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sto presso tutte le classi, e percorrendo per lungo e largo la terra di paese in paese. Naturalmente questa predicazione suppone degli uomini operosi che l'impartono, e delle masse che la ricevono; ma i primi almeno sul principio non costituiscono un Ordine nel senso già ricevuto dalla Chiesa, poiché a sentire lo stesso Vitry non hanno conventi né luoghi stabili, ma vanno pellegrinando di città in città, mescolandosi di giorno con la gente per predicarle la parola del Signore, e di notte si ritirano nei luoghi piú remoti, che incontrano per via, e solo allora è lor dato di abbandonarsi alla contemplazione. Il riIl ritrarsi dal secolo, di che parla il Vitry, non vuol dire entrare in un Ordine o chiudersi in un eremo, ma imporsi un còmpito più alto alto delle occupazioni sociali, il guadagnare le anime alla religione dell'amore e dell'abnegazione. Il Vitry stesso ce lo dice:

"Non sono preti, ma laici, uomini poveri e semplici, che sull'esempio degli Apostoli, non solleciti di alcun bene mondano, vanno pellegrinando tutto l'anno per la Toscana e la Lombardia, la Puglia e la Sicilia, non formano un Ordine, non sono sottoposti l'uno all'altro, ma ciascuno nella sua provincia fa quel che fa l'altro; sono tutti come rappresentanti di Francesco, l'unico responsabile per l'andamento di tutta la confraternita, il che non trova alcun esempio nella vita monastica e anteriore e contemporanea al Santo d'Assisi! La testimonianza dunque più antica di Giacomo da Vitry non contraddice in nessun modo le vedute del Müller, del Sabatier e del Mandonnet, anzi se mai le ribadisce, e il Mandonnet stesso vi aveva già fatto esplicito appello. Se nella lettera del 1216 non si fa alcun cenno del terzo Ordine di san Francesco, mentre poche righe piú su si erano citati i tre Ordini degli Umiliati, ciò non vuol dire che le società Terziarie non si fossero ancora formate, rappresentando la gran massa dei fedeli guadagnati alla nuova vita. Ad❘ essa anzi par che accenni il copioso frutto che i confratelli di san Francesco avrebbero raccolto secondo l'autore della lettera. Ma se anche a questa massa non si facesse alcun cenno, e non s'intendesse parlare se non dei pochi dirigenti, non ci sarebbe da far le

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1 Et iam per gratiam Dei magnum fructum fecrunt et multos lucrati sunt (Zeitschrift für Kirchengeschichte, XIV, 103).

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meraviglie. Lo scrittore della lettera parla delle persone, che egli aveva sotto occhi, di quei frati che marciavano di città in città a pié nudi e rozzo sacco indosso, tutto all'opposto degli ecclesiastici, che non si muovevano dalla curia adeo.... circa secularia et temporalia, circa reges et regna, circa lites et iurgia occupati.... quod vix de spiritualibus aliquid loqui permittebant.

Un'altra osservazione dobbiamo aggiungere. I documenti, a cui si appoggia il Goetz, non esclusa la lettera stessa del 1216, sono tardivi e parlano delle cose come stavano in quel tempo, vale a dire sei o sette anni dopo l'approvazione verbale di Innocenzo III. E sei o sette anni, per un moto religioso, che ben sappiamo come crescesse e dilagasse di giorno in giorno, non sono troppi per deviarlo dalla sua origine. Ad un sol patto l'ideale Francescano poteva reggere, che cioè i missionari fossero pur sempre in numero ristretto. Gli apostoli non erano piú di dodici, e fu grazia singolare se ammisero nel loro seno Paolo, dopo la miracolosa conversione. I seguaci di Francesco si moltiplicarono a tal segno che una prima separazione accadde ben per tempo. Dalla lettera del Vitry apprendiamo che le donne, benché non vivessero ancòra in conventi ma in ospizii, ove campavano col lavoro delle proprie mani, eran già nel 1216 separate dagli uomini, e non attendevano come questi a predicare alle turbe. Non passerà molto che anche gli uomini sentiranno il bisogno di ordinarsi in priorati provinciali, che sorgono non si sa quando né dove, ma certo esistevano prima della partenza di san Francesco per l'Oriente.

