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PER LA VARIA FORTUNA DI DANTE

NEL SECOLO XIV

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SECONDO SAGGIO.

1 concetti generici dell'ermeneutica dantesca nel secolo XIV
e l'Epistola a Cangrande

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Chi applicò per primo all'ermeneutica del Poema il rugginoso congegno di quelle idee sistematiche, le quali "in principio cuiusque doctrinalis operis inquirenda sunt, videlicet subiectum, agens, forma, finis, libri titulus, et genus philosophiae? „1 Un qualche antico espositore sconosciuto, risponde il D'Ovidio. Non è credibile che Dante abbia pensato di farci sul suo Poema, quasi su un'opera dotti inale, una lezione così uggiosa, come quella contenuta nell'Epistola; e poi, "a certe futilità Dante non sarebbe mai disceso, o non vi si sarebbe indugiato in tal modo 2 Ma non il Dante che noi conosciamo delle Opere Minori, oppone il Torraca; né certe idee e metodi che risalgono ad Aristotile, sono futilità, a cui l'eccelsa mente del Poeta non si sarebbe piegata. Onde "va a porsi nel numero delle ipotesi non necessarie, quella di un antico espositore sconosciuto Ancora, continua il Torraca, se è vero che nessuno dei commenti più antichi si discosta da una specie di schema comune a tutti, è anche vero che, sia nella disposizione, sia nei particolari lo schema di ciascuno differisce notevolmente, cosí da quelli degli altri, come da quello dell'Epistola. L'esame del fatto, non ancora, per quanto ricordi, avvertito, potrà condurre a conclusioni, forse inaspettate „. E posto a confronto, su alcuni punti speciali, l'Epistola con i Proemî del Lana, di Pietro di Dante, del Boccaccio, egli conclude: "Il proemio generico dottrinale (dell'Epistola) ha pregi di ordine, di struttura, di stile, che mancano, più o meno, alla parte corrispondente dei commenti di Jacopo, di Pietro, del Boccaccio. L'ipotesi di una fonte comune all'Epistola ed ai commenti, non sostenuta da prove di sorta, non è nemmeno necessaria. Pietro non ebbe presente l'Epistola; ricordava in confuso vagamente quel che, forse, ne aveva letto, se mai vide la minuta o una bella copia, o che ne aveva sentito riferire dal padre negli anni tra il 1318 e il 1321, quando gli fece compagnia a Ravenna.... Anche è credibile che Jacopo della Lana non conoscesse de visu l'Epistola.... Il Boccaccio conobbe l'Epistola; ma non sapendo né che l'avesse scritta

1 Epistola a Cangrande, par. VI.

2 F. D'OVIDIO, op. cit., p. 458 sgg.

Dante, né che fosse diretta a Cane della Scala, la considerò come un qualunque altro tentativo d' interpretazione, e se ne serví senza scrupoli o riguardi „.1

Anche questa volta la luce dei fatti nuovi mostrerà che il torto e la ragione, specie nelle questioni di critica letteraria, non si scompagnano che molto di rado. L'ipotesi del D'Ovidio è possibile trovi a suo sostegno le prove che ora le mancano; le conclusioni del Torraca potrebbero essere manchevoli per certi rispetti, pur apparendo fondate sull'esame dei documenti: a entrambi, ad ogni modo, va dato il merito d'avere, l'uno suggerito e l'altro iniziato il confronto tra le dottrine dell'Epistola e quelle dei più antichi interpreti. E questo confronto io qui, scevro da ogni velleità di polemica, intendo rinnovare piú minutamente, allargando la ricerca a tutti i commentatori, noti e ignoti, del secolo XIV: prendere in esame i Proemî, analizzarli pazientemente, indagare le attinenze o le dipendenze reciproche, determinare il valore e l'originalità di ciascuno. La via è lunga e faticosa; ma val la pena percorrerla tutta. Risalendo lungo la corrente dell'ermeneutica dantesca, oltre a raccogliere elementi nuovi di giudizio su la questione dell'Epistola, ci accadrà di acquistare, cammin facendo, l'esperienza di procedere e spingerci al di là dei termini finora esplorati, verso la sorgente, in traccia di scaturigini piú remote: voglio dire, di commenti più antichi e piú autorevoli di quelli che noi conosciamo.

