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cedere, come la realtà tien dietro all'ideale, l'amor possibile ad un amor che si pasce di sogni. Ella, la Donna Gentile, in qualche modo segna, nella vita del Poeta, un periodo, nel quale questi rinunzia ai bei sogni di gioventú ed accetta, contento, ciò che la vita gli offre. Che ciò sia vero, appare piú evidente, qualora si paragoni il significato allegorico al senso letterale dei due amori; poiché, come Beatrice, poi, diventerà, nel Poema sacro, pur conservando in gran parte il suo carattere di femminilità, la Verità Divina, l'Assoluto, la Teologia; come sarà lei che salverà il suo fedele dalla "selva selvaggia ed aspra e forte, ; che lo condurrà attraverso le regioni raggianti di luce sovrumana; cosí ad un ufficio meno glorioso, ma non meno affettuoso, sarà destinata la Donna Gentile: Ella infatti, sarà, nel Convivio, la Filosofia · ancilla Theologiae —, la disciplina inferiore, sí, alla Teologia, ma di questa non meno im. portante, e che schiuderà al Poeta il cammino per gli eterni regni. '

A queste ragioni se ne può aggiungere qualche altra non meno importante, a proposito di queste affermazioni del De Chiara. Egli dice: ".... è facile supporre a Dante tornato su quel che aveva scritto sotto l'impulso della passione, quando non era piú dominato da questa donna, paresse saviezza ciò che eragli prima sembrata crudeltà, quella che prima aveva creduto scherana e latra, or giudicasse gentile e savia,. Si può obiettare che Dante chiama l'amore per la Donna Gentile vilissimo, contrario alla costanza della ragione, malvagio e vana tentazione, non già rispetto alla donna ispiratrice di sí soave affetto, sibbene rispetto a sé stesso che si credeva obbligato a raccogliere tutti i suoi affetti nella morta Beatrice. Nelle Canzoni Pietrose, invece, rimproveri siffatti Dante non se li fa mai; vi sono è vero dei tentativi di sfuggire questo amore fatale, ma vi sono anche dichiarazioni di voler che questo tormento continui sempre, più dolci essendo per il Poeta la morte che non siano i martirî che la crudele gli infligge. Pertanto, se si capisce la trasformazione in simbolo dell'amore per la Donna Gentile, farebbe ridere, invece, chi volesse veder trasformata la Pietra nella Filo

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1 E. ROD, La Biographie de Dante in Revue des Deux Mondes, 15 decembre 1890, pag. 821 e seg.

2 FORNACIARI, Studi danteschi, pag. 59.

3 Cfr. pag. 114 del presente lavoro.

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sofia; è impossibile dico vi sia chi creda che queste donne non siano due individualità ben distinte, ispiratrici di due amori affatto diversi. Inoltre, l'amore per la Donna Gentile è un amore di riflessione per dir cosí e relativamente a Dante e relativamente alla donna giovane e bella molto: quanto a lei, ne ho già détte le ragioni; ' quanto, poi, a Dante, pare chiaro, ove si consideri che per questo amore, egli, staccatosi da Beatrice, a Beatrice ritorna, dopo aver riconosciuta la viltà dell'abbandono, e, nell'amore e nell'apoteosi di lei, concentra ed esaurisce tutte le sue energie, dicendo di lei quel che non era stato mai detto d'alcuna. Spontaneo, invece, e bruscamente dimentico di tutto, è l'amore per la Pietra: in esso non entra mai, neppure per un solo istante, l'imagine soavemente rimproveratrice di Beatrice, a distogliere il Poeta da imagini false di ben che nulla promission rendono intera; la bella sdegnosa riempie di sé la scena a sfondo cosí cupo, e il Poeta passa la sua vita non piangendo e con una vista di fore di terribile sbigottimento, ma struggendosi dal desiderio ardente di indurre alle sue voglie la bellissima che gli resiste. Là, l'amore per la donna fa appena sentire i diritti della carne, e innalza, invece, il Poeta alla contemplazione di Beatrice, per la quale già comincia il periodo di evoluzione simbolica, lo purifica; qui, al contrario, il senso animale, per dirla con lo Scheffer-Boichorst, regna so

vrano.