Ben si comprende come siffatto ordinamento a poco a poco sarà per consolidarsi a segno da non far meraviglia alcuna se Francesco nel suo testamento e gli scrittori piú antichi di parte spirituale ad esso solo accennino, e dei frati e delle suore parlino, trascurando la restante massa dei fedeli. San Francesco, premuto dai bisogni dei suoi confratelli e dagli ammonimenti della Curia, aveva dovuto sostituire all'antica Regola, breve e forse neanche scritta, una nuova più diffusa, che scrisse e rimaneggiò due volte e fu infine approvata con la bolla papale del 1223. Qual meraviglia che il patriarca a questa si riferisca, e che i più antichi cronisti la tenessero per la più pura espressione della

vita minoritica? I mutamenti subíti dalla prima Regola nel breve giro di pochi anni furono cosí spontanei e graduali da sfuggire a quegli stessi sotto ai cui occhi si compivano. Parimente il giovane non vi sa dire quando né come sia escito di fanciullezza.

Di queste fonti adunque il Goetz avrebbe dovuto fare uso con grande cautela, e senza pretendere di trovarvi una descrizione precisa dell'antica età, indovinarne le fattezze dalle tracce, che ancor restavano nell'età pre

appellamus, vere minores, et omnibus huius temporis regularibus in habitu et nuditate et mundi contemptu humiliores. Habent autem unum summum Priorem, cuius mandatis et regularibus institutis reverenter obedient minores Priores, caeterique eiusdem ordinis fratres, quos per diversas mundi provincias causa praedicationis et salutis animarum ipse transmittit. Adeo autem primitivae ecclesiae religionem, paupertatem et humilitatem in se reformare diligenter procurant, puras evan

sente, la sola a cui accennano e il Testa-gelici fontis aquas cum siti et ardore spiritus mento e gli antichi racconti. Né in diverso modo doveva trattare le lettere e il racconto del Vitry. La lettera senza dubbio è il monumento più antico che noi abbiamo, poiché risale al 1216, e, come già vedemmo, preziose informazioni vi si possono attingere intorno a quel moto religioso, che ormai dilungandosi dai suoi principî, d'anno in anno se non di giorno in giorno, andava trasformandosi. Per sorprendere queste trasformazioni sarebbe stato utile confrontare la lettera col racconto dell'Historia occidentalis alquanto posteriore. Il Goetz questo raffronto non fa, io invece credo che questo sia il miglior mezzo per sorprendere nel fatto le meravigliose e rapide trasformazioni del nuovo sodalizio. E perché il lettore abbia sotto occhi i documenti, inserisco qui per intero il capitolo trentottesimo dell' Historia occidentalis.

"De ordine et praedicatione
Fratrum minorum. 1

"Praedictis tribus Eremitarum, Monachorum et Canonicorum religionibus, ut regulariter viventium quadratura fundamenti in solidi

tate sua firma subsisteret, addidit Dominus in diebus istis quartam religionis institutionem, ordinis decorem et regulae sanctitatem. Si tamen ecclesiae primitivae statum et ordinem diligen

ter attendamus, non tam novam addidit regulam quam veterem renovavit, relevavit iacentem et paene mortuam suscitavit religionem in vespere mundi tendentis ad occasum, imminente tempore filii perditionis, ut contra Anticristi periculosa tempora novos athletas praepararet, et ecclesiam praemuniendo fulciret. Haec est religio vere pauperum crucifixi et ordo praedicatorum, quos fratres minores

1 IACOBI de VITRIACO.... libri duo, quorum prior Orientalis, sive Hierosolymitanae, alter occidentalis Historiae nomine inscribitur. Duaci, Belleri, 1597, pag. 349-354.

