentre ch'io ritorno in me, io nutro nel mio amore una speranza cosí viva, cosí verde, come verdeg

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Cosí tragicamente né paia esagerata tale affermazione, si chiude il ciclo delle Rime Pietrose: né poteva diversamente finire una passione che il Poeta non si cura mai di travisare o di nascondere, deturpandone la vera indole che essa in realtà ebbe. Orbene, quali situazioni nuove, quali nuovi atteggiamenti troviamo nelle due sestine sospette? Che cosa aggiungono o tolgono a tutto ciò che ab-giante non è quella stagione dell'anno [la biamo nelle Rime Pietrose autentiche? In che, in quanto, come esse ne correggono, ne ampliano, ne modificano il contenuto? Quella che avevamo cominciato ad esaminare, è cosí povera di pensieri, di imagini, di riflessioni psicologiche, è cosí poco.... una poesia che, veramente, si dura fatica a riassumerla, a parafrasarla. Il Poeta comincia col dire che Amore, qualche volta, lo conduce all'ombra di donne, che hanno bellissimi colli, piú bianchi del fiore di qualsiasi erba. E già si cominci a notare la sciattezza del paragone a base di er

turale trovasi quando esclama, rivolgendosi ad Amore:
"Signor, tu sai che per ingente freddo | L'acqua diventa
cristallina pietra | Là sotto tramontana, ov'è il gran
freddo; E l'aer sempre in elemento freddo | Vi si con-
verte sí, che l'acqua è donna | In quella parte, per ca-
gion del freddo ecc. „,; il quale accenno notisi bene
vi è, io credo, solamente per far risaltare che "... quel
pensier che piú m'accorcia il tempo, Mi si converte
tutto in umor freddo, | Che m'esce poi per mezzo della
luce Là ov'entrò la dispietata luce.,,

-

primavera, o l'autunno], né giammai fu erba alcuna. Io non credo sia mai esistita nessun'erba, la quale abbia avuto tali e tante virtú salutari, quali e quante ne ha questa donna: perché io rimango vivo, sebbene ella mi abbia tolto il cuore.

È evidente la ripetizione inutile dei versi della sestina doppia "Amor, tu vedi ben, che questa donna,: "E mai, non si scoperse alcuna pietra Che tanta avesse né virtú, né luce, O da virtú di sole o da sua luce Che mi potesse âtar da queta pietra, ecc. „. E quando mi rende il cuore (continua a dire il Poeta) io divento come un'ombra; non ho più

1 Credo di scorgervi la contraffazione dei bei versi della sestina "Amor, tu vedi ben, che questa donna,

Dagli occhi suoi mi vien la dolce luce
che mi fa non caler d'ogni altra donna.
cosí, foss'ella un di pietosa donna
ver me, che chiamo, di notte e di luce
solo per lei servire, e luogo e tempo
né, per altro, desío viver gran tempo.

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