Per finire l'esame dell'ipotesi di Stanislao De Chiara, non sarà del tutto inutile notare parecchie contraddizioni, in cui cade l'egregio autore. Lascio stare i riscontri che egli va cercando cavillosamente fra l'episodio della Donna Gentile e quello della Pietra con i Canti XXX e XXXI del Purgatorio, ed osservo le seguenti parole: ".... cosí si spiega quello spavento e quel timor forte, che altrimenti sarebbero eccessivi per una passione cosí innocente quale ci apparisce quella per la Donna Gentile,; e altrove, riferendo le parole con cui Dante comincia il Convivio, 2 per spie

1 Cfr. pag. 129 del presente lavoro.

2 "Movemi timore d'infamia, e movemi desiderio di "dottrina dare, la quale altri veramente dare non può. "Temo l'infamia di tanta passione, avere seguito; quanta concepe chi legge le soprannominate canzoni, in me aver signoreggiato; la quale infamia cessa per lo 66 presente di me parlare, interamente; lo quale mostra "che non passione, ma virtú sia stata la movente cagione „.

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"

gare la ragione dalla quale il Poeta fu mosso a togliere via queste Rime Pietrose dalla Vita Nuova, conclude: ".... queste parole può benissimo darsi si riferiscano alle Rime Pietrose, perché sarebbero troppo eccessive per quel mite affetto ispirato a Dante dalla Donna Gentile,. Dunque, il De Chiara viene implicitamente a dichiarare che l'amore per la Donna Gentile ha una natura molto diversa da quello per la Pietra; dunque egli, riconoscendo che l'amore per la prima fu mite, innocente, viene

vero e, diciam pure, il verosimile, sforzandosi invano di togliere le contraddizioni fra quest'opera e la Vita Nuova.

Tale è il problema che mette il nostro A.; tale la soluzione che egli molto ingegnosamente ne dà. E, a dire il vero, essa alletterebbe e sedurrebbe, se non si considerasse che, in fin de' conti, non esiste tutta quella necessità, che l'A. crede ci sia, di ammettere gli amori o l'amore avuti da Dante dopo la morte di Beatrice e avanti l'esi

anche a confessare che non mite, non inno-glio, abbiano o abbia attraversato quelle

cente, fu la passione per la seconda. E fa maraviglia che il De Chiara non faccia conto alcuno giust'appunto di ciò che Dante confessa nel Convivio: che, cioè, per isfuggire l'accusa di levezza che temeva, egli dové confondere volentieri in uno solo, dando a vedere che era per la Filosofia, tutti gli amori in cui si invischiò tra il 1290 e il 1300.

Si che, in conclusione, l'ipotesi del De Chiara, assai ingegnosa per quel che riguarda l'analisi della trasformazione, voluta dall'istesso Dante, dell'amore per la Donna Pietrosa nell'amore per la Donna Gentile, non può essere pienamente accettata, specialmente perché non tiene conto di molti elementi (i quali sono venuto esponendo nella mia breve disamina di essa) necessarî, direi quasi, anzi, indispensabili alla dimostrazione piena e netta della sua tesi. Certo, il De Chiara mette, in maniera abbastanza precisa, un problema di difficile psicologia. Egli dice: dal momento che noi sappiamo che la Vita Nuova fu scritta in diversi tempi e composta e corretta, è facile supporre che Dante, tornato su quel che già aveva scritto sotto l'impero della passione (cioè le Rime Pietrose), quando non era piú da questa dominato, abbia tolto dalla Vita Nuova entro il periodo episodico della quale, ch'è sí pieno dell'apparizione della Donna Gentile, son da riporre, secondo il Carducci, i deviamenti amorosi di Dante -le Rime Pietrose. Da ciò segue che la Donna Gentile è la stessa che Dante cantò cosí passionatamente nelle Rime Pietrose, le quali - è utile insistere su questo punto furono tolte via, quando l'A. corresse la Vita Nuova, e, per fuggire infamia e non inducere sospetti, variò e colorí in diversa guisa il già scritto, non volendo in nessun modo a quell'operetta derogare. Infine, per le ragioni anzidette, e forse anche per altre, Dante trasmutò nel Convivio la Donna Gentile in simbolo, contro il