haurientes, quod non solum evangelica praecepta sed et consilia, vitam apostolicam expressius imitantes, modis omnibus adimplere laborant, omnibus quae possident renunciantes, seipsos abnegantes, crucem sibi tollendo, nudi nudum sequentes, relinquentes palium cum Ioseph et hydriam cum Samaritana, expediti currunt, ambulant ante faciem suam et non revertuntur, posteriorum obliti in anteriora semper et passibus continuis extenduntur, volantes ut nubes et sicut columbae ad fenestras suas, ne mors per ipsas intrare valeat cum omni diligentia et cautela providentes. Regulam autem ipsorum Dominus Papa confirmavit et eis auhoritatem praedicandi ad quascumque veniunt ecclesias concessit, praelatorum tamen loci ob reverentiam requisito consensu. Mittuntur autem bini ad praedicandum tanquam ante faciem Domini, et ante secundum eius adventum. Ipsi autem Christi pauperes, neque sacculum in via portant neque peram neque panem neque aes sive pecuniam aliquam in zonis suis, non possidentes aurum, neque argentum, nec calciamenta in pedibus suis habentes, nulli enim huius ordinís fratri licet aliquid possidere. Non habent monasteria vel ecclesias, non agros vel vineas, vel animalia, non domos vel alias possessiones, neque ubi caput reclinent. (Luc. 9). Non utuntur pellibus neque lineis, sed tantummodo tunicis laneis caputiatis, non cappis, vel palliis, vel cucullis, neque aliis prorsus induuntur vestimentis. (Luc. 10) Si quis eos ad prandium vocaverit, manducant et bibunt quae apud illos sunt. Si quis eis aliquid misericorditer contulerit, non reservant in posterum. Semel autem vel bis in anno, tempore certo ad locum determinatum generale capitulum celebraturi conveniunt, exceptis his, qui nimio tractu terrarum vel mari interposito separantur. Post capitulum iterum ad diversas regiones, provincias et civitates duo vel plu

res pariter a superiore suo mittuntur. Non solum autem praedicatione sed et exemplo vitae sanctae et conversationis perfectae, multos non solum inferioris ordinis homines sed generosos et nobiles ad mundi contemptum invitant, qui relictis oppidis et casalibus et amplissimis possessionibus, temporales divitias et spirituales foelici commercio commutantes, habitum fratrum minorum, id est tunicam vili pretii qua induuntur et funem, quo accinguntur, assumpserunt. Tempore enim modico adeo multiplicati sunt quod non est aliqua Christianorum provincia, in qua aliquos de fratribus suis non habeant, qui in seipsis velut in speculo mundissimo mundanae vanitatis contemptum oculis respicientium repraesentant, praesertim cum nulli ad religionem suam transeunti gremium claudant, nisi forte matrimonio vel aliqua religione fuerit obligatus. Tales enim sine licentia uxorum vel praepositorum suorum, sicut ratio exigit, nec volunt nec debent recipere. Alios autem omnes in amplitudine religionis suae tanto confidentius absque ulla contradictionis molestia suscipiunt, quanto divinae munificentiae et providentiae sese committentes, unde eos Dominus sustentare debeat, non formidant. Ipsi enim funiculum cum tunica venientibus ad se largientes, quod reliquum est supernae procurationi relinquunt. Adeo autem ministris suis Dominus in hoc saeculo centuplum restituit, et in via hac, qua gradiuntur, firmat super ipsos oculos suos, quod in eis ad litteram completum agnovimus quod scriptum est: Dominus amat peregrinum et dat ei victum et vestitum. (Deut. 32). Faelices enim se reputant a quibus hospitalitatis obsequium vel eleemosynas servi Dei suscipere non recusant. Non solum autem Christi fideles, sed etiam Saraceni et obtenebrati homines eorum humilitatem et perfectionem admirantes, quando causa praedicationis ad ipsos intrepidi accedunt, grato animo necessaria providentes, libenter eos recipiunt. Vidimus primum huius ordinis fundatorem magistrum, cui, tanquam summo Priori suo, omnes alii obediunt, virum simplicem et illiteratum, dilectum Deo et hominibus, fratrem Franciscum nominatum, ad tantum ebrietatis excessum et fervorem spiritus raptum fuisse, quod cum ad exercitum Christianorum ante Damiatham in terra Aegypti devenisset, ad Soldani Aegypti castra intrepidus et fidei clypeo communitus accessit. Quem cum in via Saraceni tenuissent,