I.

FILIPPO VILLANI. Il Proemio di Filippo Villani,2 il più ampio di tutti gli altri che qui esamineremo, com'è ultimo nel tempo, segna anche l'ultimo termine a cui per naturale svolgimento pervenne l'elaborazione degli elementi ermeneutici tradizionali nel secolo XIV. Benchè scritto nel primo decennio del Quattrocento, quando, sospese le letture per la chiusura dello Studio fiorentino, Filippo attese, su preghiera di persona amica, a ordinare per iscritto le idee esposte dalla cattedra, esso Proemio non che dare col secolo nuovo un nuovo avviamento alla esegesi del Poema, raccoglie e assomma l'opera degli altri trecentisti.

Il primo capitolo s'intitola "An scripturarum secreta revelantes promereantur in conspectu Dei et hominum "Non piccoli ma grandi meriti hanno i banditori della verità, come la Scrittura insegna. E Dante è un di costoro: egli ha liberalmente elargito al popolo, come i Magi offrirono all' infante Gesù oro incenso e mirra, "osennium... mirre asperrime in Inferno, thuris odoriferi in Purgatorio, et auri purissimi in Paradiso Magnificar l'autore della Commedia ed esaltarne l'opera con immagini e similitudini desunte dai libri sacri, fù ardimento dei primissimi interpreti, cui importava mettere in rilievo il carattere sacro del Poema, e raffermare a Dante l'universalità del sapere e la missione divina conferitagli da Dio. Di lui dire si può a ragione (scriveva uno dei più antichi commentatori 3) quel che si legge nel libro della Sapienza: "Magnus dominus ipsum replevit spiritu suo; et ille de ore suo infu

1 F. TORRACA, op. cit., p. 619 e segg.

2 F. VILLANI, Il Comento al primo canto dell' Inferno, edito dal Cugnoni, Città di Castello, 1896.

3 Non ser Graziolo dei Bambaglioli, come crede il FIAMMAZZo (Il Commento dantesco di Alberico da Rosciate, Bergamo, 1895, p. 54); ma un altro interprete piú antico, a cui ser Graziolo attinge gran parte del suo Proemio. Vedi appresso.

sam scientiam tamquam aquam pluviam gentibus emanavit. De ipso enim scribi potest, quod per Exechiellem prophetam cap. 17 dicitur hoc modo: Aquila grandis cum magnis alis et pennis venit ad Libanum, et exinde portavit medullam cedri, et ramos transtulit in terram Canaan „: pervenne cioè Dante al monte della divina sapienza, al fonte di tutte le scienze, e ne dedusse in terra, agli uomini, rivoli copiosi. E cosí anche frate Guido da Pisa ravvicina il Poeta alla mano fatidica che, in cospetto del re di Babilonia sedente a mensa, scrisse sulla parete Mane, Thecel, Phares. "Manus enim dicitur a mano manas, et Dantes dicitur a do das; quia sicut a manu manat donum, ita a Dante datur nobis istud altissimum opus etc. „.1

Capitolo II. "Cur poete gentiles sub mistico sensu eorum inventa tradiderunt, et quot sint sensus, quibus locuti sunt,. Anche il Boccaccio si pone il quesito, " perché non diedero i poeti la loro dottrina libera ed aperta ed espedita,,, 2 e ne discorre diffusamente; ma il Villani, riassunto sotto brevi parole il discorso del Boccaccio, passa a trattare dei molteplici sensi, onde i poeti ricoprirono i loro intendimenti: cioè dei quattro "theotoricos intellectus, supposti dai teologi in "sacris litteris,,, lo storico, l'allegorico, il morale e l'anagogico. E qua cominciano le attinenze con l'Epistola a Cangrande.

....

VILLANI.