fasi progressive, piú o meno motivate da ragioni intrinseche, di arte, ed estrinseche, di persona. Non ci è bisogno, dico, ritenere assolutamente che Dante, negli anni dal 1390 al 1300, o, a farla più breve, dal 1290 al 1296, abbia avuto soltanto un altro amore, oltre a quello, profondo e peculiarmente sentito ed espresso, per Beatrice; né, tanto meno, di congetturare e di mostrare, con faticose ed elaborate ipotesi, una duplice o triplice o molteplice modificazione e trasformazione di quest'amore istesso, nelle varie opere dantesche; cogliamo pure, se a una certa critica dantesca cosí piace, il Poeta in contraddizione; dimostriamo pure che, "contro il vero e il verosimile,, egli ha abusato dell'allegoria, facendo assumere a donne di carne e di ossa aspetti teologici o filosofici; supponiamo ed affermiamo pure, con il De Chiara, che l'amore cosí sensuale, carnale, sostanziato esclusivamente di cocentissime voluttà e febbrili ansie corporee per una femmina bellissima, possa essere stato, e sia stato, in effetti, velato, adombrato, attenuato, modificato, semplicizzato e.... moralizzato nell'amore per una Donna Gentile.

D'altro canto, però, ricordiamoci che, sopra tutto e piú di tutto, Dante rimane, ad onta di tutte le allegorie piú o meno volute per cagion di.... moralità, un UOMO con tutti i suoi muscoli, il suo sangue, ed i suoi nervi; e che escludere, con ragionamenti spesso e volentieri aprioristici, la possibilità che quest'uomo possa aver avuto delle spasmodiche fiammate prodotte violentemente da una donna, la qualeavvertasi bene nessun altro mezzo adopera

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semplice e piana aveva bisogno di parecchie e parecchie allegorie, per essere intesa e giustificata. In altre parole, io ritengo che a torto, il De Chiara specialmente, cita, a conforto della sua tèsi, le parole del Convivio, piú su ricordate: esse, per me, lungi dal fiancheggiare ipotesi simili a quelle del nostro A., possono, in qualche modo, ritorcersi contro di esse, giacché esse parole si possono e si debbono intendere benissimo come riferentisi a tutto il complesso di un periodo di vita, che Dante, datosi agli studî severi, trovava e giudicava poco o niente adatto ad un uomo, che, innanzi tempo, si apparecchiava con la Divina Commedia a purgare l'anima sua. E, se mai, le stesse parole del Convivio sono la piú sincera ed esplicita confessione che non poche passioncelle dové avere il Poeta, non pochi amori per donne piú o meno gentili, o più o meno pietrose, si dovettero accendere nell' animo suo in quel periodo critico di sua vita, nel quale si veniva elaborando il Cantore dell'oltre tomba! E però, ammettiamo e riteniamo piuttosto che Dante possa aver amato, in diverso modo, e la Donna Gentile e la Donna Pietrosa: nulla ci vieta di credere ammissibilissima questa ipotesi; anzi, tutto concorre a farcela accettare, specialmente il contenuto e l'intonazione generali delle due storie d'amore. Né c'è punto bisogno di ritenere che questi due amori abbiano avuto una vita parallela, contemporanea, direi quasi, simultanea: accanto ad una passione impastata e sostanziata, tutta, di violentissimo desiderio carnale, può benissimo nascere e vivere un affetto, direm oggi ideale, per una donna, che si mostra dolente delle sventure nostre! Possa o no Dante aver alluso con le più volte détte parole del Convivio alle Rime Pietrose, poco importa; abbia o no, egli, voluto moralizzare, come poc'anzi dicevo, l'amor suo furibondo per la donna Pietrosa nell'affetto, calmo, sereno, mite per la Donna Gentile, pochissimo importa. Anzi, se mai, questo tentativo, che egli fa, senza riuscirvi, di toglier via le Rime Pietrose dalla Vita Nuova, e, cosa più grave ancóra, di trasmutare, di gentilissimo velo adornandolo, questo suo amore in un altro meno sensuale e, a vista sua, piú scusabile, sta chiaramente a mostrare che la passione per la cosí detta Donna Pietrosa preesisteva nel tempo come nell'animo del Poeta, e cosí prepotente, cosí indistruttibile, cosí produttrice di vergogna (non voglio, co