ego sum Christianus, inquit, ducite me ad Dominum vestrum. Quem cum ante ipsum pertraxissent, videns eum bestia crudelis, in aspectu viri Dei in mansuetudine conversa, per dies aliquot ipsum sibi et suis Christi fidem praedicantem attentissime audivit. Tandem vero metuens ne aliqui de exercitu suo, verborum eius efficacia ad Dominum conversi, ad Christianorum exercitum pertransirent, cum omni reverentia et securitate ad nostrorum castra reduci praecepit, dicens ei in fine: ora pro me ut Deus legem illam & fidem, quae magis sibi placet, mihi dignetur revelare. Saraceni autem omnes praedictos fratres Minores tam diu de Christi fide et evangelica doctrina praedicantes libenter audiunt, quousque Mahometo, tanquam mendaci et perfido, praedicatione sua manifeste contradicunt. Ex tunc autem eos impie verberantes et, nisi Deus mirabiliter protegeret, poene trucidantes, de civitatibus suis expellunt. Hic est fratrum Minorum sanctus ordo et apostolicorum virorum admiranda et imitanda religio, quos Dominum contra perditionis filium Antichristum et eius prophanos discipulos credimus in diebus novissimis suscitasse. Qui lectulum Salomonis tanquam fortes Christi milites ambiendo et de porta ad portam cum gladiis transeundo, super muros Hierusalem constituti sunt custodes, diebus ac noctibus a divinis laudibus et sanctis exhortationibus non cessantes, vocem suam quasi tubam in fortitudine exaltantes, et facientes vindictam in nationibus, increpationes in populis et gladios suos non prohibentes a sanguine, mactantes et manducantes, circumeuntes civitatem et famem patientes ut canes, qui tanquam sal terrae cibos suavitatis et salutis condientes, carnes exsiccant, vermium putredinem et vitiorum foetorem amoventes, et tanquam lux mundi multos ad scientiam veritatis illuminant et ad fervorem charitatis accendunt et inflammant. Hic autem perfectionis ordo et spatiosi claustri amplitudo infirmis et imperfectis congruere non videtur, ne sorte descendentes mare in navibus et facientes operationem in aquis multis fluctibus procellosis involvantur, nisi sederint in civitate, donec induantur virtute ex alto

La prima cosa che salta agli occhi a chi confronti la lettera col racconto è questa: che secondo la lettera i Minoriti, privi di domicilio stabile, vanno tutto l'anno pellegrinando di regione in regione, e di giorno entrano

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in città per mescolarsi con la gente e convertirla, di notte invece si ritirano o in eremi in luoghi solitari, che abbiano per caso trovati nella via loro; invece nel racconto il vescovo d'Accon, benché rilevi che i Minori non hanno né conventi né chiese né campi né vigne né animali, né case né altri possessi dove possano posare il capo; pure fa bene capire che questo non si deve prendere alla lettera, perché fa menzione di un ordinamento gerarchico introdotto nella nuova società con priori provinciali o minori dipendenti dal priore supremo o generale, che è lo stesso Francesco. Il quale ordinamento suppone già dei conventi, come quello, che sorto non fuori ma dentro la città di Bologna, provocò le rampogne di san Francesco secondo i concordi racconti dello Speculum e della seconda del Celanense. Però il Vitry non ha difficoltà di paragonare questa nuova Religione alle altre, e di considerare questo nuovo Ordine come un quarto pilastro, che aggiunto ai tre precedenti abbia riquadrate e rafforzate le fondamenta della Chiesa.