...figuratur nostra redemptio facta per Christum ... grecum nomen allegoria est compositum ab allon quod alienum seu diversum latine sonat, et gore quod est intellectus. (!)... anime converse ymago de luctu miseriaque peccati ad statum gratie....

EPISTOLA.

...significatur nostra redemptio facta per Christum... Nam allegoria dicitur ab alleon graece quod in latinum dicitur alienum sive diversum... conversio animae de luctu et miseria peccati ad statum gratiae (parag. 7o).

Dopo le citate parole" ad statum gratie „, prima di trattare del senso anagogico, Filippo soggiunge: "Verumtamen huic poterimus sotiare apologicum.... Hiis duobus adicitur tropologicus etc. . Come ne fa segno lo stesso "verumtamen „ l'autore fornito di una piú larga messe di notizie, tende ad arricchire la trattazione dell'Epistola, con elementi attinti ad altri libri. E la nuova fonte è il Proemio di Pietro di Dante, ove appunto, prima dell'anagogico si tocca del tropologico, e ancor più avanti dell'apologetico.

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1 Bullettino della Soc. dant., vol. VIII, p. 150.

2 G. BOCCACCI, II Comento sopra la Commedia, ediz. Milanesi, Firenze, 1863, p. 150 sgg.

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sitore

1

EPISTOLA.

"His visis manifestum est quod duplex oportet esse subiectum circa quod currant alterni sensus - fino a

per arbitrii libertatem iustitiae praemianti aut punienti obnoxius est, (parag. 8o).

Il terzo capitolo s'intitola "De causis queri solitis in principio libri ab expoEccone la prima parte, che c' illumina sulle vere attinenze del Villani con i commentatori precedenti, e sul metodo da lui seguito. "Nunc ad inquisitionem causarum veniamus. Et utique, prisco de more, comenta dictantes, boni Dei auxilio invocato (quod et nos pia devotione humilique deprecatione exposcimus), antequam ad lictere planationem pervenirent, de septem agebant circumstantiis, quas Greci periochyas appellant; que locum, tempus, personam, rem, qualitatem, causam et facultatem continent. Amplius de libri titulo agebant, et in poeticis querebant, quos fuisset auctor imitatus. Harum plerique tres solummodo considerabant; unde, scilicet, auctor ageret, et cur, et qualiter, ut inde sibi auditores benivolos dociles et actentos compararent. Noster vero poeta in quodam introductorio suo super cantu primo Paradisi ad dominum Canem de la Scala destinato, de sex agere videtur, que fatum, 2 agentem, formam, finem, libri titulum et genus philosophye comprehendunt. Causas istas ferme omnes moderni ad quatuor redegerunt, querentes de efficiente, de materia, de forma, et postremo de fine. Michi placet antiquorum diligentiam revocare in medium, et novissima cum veteribus commiscere Dunque il Villani conosce l'Epistola come opera di Dante, e proprio lui insinua l'errore che essa sia introduttorio al primo canto destinato a Cangrande; conosce gli altri commentatori che riducono a quattro le cause; si propone di seguire il metodo degli antichi il cui schema esegetico è più ampio e comprensivo, ma terrà presente gli altri, e fonderà in quello schema ciò che da questi gli piacerà di derivare. Siffatta esplicita dichiarazione sul metodo eclettico da lui seguito (che è poi il metodo di ogni interprete, al quale corre l'obbligo d'aver presente, come si dice, la letteratura dell'argomento, e ammannire un lavoro se non migliore, almeno più comprensivo dei precedenti), ci fa già intravedere la natura e la contenenza dei capitoli seguenti. Nei quali di fatto si discorre in prima delle circostanze o periochie, nell'ordine tenuto dagli antichi espositori; ma con rielaborazioni e riferimenti letterali or dal Boccaccio or dall' Epistola. Ecco i capitoli:

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Capitolo III, seconda parte Del luogo ove Dante scrisse il Poema (confr. Boccac., op. cit., I, 59 e seg. Mancano però nel Boccaccio le particolari notizie contenute negli ultimi tre periodi, come anche ciò che dà materia al capitolo seguente). Capitolo IV Del tempo in cui Dante intraprese e compí l'opera.