scientemente, adoperare l'eccessiva ed esagerata parola dantesca: infamia), da indurre il Poeta a tentarne la trasfigurazione intonata ad un motivo erotico piú puro, piú mite, ma, nell'istesso tempo, meno umano. Ad ogni modo, se la nostra argomentazione vale un tanto, ove fosse da dubitare dell'esistenza di un amore dantesco, sarebbe, per l'appunto, quello per la Donna Gentile: preso e consi. derato assolutamente per sé, esso si addimostra, come ho già avuto occasione di dire, un amore riflesso;1 giudicato alla stregua e in relazione delle Rime Pietrose come vuole il De Chiara, rivela una natura non esclusivamente propria, mutuata, specie quanto alla sostanza, da una passione piú vera ed umana!

Questi ed altri parecchi che, per brevità, taccio, sono gli inconvenienti di una critica, che, come quella del nostro A., tien conto, quasi solamente, degli elementi estrinseci della questione: una volta considerate le vaghe relazioni intercedenti (e se esse relazioni non appaiono molto chiare, c'est la faute à........ Dante) fra l'una e l'altra storia d'amore, una volta ammesso, a priori, che Dante con quelle tali parole del Convivio, non deve non aver alluso alle Rime Pietrose, tutto il resto scompare interamente. Ed ecco perché la necessità di identificare, ad ogni costo, questa donna della Pietra in un altro personaggio che Dante, nelle sue opere, ha pensato a nascondere sotto un velo meno fitto e misterioso, da molto tempo si è imposta agli studiosi, e non accenna, per ora, a scomparire.

Del che è testimonianza l'ipotesi di A. Zenatti.

V.

L'ipotesi di A. Zenatti2

La chiamo ipotesi, cosí, per modo di dire: checché ne dica il D'Ancona, 3 lo Zenatti non adduce argomenti e prove stabili, convincenti per dimostrare la ferma certezza che "la Pietra sia una stessa persona con la

1 Cfr. pag. 129 e 130 del presente lavoro.

2 Rime di Dante per la Pargoletta in Rivista d'Italia, anno II, vol. I, fasc. I, 15 gennaio 1899, pag. 122-132. 3 In Rassegna Bibliografica della Lett. Ital., VII, pag. 53.

"Pargoletta. Prima di tutto, egli non esamina partitamente tutte le Rime che, nel Canzoniere dantesco, si possono ritenere scritte per la Pargoletta, né, tanto meno, dall'esame di esse poesie e dal loro confronto con quelle per la Pietra, ricava delle possibili deduzioni. Egli, invece, è costretto, dominato com'è dalla preconcetta tèsi che ha da dimostrare, ad ammettere per forza (lasciamo stare il gusto individuale, tanto comodo per risolvere le più difficili questioni)" l'evoluzione del sentimento passionale non solo nel Poeta, e questo sarebbe il minor male, sebbene nessunissimo accenno di ciò

noi abbiamo nelle Rime Pietrose, - ma perfino

nella donna amata. Pertanto, le prove che egli adduce in sostegno di questa sua ipotesi,