Un'altra osservazione si può fare confrontando la lettera con la storia, ed è questa: che secondo la lettera i frati francescani sogliono riunirsi una volta l'anno in un dato luogo per confortarsi a vicenda e comunicarsi le notizie del loro apostolato, alle quali riunioni prendono parte alcune persone autorevoli estranee al loro sodalizio, che danno il loro avviso su quello che vi sia da fare in aggiunta al già fatto e sulle misure da prendere, perché la raccolta antica non si disperda ed altra nuova si accumuli; secondo la storia invece questi boni viri non intervengono piú nelle riunioni, né in queste si prendono nuove misure con l'approvazione della santa Sede. Le riunioni hanno ora lo scopo di coordinare l'opera delle varie provincie francescane, e si tengono quindi regolarmente a data fissa, anche due volte l'anno, e tutti debbono convenirvi, a meno che la grande distanza o per terra o per mare non l'impedi

1 De die intrant civitates et villas ut aliquod lucri faciant operam dantes actione, nocte vero revertuntur ad heremum vel loca solitaria (loc. cit., pag. 104). È evidente l'opposizione tra heremum e loca solitaria. L'heremus è qualcuno di quei luoghi stabili, che non mancarono fin dall'origine del moto francescano, come ad es. Rivo Torto, i loca solitaria sono invece ripari avventizî, come il portico di una chiesa di campagna o magari un granaio disabitato.

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sca. Si vede che al tempo dell'Historia, la società cominciava già a consolidarsi. Gli affari che si trattavano nelle riunioni generali erano, si direbbe oggi, d'ordinaria amministrazione, né occorreva piú di consigliarsi con uomini autorevoli, né di nuove misure (institutiones sanctas) approvate dal Papa, o da chi lo rappresenta nella protezione del nuovo sodalizio, facea piú bisogno. Si può ben dire che è già nato, sebbene non abbia ancóra una regola ben determinata, una nuova religio o un nuovo ordo, come dice il Vitry. Ma la differenza tra gli Ordini antichi e il più recente, anche secondo la testimonianza dell'Historia è tale, che all'infuori del nome pare non abbiano nulla di comune. 2

Gli antichi Ordini religiosi possedevano tutti se non in proprio almeno in comune, il nuovo, ritornando all'antico costume apostolico, non possiede nulla. Il frate Minore non deve tenere come suo neanche il mantello, che porta sulle spalle e che è pronto a rilasciare, come fece Giuseppe, a chi glielo tolga di dosso; neanche la fiaschetta d'acqua che deve cedere col buon volere della Samaritana. Però il nuovo sodalizio non ha in proprio neppur la Chiesa, dove suole pregare, e se qualcuno o laico o prete glie la richiegga, deve cedergliela (non habent monasteria vel ecclesias), e per conseguenza il nuovo Ordine non può essere indipendente dal clero secolare, nelle cui chiese ha da recarsi per ascoltarne le Messe o ottenere l'assoluzione dei peccati. Il Vitry tiene a rilevare questo carattere di siffatta soggezione al clero secolare, che non ostante la licenza data a Francesco ed ai compagni di predicare, pure essi sono tenuti sempre a chiedere volta per volta il permesso dei prelati, e se questi glie lo negano, al Minorita non resta se non obbedire.

1 Nella lettera si legge; Homines autem illius religionis semel in anno cum multiplici lucro ad locum determinatum convenient, ut simul in domino gaudeant et epulentur, et consilio bonorum virorum suas faciunt et promulgant institutiones sanctas et a domino papa approbatas. Il capitolo dell' Historia occid. ha invece: Semel autem vel bis in anno, tempora certo ad locum determinatum generale capituli convenient, exceptis his qui nimio tractu terrarum vel mari interposito separantur.

2 Se il Vitry non fa distinzione alcuna fra religio e ordo, non è perché egli non conosca bene le profonde differenze tra le antiche regole e la nuova, ma perché tutta la sua dicitura è poco precisa. Cosí accade che dei Francescani dica: haec est religio vere pauperum crucifixi et ordo praedicatorum, mentre anche al tempo del Vitry l'ordo praedicatorum era quello di san Domenico,

La minoritica è dunque una società prevelantemente laica, che non ottiene né desidera concessioni di sorta. Su questo Francesco batterà sempre di non impetrare dalla Curia grazia alcuna, tutto all'opposto degli altri Ordini, che non si sapevano costituire senza ottence dal Papa privilegi ed esenzioni che li facessero bastare a sé medesimi.