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1 Il Cugnoni addita invece, come fonte di questo brano, il Proemio del Boccaccio (VILLANI, op. cit., p. 28). Veramente non si spiegherebbe come il Villani abbia saputo ricostruire alla lettera il testo dell'Epistola, attraverso la erronea interpretazione del Boccaccio! Confronti da sé il lettore questa frase del Boccaccio coi brani corrispondenti su citati: Il suggetto secondo il senso allegorico è, come l'uomo per lo libero arbitrio, meritando e dismeritando, è alla giustizia di guiderdonare e di punire obbligato, (p. S2).

2 È da correggere subiectum o factum.

Capitolo V - "De ingenio moribus et vita poete „. E qui si cita senz'altro la fonte nel primo periodo: "Circa personam, efficientem causam denotantem, quoniam de origine vita studiis moribusque poete Johannes Boccaccii libellum edidit etc. E pur qui aggiunge il Villani qualcosa di suo.

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Capitolo VI Della materia super qua poeta fundavit opus suum. (cfr. l'Epistola, al capitolo su accennato, ove si parla del senso anagogico). Capitolo VII Della qualità o causa formale. (Parafrasa il paragr. 9° dell'Epistola. Si noti l'aggiunta di una quarta divisione alle tre tradizionali: poema in cantiche; cantiche in canti; canti in ritmi; Filippo aggiunge: "rithimi vero in versus „).

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Capitolo VIII - Della causa finale; che è duplice, " propinqua scilicet ac remota Vedi l'Epistola (par. 15°): "Finis totius et partis esse potest multiplex, 1 scilicet propinquus et remotus „. E, sempre aderendo alla fonte (" Sed omissa subtili investigatione, dicendum est breviter etc.,) Filippo, soggiunge: "Subctilitatibus tamen modernorum volentium apparere omissis, 2 causam fuisse dicemus etc. „. Della facultas แ Capitolo IX. cioè cui parti philosophye opus principaliter supponatur,. E qui si noti la fusione di elementi che risalgono a tre fonti: allo schema piú antico, la denominazione " facultas,; al Boccaccio, il resto del titolo [la frase boccaccesca è "a qual parte di filosofia sia il presente libro supposto] (p. 81); all'Epistola, citata esplicitamente, quel che segue: dicimus, idem auctore dicente in suo introductorio super cantu primo Paradisi, in toto opere et partibus suis esse morale negotium. Non enim ad speculandum, sed ad morum institutionem opus inventum est et totum et eius partes 3 etc. Nella seconda parte del capitolo, ove si asserisce che non dell' Inferno essenziale tratta il Poeta, ma solo ed esclusivamente dell' Inferno morale, il nostro autore intende forse contraddire ad alcuni espositori, come Benvenuto da Imola che scrive: Aliqui descripserunt Infernum moraliter tantum .... Alii vero descripserunt Infernum essentialiter... . Nunc autor noster utrumque Infernum describit; alterutro calle procedens, nunc de morali, nunc de essentiali loquitur,.

Capitolo X.

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Intorno al titolo del libro. Tolta una citazione da Boezio, che occorre anche nel Proemio di Pietro (p. 10), il resto deriva quasi alla lettera dal paragr. 10° dell' Epistola. Non so come il Cugnoni possa affermare che il Boccaccio sia fonte di questo capitolo! Si confronti :

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2 Nel cod. " exemplosis; l'Editore propone di emendare: "Subctilitatibus tamen modernorum volentes parere exemplorum, apparere exemplares,, !

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3 Questo passo conferma ancor piú, che la lezione integra dell'originale dev'essere quella indicata in Bullettino ecc., vol. IV, p. 94.

4 BENVENUTI DE RAMBALDIS DE IMOLA, Comentum etc., Firenze, 1887, vol. I, p. 16. Anche Pietro di Dante segue il concetto che il Poeta intenda trattare "tam de essentiali quam de morali inferno „. Vedi Rocca, in Giorn. stor, della lett. ital., vol. VII, p. 375.

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