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sono caratterizzate dalla ormai vieta ficelle della progressione evolutiva nell'espressione del sentimento amoroso, che si afferma manifesta nelle Rime Pietrose e nelle Rime per la Pargoletta. Pertanto, l'argomento che serve di base alla identificazione della Pargoletta con la Pietra, è ricavato, unicamente, dal confronto di pochi luoghi della pretesa ballata dantesca "Era tutta soletta In un prato d'amore Quella che feri il core Di me con sua saetta, e dell'altra "Per una ghirlandetta Ch'io vidi, mi farà sospirar ogni fiore,, con due luoghi della sestina "Al poco giorno ed al gran cerchio d'ombra,,, con uno della canzone "Io son venuto al punto della rota,, (entrambe, come si è visto, facienti parte delle Rime Pietrose) e, perfino, con un luogo della sestina "Amor mi mena tal fiata all'ombra,, ritenuta a ragione una delle poesie falsamente attribuite a Dante.3 Pertanto, le notevolissime rispondenze (!), in fondo in fondo, si riducono a notare tendenziosamente la ripetizione di parole e di frasi

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dal Poeta usate nella ballata "Era tutta soletta,, e nell'altre poesie testé menzionate; si tratta di notare il prato, la fresca erbetta, la ghirlandetta, la pargoletta, et similia: tutti modi di dire, che lo Zenatti si ostina a ritenere il Poeta abbia adoperati con intenzione, e a concludere che "Dante cantò, col nome o senhal di Pargoletta.... la passione amorosa fortissima per una Pietra „. E già! poiché, quanto al fatto, di indiscutibile importanza, che le Rime per l'una e per l'altra donna hanno differentissima intonazione generale, lo Zenatti se ne sbriga con l'affermare che “la pargoletta, che coglieva fiori e facendone

ghirlandette, aveva scherzato col Poeta, do

vette poi seccarsi (!) dell'insistenza di lui, ed egli, che se n' era acceso passionatamente,

lagnarsene (!) e cantare di lei in modo cosí aspro. Come e perché, seccarsi?! ma, se lei, la pargoletta appunto, "sorridendo a

me

dice il Poeta tutta si volse, e lasso mi ricolse la vaga giovinetta,; se la pretesa ballata dantesca "Era tutta soletta, ecc. „, in ispecialissimo modo, è informata a motivi gentili, soavi, affatto scevri di amori e di odî; se nelle altre poesie componenti, a dir cosí, il ciclo delle Rime per la Pargoletta aleggia quasi un'aura madrigalesca; se manca, in esso e sopratutto nella più volte menzionata ballata "Era tutta soletta, il piú fuggevole accenno dell'acre e sensuale lotta fra la donna repugnante e il Poeta voglioso del suo corpo, cantata nelle Rime Pietrose; se, infine, nelle Rime per la Pargoletta, noi ci troviamo in presenza di una donna, che dopo alquanto sospirare e corteggiare del Poeta, si concede, si abbandona volentieri a lui: proprio tutto il contrario di ciò che fa la Pietra!

E poi, e poi!... Nessuna importanza vorremo dir noi che abbia la piú volte menzionata circostanza di fatto, che nelle Rime Pietrose non è menomamente espresso ciò che lo Zenatti si ostina a vederci, la primitiva e ben diversa forma di Amore, cioè, meno ferocemente sentito da parte del Poeta, piú arrendevole e disposto a dire "Amor ch'ha nullo amato amar perdona,, da parte della donna? Quando mai, nella poesia amatoria di ogni tempo e di ogni luogo, dalla manifestazione piú alta a quella piú volgare, di una passione erotica potentemente sentita, l'amatore -specialmente, poi, se è un Poeta I ha voluto e potuto