La società francescana aveva un altro carattere, che il Vitry non trascura, ed è questo che in opposizione agli Ordini frateschi precedenti non è chiusa in sé, ma bene aperta a chiunque volesse entrarvi, quando non abbia vincoli o coniugali o religiosi (nisi forte matrimonio vel aliqua religione fuerit obligatus). Chiunque voglia dedicarsi alla religione dell'amore, vesta il rozzo saio, cinga il cordone del pellegrino, ed è súbito frate Minore. Anche questo è un altro segno del carattere laicale del nuovo sodalizio, che negli antichi tempi non esigeva noviziato o anno di prova, e quindi i voti, che prendeva il Minorita, non potevano avere quella solennità, a cui gli Ordini antichi tenevano scrupolosamente. Quando scriveva il Vitry, le cose già accennavano a mutarsi; perché su questo particolare del noviziato Onorio III insiste nella bolla del 1219, e ben s'intende che la nuova Regola dovrà conformarsi agli Ordini perentori del Papa. Ma il vescovo d'Accon questa bolla senza dubbio ignorava, e non aveva torto di rilevare qual differenza profonda separasse dagli antichi questo nuovo sodalizio, dove ognuno poteva entrare senza preparazione di sorta, e onde poteva anche uscire senza grandi difficoltà.

Nei primordi le differenze tra la nuova Religione e le antiche erano ancor più profonde. Se san Francesco avesse voluto fondare, come pretende il Goetz, un nuovo Ordine, il Papa gli avrebbe imposto di prendere una delle Regole finora approvate. San Domenico, che ebbe l'intendimento di fondare un Ordine, accettò la Regola agostiniana. Quando nel movimento francescano le donne staccatesi dagli uomini non più vissero in diversis hospiciis de labore mannum, come dice il Vitry nel 1216, ma si raccolsero in conventi propri sotto la direzione di santa Chiara, il Papa le obbligò di prendere la Regola benedettina. Perché san Francesco fu sempre restío ad accogliere una Regola delle

conosciute, fosse anche quella di san Romualdo o altra piú dura? Perché l'intendimento suo non era di chiudersi in un convento, ma ben piuttosto a simiglianza degli Apostoli pellegrinare per il mondo a predicarvi la buona novella. Senza alcun dubbio san Francesco aveva lo stesso intendimento di Pietro Valdo. E se Innocenzo concesse a lui quel che al Valdo negò, è perché ebbe prove indubbie dell'incrollabile ortodossia del Poverello, e della devozione filiale che egli provava senza smentirla mai verso il clero e grande e piccolo che fosse. Del resto la stessa concessione conseguirono tra i Valdesi e Durando di Osca e Bernardo Primo, e se la loro opera non ebbe l'eco e la diffusione della francescana, si deve a ciò che né Durando né Bernardo furono apostoli come san Francesco, né seppero stringere intorno a sé uomini veramente apostolici.

In tal guisa si spiega anche perché Innocenzo confermò solo a voce l'istituto francescano. Non c'era bisogno di una bolla solenne, quando non si trattava di stabilire un nuovo Ordine, né una modificazione speciale di un Ordine antico. San Francesco una cosa sola chiedeva, la licenza di poter predicare, benché laico, la parola del Signore. Ed Innocenzo glie la concesse, a patto che le autorità ecclesiastiche dei luoghi non v'incontrassero delle difficoltà. Era un privilegio molto ristretto, anzi nessun privilegio, e san Francesco se ne contentò. A lui bastava che il Papa non prendesse sospetto dell'opera dei Minoriti, che li presentasse a cosí dire alle autorità ecclesiastiche senza coprirli d'immunità. Il resto avrebbero fatto da sé dando prova ai capi della Chiesa, e maggiori e minori, della sua disinteressata ma operosa devozione. Ben presto le cose mutarono. San Francesco ben s'avvide che l'ideale da lui vagheggiato non poteva tradursi in pratica. Fu obbligato anche lui a riconoscere che non si poteva fare a meno dei conventi, che formavano come le fortezze o i posti di osservazione indispensabili nell'aspra e continua guerra contro lo spirito del male. L'ordinamento ed il collegamento di questi posti di osservazione nessuno l'impose, fu riconosciuto da tutti come necessario ed attuato. A san Francesco non restava se non dare, secondo i voleri del nuovo Papa, una Regola alle co

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