1 Zenatti, loc. cit., pag. 126.

fare a meno del motivo, possedente la magica forza di far vibrare le più riposte fibre del- | l'animo dell'amante, un dí caldo, invitante all'amore, e poi freddo, duro, crudele, insensibile: del motivo, dico, del ricordo, del rimpianto, del rimproverò, lamentoso, triste, eppur logico, umano, inesorabile? Ognun sa quanto angustioso sia per l'amante infedele, di recente modificatosi, un tale argomento! E non v'è bisogno, per dimostrare ciò, andare a ripescare argomenti ed esempî nella letteratura amorosa, piú o meno antica, o piú o meno moderna: chiunque abbia viscere di uomo ed esperienza dell'anima umana, comprende e sa benissimo. sa benissimo. Ordunque, a che, inutilmente, inventare paragoni inesistenti, e trapassi, e progressi, e nuove forme d'amore, se l'amore cantato nelle Rime Pietrose, è unico, autonomo, indipendente? In verità, sarebbe il caso di ripetere le parole dell'Imbriani: 1 ".... o che un Poeta non può parlare di amore a due pargolette o fanciulle, o donne o vecchie? Chi oserebbe dire, che l'Elvira e l'Aspasia leopardiane sono una cosa, sol chè la prima è chiamata bellissima donna, e dell'altra si dice: "Raggio divino al mio pensiero apparve Donna, la tua beltà „?

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Tali sono gli argomenti che si possono apportare contro l'ipotesi dello Zenatti. Egli avrebbe dovuto provvedere, prima, all'esame particolareggiato delle Rime Pietrose, poi, a quello delle Rime per la Pargoletta, infine, ad un esame parallelo di esse rime; solamente cosí, avrebbe forse potuto trovarvi le famose notevolissime rispondenze. Altro, per amor di brevità, non aggiungerei, se non volessi constatare due inesattezze del no

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della ballata Io mi son ecc. „. Errano, pertanto, lo Zenatti e il D'Ancona, quando affermano anche l'Imbriani creda all'identificazione della pargoletta con la pietra; anzi, questi, insiste, poi, sul fatto che la donna detta pietra dovette essere una donna maritata, e motiva que-' sta sua affermazione con argomenti del tutto contrari alla suddetta identificazione.

2 Quanto a ciò che dice il D'ANCONA (loc. cit.), approvando pienamente l'ipotesi dello Zenatti, si potrebbero fare parecchie osservazioni; bastano al mio appunto, però, quelle fatte all'articolo dello Zenatti, sul quale vedi anche il citato lavoro del CHINI, pag. 15 in nota.

stro A., concernenti lo studio dell' Imbriani. Egli dice: “ V. Imbriani.......... pensò che la Pargoletta e la Pietra debbano essere state una donna sola...., E per questa prima stranissima affermazione rimando il lettore a quanto dico nella nota. "Io non seguirò l'Imbriani nel campo delle pure ipotesi, immaginando con lui Dante innamorato della sua cognata, come Paolo di Francesca: mi basti dire, che quella mala lingua di Forese non avrebbe mancato di rinfacciare al Poeta anche quest'altra colpa,. Volendo combattere l'ipotesi dell'Imbriani per amor di brevità, in apparenza, ma, in realtà, perché si trova a corto di serie ragioni, il nostro A. ricorre proprio al più debole degli argomenti, ad un argumentum ex silentio! Chi dice a lui, che Foammessa vera l'ipotesi dell' Imbriani, della quale, d'altronde, noi abbiamo mostrata la poca ammissibilità in un sonetto a noi non pervenuto o in qualsiasi altro modo, non abbia rinfacciata a Dante la pretesa tresca con la cognata?!

rese

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1 Mi rimarrebbe da parlare, brevemente, di qualche altro lavoro riguardante il mio argomento; questo lavoro, però, era già da un pezzo composto, quando lessi il pregevolissimo studio di E. LAMMA (Sull'ordinamento delle Rime di Dante in Giornale dantesco, an. VII, serie III, quad. IV; cfr. specialmente pag. 145-149 e nota 1), nel quale, fugacemente ma giustamente, l'A. parla di questi altri lavori. Mi sarebbe piaciuto conoscere prima lo studio del LAMMA, poiché, in esso, riscontro un notevole progresso rispetto al numero dei componimenti da includere nel ciclo delle Rime Pietrose. Il Lamma, infatti, si dilunga a parlare della maggiore o minore opportunità di accettare come dantesco e riferire appunto alle Rime Pietrose il son. E' non è legno di si forti nocchi ecc. (cfr. pag. 111-112 del presente lavoro). Ma, di ciò e di qualcos'altro spero di occuparmi in un prossimo ed apposito studio.

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